Publifarum n° 6 - Bouquets pour Hélène

La Belgique sauvage post-surrealista e la giocosa irriverenza

Margareth Amatulli


«Il y en a donc quelques-uns qui ne savent pas encore que l’humour et le rire sont révolutionnaires, l’esprit de sérieux jamais.»
(Joseph NOIRET)

Si dovranno attendere gli anni ‘70 in Belgio affinché una certa produzione poetica noncurante del contenuto, caratterizzata dal gioco sul linguaggio, dal barocchismo e dal nonsenso attiri, sia pure con numerose riserve, una élite di critici e lettori inclini alle novità e disposti a prendere le distanze da una tradizione neoclassica che nel rispetto della misura e della rima identificava la propria forza creativa. Le avanguardie degli anni ‘20, dadaismo e surrealismo (nate in concomitanza con la creazione dell’Académie de langue et littérature française de Belgique1), e le tendenze post-surrealiste degli anni ‘50 non avevano trovato nella contemporaneità un fertile terreno di accoglienza e, anche successivamente, erano state piuttosto ignorate e scarsamente diffuse2. Come poter giustificare “une telle stratégie de l’ignorance organisée?” si chiede nel 1970 Jean-Pierre Verheggen, che si impone proprio in quegli anni per il carattere sovversivo della sua scrittura. Non si sa che “la poésie française de Belgique est d’une tout autre originalité que les résidus symbolicards qu’on montre dans les anthologies officielles?”3. Di “tout autre originalité” e in aperto contrasto con una visione ufficiale della letteratura belga sono negli anni ‘50 tre riviste letterarie create in nome di ‘un’invenzione collettiva’ che pone le premesse per un auspicato rinnovamento estetico a partire dallo stesso statuto dello scrittore, da vate profetico a “meneur de jeu”4. Si tratta di Temps Mêlés, diretta da André Blavier a Verviers, di Daily Bûl creata da André Balthazar a La Louvière e, in particolare, di Phantomas, animata a Bruxelles da Théodore Koenig:

La constellation Colinet-Havrenne-Koenig-Noiret (Scutenaire et Lecomte y agissant de l’extérieur) pour Phantomas; la constellation Bury-Balthazar-Chavée-Alechinsky pour le Daily Bul; la constellation Blavier-Arnaud-Queneau’Pataphysique pour Temps-Mêlés forment une façon de voie lactée où les astronomes de la littérature différente finiront bien par reconnaître les leurs5.

1. Temps Mêlés, Daily Bûl, Phantomas: “une littérature différente”

Laboratorio indipendente della letteratura contestataria, come lo definisce Jacques Dubois6, Temps Mêlés nasce per merito di André Blavier a Verviers nell’ottobre del 1952 “de l’insondable ennui de sa ville natale”7 e nel 1978, dopo ben venticinque anni di attività, cambia direzione per diventare Temps Mêlés. Document Queneau e dedicarsi alla raccolta e divulgazione di informazioni e ricerche sull’opera di Raymond Queneau. Caratterizzata da un evidente penchant per la patafisica, la rivista ha tra l’altro il merito di aver introdotto in Belgio i nomi di Vian, Ionesco, Queval e le attività dell’OuLiPo di cui lo stesso Blavier era membro. “Photographie du présent”, la pubblicazione, contraria a ogni mistica unificatrice, presta attenzione a tutte le tendenze, dal momento che “en pouasie, (...), y a ceux qui symbolisent et ceux qui s’intronisent (...), y a les voyants et les voyeurs, et puis ceux qui ne voient rien, (...) bref, il y a les bons et les mauvais”8. Accolta piuttosto freddamente dalla stampa, fu subito relegata tra le cose bizzarre e astruse che il forte conformismo post-bellico aveva difficoltà ad accettare.
Animata da uno spiccato esprit farceur, la rivista Daily Bûl sfugge a qualsiasi definizione contro cui la stessa mette in guardia il lettore (“La pensée bûl n’est pas souvent ce qu’on croit ; elle en serait même, le cas échéant, tout le contraire”9) che nell’immagine dell’escargot, emblema iconografico privilegiato del suo carattere indefinibile, trova l’incarnazione grafica di “une pensée de voyage”, “indéfinissable par essence, non autoritaire, non demonstrative (ou alors contrarotative), non convaincante par désir de l’être”, “une hygiène respiratoire”10. Inoltre, l’idea della boule, insita nell’ortografia “volontairement chancelante”, “objet de gourmandise (...) cérébrale”11 e contenitore polisemico che rimanda ora al cappello di Magritte (il celebre chapeau-boule), ora alla bolla di sapone, ora allo spazio destinato alle parole nei fumetti (la bulle), ora al gioco delle bocce12, ben si addice a questo indefinibile pensiero che, sul filo della disinvoltura e derisione, della “fugacité, le décousu, la désopilance, la négligence, les contradictions, le ridicule”13, in dieci anni pubblica dodici numeri contro le aspettative di una pubblicazione quotidiana come il suo nome, ironicamente, lasciava ipotizzare (daily)14.
Altrettanto non conformista, esplicitamente ludica, aperta a numerosi contatti internazionali, la rivista Phantomas, situata cronologicamente tra Temps Mêlés15 e Daily Bûl, nata nell’autunno del 1953 e condotta per quasi trent’anni, tra non poche difficoltà finanziarie, conta ben 164 numeri, più di 5000 pagine, circa 1000 riproduzioni di pittura, scultura, fotografia; tratta i temi più disparati: “La littérature”, “L’amour”, “La Mémoire”, “L’homo ludens” e pubblica testi di scrittori francesi e belgi in un momento in cui questi non erano ancora conosciuti dal grande pubblico. Se “le titre, comme un nom d’animal, fait index : un peu pedigree, un peu acte de naissance”16, nell’omaggio reso al popolare eroe Fantômas, “le gentleman démoralisateur”17 nato nel 1926 dalla penna di Pierre Souvestre et Marcel Allain, si può indubbiamente leggere una sorta di implicito manifesto della rivista. L’opposizione al sociale, infatti, la rivolta, l’elogio di una morale renversée, il dono stesso dell’ubiquità, l’impossibilità di ancorarsi a qualcosa di prestabilito, nonché quella di fornire elucidazioni sui propri piani: queste le caratteristiche dell’eroe, tanto amato dai surrealisti, e della rivista che da lui prende nome.
“Revuette plus ou moins anonyme et anti-tout, avec bouquet garni de pataphysique, enguelade, coups de pied occultes strictement métaphoriques etc. etc.” secondo le intenzioni di Havrenne18, “revue, (...) d’un genre tout à fait neuf et qui n’a pas encore été fait nulle part” che mira a pubblicare “textes de qualité moderniste”19 come la vorrebbe il suo direttore, Théodore Koenig20, essa nasce dall’insoddisfazione nei confronti delle altre riviste del periodo con le quali condivide “l’ouverture de l’esprit” e la cultura della “farouche indépendance”. L’apparente complementarietà e la frequente coabitazione di artisti non devono però generare confusione: Koenig e i suoi collaboratori ribadiscono la singolarità di Phantomas rispetto alle altre riviste così come la sua totale estraneità alla poetica surrealista, contestando a priori la possibilità di uno spazio storico surrealista che coincida con gli anni 1950-’70, la pretesa cioè di un neo-surrealismo, “mannequin dérisoire qui n’attire plus les oiseaux”21:

Le surréalisme, nous le regardons un peu du même œil que la Maison du peuple de Horta: belles charpentes en habit de lumière qui vivent dans les fibres de notre être, mais que nous n’occupons plus”22.

