Serena Spazzarini – Università di Genova

Sophie von La Roche e la Signorina von Sternheim: tra rispetto del ruolo femminile e percezione della diversità

A Emanuela, Enrica e Tina.

Sophie von La Roche fu una delle donne che nella Germania del XVIII secolo si distinsero per una posizione pionieristica in ambito letterario ed intellettuale1: fu, infatti, la scrittrice che pubblicò il primo “Frauenroman”2, fu una delle prime a dirigere un giornale ed, infine, una tra le poche tedesche privilegiate che poterono intraprendere autonomamente viaggi all’estero3. Se analizzando la Geschichte des Fräuleins von Sternheim4, un romanzo scritto e pubblicato da una donna, non ci si vuole smarrire in un labirinto metodologico che sulla spinta di un’apparente libertà di scelta potrebbe condurre ad esiti predestinati, e trascurare quindi quegli angoli bui della scrittura dove talvolta si scorge l’arbitrio con cui la vita vincola l’artista al rispetto di leggi secolari, è opportuno tenere presente un presupposto interpretativo imprescindibile: la scrittura femminile è condizionata dal sesso dell’autrice poiché, sia per stile che per contenuto, essa deve essere legittimata dagli stereotipi dell’immaginario comune e nel contempo legittimabile dalle aspettative sociali.  

1. L’importanza dell’educazione.

La Geschichte des Fräuleins von Sternheim si sviluppa secondo una deliberata intenzione pedagogica, come si evince dai molti riferimenti diretti ed indiretti contenuti nel testo e da commenti, non solo dell’autrice, relativi a questo suo primo romanzo.

Nel testo, tra i rimandi impliciti alla funzione didattico-morale dell’opera, citiamo, primo fra tutti, il paragrafo introduttivo con cui Rosina, vale a dire la fittizia narratrice, introduce il lettore al romanzo: secondo le parole della giovane, la vita della protagonista dimostrerebbe la validità dei principi morali della donna e, quindi, il racconto che ne consegue oltrepasserebbe il mero intrattenimento letterario5.

Christoph Martin Wieland, nella prefazione al romanzo, fingendo che l’opera sia pubblicata ad insaputa dell’autrice e contro la sua volontà, giustifica il supposto tradimento di fiducia nei confronti dell’amica proclamando la necessità morale di divulgarne lo scritto: per il giovane intellettuale, infatti, la storia della signorina von Sternheim rappresenta un eccellente esempio di virtù femminile da cui le madri tedesche, insieme alle loro giovani figlie, potrebbero trarre il paradigma della loro esistenza. Secondo Wieland, perciò, l’intrinseco valore didattico del testo assume una valenza etica ampia ed il romanzo si fa promotore di un messaggio sociale che supera la fruizione di una limitata cerchia di lettori: il testo, afferma l’ex fidanzato della scrittrice, si pone sulla scia di una letteratura utile e dilettevole di cui nazioni come l’Inghilterra, con autori quali Richardson o Fielding, possono vantare una consolidata diffusione e fruizione, a differenza della Germania alla quale, ancora, mancano analoghe opere originali6.   

Infine, alcune lettere di Sophie von La Roche, pubblicate dalla stessa durante gli anni ’80 e ’90 in epistolari dall’evidente proposito educativo, ribadiscono il carattere sostanzialmente didascalico che ella ha voluto conferire al suo primo romanzo: l’autrice è consapevole di concorrere all’educazione delle sue lettrici, le sue “ideali figlie da educare”, già quando, su suggerimento dell’amico parroco Johann Jakob Brechter, comincia a dedicarsi alla scrittura e intraprende la stesura della vicenda della Sternheim quale mezzo terapeutico per reagire alla separazione della prole7.

Se, quindi, sul piano narrativo l’esplicita volontà didattica offre a Sophie spunto e modalità di sviluppo per l’intreccio, a livello biografico assolve alla necessità di legittimare la scrittura femminile: come osserva a tal proposito Monika Nenon, Sophie von La Roche, con il pretesto di educare delle ideali e virtuali figlie, delle cosiddette “fanciulle di carta”, riesce ad avallare un’attività ritenuta poco “femminile” come la scrittura8. Adempiere, anche se solo sul piano teorico, ai doveri e agli obblighi di un ruolo cui una scrittrice, in quanto donna, deve attenersi è, dunque, premessa indispensabile grazie alla quale ella può partecipare ad un’attività peculiarmente maschile, senza prescindere dalla funzione in virtù della quale la società patriarcale la identifica e riconosce.

Con Sophie von Sternheim l’autrice delinea, innanzitutto, un personaggio che durante tutta la sua esistenza mette alla prova l’efficacia del metodo educativo con cui è stato allevato e che, temprato dalla conoscenza diretta delle cose del mondo, può rendersi socialmente utile trasmettendo un valido sistema pedagogico.

Il filo rosso che si dipana lungo tutto il romanzo non muove dalla minuziosa esposizione del criterio formativo adottato dai genitori per la piccola Sophie9, bensì dai presupposti ideologici e morali che contraddistinguono i coniugi Sternheim: i principi secondo i quali la coppia fonda la propria unione creano, prima di tutto, l’ambiente morale in cui la bambina cresce e, in secondo luogo, costituiscono il sistema di misura etico su cui ella baserà costantemente le proprie decisioni e a cui ricorrerà per risolvere gli imprevisti della vita10. L’educazione, perciò, non si svincola dall’etica, ma piuttosto vi trova il suo fondamento, laddove questa, in uno scambio simbiotico, trova proprio in quella la condizione ideale per realizzarsi.

