Conoscete il romanzo beur?
Il panorama del romanzo francese dell’ultimo ventennio del XX secolo (a partire dalle ultime avanguardie che furono il Nouveau roman e l’azione di "Tel Quel"), si presenta abbastanza complesso e confuso se si pensa ai processi di "decostruzione" ai quali è andato incontro (fra cui, l’éclatement del personaggio, del narratore, della cronologia), alla "deriva dei generi" (varietà delle scritture che oscillano fra l’autobiografico, il poetico, il descrittivo e il narrativo, il tutto contemporaneamente), infine e specialmente, all’assenza di un modello di riferimento. A questo stato di confusione strutturale e tematico fa da contrappunto un fenomeno che spicca nel romanzo contemporaneo francese, a partire dagli anni 1980, circa. Si tratta del cosiddetto "roman beur" o "littérature beure", cioè i romanzi scritti dai figli di emigrati, in gran parte algerini, ma anche marocchini, nati in Francia da genitori arabi. Si tratta di autori che appartengono alla seconda generazione di emigrati, i cui padri sono giunti in Francia alla ricerca di lavoro, e i cui figli, nati in Francia, hanno studiato nelle scuole francesi.
La denominazione, strana e nuova, e che non appartiene alla lingua francese, è tuttavia entrata ultimamente nei dizionari. Usato come aggettivo e come sostantivo negli ambienti della "banlieue" parigina, il termine indica in quegli anni l’arabo nato in Francia, e la sua apparizione ufficiale nei media viene sancita a partire dalle diffusioni emesse da una "radio beur", nel 1981. La derivazione della parola ha una natura argotica, o del "verlan" che è un gioco linguistico tipico del neologismo nell’argot (l’uso dell’ "envers"), secondo cui si invertono i suoni di una parola preesistente: per cui da arabe si ha beara e poi ber o beur.
Dal momento in cui nascono i romanzi di questi autori di origine magrebina o araba in generale, appartenenti alla seconda generazione, la critica degli ultimi vent’anni discute sulla legittimità di un "romanzo beur". Le opinioni sono divergenti: alcuni considerano questa letteratura come appartenente di diritto al romanzo francese, e contestano quindi la sua stessa esistenza come letteratura "diversa"; altri vedono, in queste opere, delle caratteristiche specifiche e peculiari, che le distinguono dalle tendenze del romanzo francese contemporaneo, e pertanto propendono per mantenere questo attributo di "beur". Non è il caso di entrare in questa disputa di critica letteraria, in questa nostra conversazione che vuol essere di carattere divulgativo. Poichè il mio intento è di darvi una visione delle caratteristiche specifiche di questa letteratura, caratteristiche sulle quali, del resto la stessa critica si trova d’accordo.
Vi citerò alcuni autori : Sebbar Leïla, Zitouni Ahmet, Belghoul Farida… e alcune opere:
di Azouz Begag , Le Gone du Chaâba (1986), Béni, ou le Paradis Privé, (1989), Zenzela, (1997) ; di Charef Mehdi, Le Thé au harem d’Archi Achmet (1983), Le Harki de Meriem (1989), La Maison d’Alexina (1990); di Tadjer Akli, Les A.N.I. du Tassili, (1984) et di Djaidani Rachid, Boumkoeur (1999).
Mi soffermerò, a titolo esemplificativo su Azouz Begag, che ho conosciuto personalmente, e su due dei suoi romanzi, Le Gone du Chaâba e Zenzela, che mi sembrano rappresentare al meglio quanto sto per dirvi.
Azouz Begag
Biografia
D’origine algerina, Azouz Begag è nato in Francia, nella banlieue di Lione nel 1957. Possiede un dottorato in economia dell’Università di Lione 2 e porta avanti contemporaneamente due attività: quella di sociologo e quella di romanziere. E’ ricercatore al CNR in scienze sociali dal 1980, con specializzazione in socio-economia urbana. Il suo lavoro lo porta ad occuparsi della mobilità delle popolazioni immigrate negli spazi urbani e nel 2005 diventa ministro delegato dal primo ministro, incaricato alla Promotion de l'égalité des chances, nel governo di Dominique de Villepin. Ha scritto inoltre alcuni libri per bambini.