Tre diverse riviste, quindi, che all’interno di una ‘letteratura differente’, si situano in margine all’espressione letteraria ufficiale, tradendo quella correttezza formale nella quale il Belgio letterario si era per molto tempo identificato e propendendo per una “Belgique sauvage” che nella trasgressione e irregolarità trovava la matrice comune di tendenze poetiche alternative, dadaismo e surrealismo compresi. Titolo del ‘dossier’ contenuto nel n. 100-111 di Phantomas, datato 1971, l’etichetta “Belgique sauvage” accomunava, infatti, gruppi e riviste che, piuttosto estranee all’ortodossia letteraria, tentavano di acquisire diritto di cittadinanza all’interno della scena culturale belga, a partire dal primo Novecento.
Dal dadaismo23 sino alla più recente esperienza della stessa Phantomas veniva palesemente evocata quella ‘fascia letteraria’ che gli stessi promotori prima e una certa ufficialità in seguito avrebbero, con spirito diverso, identificato con l’appellativo di “sauvage”. Il fine era quello di legittimare una produzione letteraria accusata solitamente di irriverenza e anomalia rispetto all’ufficialità culturale, recuperando in positivo l’appellativo “sauvage” sino a farlo divenire stendardo di una possibile alternativa di scrittura.
Tre particolari fasi storico-letterarie venivano così rintracciate all’interno di La Belgique sauvage grazie alla stessa consecutio dei capitoli, secondo un iter cronologico che faceva del dadaismo e del surrealismo, anche se in sordina, il primo momento di rottura in “une époque dorénavant « classique »”24, prima ancora di arrivare ad una più esplicita opposizione con i gruppi degli anni ‘50. Tra i due momenti, la rivista Les Lèvres nues25 di Marcel Marien e il gruppo Cobra venivano considerati come una sorta di suite logica del surrealismo.
“En littérature ce qui est sauvage seul nous attire. Dans le sauvage ce qui est littérature seul nous répugne”26: per la prima volta, quindi, con la locuzione “Belgique sauvage” si positivizzava e si esibiva pubblicamente la marginalità di una letteratura “differente” e ci si autodefiniva non in termini di legittimazione pseudo-nazionalista27, bensì di spirito e prospettive all’interno di una nazione, di una letteratura e di un periodo, quello degli anni ‘50, di difficile definizione. Di tale ciclo storico-culturale, piuttosto ibrido e transitorio, gli storici della letteratura concordano nel definire il clima letterario una fase di ripiego, quello politico una sorta di “gel historique” mentre l’aspetto più prettamente sociale equivarrebbe, ai loro occhi, a un momento di “barrage mental”28.
Il Belgio della metà del secolo si profila, quindi, come un “espace conformiste, endolori et aveugle”29 la cui “littérature sans histoire”, come la definisce Daniel Laroche30, privilegia l’estetica neoclassica sino a dar luogo a “une école néoclassique, fondée sur le triomphe quasi-exclusif des formes consacrées de la rhétorique et de la lisibilité”31. Si tratta di un classicismo inteso come “le degré de maturité et de perfection du style que toute époque aspire à se donner et où elle s’accepte de se reconnaître”32 secondo un portavoce dell’Académie. Un classicismo ancora da attuare (“certes, il n’y a aujourd’hui à l’état pur, ni classicisme, ni romantisme. Mais il y a l’approche de l’un et la fin de l’autre”33) e al quale i membri dell’Accademia invitano a spianare la strada eliminando i pericoli che possono derivare, ad esempio, da “une littérature anecdotique, de scandale, de digest, de texte remanié, de littérature anonyme, de vers pour mirliton”34, da un fenomeno letterario che “en se mettant de plein-pied avec le commun de la vie et le quotidien de l’existence, a aboli formes, contours, hiérarchies et privilèges”35. Il rischio più grande agli occhi dell’istituzione accademica è l’illimitata estensione dei poteri dell’arte e della letteratura che si appropriano indiscriminatamente di tecniche ad esse generalmente estranee. All’uso di materiali eterogenei nel campo artistico contemporaneo corrisponderebbe in letteratura il ricorso a tecniche di diffusione normalmente lontane dalla sua sfera, quali il reportage, l’attualità, la sociologia, la politica. Questo slittamento provocherebbe un’invasione tale da alterare la natura del fenomeno estetico, una dilatazione del campo letterario sempre più assimilabile a un quartiere fieristico, una dimissione della letteratura da se stessa. In particolare, la confusione, la mancanza di una netta frontiera tra i generi, spesso presenti simultaneamente all’interno della stessa opera, metterebbero in discussione la nozione stessa di genere letterario: confusione pericolosa che “engendre la confusion des sentiments, d’où résultent des désordres dont la vérité sort mutilée et la liberté amoindrie”36.
Ciò che rappresentava un pericolo per i membri dell’Accademia costituiva l’impegno principale dei promotori della Belgique sauvage per i quali la libertà trovava la sua più ampia possibilità espressiva proprio nel mélange imprevedibile dei generi37. Tra il riso e la provocazione, aforismi, slogan, pubblicità trasfigurate, piccole rubriche divertenti costituiscono, a partire dal surrealismo, una produzione variegata che spesso utilizza la riscrittura critica e la trasformazione di testi esistenti e che fa sovente della derisione il motivo della propria esistenza.
Tra i tract surrealisti, le paradossali enquêtes del Daily Bûl e le “blagues d’artistes”, il genere dominante è l’aforisma, in particolare l’aforisma ludico. Tentazione costante di questi scrittori, esso fa della brevità, della condensazione, della reticenza e della contraddizione il luogo testuale nel quale meglio si esercita l’estetica della sorpresa e una critica implicita, ma consapevole, della logica usuale del concetto di verità in letteratura, della teoria del segno e del predominio di una poesia soggettiva. Contestando la significazione, optando per un ritorno alla “lettera”, scivolando facilmente nel nonsenso, valorizzando l’istante contro la durata e l’eternità, “l’aphorisme ludique surgit comme réhabilitation polémique de procédés rhétoriques déconsidérés comme « Inscription » brandie contre la Littérature et contre l’opposition générique vers/prose en alternative à l’écriture automatique”38. Phantomas presenta delle vere e proprie rubriche, contenitori di pensieri fugaci, annotazioni decontestualizzate, spunti di derisione, ma anche annunci e informazioni editoriali, i cui titoli sono a loro volta emblematici: “écho-soupirs”, “orbites et orbitules”, “Tête d’une jetée, Aristarkophilies”. In questo ultimo caso si tratta, in realtà, di una rubrica di recensioni; il ricorso ad Aristarco, il “Copernico dell’Antichità”, come veniva definito, accusato di empietà e ateismo per aver proposto, attraverso un’ipotesi eliocentrica, una nuova spiegazione dell’irregolarità apparente delle orbite dei pianeti, è particolarmente significativo: nel rendergli omaggio, i membri della rivista assumevano pienamente la propria trasgressione39.