Già dalla prima infanzia la bimba è allevata secondo criteri che astraggono dal semplice indottrinamento e grazie ai quali ella può stimare il valore ed il vantaggio di condurre una vita virtuosa e moderata. Sarà con tono nostalgico e riconoscente che la protagonista, ormai adulta, ricorderà all’amica Emilia l’educazione ricevuta dai genitori: ottima occasione, questa, della quale l’autrice si avvale per ragguagliare il lettore sul metodo formativo seguito dai genitori con profusione e dovizia di particolari.

Ben presto orfana di madre e, all’età di diciannove anni, anche di padre, Sophie è obbligata dalle circostanze a trasferirsi presso la zia materna Charlotte, contessa Löbau. Nel nuovo ambiente, tuttavia, la giovane fatica ad adattarsi ed avverte subito il contrasto con i principi appresi in famiglia: di questo mondo, infatti, ella ritiene fuorvianti persino i presupposti ideologici sui quali si fonda il metodo educativo adottato11.

È a questo punto della narrazione che, dalle riflessioni della protagonista, si deduce quanto l’educazione della fanciulla non si sia ancora conclusa e come l’esercizio delle virtù sia un processo che può maturare nel e con il tempo: solo l’esperienza ed il confronto diretto con realtà diverse possono, infatti, rendere un individuo veramente saggio e conscio della validità del proprio codice etico e modo di agire.

Di fronte a codici comportamentali che danno priorità all’apparenza dei gesti, indecifrabili per la fanciulla, in lei matura gradualmente la consapevolezza di sperimentare una situazione che non sa come gestire e la cui dinamica sfugge alla sua comprensione: Sophie, che stima azioni, gesti e parole nel mondo cortese secondo i parametri di giudizio con i quali è cresciuta, inizialmente cade vittima degli intrighi di corte e, in seguito, si lascia ingannare da Derby, l’uomo che sarà il maggior responsabile delle sue sventure. La protagonista, ormai senza la guida e la protezione dei genitori, dunque, sbaglia perché non si avvede dei rischi che la circondano e non perché abdichi ai suoi principi morali: come il padre, in punto di morte, aveva paventato all’amico parroco, Sophie è virtuosa ma ingenua e, perciò, potrebbe non comprendere per tempo azioni malvagie o comportamenti disonesti minanti la sua virtù.

Fatalmente, appena introdotta a corte la nostra eroina diventa ignaro oggetto delle attenzioni del principe e pedina inconsapevole di un intrigo in cui gli zii Löbau sono i principali promotori e ben presto il suo pubblico comportamento appare opinabile persino al lettore comune poiché ella non lo sorveglia a sufficienza: essere virtuosi a corte significa per prima cosa di-mostrarlo pubblicamente, indi esserne riconosciuti tali12. Al lettore, però, è con grande abilità che l’autrice dà la possibilità di valutare da sé la natura degli sbagli della donna poiché, grazie alle lettere di Derby, Seymour e Sophie, ella permette di esaminare da diverse angolazioni uno stesso avvenimento.

Le lettere di Derby narrano, nella maniera più esauriente, gli episodi in cui la ragazza è vista come maîtresse del principe: da una parte egli descrive i fatti così come si compiono di fronte alla società di corte e, dall’altra parte, palesando la vera natura di quei gesti fraintesi, rafforza l’ammirazione per la virtù della donna13. Le lettere di Seymour, l’uomo che Sophie ama e che la ricambia del sentimento ancora ad insaputa di lei, riportano una versione dei fatti puramente esteriore14: colui che scrive, messo in guardia dallo zio sulla moralità dell’innamorata, non interferisce nelle vicende che coinvolgono la giovane, ma aspetta che ella, soprattutto pubblicamente, dia conferma della sua virtù15. In ciò che Sophie scrive all’amica, infine, emerge la spavalda presunzione con la quale la protagonista individua i peccati della società di corte16 e quanto, in realtà, ella non sappia riconoscere la malvagità delle persone, né prevedere le ripercussioni dei suoi gesti17. Sophie, con la convinzione di saper gestire le avances del principe18, commette l’errore di considerare il rapporto con lui come un fatto puramente privato: in questo ambiente dove tutto è snaturato, ella dovrebbe innanzitutto comprendere quanto i valori dello spirito e del sentimento abbiano rilevanza essenzialmente per la loro manifestazione pubblica e che, per salvaguardare il proprio onore, ella dovrebbe evitare che i suoi comportamenti possano essere travisati. Quando, perciò, ella scopre l’inganno degli zii e rende pubblica la sua indignazione per timore di veder intaccata la propria virtù, inevitabilmente viene fraintesa e la sua prova di moralità accolta con sospetto19.

Nonostante la negativa esperienza di corte avesse dovuto rendere disincantata la giovane, ella commette un grave errore di giudizio ed uno sbaglio fatale: Sophie si fida, infatti, di un individuo ambiguo come Derby e acconsente a sposarlo, convinta di poter preservare così la virtù e sfuggire alla vergogna del disonore20. Ancora una volta, l’autrice accosta le lettere della protagonista e del “Bösewicht”21 affinché il lettore possa valutare la situazione, giudicare criticamente le azioni della donna e, nondimeno, riflettere sulle modalità attraverso le quali il male può insinuarsi nella vita di un individuo: è solo dal raffronto delle rispettive opinioni che è possibile ricostruire l’effettivo svolgimento dei fatti e comprendere quanto un’erronea interpretazione dei gesti conduca Sophie ad affidarsi all’uomo.

Per Derby la conquista di Sophie rappresenta una scommessa con sé stesso, poiché la straordinarietà della giovane lo stimola a perfezionare le sue tecniche di seduzione e ad escogitare il modo più subdolo per insidiarla e soddisfare i suoi sensi. Derby è il seduttore per antonomasia ed è proprio con lei che raggiunge il livello più infimo di depravazione morale: prima di mettere in pratica l’infallibile strategia che lo condurrà al suo lussurioso scopo, egli studia i gesti della giovane, ne spia le reazioni in diverse circostanze e, una volta compreso a fondo il suo animo, ordisce la diabolica messinscena cui l’ingenua fanciulla non può resistere.