Azouz Begag ha pubblicato una ventina di libri, che trattano delle problematiche inerenti al confronto di due culture, quella magrebina e quella francese, la tradizione e la modernità: povertà, razismo, disoccupazione, auto-distruzione e disperazione, ma anche modelli positivi di identità.
I romanzi
I romanzi, che siano di natura autobiografica o no, valorizzano la cultura d’origine dei "beurs", proponendo possibilità di integrazione. Nel suo penultimo romanzo, Les Chiens aussi (1995), affronta il problema del desiderio di rivolta di quella gioventù.
Le Gone du Chaâba (1986).
Riassunto
Il testo si identifica esplicitamente come un “romanzo”, anche se indizi interni al racconto inducono a pensare ad una forte componente autobiografica nonchè all’intento, da parte del narratore, di trascrivere la “memoria” di un certo periodo della propria vita.
Il personaggio principale è Azouz, ragazzo, “gone”, della Chaâba. I familiari hanno anch’essi i nomi dei genitori e dei fratelli dello scrittore.
La storia narrata inizia da una data non precisata che coincide con gli anni in cui Azouz va alle scuole elementari: vive nella Chaâba, bidonville ai confini della periferia di Lione, vicino a Villeurbanne, dove sono alloggiati anche i parenti che il padre, operaio edile, ha fatto venire dal suo paese natio, El-Ouricia , in Algeria. Una prima parte del libro narra di episodi concernenti la vita quotidiana dei ragazzi della Chaâba e dell’ambiente familiare. Ragazzo intelligente, sostenuto dal padre che vuole vedere i figli socialmente elevati, Azouz frequenta con profitto le scuole, al punto che, in seguito potrà anche accedere alle scuole superiori. Nel corso degli anni, la Chaâba si vuota dei parenti di Azouz, che vanno ad abitare nella periferia della città; successivamente, anche la sua famiglia si trasferirà in un appartamento in Villeurbanne, in avenue Monin. Lì, Azouz si adatterà alla vita della periferia cittadina, trovando nuove amicizie fra gli algerini del quartiere.
Struttura
Il libro si struttura come una storia che segue una sequenza temporale: dall’infanzia all’adolescenza del narratore. L’ambiente, i personaggi, le vicende narrate sono scevre da ogni enfasi o teatralità: una famiglia che conserva le abitudini degli emigrati della prima generazione, un gruppo di ragazzi e adolescenti che non sono migliori o peggiori di tutti i loro coetanei delle classi diseredate. Nessuna storia di eventi drammatici nell’integrazione delle due etnie, gli algerini e i francesi abitanti la periferia.
Commento
Quindi, la caratteristica saliente del libro non consiste negli eventi o nelle avventure, ma nel tratteggio della vita nella Chaâba, del comportamento dei genitori, in particolare, e dei parenti, delle usanze familiari, dei ricordi dei rapporti all’interno dell’ambiente scolastico, con i professori e con i compagni.
Un gioco stilistico leggero, dal quale non è assente l’humour, e che si colora di termini propri al lessico familiare ed etnico fa da supporto essenziale al realismo della storia narrata, dove descrizione e dialogo si intrecciano in cadenze veloci. Ne deriva un affresco sociale e famigliare, anche se ovviamente datato nel tempo, e una tipologia psicologica dei personaggi. La componente psicologica risalta particolarmente per quanto riguarda il personaggio principale, Azouz, che ovviamente detiene l’avanscena: un ragazzo intelligente, ambizioso e, specialmente, furbo, che sa destreggiarsi sia all’interno dell’atmosfera patriarcale della sua casa, come anche nell’ambiente della scuola. Nato a Lione, “nell’ospedale Grange-Blanche” come ama precisare, algerino della seconda generazione, Azouz, si prepara tutte le carte necessarie ad integrarsi nella Francia che lo ospita.