2. Contro l’Académie

Per i promotori della Belgique sauvage post-surrealista la trasgressione ha, ovviamente, come bersaglio prediletto l’Académie. Contro tale istituzione, in una veste ludica e amenamente parodistica, si rivolgono l’Académie de Montbliard (“l’œuf et la coquille”40 del pensiero bûl) e, in forma più tendendenziosa e polemica, la rivista Phantomas.
Nata verso il 1955 a Montbliard, un piccolo villaggio nei pressi della frontiera francese, dove gli animatori del Daily Bûl trascorrevano il fine settimana, e trasferitasi successivamente a La Louvière prima di svanire nel nulla, l’Académie de Montbliard, costruzione alquanto grottesca e tribuna della “pensée bûl”, si propone di “maintenir un œil avide et avénant sur les frontières mouvantes de l’intellect”41. Invenzione studentesca, giocosa e goliardica, essa non può essere vista che come una parodia dell’ormai nota Académie de Belgique nella dilatazione stessa cui si presta di per sé il termine parodia: “tantôt la déformation ludique, tantôt la transposition burlesque d’un texte, tantôt l’imitation satirique d’un style”42. L’Académie de Montbliard, che già dal nome di una località qualunque lasciava presagire il suo carattere burlesco, imita e deforma i caratteri distintivi dell’Académie Royale procedendo, in primo luogo, all’appropriazione e saturazione del suo codice. Ecco quindi che essa si dota di un vero e proprio statuto e di tutto quel materiale che può garantirle una sorta di visibilità e ufficialità identitaria: un inno, carta da lettera recante diverse illustrazioni, un’infinita varietà di biglietti augurali, segnalibri, programmi di invito a manifestazioni non proprio ortodosse (quali feste campestri), bollettini di iscrizione indicanti la quota di versamento da pagare “menstruairement”, in cambio dell’“estime théorique du chef”, proporzionalmente al titolo onorifico meritato. A questo proposito, la tipologia dei vari membri comprende anomali attributi: “sympatique”, “grand”, “viril”, “orgueilleux”, “rare”. I nomi degli articoli dello statuto vengono, invece, così qualificati: articolo “précedent”, “suivant”, “trinitaire”, “antépénultième”, “pénultième”, “ultième”, “de la Mort”, “de Smalkade”. Tra le sezioni costituenti l’Accademia: “la section d’Art et Jeunesse”, il “Comité des fêtes” et la sezione “Joie et volaille”. Altro esempio di assunzione di un codice e successivo détournement è costituito dall’assegnazione di premi letterari, attribuiti, ad esempio, al peggior critico dell’anno. Un’allusione alla natura caricaturale di tali premi nei confronti dell’Académie è indubbiamente contenuta nella festa di inaugurazione della statua di “un grand hennuyeur de la musique”, Roland de Lassus43. Ad essa parteciperanno prestigiosi rappresentanti della Accademia: Bodart, Kuypers, Christophe, i cui discorsi “étincelants” provocheranno l’incendio della statua che “flambera d’enthousiasme”. Ridotta in cenere, essa eviterebbe così di “finir dans une assiette officielle”. Lungi dal promuovere un sistema alternativo di valori, l’Accademia di Montbliard denuncia il consensus che fonda l’autorità attraverso una forma assoluta di piacere, quello legato alla plaisanterie irrespectueuse, al fine di svuotare il trionfale sussiego dell’Accademia in nome dell’unico valore ammesso: la gioia delle alternative. L’esibizione del vuoto e l’inconsistenza delle formule attestano il carattere transitorio di ogni definizione, smentiscono l’unicità di ogni punto di vista e, attraverso il ricorso a un universo fittizio e illusorio, nel prendersi gioco del suo modello, l’Accademia di Montbliard si prende gioco di se stessa. In quella che si autodefinisce “héritière des beautés magiques de la pensée logique”44 alchimia e logos trovano, quindi, la possibilità di conciliazione nonché un indefinito e imprevedibile spazio di lucidità e ludicità.
Ben più irriverente ma altrettanto ludica è, invece, l’opposizione di Phantomas nei riguardi dell’Académie Royale. Attraverso aforismi e allusioni ironiche, a volte sprezzanti, nei confronti della “coupole blindée”, ciò che i collaboratori della rivista solitamente rimproverano agli accademici, “Dépositaires de la Littérature” e “Gardiens enchefrouinés du Temple”45, è di essersi installati comodamente nella loro sede eludendo il contatto con la realtà ed evitando di mettere in discussione i propri valori:

56. La faune bien installée des lits et rateurs acadanémiques hait, paraît-il Phantomas. On les comprend, ces ferrailleurs sans chemise intellectuelle : en les ignorant, Phantomas révélera aux générations à venir qu’en dehors de la page littéraire du Soir, ils n’existaient pas46.

A predominare è un’isotopia di pigra immobilità e debolezza, che il gioco di parole esplicita attraverso una scomposizione e ricomposizione fonetica (calembour e mots-valises), caratteristiche altrove riconfermate e rinvigorite da una sottile critica alla natura del rapporto che si tesse tra i membri dell’Accademia e alla loro difesa del purismo linguistico:

29. Si, à l’Académie, on se côtoie entre gens de bonne compagnie, à Phantomas on se serre les coudes entre potes d’excellente et secourable bande”47.