La situazione precipita rapidamente e Sophie, fuggita da corte, ben presto scopre che il suo matrimonio non ha validità giuridica dal momento che è stato celebrato da un finto sacerdote su incarico di Derby; lo scellerato, intanto, non riuscendo ad appagare i suoi desideri lussuriosi, non esita ad abbandonare la sventurata.

Gli eventi, finalmente, portano l’eroina a ricredersi dei passati giudizi22 e, di fronte agli errori commessi per ingenuità, augurarsi che un’esperienza come la sua possa essere utile a tutte le fanciulle che, quanto lei, sono in balia delle insidie del mondo23.

L’intenzione didattica dell’autrice, a questo punto, è palese ed univoca: esporre la traiettoria esistenziale di una donna che, malgrado la sua grandissima virtù, è compromessa in situazioni ambigue ed è costretta a nascondersi sotto falso nome per aver salva la vita, può abituare le menti delle lettrici a considerare le innumerevoli occasioni in cui potrebbero veder minacciati i loro principi24; analizzare, inoltre, le lettere degli uomini del romanzo, in particolare di Seymour e Derby, permette di confrontarsi con le aspettative maschili.

L’attenzione pedagogica di Sophie von La Roche, tuttavia, non si esaurisce con il racconto delle disavventure della fanciulla, giacché la narrazione presenta pretestuosamente vari episodi in cui la protagonista suggerisce come organizzare la casa o allevare rettamente giovani donne secondo il rango sociale d’appartenenza: è sintomatico che la seconda parte del romanzo sia un susseguirsi di spunti narrativi in cui la protagonista dà risalto all’utilità sociale di una corretta formazione e dimostra di saper sfruttare le conoscenze acquisite. La vicenda personale di Sophie, che puntualmente le conferma come fedeltà ai principi e buone azioni ricompensino sempre, le fa avvertire quanto, nella vita di un individuo, l’educazione sia fondamentale per superare i momenti più critici e, difatti, ella non perde occasione per istruire ed esortare chi si prepara ad affrontare le difficoltà della vita adulta o ad ammonire chiunque abbia incautamente seguito falsi valori.

Dopo essere stata abbandonata da Derby, Madam Leidens, come ormai la protagonista si fa chiamare, si rifugia a casa dell’amica Emilia e, successivamente, trova ospitalità presso un’anziana dama di corte, Madam Hills; intuite le qualità di Sophie, la vecchia signora non indugia a proporle di istituire presso di lei una scuola in cui addestrare le fanciulle povere a diventare “gute und geschickte Dienstmädchen”25. La seconda parte della lettera in cui Madam Leidens illustra all’amica il criterio formativo seguito per le sue tredici alunne assume i toni di un trattato pedagogico: per questa ragione, è lampante quanto la vicenda narrativa costituisca, in realtà, un puro pretesto per esporre ammaestramenti morali e, in particolare, dispensare consigli didattici26.

Durante il soggiorno presso la dama, inoltre, la nostra eroina assume l’incarico di aiutare la famiglia G., che, in seguito ad avventate spese, versa in serie difficoltà economiche: l’aiuto della giovane donna, tuttavia, non si limita al recupero di una gestione amministrativa disastrata, poiché ella si impegna innanzitutto ad educare moralmente sia i coniugi G. che i loro figli. L’autrice, che analogamente alla vicenda delle educande concentra l’attenzione del lettore in una parentesi pedagogica ad hoc, si avvale dell’episodio della famiglia G. per illustrare un ulteriore aspetto educativo, ovvero in quale maniera si possa aiutare chi, sbagliando, deve riuscire a trovare in sé stesso i mezzi per rimediare e recuperare27.

Occasione per dedicare spazio ad una nuova digressione pedagogica è resa anche dalla richiesta di Frau von C, intima amica di Madam Hills, alla quale l’eroina spiega in dettaglio il modo più opportuno e conveniente per allevare giovani donne di famiglie benestanti e nobili con lo scopo di farle diventare “gute Frauen”28.

L’educazione, quindi, è intesa nel testo in modo univoco come il mezzo che può condurre una donna a comportarsi in modo tale da non disattendere le aspettative socio-culturali; la formazione di genere, in questa accezione, rappresenta pertanto uno degli strumenti di controllo pubblico fornenti regole comportamentali e nozioni pratiche che, se adeguatamente osservate, assicurano approvazione sociale. L’adesione ad un sistema educativo che sviluppa in una bambina certe abilità e incoraggia alcune attitudini connotabili sessualmente, inoltre, suggerisce che è l’autrice stessa ad aver interiorizzato i presupposti ideologici, mai criticati dalla protagonista, su cui si fonda un metodo formativo che prepara l’individuo ad assolvere esclusivamente alla sua determinazione sociale.

Dopo l’ennesima parentesi pedagogica, la vicenda biografica di Sophie procede inaspettatamente: la giovane conosce Lady Summers e si trasferisce, in sua compagnia, in Inghilterra dove incontra Lord Rich, colui che ella ancora non sa essere il fratello maggiore di Seymour; presso la dama Sophie rivede fortuitamente Derby, il quale, sotto falso nome, è riuscito persino a sposare la nipote dell’anziana signora e che, per timore di essere smascherato, seconda nuovamente la sua malvagità e fa rapire la donna un tempo ingannata.