Zenzela, (1997)
Riassunto
Sesto romanzo di Azouz Begag.
Da nessuna parte appare la dicitura "romanzo", eccetto che nella quarta di copertina dove, appunto, è indicato come sesto "romanzo".
"Zenzela" è il terremoto: manifestazione tellurica e catastrofe naturale ; è, allo stesso tempo metafora dello sconvolgimento post-adolescenziale del protagonista. Figlio di immigrati algerini, originari di Setif, abitanti a Lyon, Farid Belgacem vive la sua vita in famiglia (ambiente familiare modesto, genitori analfabeti, forte senso delle tradizioni). Effettua periodiche visite a Setif, dove il padre sta facendo costruire una casa con i faticosi risparmi raggranellati e dove intende riportare la famiglia, un giorno. Durante una di queste visite, Farid ha la sua prima esperienza sessuale.
Farid si ritiene dotato di poteri di veggenza, pertanto è particolarmente apprezzato non solo dalla madre, ma dal "marabout" Sid Ahmet, che vuole dargli la figlia in matrimonio. Invece, Farid è innamorato di Anna, la sua dirimpettaia, che incontra ogni giorno alla fermata dell’autobus e che osserva di nascosto dall’appartamento del suo amico Jesus. La vicenda amorosa, però, non avrà un finale, perchè Anna, forse, lo avrà tradito con Jesus; mentre un finale tragico avrà la casa di Setif, che crolla durante il terremoto. Appunto il zenzela della terra, che Farid ritiene di aver previsto per i suoi particolari poteri di sensitivo. Farid si adopererà per mandare aiuti ai sinistrati.
Commento
L’espressione di questi temi e avvenimenti che si intrecciano sotto l’insegna del terremoto potrebbero sembrare drammatici. Invece la scrittura di Begag, eminentemente umoristica sia nella descrizione dei fatti che nell’uso del linguaggio (è talvolta portato ad esagerare la comicità, attraverso similitudini linguistiche fin troppo accentuate) non solo li sdrammatizza, ma li stravolge al punto di offuscarne la consistenza. Così infatti viene annullata la tragicità degli aiuti umanitari che non arrivano a destinazione, la drammaticità di un amore idealizzato che finisce nella costatazione di un tradimento, la catastrofe della casa che crolla nel sisma.
Il romanzo segue un andamento dislocato che alterna il sito di Setif a quello di Lione, ignora una sequenza temporale dichiarata, anche se, intuitivamente il lettore immagina una tempo che corrisponde a un paio di anni, quelli dell’adolescenza del protagonista.
Pur essendo esempi limitati nel numero, i romanzi di cui vi ho appena parlato contengono in nuce le caratteristiche comuni del romanzo "beur". Ne voglio mettere in evidenza tre che mi paiono salienti e comuni a tutta la letteratura beur della prima generazione:
le problematiche tematiche, le problematiche sociali, il linguaggio. Un quarto punto riguarderà un’evidente evoluzione che sta avendo corso in seno a questa letteratura.