Apparentemente ingenuo, “l’écho-soupir” in questione, dietro l’omologa sequenza sintattica, tradisce profondamente, a partire dal ‘Si’ iniziale, quell’equivalenza semantica che sembrerebbe, a prima vista, permanere nella sistematica trasposizione stilistica dei singoli termini. Da un’analisi definizionale dei termini antitetici contenuti nella frase emerge, in realtà, una differenza semantica fondamentale che insiste sulla diversa natura della relazione che si instaura all’interno dei due mondi, quello dell’Accademia e quello della rivista. A governare l’opposizione sono i termini che chiudono i due sintagmi e la cui contrapposizione si ripercuote nella scelta lessicale dell’intera proposizione. Una “bande” infatti oltre a contemplare un’importante coesione tra i membri costituenti, contro la convivenza meno intima e solidale che si instaura in seno a una “compagnie”48 (da cui “on se serre les coudes” vs “on se côtoie”; “entre potes” vs “entre gens”), implica, in ambito bellico, una volontà di ribellione verso il potere (contro, per rimanere in tema, il compito di assicurare l’ordine da parte delle compagnie, ad esempio, quelle repubblicane) e, non per ultimo, un’allusione sessuale che, totalmente mancante nella prima antitesi, sottolinea una virilità altrove inesistente. Al tempo stesso lo scarto addizionale presente all’interno della restante assoluta simmetria di termini (“excellente et secourable” vs “bonne”) orienta la differenza tra i due mondi verso una distintiva solidarietà e un carattere d’eccellenza. Quest’ultimo, sia pur amplificando il senso del corrispettivo “bonne”, volge il discorso verso quell’idea di bravura e capacità che qualificherebbe il “poète”, termine assente ma foneticamente in relazione paradigmatica con l’argot “pote”. Al di là del significato delle parole, l’arma con cui Phantomas contesta il potere accademico è proprio l’uso del linguaggio49. La trasposizione di stile che regola la scelta dei singoli termini analizzati, l’uso dell’argot, che secondo gli accademici contesta all’arte il suo prestigio, il gioco sul linguaggio, che predilige il significante a svantaggio del significato, diventano le armi principali di opposizione e protesta.

3. Il gioco di Phantomas

Già dai precedenti riferimenti emerge l’importanza accordata dai membri di Phantomas al gioco sul linguaggio, comune denominatore delle diverse espressioni poetiche dei singoli membri del periodico.
Se già per Tzara “la poésie se fait dans la bouche”, tale ‘commestibilità del poetico’ celebrata, per altri aspetti, da Joseph Noiret, secondo cui “Manger” rappresenta “un’activité poétique fondamentale”50, e da Havrenne (il quale sostiene che “On peut fort bien éprouver le sentiment de l’Absolu en (...) mangeant des gaufres”51), trova la massima teorizzazione nelle parole di Max Gillaux:

Peu de poètes l’osent, peu se risquent à l’avouer, j’avouerai. La poésie est coupable, elle est dangereuse. Je suis tombé dans sa gueule et j’ai glissé sur la langue comme une aspirine. J’aurai chu dans son gouffre si je n’avais eu la présence d’esprit de m’accrocher à la glotte; le temps de me rendre compte. Quelle trituration, quelle massepain dans moi!52

La trituration di cui parla l’autore allude a una poetica che parte dal linguaggio per arrivare allo stesso:

La poésie se fait dans la négation de la poésie. Une difficulté pourtant : de toute manière, le langage qui s’écrit moyen, EST en même temps l’objet du travail poétique (son produit), alors qu’il véhicule un passé nommé poésie, dont le poids lourd et mortel, immobilisé, refuse le mouvement qui est poésie53.

Da qui giochi di parole, calembour, anagrammi che, spaziando nell’area del “Lit-Terre-Air”54, o meglio de “l’alittérature”55 o de “li de la térature”56 che dir si voglia, vertono, ad esempio, su titoli di opere note: Pelléas et Mélisande diventano, successivamente anagrammati, “Palissandre Melasse” e “Mélinandre Péléasse”57; su nomi celebri: Simone de Beauvoir si trasforma in “Simone de Beau Voir”, e sugli stessi nomi dei membri della rivista. In una sorta di autocitazione dall’emblematico titolo, Du devenir des lettres, ritroviamo, non a caso, menzionati alcuni collaboratori del periodico (nonché un omaggio a Queneau) attraverso omofoni o “calembour segmentati”:

38. (...) Sans queue-ni tête je m’étais accroupi sur le point du jour le dernier acte manquait justement à qui le pique-ray-je pas de chance s’écria la vendeuse le tram noir-et blanc ne va plus s’arrêter devant mon échope et je resterai la noyée dans mes fleurs de rhétorique mes escargots de bourgoignie mes références au texte (...)58.

Giochi di permutazioni, allitterazioni, femminili fonetici costituiscono il principale materiale di Phantomas accanto a numerose contrepèteries che, come richiede il genere, attraverso lo spostamento di una lettera, elemento mobile, generano espressioni omologhe o analoghe. A rivelare una spiccata inclinazione per questo gioco linguistico è in particolare Marcel Havrenne che, tra l’altro, in una sorta di aforisma metalinguistico sembra rivelarci quello spirito di ‘non contraddizione’ che caratterizza tutte le espressioni della rivista: “La fille du logos et la folle du logis sont deux sœurs fileuses de la même toile”
Sempre dello stesso autore, a titolo esemplificativo, le seguenti contrepèteries:

* Habits de culte, abus du kilt.
* Caresse de filles, caries de fesses.
* Poil de prophète, profil de poète.
* Sol de vérité, cité de la vérole.
(Adaptation française de Désiré Viardot)59

o ancora:

A peinture de seins, ceinture de pain.
A chlore émergé, mort de clérgés.
Science des livres, silence ivre.
A femmes publiques, flammes pubiques.
Des petits fours de la comtesse au petit contour de la fesse60
.