Sophie trova ancora in sé stessa la forza necessaria per reagire alle funeste vicende che la coinvolgono e perciò si dedica ad istruire giovani fanciulle, ovvero la figlia dei minatori presso i quali è confinata e la figlia ripudiata di Derby. L’impegno nell’educare le bimbe dà provvidenzialmente i suoi frutti: la sorella del conte von Hopton, proprietario delle miniere, notata l’abilità della figlia dei minatori e informata sull’identità dell’educatrice, dopo alterne vicende porta con sé alla corte la donna, dove Lord Rich e Seymour in poco tempo la ritrovano. Recuperate finalmente serenità ed armonia, Sophie sposa Seymour e ha un figlio da lui, mentre Rich, abbandonato il proposito di chiederla in moglie, si stabilisce ugualmente a casa del fratello per vivere serenamente accanto ad una donna che stima profondamente29.

Da un lato Sophie ha potuto prendere progressivamente coscienza che le nozioni ed i valori sui quali la sua educazione si è basata non sono fini a sé stessi poiché in essi ha sempre trovato conforto e consiglio e, dall’altro lato, ha constatato di saper svolgere un ruolo attivo in società grazie alla diffusione delle conoscenze maturate30. Come si evince da un inciso in Briefe über Mannheim, la storia di Sophie aderisce ad un progetto didattico-morale che l’autrice ha saputo attuare grazie alla realizzazione di un personaggio femminile che, convinto della necessità di sfruttare le provvidenziali occasioni di salvezza e sicuro dei valori appresi, non si dà mai per vinto e, nel contempo, cerca di infondere in chi lo circonda l’amore per la virtù e l’educazione:

Da ich nun darin die Grundsätze meiner eigenen Erziehung zeigen wollte, suchte ich zu beweisen: »Daβ, wenn das Schicksal uns auch alles nähme, was mit dem Gepräge des Glücks, der Vorzüge und des Vergnügens bezeichnet ist: wir in einem mit nützlicher Kenntniβ angebauten Geiste, in tugendhaften Grundsätzen des Herzens, und in wohlwollender Nächstenliebe die gröβte Hülfsquellen finden würden.«31

2. La logica dei giudizi maschili: il personaggio di Sophie visto attraverso gli occhi degli uomini del romanzo.

Facendo nostra l’ipotesi prospettata da Helga Meise in relazione al primo romanzo di Sophie von La Roche32, proponiamo ora di esaminare le opinioni espresse dai personaggi maschili nei riguardi della protagonista, poiché dal testo, e in particolare dalle lettere degli uomini, riteniamo emerga distintamente un modello femminile stereotipato33: comportamenti e riflessioni dell’eroina, infatti, manifestano coerenza con il tipo di donna auspicato dai personaggi maschili positivi e, nel contempo, contribuiscono a creare una personalità di donna che, grazie alla sua smisurata virtù, riesce ad opporsi alle insidie di un intrigante seduttore.

2.1 Seymour

La prima descrizione di Seymour a proposito di Sophie indica che egli si è innamorato della fanciulla soltanto dopo averla osservata a lungo: il sentimento di cui l’uomo narra all’amico è senz'altro passionale, ma non irrazionale, e per descrivere la giovane, ad esempio, egli non si sofferma su particolari di bellezza esteriore, bensì su qualità spirituali e morali, ossia quelle virtù che lo hanno conquistato e fatto desiderare una vita insieme a lei34. Per quanto queste doti siano evidenti in Sophie, per il nobiluomo la donna non può ancora essere degna di diventare sua sposa: sul buon nome di una futura moglie non deve gravare alcun dubbio e se la nostra eroina, cadendo vittima dell’intrigo dei conti Löbau, deve dimostrare di saper difendere e conservare il proprio onore, su consiglio dello zio, Seymour decide di aspettare che la fanciulla manifesti pubblicamente la sua virtù35.

Il giudizio dell’uomo nei riguardi della giovane non è senza pregiudiziali, poiché egli valuta le qualità di lei in prospettiva di una vita matrimoniale. Di fronte alla notizia della presunta colpa e “debolezza” di Sophie, vedendo perciò svanire le virtù auspicate in lei, così come la speranza di matrimonio, il gentiluomo non esita ad accusarla di comportamento indecoroso, né ad allontanarsi senza curarsi della sua reazione36. Sarà solamente la prova tangibile dell’innocenza di Sophie a farlo rammaricare per l’inflessibilità con cui volle mettere alla prova la moralità della sua “sympathetische Seele”37, la donna con la quale avrebbe potuto condividere il suo futuro38. Nonostante Seymour sembri consapevole di aver ecceduto nel suo zelo moralistico, procurando con ciò una catena di sventure all’amata, la deferenza per la virtù rimane il suo valore prioritario durante tutto lo svolgimento narrativo: persino di fronte alle vicissitudini patite dalla fanciulla, il suo primo pensiero andrà alla virtù offesa39, mentre Sophie, dinanzi al rammarico e all’inesauribile “fondamentalismo” etico di Seymour, approverà le motivazioni dell’innamorato40.  

2.2 Derby

Derby è il personaggio maschile che, probabilmente, sa valutare Sophie nella maniera più oggettiva possibile, poiché l’interesse che prova per lei non è influenzato dal sentimento: l’uomo, intuita la bontà d’animo della protagonista e le qualità morali che la caratterizzano, è l’unico che non si affida all’esteriorità dei fatti e, piuttosto, indaga privatamente per poter sfruttare a proprio vantaggio le virtù della giovane41.

La straordinarietà di carattere della fanciulla ed il suo comportamento anticonvenzionale non costituiscono un ostacolo al diabolico progetto dello scellerato, bensì uno stimolo ad attuare una variazione di stile al tema della seduzione: l’uomo, infatti, non dubita mai della riuscita del suo piano perché fa assegnamento sulla “naturale” corruttibilità femminile42.

Quando Sophie accetta di prenderlo per marito, quindi, Derby non se ne stupisce e ritiene che la giovane, presuntuosamente come tutte le altre donne, si reputi talmente piacevole da ignorare che un uomo possa burlarsi di lei43: il vero motivo per il quale Sophie decide di sposarsi, invece, è la gratitudine e la stima per l’unica persona che le ha mostrato fiducia44.  