1) le tematiche:
in primo luogo il problema dell’identità: "ni arabe, ni français" dice un personaggio di Mehdi Charef (Le Thé au harem ...). I personaggi di questi romanzi, spesso autobiografici (i protagonisti portano lo stesso nome dell’autore), riflettono le problematiche inerenti alla loro condizione di figli di immigrati. Pertanto i temi dominanti sono la condizione dell’adolescenza fra due culture: la cultura dei genitori, legata alla patria d’origine, e quella del ragazzo che entra a far parte di una nuova comunità, la scuola, che lo mette a conocenza di altre realtà a lui ignote e con le quali si deve confrontare. L’ambiente familiare, la figura del padre, il suo ruolo di procacciatore dei mezzi di sussistenza (il lavoro umile di manovale, p.es.) e specialmente la figura della madre (che dirige la famiglia e i rapporti tra la parentela: ad esempio la sua attività di casalinga in difficili condizioni economiche), sono fortemente presenti in questi romanzi. Un terzo pannello è la relazione fra l’adolescente e i suoi coetanei non magrebini: il suo dilemma personale del non essere "nè arabo, nè francese". Il malessere individuale è quindi il tema dominante di queste opere. Tahar Ben Jalloun, nel suo L’Hospitalité française, del 1985, mette in risalto questo malessere esistenziale, commentando una marcia "pour l’égalité et contre le racisme", effettuata nell’ottobre del 1983 da Marsiglia a Parigi. Scrive di questi giovani:
Nés en France, ils ont grandi comme des herbes sauvages qu’on ne voit pas jusqu’au jour où elles envahissent les jardins et où on se met à les arracher. Ces jeunes vivent avec l’idée d’être un jour ou l’autre fauchés parce qu’ils n’étaient pas prévus ni attendus [...] ils doivent arracher les jours à un avenir non dessiné et qu’ils sont obligés d’inventer à défaut de le vivre.
Un altro tema forte è l’atteggiamento dell’adolescente verso il genitore: portato al rispetto delle opinioni del padre e delle decisioni della madre per tradizione, si rende tuttavia conto della loro inadeguatezza alle condizioni attuali della sua vita, come non riesce ad accettare il linguaggio stesso dei suoi, nè la loro parlata natia, nè il loro gergo in un francese storpiato, che, nel migliore dei casi, lo fa ridere, o di cui si vergogna. Della madre, in Zenzela, Farid dice: " [...] elle se vexait chaque fois que j’accusais son français de n’être pas accessible à toutes les oreilles"
Dice Azouz Begag, raccontando la storia del suo primo libro, Le Gone du Chaâba, e spiegando che cosa questo romanzo abbia rappresentato per lui:
[...] aujourd’hui je suis un écrivain car le traumatisme provoqué par ce passage trop rapide entre l’analphabétisme paysan de mon père et mon accession dans le monde des intellectuels et universitaires, il fallait le gérer. Je l’ai fait à travers une psychanalyse personnelle, par l’écriture d’un premier roman autobiographique. [...]
Quindi per Begag, la scrittura diventa un mezzo per esorcizzare il malessere di una doppia identità.
2) l’aspetto sociologico:
è molto forte, ed è proprio quello che ha portato la critica a vedere questi romanzi più come un documento che come un’opera letteraria. (Io non condivido quest’opinione, poichè personalmente trovo una netta differenza fra la leggibilità di un documento sociale e quella di un romanzo, che si avvale, quest’ultimo, di strutture formali e stilistiche ben diverse e tali da fare appello, nel lettore, a componenti emotive e estetiche diverse. E’ come se si volesse vedere dei documenti sociologici nei romanzi di un Zola, ad esempio!). L’aspetto sociologico è sicuramente presente, tuttavia, nell’ambientazione logistica di questi romanzi: per lo più le periferie delle città, le bidonvilles, i quartieri dell’ H.L.M. (le case popolari in Francia). Le condizioni economiche difficili, l’inadeguatezza culturale dei genitori rispetto ai francesi, anche di umile condizione, con i quali devono convivere, il forte attaccamento ai clan familiari e alle tradizioni, sono tutti ostacoli di tipo sociale che l’adolescente deve superare per identificarsi con la nuova cultura nazionale che lo circonda.