Costruite nel medesimo modo, queste frasi godono di una struttura sintattica che tende a dare coesione logica ad un pensiero canonicamente illogico. Qui è la virgola a svolgere il ruolo di asse di simmetria e di frontiera tra i due gruppi lessicali a confronto, ma la stessa funzione può essere assolta da una preposizione, come nel caso di “Homo nudens dans un camp de ludistes”, o da un semplice trattino come nella seguente paronimia: “Vipère ludique – viscères pudiques”61.
L’uso della contrepèterie in absentia è altrettanto frequente tra le pagine della rivista; esso coinvolge più direttamente il lettore invitato, ad esempio dalla collocazione arbitraria della frase, spesso maliziosamente decontestualizzata o segnalata da un asterisco, ad attivare un significante virtuale e latente nel discorso. Già nel primo numero di Phantomas si leggono bizzarri aforismi all’apparenza innocenti: “C’est au cours d’un voyage en Orient que j’ai failli périr empalé par une espèce de grand cure-dent62 (che potrebbe contemplare tale doppio senso: “C’est au cours d’un voyage en Orient que j’ai failli périr enculé par une espèce de grand-parent”); “Ce n’est pas à force de briser les pelles qu’on deviendra bêcheur d’élite63 (da leggersi anche: “Ce n’est pas à force de briser les belles qu’on deviendra lêcheur de bitte”); “Bottes hors d’usage et mites poussiéreuses, tout cela va bien ensemble”64 (oppure: “Mottes hors d’usage et bittes poussiéreuses, tout cela va bien ensemble”). Come spesso accade in questo genere di testi, che giocano di frequente su un’isotopia erotica più o meno palese, si mescolano diversi livelli di lettura che contemplano simultaneamente un senso assurdo, letterale e metalinguistico.
Non sempre, quindi, il gioco linguistico di Phantomas ha una valenza tendenziosa e trasgressiva; spesso esso vale per se stesso, in nome di una sperimentazione ludica sul linguaggio e del linguaggio, e come base poetica in senso lato; una poetica deliberatamente refrattaria ad ogni definizione. A tale proposito è interessante notare la frequenza di una frase che ricorre, con piccole varianti, all’interno di diversi numeri della rivista e che è spesso utilizzata per allestire la quarta di copertina. Spacciata per una “massima” di Valéry essa recita: “On ne s’énivre pas avec les étiquettes de flacon” (Valéry)65. In realtà, la citazione rimanda solo in parte all’autore cui è attribuita, il quale asseriva: “Il est impossible de penser – sérieusement – avec des mots comme Classicisme, Romantisme, Humanisme, Réalisme... On ne s’énivre ni ne se désaltère avec des étiquettes de bouteilles”66. La “bouteille” divenuta “flacon” non intende, comunque, dissacrare l’hypotexte scelto; con una semplice variazione di stile, la massima, apparentemente sibillina, ribadisce, alla luce del testo di partenza e sotto la tutela di un nome prestigioso, l’opposizione verso ogni convenzione e rigidità di classificazione. Per i redattori di Phantomas non è possibile definirsi attraverso un’etichetta letteraria; l’ispirazione poetica si misura con la realtà e varietà del quotidiano. Di conseguenza oggetti e argomentazioni di per sé privi di carica poetica attirano l’attenzione di questi autori per i quali l’immaginazione “ne sera plus d’aucune manière la rançon du réel mais sa justification même et son explication la plus haute”67 e per i quali “le secret des lettres” consiste nella “possibilité mystérieuse de faire apparaître le réel”68. Già nel Manifeste en service commandé, unica articolazione esplicativa delle intenzioni della rivista69, Phantomas si dichiara vicina a una sorta di neo-realismo e postula un’equivalenza tra poesia e realtà: essa “croit à la nécessité d’une transformation radicale de la vie des hommes pour leur faire aborder le réel – qui est la poésie même”. Tale nuova disposizione del modo di vedere è più volte sottolineata dalla rivista attraverso aforismi, icone e l’allestimento della quarta di copertina. Spesso quest’ultima riporta la seguente scritta: “la revue Phantomas reste le meilleur guide pour ceux qui lorgnent vers une optique reconsiderée”70, corredata dalla raffigurazione di alcuni strumenti ottici, lenti di ingrandimento e binocoli, a sottolineare il ribaltamento di prospettiva che si intende attuare. Nel tentativo di investigare sulle potenzialità poetiche del reale, la poesia diventa essa stessa uno strumento ottico:

Poème = stroboscope: appareil permettant d’observer des objets animés d’un mouvement périodique très rapide, comme s’ils étaient au repos ou animés d’un mouvement très lent71.

Sullo stesso tema, Alessandro Pozzo dichiara solennemente:

Je soussigné A l e s s a n d r o P o z z o
déclare:
considérant que tout instrument optique
se compose d’un oculaire et d’un objetctif,
Article Unique
la revue P h a n t o m a s est l’instrument
para-optique qui nous conduit
de la certitude o c u l a i r e
au hasard o b j e c t i f.

Alessandro POZZO
(Bruxelles 14/7/76)72

Più che di quella scoperta di forme e fenomeni, coincidenze e accidenti, che manifestano l’invasione del meraviglioso nella vita quotidiana, di chiara matrice surrealista (“le hasard objectf”, divenuto a volte “Lazard objet actif”73), la poesia per Phantomas dovrebbe concorrere a discernere nell’apparente banalità del reale quella carica di meraviglia che connota spesso i testi umoristici presentati nella rivista. Tale stupore può essere reso possibile sia dall’‘esperienza della lingua’, come nel caso dei giochi di parole, che da una carica umoristica che trascende il significante, giocando ora sullo stile, ora su un sorprendente effetto finale, ora su un evidente effetto di incongruenza74. Ad esempio, i vari testi di Colinet riportati nella rivista contengono una forte carica umoristica dettata generalmente dall’elevazione stilistica di un contenuto piuttosto banale e generano in primo luogo un senso di meraviglia e stupore. All’apparenza trattati scientifici e divulgativi, i testi dell’autore abbordano contenuti di ordinaria amministrazione che spaziano dall’Utilisation hédoniste de la pluie a De l’art de tirer parti d’une fenêtre ouverte, da De l’amélioration des promenades en rase campagne a La technique de l’œuf75. Il rappresentante di quello che, in antitesi all’humour noir surrealista, viene definito humour vert, per attestarne il carattere di ingenuità e sensibilità, trova nella banalità del reale una carica poetica che ci trasmette in chiave umoristica, dissacrandone il misticismo e contemporaneamente mistificando il reale.
La sorpresa del finale, assoluto imprevisto, governa invece il discorso umoristico di altri testi, come quello di T. Maya, La séparation de corps76, in cui si crea un effetto di contrasto suscitato dallo scontro di due impressioni diverse, delle quali l’ultima distrugge ciò che la prima edifica. “Minuit égrena ses douze coups au clocher da la cathédrale de Beauly (Ecosse). Andrew et Lola décidèrent de commun accord d’aller au lit”: la vicinanza fisica di due persone, un uomo e una donna, presumibilmente una coppia, di cui vengono descritti nel dettaglio e in tre paragrafi i movimenti rituali prima di coricarsi (in un’atmosfera di attente che prelude a una scena erotica), è brutalmente contraddetta dall’ultimo breve paragrafo che invita a rivalutare retrospettivamente il testo: “Ils éteignirent presque ensemble. Ils habitaient à deux pas l’un de l’autre, Andrew au 28, Lola au 34; c’est pourquoi cette nuit-là ils s’endormirent bercés par un rêve tout proche”.
Un umorismo dettato dal principio di incongruenza è quello su cui si basa il testo di Marcel Mariën La corde flottante77 in cui si narra di due genitori che, alternativamente, decidono di suicidarsi e che, poi, rendendo partecipe il figlio delle loro intenzioni, si abbandonano, con il piccolo, ad un fiume di lacrime sino ad annegare. L’unica a sopravvivere sarà la corda, galleggiante, con cui intendevano togliersi la vita.
Questi brevi esempi non possono che dare una visione parziale di quello che è lo spirito della rivista nella quale una pluralità di voci si interseca con una univocità di intenzioni. Tuttavia appare evidente che un umorismo a volte dissacratorio, altre volte più ameno, è l’elemento costante di quella tendenza ludica che attraverso Phantomas e, più in generale, tutti i membri della Belgique sauvage, si pone in alternativa a una letteratura ‘seria’ nei cui confronti non si misura più l’importanza del messaggio, bensì il suo carattere rivoluzionario:

Le ludisme, entre autres, s’impose à la fois comme un refus fondamental et une libération permanente des éthiques, des étiques, des étiquettes : il s’épanouit dans l’incertitude de la règle comme lendemain de l’écriture78.


Note

↑ 1 L’antagonismo tra l’Académie (istituita in Belgio nel 1920) e l’Avanguardia in Belgio è un fenomeno quasi costituzionale: è nello stesso momento storico che nascono entrambe ma la prima fase della loro coesistenza sembra svolgersi nel nome di una risoluta indifferenza. Se la prima ignora completamente la seconda, quest’ultima si tiene discretamente e deliberatamente ai margini di qualunque tipo di consacrazione. Il riserbo stesso che il surrealismo conserva nei riguardi della pubblicazione dell’opera, la resistenza nei confronti di ogni vanità letteraria a vantaggio dell’autenticità della vita e di un lavoro molto più profondo, di cui l’espressione letteraria non è che la risposta effimera e frammentaria, legittimano lo scarto tra i due poli dell’espressione culturale.

↑ 2 La celebre Histoire illustrée des Lettres Françaises de Belgique di G. CHARLIER e J. HANSE (Bruxelles, La Renaissance du livre, 1958) ignora quasi del tutto l’esperienza surrealista e, a maggior ragione, ogni tendenza poetica innovatrice che le fa seguito; Lettres Vivantes (AA. VV., Bruxelles, La Renaissance du livre, 1975) vi dedica solo poche pagine mentre la Littérature Belge d’Expression française cita solo una volta il nome di Théodore Koenig tra coloro che “le manque de place (...) empêche de citer” (R. BURNIAUX et R. FRICKX, Littérature Belge d’Expression française, Paris, PUF, 1980, p. 95). La stessa Poésie française de Belgique de 1880 à nos jours liquida nello spazio di appena sei righe l’attività dadaista di Pansaers e in quello di tre la poetica di Dotremont; concede una sola pagina a Nougé e accorda invece grande attenzione alla poesia neoclassica “généralement respectueuse de la mesure et de la rime et néanmoins d’une vigueur et d’une variété sans équivalents dans les époques précédentes” (R. FRICKX et M. JOIRET, Poésie française de Belgique de 1880 à nos jours, Bruxelles, Nathan/Labor, 1977, p. 205). In «Le groupe surréaliste» (Phantomas, n. 100-111, décembre 1971, pp. 197-237) André BLAVIER rintraccia le varie fasi di consacrazione del movimento a partire dal 1955, in occasione di una mostra organizzata a Liège dall’A.P.I.A.W. sul tema “L’apport wallon au surréalisme”. L’articolo in questione fa parte di un voluminoso e importante ‘dossier’ intitolato La Belgique sauvage, contenuto nel n. 100-111 di Phantomas (dedicato a La mémoire), che a partire dal dadaismo sino agli anni ‘50 si propone di illustrare il lato meno “domestico” dell’espressione letteraria belga. Tale ‘dossier’ sarà d’ora innanzi indicato con la sigla BS.

↑ 3 J.-P. VERHEGGEN, Verticales 12, 1970, p. 44.

↑ 4 “L’écrivain n’est ni un meneur d’idées ni un meneur de mots, c’est un meneur de jeu: Meneur mené, mais meneur”; M. VACHEY, «Homo ludens», Phantomas, n. 78-82, décembre 1968, p. 105.

↑ 5 P. PUTTEMANS, «Discours sur le peu d’orthodoxie (Temps-Mêlés, Phantomas, Daily Bûl)», BS, pp. 280-281.

↑ 6 J. DUBOIS, in AA. VV., La Wallonie, le pays et les hommes, Bruxelles, La Renaissance du livre, 1975-1981 (t. 4), p. 149. Nell’impossibilità di approfondire i programmi estetici delle diverse riviste e dei loro singoli collaboratori, presenterò una visione d’insieme di questa corrente ludica, con particolare riferimento alla rivista Phantomas, riprendendo in gran parte la mia tesi di dottorato incentrata su La corrente ludica nel Belgio letterario degli anni ’50 : il gioco di Phantomas (Dottorato di ricerca in Letterature Francofone, V ciclo, Università di Bologna). Il materiale epistolare non pubblicato cui si farà riferimento è conservato presso la Bibliothèque Royale, Musée de la littérature di Bruxelles in “Archives Phantomas-Koenig”.

↑ 7A. BLAVIER, «Temps Mêlés... Temps perdus» , BS, p. 283.

↑ 8 Ibid., pp. 284-285.

↑ 9 M. HAVRENNE, in Daily Bul 1955/1985 années d’éditions et d’activités, Daily Bul, 1985, s. p. Si tratta del catalogo di una mostra sulla storia e le iniziative del gruppo datata 7 luglio - 30 settembre 1985, Château de la Roche-Jagu – Ploëzal.

↑ 10 Definizioni tratte dal dattiloscritto inedito di A. BALTHAZAR, Une expérience du Daily Bûl.

↑ 11 A. BALTHAZAR, «La légende du Daily Bûl», BS, p. 295.

↑ 12 Come sostiene lo stesso BALTHAZAR le giornate trascorse a Montbliard “se passaient le plus souvent dehors, à marcher, a flanêr, à jouer aux boules (premières vraies rencontres avec le mot, la forme et l’objet)”; dattiloscritto inedito cit., p. 3.

↑ 13 Cfr. Daily Bûl and C°, Bruxelles, éditions Lebeer-Hossmann, 1976, p. 7.