Il seduttore, una volta conquistata la stima della fanciulla, tenta di appagare i suoi appetiti carnali e, non lasciandosi scoraggiare dalla ritrosia della “moglie”45, cerca di stimolarne la fantasia erotica facendole leggere libri licenziosi46. Il tentativo di suscitare desideri lussuriosi in Sophie conferma la convinzione dell’uomo che la giovane agisca secondando gli impulsi della sua “natura” di donna. Da quanto Sophie racconta ad Emilia, invece, ella evita di leggere gli scritti in questione perché immediatamente ne individua il contenuto peccaminoso e, pertanto,  dimostra di saper gestire la sua parte istintiva e di stabilire il confine con l’immoralità47.

Spazientito dall’attesa, Derby si introduce nella camera di Sophie quando, congedato il cameriere e chiesto alla donna di spogliarsi, di fronte ad un rinnovato rifiuto tenta un approccio violento a cui ella non si sottomette48: costretto a riconoscere inevitabilmente che la fanciulla non corrisponde allo stereotipo femminile con cui egli pensava di misurarsi49, il briccone deve rassegnarsi al fatto che ella non cederà alle sue voglie neppure per adempiere ad un presunto dovere coniugale50. Di fronte ad una donna che non rispetta il suo ruolo, perciò, egli si sente autorizzato ad abbandonarla51.

Nonostante la fanciulla si senta responsabile in prima persona per l’erronea esperienza con l’uomo52, durante questa relazione ella non ha mai compromesso la sua onestà morale ed intellettuale e, di fatto, il successo del seduttore si può definire transitorio53. A dare riprova al lettore di quanto Sophie abbia saputo salvaguardare il suo onore con un contegno virtuoso è Derby in persona: confessando la propria colpa a Seymour e Rich, egli motiverà l’abbandono della donna con la sua eccessiva serietà morale54.

L’eroina, dunque, conferma una costante coerenza ai suoi principi e dimostra che la scelta di sposare un uomo come Derby non è indizio di corruttibilità morale, ma solo di immaturità. L’appellativo di “Moralistin”, che Derby usa due volte per riferirsi a lei, indica che l’uomo le riconosce temperanza ed integrità55: sebbene la prima volta il tono sia affettuoso, la seconda si carica di un accento più forte poiché l’epiteto allude al motivo per il quale l’uomo deve dichiarare la sua sconfitta. La reiterazione dell’appellativo da parte del seduttore attesta, pertanto, che per Sophie l’essere una “moralista” non rappresenta un atteggiamento, quindi mutevole e magari corruttibile, bensì il suo essere donna.

Sophie, che non avrebbe dovuto acconsentire a sposarsi per gratitudine con una persona che fondamentalmente non amava56, avrebbe dovuto piuttosto affermare il suo valore anche senza il sostegno di un uomo, come farà dopo l’esperienza con lo scellerato.

2.3 Lord Rich

Anche Lord Rich, come il fratello Seymour, pensa che Sophie possegga tutte quelle doti che potrebbero renderlo un uomo felice e, perciò, desidererebbe sposarla. Il gentiluomo individua in lei la personificazione di tutte le virtù femminili da lui onorate, nonché la compagna ideale con la quale instaurare un legame razionalmente equilibrato e basato su di una unione morale57: il sentimento che prova nei suoi confronti, però, non è corrisposto.

Si possono rintracciare diversi indizi a conferma di quanto l’amore provato da Rich si fondi soprattutto sulla ragione e sia ispirato principalmente dalle virtù di lei58: in particolare, in una lettera ad Emilia è la protagonista stessa a riferire una conversazione durante la quale Rich loda le sue “eigenen Weiblichkeiten”59, come egli usava connotare le doti tipicamente femminili ammirate in Sophie; in un’altra lettera, invece, è il nobiluomo in persona che, con parole di meraviglia, la descrive come un vero modello femminile60. Se alla fine della storia egli rinuncerà a sposarla, almeno non si priverà di una vagheggiata felicità, ossia di quella “vollkommenste Harmonie”61 tanto desiderata, poiché deciderà di soggiornare ugualmente presso la famiglia del fratello e diventare precettore del piccolo Lord Rich62.

Alla fine della narrazione, quando ogni personaggio si appropria di diritto del suo ruolo e la storia dovrebbe logicamente concludersi, l’autrice non lascia la parola alla fittizia narratrice, ma conclude il romanzo con una lettera di Lord Rich, il quale, suscitando nel lettore un’appagante senso di equilibrio e di riconciliazione63, descrive come la protagonista realizzi alfine il suo matrimonio e la sua vita64. La conclusione di Rich, dunque, dimostra al lettore come l’eroina sia diventata una donna saggia, capace di concretizzare tutte quelle virtù ammirate nei personaggi migliori della narrazione e, nel contempo, rappresenti l’anima vitale della sua famiglia.

3. Alla ricerca di un’identità femminile

Proponiamo, infine, una lettura obliqua del testo, una lettura che permetta di rintracciare sia quei validi indizi che confermano il consenso, da parte di Sophie von La Roche, ai parametri culturali patriarcali dominanti che i segnali di un cambiamento mentale nel mondo femminile. Siccome la scrittrice condivide una visione della femminilità subordinata, ma approva nel contempo comportamenti che sfuggono ad una condizione di sottomissione e si interroga sulla validità di alcuni vincoli sociali cui una donna deve attenersi, riteniamo che ella, pur non mettendo in discussione gli schemi culturali imperanti, riesca a prospettare una possibile alternativa alla realizzazione femminile: conciliare le due differenti mentalità rappresenta, sia per l’autrice che per la protagonista, la ricerca di sé stessi come individui e la realizzazione della propria definizione come esseri sociali.