3) Il linguaggio:
un’altra caratteristica saliente è il linguaggio inteso come uso della lingua nel campo strutturale e semantico. Ho accennato prima al gergo degli immigrati della prima generazione: queste parole pronunciate in un fonetismo francese storpiato, sono quelle che il bambino ascolta e accetta subito in maniera acritica nell’ambito familiare; l’adolescente, però, al momento in cui entrerà in contatto con la cultura seconda, quella della scuola, si accorgerà dell’inadeguatezza di quel lessico e ne percepirà anche la comicità. La "boumba" per la "pompe" al centro della Chaâba, da cui le madri attingono l’acqua, " z’il veau pli" per "s’il vous plaît", "batabagi" per "boîte à tabac": di molti termini gergali simili è costellato il lessico di questi romanzi. Anche il ritmo della frase, così come la sua struttura, ricalcano il linguaggio parlato negli strati più bassi della popolazione, o anche il linguaggio familiare dell’adolescenza delle bidonvilles. Il doppio registro linguistico al quale l’adolescente "beur" viene sottoposto, gli crea anche dei problemi personali. Non a caso Rachid Djani intitola il suo romanzo "Le Thé au harem d’Archi Achmed", equivoco linguistico che lo porta, a scuola a non capire il significato di "le théorème d’Archimède", e pertanto a creare nell’adolescente delle difficoltà di comprensione e di apprendimento che gli impediranno di conseguire una scolarità soddisfacente.
4) L’evoluzione della letteratura "beure":
il monitoraggio critico è propenso a vedere un’evoluzione tematica nel romanzo degli autori "beur", negli ultimissimi anni del secolo scorso e nei giorni a noi più vicini, cioè nel periodo che viene denominato dell’"extrême contemporain". Infatti i romanzi successivi alla cosiddetta "opera prima" presentano alcune varianti rispetto alla prima maniera. Questo è abbastanza comprensibile, se si tiene conto anche della storia differente che vive ciascun autore. Un Azouz Begag è ormai fortemente integrato nella società francese, ha sposato una francese e, semmai, riderà dell’espressione scandalizzata del padre quando questi lo vede fare il bucato; in Quand on est mort, del 1994, il padre si stupisce: "C’est toi qui laves les culottes? ... de mon temps, dit-il, un homme ne touchait pas les sous-vêtements de sa femme. Que se passe-t-il dans le nouveau monde que tu habites, mon fils?"
Un altro autore non avrà la stessa sorte: Rachid Djaidani, come anche Mehdi Charef l’autore di Le Thé au harem d’Archi Achmed, non hanno avuto la capacità di integrarsi che ha avuto Azouz Begag. Djaidani scrive nel 1999, cioè pressocchè quando Begag pubblica Quand on est mort, il suo Boumkoeur, un romanzo che può essere considerato anch’esso come il prodotto di una seconda maniera del romanzo "beur". Questo libro mostra un mondo nuovo, ma non un modo integrato come quello di Begag. Qui si tratta di una gioventù della subcultura metropolitana: il protagonista, "beur", si confronta e si integra non con la società "ufficiale", ma con i gruppi di giovani spostati o emarginati. Divenuto un punk, si gloria di citare la mitologia del mondo dello sport, della televisione, del cinema nelle sue espressioni più violente (Mike Tyson, le lotte di cani pitt bull, le moto cromate).
Quest’ultima osservazione ci porta a concludere piuttosto su una serie di interrogativi che su una definizione esaustiva del romanzo "beur". La domanda è: vi sarà un futuro di questo "genere" oppure il romanzo "beur" sarà stata l’espressione di un momento storico ormai revoluto? E un altro interrogativo riguarda il senso della sua tematica: il romanzo "beur" ha espresso il disagio di una generazione di immigrati magrebini a confronto con la cultura occidentale, oppure ha espresso (o esprime) il disagio generico delle giovani generazioni non integrate, occidentali e non, di qualunque etnia o colore?
Bibliographie
A. BEGAG, Le Gone du Chaâba, Paris, Seuil, 1986; Béni, ou le Paradis Privé, Paris, Seuil, 1989; Zenzela, Paris, Seuil, 1997.
M. CHAREF, Le thé au harem d’Archi Achmet, Paris, Mercure de France, 1983; Le harki de Meriem, Paris, Mercure de France, 1989; La maison d’Alexina, Paris, Mercure de France, 1990.
A. TADJER, Les A.N.I. du Tassili, Paris, Seuil, 1984.
R. DJAIDANI, Boumkoeur, Paris, Seuil, 1999.