↑ 14Secondo le parole di André BALTHAZAR “le mot « daily », (...), fut emprunté ailleurs, sans dandysme ni démangeaisons anglo-saxonnes excessives, pour mieux se jouer de la longueur éphémère du temps et de ses périodicités trop programmées”; Motus, in Jeux de langue, jeux d’écritures, A. SONCINI (a cura di), Bologna, CLUEB, 1995, pp. 213-214.

↑ 15 Phantomas fu edita inizialmente da Temps Mêlés il cui sesto numero costituisce il primo della rivista diretta da Koenig.

↑ 16 G. GENETTE, Palimpseste, Paris, Seuil, 1982, p. 45.

↑ 17 Così lo battezzava E. MOERMAN nel testo Fantômas 33, in Œuvres poétiques, Bruxelles, André de Rache éditeur, 1970, p. 70.

↑ 18 Come si legge in una cartolina inviata nel 1953 da Marcel HAVRENNE a Joseph NOIRET.

↑ 19 Lettera di Théodore KOENIG a Roland GIGUÈRE del 25/1/54.

↑ 20 Per una presentazione generale dell’itinerario artistico di KOENIG si confronti A. OLIVENNES, L’œuvre de Théodore Koenig, in Jeux de langue, jeux d’écritures cit., pp. 153-173.

↑ 21 T. KOENIG, J. NOIRET, G. PIQUERAY, «Encore “le surréalisme”», BS, p. 312.

↑ 22 Ibid. Il rapporto tra Phantomas e il surrealismo è piuttosto complesso. I collaboratori della rivista escludono la loro partecipazione all’establishment surrealista, “avec ses thésaurisations, son culte et ses querelles stratégiques” sia pur riconoscendo che condividono la démarche fondamentale del surrealismo, ossia “étendre en tout sens la liberté poétique de l’homme” (ibid.). Bisogna inoltre tener conto della profonda differenza tra il surrealismo belga e quello più propriamente francese dal quale Phantomas prende le dovute distanze.

↑ 23 Per la prima volta, la rivista Phantomas del 1971 proponeva una precisa ricostruzione della genesi ed evoluzione del dadaismo e surrealismo belga, attestando l’esistenza spesso discussa dei due movimenti ed evidenziandone la specificità nei confronti degli omologhi gruppi francesi.

↑ 24 T. KOENIG, Dada, BS, p. 194.

↑ 25 Creata nel 1954, la rivista nasce dalla necessità di pubblicare i testi di NOUGÉ onde evitare la definitiva occultazione cui lo scrittore surrealista sembrava essere destinato non avendo mai pubblicato le proprie opere.

↑ 26 J. NOIRET, «Le Thoreau par les cornes», Phantomas, n. 87-88, juin 1969, p. 21.

↑ 27 Ricordiamo che l’ambiguità costitutiva che caratterizza la nazione belga (l’articolazione tra civiltà latina e germanica con i rispettivi retaggi culturali, la stretta vicinanza geografica con la Francia) ne ha orientato l’intera strategia letteraria verso la costante ricerca di un’autolegittimazione (cfr. M. AMATULLI, La corrente ludica nel Belgio letterario degli anni ’50: il gioco di Phantomas cit., pp. 76-81). A tale proposito, i membri della rivista si chiedono: “Combien de temps faudra-t-il, par ailleurs, aux traumatisés de la « belgitude » pour guérir de l’obsession de se justifier d’en être? (...) Les dégoulinants du complexe ethno-socio-culturel (beau langage) finiront-ils un jour par raccrocher, avec cette « belgitude », leurs « vrais belges », leurs « faux belges », leurs « écrivains belges »... ? (...) Quitteront-ils la parade dérisoire des autojustifications et leurs pratiques de thérapie de groupe ?” («Salut les petits copains !», Phantomas, n. 152-157, décembre 1977, pp. 188-189). Al contrario di tale tendenza, “Phantomas ne se donne aucune peine pour être vertement belge, décrypte ses bigorneaux aux quatre saisons de la charrette, ne gobe pas la baliverne culturelle ni ne s’entartine de confiture théorique, se fait du plaisir à mourir d’en rire, ressuscite à chaque coup trop tiré, fait la nique”(J. NOIRET, «Gloses», Phantomas, n. 146-151, décembre 1976, p. 203).

↑ 28 Cfr. Marc QUAGHEBEUR, Lettres belges entre absence et magie, Bruxelles, Labor, 1990, p. 39.

↑ 29 Marc QUAGHEBEUR, Balises pour l’histoire des lettres belges, Bruxelles, Labor, 1998, p. 296.

↑ 30 1940-1960: une littérature sans histoire: così D. LAROCHE intitola il quarto capitolo di Au nord d’ailleurs. Image de la littérature belge de langue française 1830-1985, s.l., éditions Traces, s.d., p. 44.

↑ 31 M. QUAGHEBEUR, Entre repli et dialectique, exil ou autonomie, d’innombrables poètes, in Cheminements dans la littérature francophone de Belgique au XX siècle, A. SONCINI (a cura di), Quaderni di Francofonia, n. 4, 1986, Firenze, Olschki Editore, p. 66.

↑ 32 Tratto dal discorso di L. CHRISTOPHE in occasione della séance pubblica annuale del 24 ottobre 1953 sull’argomento L’écrivain et son publique, Bruxelles, Palais des Académies, 1953, p. 27.

↑ 33 Discorso di R. BODART, in ibid., p. 18.

↑ 34 Discorso di R. GOFFIN, in ibid., p. 16.

↑ 35 Discorso di L. CHRISTOPHE, in ibid., p. 25.

↑ 36 Ibid., p. 34.

↑ 37 Ricordiamo, tra l’altro, che alcuni membri di Phantomas avevano firmato nel 1957 il manifesto “Contro lo stile”, lanciato a Milano dai Nucleari e nel quale, come nel primo manifesto nucleare del ’52, si intende denunciare nello stile l’ultima delle convenzioni. Idee già presenti in un manifesto del 1921 apparso sulla rivista De Stijle e firmato da Raoul HAUSMANN, unitamente a SCHWITTERS, MOHOLY-NAGY, PERI e ARP, come annuncia HAUSMANN a KOENIG in una lettera del 16/5/58 riportando qualche breve stralcio del testo in cui, tra l’altro, si legge: “Détournez-vous des styles. Nous exigeons l’art sans style pour arriver au style !”.

↑ 38 M.-P. BERRANGER, Dépaysement de l’aphorisme, Paris, José Corti, 1988, p. 97.

↑ 39 Ricordiamo, inoltre, che il n. 6 della rivista Daily Bûl rende omaggio ad Aristarco a partire dallo stesso titolo T’as le bonjour d’Aristarque.

↑ 40 Daily Bul 1955/1985 années d’éditions et d’activités cit., s. p.