3.1 Adesione allo stereotipo femminile approvato dalla cultura dominante

Si trovano nel testo passaggi in cui la protagonista manifesta esplicita approvazione verso un modello di donna che rispetta il canone tradizionale femminile, sia per quanto riguarda la sua funzione di moglie, che per quanto concerne quelle caratteristiche femminili identificabili come “Geschlechtscharakter”65: rappresentare la sua eroina secondo le aspettative socio-culturali senza mettere in discussione la validità dei ruoli, quindi, dimostra in che misura l’autrice abbia interiorizzato il modello.

La conversazione con il Signor** presso il conte von T***, che Sophie parafrasa all’amica, concentra buona parte dei tratti caratteriali che all’epoca definiscono e determinano la “natura femminile”66, mentre il tono entusiastico della protagonista trasmette il senso di gratificazione che la fanciulla prova al sentirsi descrivere secondo tali schemi67. L’incontro con il Signor** è, palesemente, il pretesto per esprimere consenso ed accettazione all’opinione generalmente diffusa che esista un “Geschlechtscharakter”. L’assenso a tale modello culturale si manifesta ulteriormente, nel corso del romanzo, attraverso commenti od affermazioni mirate e con la descrizione di alcuni comportamenti della protagonista che si conformano alle attese sociali.

Durante la conversazione con Madam C, la vedova che si oppone alle seconde nozze per dedicarsi all’istruzione di giovani donne, Sophie ad esempio consiglia quale metodo didattico seguire. Alla domanda esplicita della dama se debba cercare di rendere “gelehrt”, ossia “dotte”, le proprie allieve68, la protagonista espone un dettagliato criterio educativo mirato a formare un individuo nel rispetto di determinate virtù morali e competenze femminili, ma tale da non fargli acquisire cognizioni tradizionalmente riservate al sesso maschile69: un siffatto metodo pedagogico, che impedisce alle fanciulle di pervenire ad un’istruzione superiore, permette implicitamente di mantenere immutato l’ordine sociale.

Alla fine della narrazione, inoltre, la nostra eroina per le sue giovani allieve prediligerà un metodo educativo che, insegnando “die Liebe der Tugend und schönen Kenntnisse in sie”70, non si svincola dagli stereotipi di genere e, pertanto, ribadirà l’intenzionale accettazione culturale del modello. A proposito riteniamo degne di nota due acute osservazioni, con le quali concordiamo pienamente, che giudichiamo pertinenti alla nostra tesi: innanzitutto la riflessione di Sigrun Schmid, secondo la quale La Roche accetta la consueta designazione della donna e non reclama alcuna istruzione accademica per i suoi personaggi femminili, limitandosi piuttosto a sostenere una formazione di base delle loro capacità intellettuali71; in secondo luogo, quella  di Monika Nenon, in base alla quale l’autrice si presenta di fronte al suo pubblico femminile come moglie esemplare senza voler apparire “gelehrt” poiché, pur incoraggiando un superiore grado di sapere per il gentil sesso, ella non prescinde mai dalla determinazione socio-culturale dell’essere donna72.  

Oltre alle conversazioni con il Signor** e Madam C, che offrono appiglio per vere e proprie digressioni teoriche, nel romanzo si trovano alcune significative vicende che designano il comportamento della protagonista in maniera esemplarmente “femminile”. Primo in ordine temporale è l’episodio in cui, di fronte alla società di corte che la costringe a rinunciare alla lettura dei suoi libri per mettere alla prova l’autonomia delle sue scelte, la fanciulla accetta la provocazione e dichiara la superiorità delle “impressioni” femminili in rapporto ai “pensieri” maschili73; secondo quando ella, nonostante possa finalmente sposare l’uomo amato, non realizza immediatamente il suo desiderio poiché si accorge che Lord Rich è innamorato di lei e, quindi, lascia che la “decisione” di sposare Seymour dipenda dall’autorizzazione del nuovo pretendente74. A conferma della scarsa rilevanza dei sentimenti di Sophie e del limitato peso decisionale che la donna, in quest’ultima occasione, dimostra a proposito del suo stesso avvenire75, infine, non devono essere trascurate le due ammissioni di rinuncia da parte di Lord Rich76.

3.2 Ai margini di una nuova identità “lecitamente” femminile

Nella vicenda della Signorina von Sternheim vi sono diverse tracce di un mutamento culturale di cui il testo risulta essere portatore: talvolta sorprendiamo la protagonista interrogarsi sulla validità di alcuni convenzionali comportamenti femminili e, altre volte, notiamo quanto certe vicende siano, in realtà, un pretesto per illustrare come una donna, senza diventare necessariamente compagna di vita di un uomo, possa raggiungere la propria realizzazione personale.

Sophie, ad esempio, critica le circostanze per cui Miss Emma, una giovane donna innamorata di Lord Rich, non possa esternare all’uomo il sentimento e pone la questione ad Emilia con toni decisamente polemici77: a differenza di una situazione affine, presentata nella prima parte del romanzo e risolta nel rispetto delle aspettative sociali78, ora l’autrice mostra chiari segni di insofferenza verso una condotta che esemplifica la consueta subordinazione femminile ai codici comportamentali vigenti. La naturalezza della risposta di Wieland, che in nota al testo replica a Sophie, rende ancor più rilevante il tono contestatore della protagonista79.

Per quanto riguarda, invece, l’autonomia di una donna, nella seconda parte del romanzo Sophie von La Roche illustra diverse occupazioni che rendono la sua eroina finanziariamente indipendente e, soprattutto, soddisfatta per i risultati della sua attività80.