↑ 41 Estratto dall’«Article trinitaire» dello statuto dell’accademia di Montbliart, riprodotto in ibid.

↑ 42 G. GENETTE, op. cit., p. 33.

↑ 43 Cfr. Daily Bul 1955/1985 années d’éditions et d’activités cit, s. p.

↑ 44 Dal bollettino di iscrizione all’Accademia di Montbliard, riportato in ibid.

↑ 45 T. KOENIG, «Phantomas ou comment l’esprit vint aux garçons» , BS, p. 308. Il termine “enchefrouiné”, inesistente, potrebbe essere coniato a partire da “enchère” (asta) e “frouer” (frode) e dare origine a un gioco di parole sottilmente tendenzioso.

↑ 46 «Echo-Soupir» n. 56, Phantomas n. 152-157, décembre 1977, p. 225. Corsivo mio.

↑ 47 «Echo-Soupir» n. 29, BS, p. 354.

↑ 48 Secondo le definizioni del PETIT ROBERT, “une bande” sarebbe: “un groupe d’hommes qui combattent ensembles rangés sous une même bannière, un même chef”, e “une compagnie”: “le fait d’être avec quelqu’un”.

↑ 49 Nel discorso inaugurale dell’Académie Jules DESTRÉE afferma che l’istituzione in questione nasce innanzitutto dalla volontà di “donner à la Belgique une littérature à elle”; una concezione nazionalista che, tuttavia, trascende il métissage linguistico proprio della nazione belga. È necessario, sostiene infatti Destrée, salvaguardare la purezza della lingua francese da “l’imprécision ou l’impropriété des termes, les locutions sans élégance ni correction, les déviations vulgaires auxquelles était exposée, chez nous, la langue française, en raison du voisinage des parleurs germaniques” (Bulletin de l’Académie Royale de Langue et de Littérature française de Belgique, I, marzo 1922, p. 8).

↑ 50 J. NOIRET, «Notes sur une certaine comestibilité du poétique», Phantomas, n. 17, mai 60, p. 12.

↑ 51 M. HAVRENNE, «Aphorismes», (extrait de Du pain noir et des roses), Phantomas, n. 18, juillet 1960, p. 11.

↑ 52 M. GILLAUX, «Pierres précieuses de durable joaillerie», Phantomas, n. 13, janvier 1959, p. 97.

↑ 53 J. NOIRET, «Ecritures I», Phantomas, n. 87-88, juin 1969, p. 8.

↑ 54 N. ARNAUD, «Le trébuchet du raffineur», Phantomas, n. 13, janvier 1959, p. 47.

↑ 55 Ibid., p. 46. Il vocabolo, aggiunge ARNAUD, si presta a molti esercizi di stile e sembra essere “bien conçu, puisqu’il permet de pratiquer sur lui toutes les opérations qui constituent proprement l’objet qu’il désigne”.

↑ 56 «Echo-Soupir» n. 38, Phantomas, n. 133-139, 1974, p. 154.

↑ 57 Cfr. R. HAUSMANN, «Palissandre et Mélasse», Phantomas, n. 68-72, juillet 1967, pp. 21-36.

↑ 58 «Echo-Soupir» n. 38, Phantomas, n. 133-139, 1974, sottolineatura mia.

↑ 59 D. VIARDOT (pseud. di M. HAVRENNE), «Quatre dictions gaeliques», Phantomas, n. 4-5, été 1955, p. 16.

↑ 60 D. VIARDOT (pseud. di M. HAVRENNE), «Nouvelle page poliphysique», Phantomas, n. 11-12, juin 1958, p. 11.

↑ 61 P. PUTTEMANS, «Propos allusifs», Phantomas, n. 78-82, décembre 1968, p. 87.

↑ 62 Phantomas, n. 1, p. 13, sottolineature mie.

↑ 63 Ibid., p. 14, sottolineature mie.

↑ 64 Ibid., p. 23, sottolineature mie.

↑ 65 Nell’ultima pagina del numero 14 della rivista, datato maggio 1959 e dedicato a Paul COLINET, tale citazione fa da refrain ad un testo composto da frasi brevi e frammentarie. Essa ricompare, nella medesima forma, nel numero 15-16 (janvier 1960, p. 113) e, a caratteri cubitali, nella quarta di copertina di diversi numeri del periodico. La ritroviamo nel numero 25 del luglio 1961 e nel testo di Joseph NOIRET «Phantomas sur la sellette, et peu à cheval...» (BS, p. 303) priva della segnalazione dell’autore. È spesso presente, inoltre, sotto forma di “ceux qui ne confondent pas l’étiquette avec le flacon lisent la revue Phantomas” nelle pagine finali in altri numeri della rivista sotto forma di annuncio pubblicitario.

↑ 66 P. VALERY, Mauvaises Pensée, in Œuvres, Paris, Gallimard, («Bibliothèque de la Pléiade»), 1960, t. 2, p. 801.

↑ 67 M. HAVRENNE, «A chaque mot son dépôt d’allusion», Phantomas, n. 9, automne 1957, p. 1

↑ 68 M. LECOMTE, «D’un secret des lettres», Phantomas, n. 13, janvier 1959, p. 6.

↑ 69 Tale manifesto costituisce il n. 24 di Phantomas (juin 1961) e vi dà seguito una seconda versione nel numero successivo della rivista.

↑ 70 Vari sono i numeri del periodico in cui ritroviamo tale iscrizione che precede il modulo d’abbonamento. Ad esempio i numeri 37, 38-40, 63-67, 68-72, 113-114, 152-157.

↑ 71 M. VACHEY, «A l’usage de ceux qui savent mourir vite...», Phantomas n. 78-82, décembre 1968, p. 110.

↑ 72 A. POZZO, «Déclaration», Phantomas, n. 146-151, décembre 1976, p. 132.

↑ 73 Cfr. J. MARTI, «Lazare objet actif de l’art de boire» (Phantomas, n. 146-151, décembre 1976, pp. 29-32) in cui si parla di “art buvard” del “soûlréalisme”.

↑ 74 Per una buona sintesi dei procedimenti legati all’umorismo, cfr. F. CECCARELLI, Sorriso e riso. Saggio di antropologia bisociale, Torino, Einaudi, 1988.

↑ 75 Tali testi di COLINET compaiono nel numero 14 di Phantomas, pp. 3-12.

↑ 76 T. MAYA, «La séparation de corps», Phantomas, n. 4-5, été 1955, p. 16.

↑ 77 M. MARIËN, «La corde flottante», Phantomas, n. 31-34, juin 1962, p. 60

↑ 78 J. NOIRET, «Phantomas sur la sellette, et peu à cheval...» cit., p. 302.

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482