A proposito del periodo di attività della protagonista, Sigrun Schmid sostiene che Sophie realizzi un’attività autonoma operando in un contesto diretto, patrocinato e animato da sole donne, ossia un ambiente avulso dal normale contesto sociale81: noi riteniamo che, se è indiscutibile la condizione d’eccezione in cui Sophie esercita le sue capacità, è altrettanto palese che l’eroina compie quelle attività lecite ad una donna del suo tempo. La conclusione della storia, inoltre, prospetta una situazione in cui la protagonista svolge analoghe funzioni come membro integrato nell’ordine sociale e secondo le aspettative comunitarie, ossia come moglie e compagna di un uomo.

È fondamentale quindi tener presente, da parte dell’autrice, sia l’intenzione pedagogica che la consapevolezza di dover legittimare un’attività lavorativa femminile e, pertanto, giudichiamo più efficace descrivere una donna che svolge attività lecite al suo sesso in un contesto idoneo, e soprattutto plausibile, piuttosto che collocarla in un ambiente in cui non potrebbe giustificare il suo ruolo82: sia la concreta realizzazione dell’eroina che l’approvazione morale da parte della protagonista nei confronti di Madam C, vale a dire la vedova che alle seconde nozze preferisce l’impegno nell’istruzione di giovani donne83, prospettano alle lettrici una lecita alternativa di indipendenza.

4. Conclusioni

Dopo aver riscontrato l’evidente adesione dell’autrice al comune canone femminile, ma anche la sua disposizione alla discussione dei ruoli, possiamo concludere che il romanzo esprima la ricerca di un’identità femminile che, al desiderio di crescita, deve conciliare i parametri culturali dominanti il vivere quotidiano: accordare le diverse esigenze è un processo dunque che, sia per l’autrice che per la protagonista, richiede la capacità di accettare il compromesso. Per poter godere, inoltre, del consenso del pubblico, la scrittrice dimostra di saper moderare i temi al fine di non oltrepassare quei limiti che avallavano la scrittura femminile84: il comportamento della Sternheim aderisce infatti, molto più di quello della sua creatrice, al modello comune di femminilità e, nel contempo, stile e tematiche del romanzo sono sorvegliati con chiara coscienza dei confini che a una donna non è culturalmente lecito valicare. Sophie von La Roche, che per legittimarsi come autrice definisce i suoi personaggi nel rispetto dei codici comportamentali vigenti, dimostra quanto, così come accade per la sua eroina, affermare la propria femminilità e ricercare la propria identità sociale siano processi vincolati alla pubblica approvazione85.

Pour citer cet article :

Serena Spazzarini, «Sophie von La Roche e la Signorina von Sternheim: tra rispetto del ruolo femminile e percezione della diversità», in Femmes de paroles, paroles de femmes. Hommage à Giorgio De Piaggi, Publif@rum, 3, 2006 , URL : http://www.publifarum.farum.it/n/03/spazzarini.php

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1 Per i riferimenti biografici si consiglia la consultazione di: W. Killy, Literatur Lexikon. Autoren und Werke deutscher Sprache, Band 7, Gütersloh/ München, Bertelsmann Lexikon Verlag, 1988, voce “La Roche″ di Klaus Manger, pp. 153-155; M. Nenon, Autorschaft und Frauenbildung. Das Beispiel Sophie von La Roche, Würzburg, Königshausen & Neumann, 1988, pp. 11-75; I. Wiede-Behrendt, Lehrerin des Schönen, Wahren, Guten. Literatur und Frauenbildung im ausgehenden 18. Jahrhundert am Beispiel Sophie von La Roche, Frankfurt am Main, Peter Lang, 1987.
2 Con il termine “Frauenroman” designiamo essenzialmente un genere narrativo la cui autorialità è da attribuire ad una donna e, pertanto, non ci riferiamo a romanzi che trattano esclusivamente di tematiche femminili o che abbiano protagoniste donne.  
3 Notevole, a riguardo, è anche l’impegno della scrittrice nel divulgare conoscenze e scoperte tramite la letteratura di viaggio. Cfr. I. Wiede-Behrendt, loc. cit., pp. 19-20.
4 Per tutti i rimandi che riguardano il testo analizzato, ci siamo riferiti all’edizione più recente della Reclam: S. von La Roche, Geschichte des Fräuleins von Sternheim, Stuttgart, Reclam, 2000. Avvertiamo che tutti i passi citati dai testi originali, così come le critiche in lingua tedesca menzionate, sono stati tradotti da noi.
5 S. von La Roche, Sternheim cit., p. 19.
6 Ivi, p. 10.
7 Si consulti innanzitutto la lettera datata ventisei luglio 1771 da Koblenz-Ehrenbreitstein nella quale l’autrice ricorda l’amichevole consiglio del parroco [M. Maurer (Hrsg.), Ich bin mehr Herz als Kopf. Sophie von La Roche. Ein Lebensbild in Briefen, München, Beck, 1983, p. 140] ed, in secondo luogo, la dichiarazione espressa con parole che rimarranno sempre legate al suo primo romanzo, in particolare l’espressione «papiern Mädchen erziehen», ossia «educare fanciulle di carta», con la quale la scrittrice confermò il suo ruolo di madre (S. von La Roche, Briefe über Mannheim, Zürich, Orell, Geβner, Füβli und Compagnie, 1791, p. 202).
8 M. Nenon, loc. cit., p. 72.
9 S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 107-108; sempre inerente all’argomento, cfr. ivi, pp. 51-52.  
10 L’estensione delle vicende biografiche dei coniugi Sternheim, narrate da Rosina nell’introduzione, segnala l’importanza del tema nell’economia dell’intero romanzo: l’argomento occupa, infatti, un quarto del primo libro (cfr. ivi, pp. 19-55).
11 A proposito si veda: ivi, p. 67.
12 Come osserva Gesa Dane nel suo saggio sul primo romanzo di Sophie von La Roche, la virtù doveva essere riconosciuta anche pubblicamente e, per una donna, essa era identificata con la verginità (cfr. G. Dane, Sophie von La Roche: Geschichte des Fräuleins von Sternheim, in: AA. VV., Romane des 17. und 18. Jahrhunderts, Stuttgart, Reclam, 1996, p. 183).
13 La lettera in cui Derby riferisce all’amico la prima occasione durante la quale Sophie viene giudicata la favorita del principe si trova in: S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 134-142. Come risulta evidente dalla narrazione, solamente Derby mette in dubbio la presunta amoralità della fanciulla e cerca di conoscere la verità; occorre tuttavia puntualizzare che Derby, come egli stesso dichiara, agisce spinto da depravazione (cfr. ivi, p. 137). La seconda occasione di fraintendimento dei rapporti tra Sophie ed il principe avviene durante un’udienza in cui ella cerca di intercedere per una famiglia in difficoltà, mentre Derby dimostra di saper ancora approfittare della condizione ambigua in cui si trova la fanciulla (cfr. ivi, pp. 167-175). La lettera in cui Derby racconta la scena del ballo, quando per l’ennesima volta Sophie appare come l’amante del principe, è cruciale poiché ci narra il momento in cui la fanciulla scopre le trame di cui è vittima e ci informa delle opinioni della corte di fronte ad una reazione che giudica esagerata e inadeguata (cfr. ivi, pp. 184-193).
14 E’ significativo il fatto che solo una tra le lettere di Seymour narri esplicitamente di uno dei fatti “incriminati”, che siano due le lettere anteriori a tali episodi e nessuna commenti, invece, il primo supposto sbaglio di Sophie: nelle lettere che precedono, infatti, l’uomo ribadisce la sua posizione passiva di osservatore, mentre il silenzio che segue accresce nel lettore il senso di delusione e amarezza del nobiluomo. Le lettere in cui Seymour matura la decisione di attendere l’evolversi dei fatti senza intervenire si trovano: ivi, pp. 90-95; pp. 104-106. La lettera in cui l’uomo si rammarica per la fallita speranza in un matrimonio felice con Sophie, poiché ritiene di sorprendere la debolezza della fanciulla con il principe, si trova: ivi, pp. 142-145.
15 Cfr. ivi, p. 93; p. 104.
16 Le lettere che Sophie invia all’amica durante il soggiorno a corte delineano un quadro negativo del mondo di corte: oltre ad offrire spunto per riflessioni sull’amoralità e la tendenza alla lussuria che regnano a corte, esse rendono oggetto di acute critiche sia donne che uomini e, in particolare, il principe. Per quanto riguarda i giudizi sulle donne di corte, sia di singole persone che nella generalità, cfr. ivi, pp. 54, 58, 62, 66, 75-76, 79-80, 87, 98, 109, 180; per ciò che concerne i giudizi negativi riguardanti il mondo maschile, cfr. ivi, pp. 76, 98, 156-158, 160, 176.
17 E’ interessante comparare ciò che afferma Derby a proposito degli zii Löbau (ivi, p. 184) e ciò che, invece, pensa Sophie (ivi, p. 180): mentre il primo individua lucidamente le intenzioni dei conti, la fanciulla li giustifica. La giovane, inoltre, si lascia coinvolgere in un intrigo senza avvedersene finché Seymour le rivela duramente la verità: la lettera in cui, con tono entusiasta e piena soddisfazione, Sophie racconta ad Emilia la festa “galeotta”, indica quanto ella non si accorga pienamente dei fatti in cui è coinvolta (cfr. ivi, pp. 146-153).
18 Cfr. ivi, p. 157.
19 Cfr. ivi, p. 189.
20 Sophie, che sposa Derby per fuggire al pericolo del disonore e dalla malvagità, dichiara di aver trovato in lui un marito degno (cfr. ivi, p. 196). E’ interessante analizzare le rispettive lettere di Sophie e Derby in cui l’uno confessa di aver strumentalizzato il concetto di virtù per conquistare la donna (cfr. ivi, pp. 167-175), mentre l’altra, nonostante l’inaspettata dichiarazione d’amore di Derby, manifesta piena soddisfazione all’udire che l’uomo apprezza in lei più la virtù che la piacevolezza dell’aspetto esteriore (cfr. ivi, pp. 175-184). Nuovamente, perciò, Sophie si lascia ingannare perché interpreta i fatti con un animo candido e chi, invece, vuole insidiarla, approfitta proprio della sua ingenuità e del suo estremo amore per onore e virtù.
21 L’appellativo di «Bösewicht» («scellerato, briccone») identifica Derby lungo tutto il romanzo e, perciò, lo si può utilizzare come suo pseudonimo.
22 Cfr. ivi, pp. 182-183; p. 227.
23 Cfr. ivi, p. 215. Anche dalle parole della fittizia narratrice abbiamo la prova che la vicenda di Sophie ha valore pedagogico soprattutto per il gentil sesso (cfr. ivi, p. 61).
24 Concordiamo con Gesa Dane, secondo la quale «der Wille zur Tugend und tugendhaftes Verhalten allein schützen vor Fehlern nicht und geben keine Sicherheit. [...] Hier [im Roman] nicht nur gefühlsvolle Herzenserziehung postuliert wird, sondern vielmehr eine rationale Bewährung der Tugend an den Gefährdungen dieser Welt wie eben auch an ihrer eigenen Schwäche» (G. Dane, loc. cit., pp. 191-192: «la volontà di virtù e di comportamento virtuoso da sole non proteggono dagli errori e non danno sicurezza. [...] Qui, vale a dire nel romanzo, non viene postulata solamente un’educazione sentimentale, ma piuttosto una razionale dimostrazione di validità della virtù dalle minacce di questo mondo, così come dalla sua propria debolezza»).
25 S. von La Roche, Sternheim cit., p. 238: «buone ed abili domestiche».
26 Cfr. ivi, pp. 237-239. Degna di particolare attenzione è la differenziazione pedagogica in base alla personale propensione delle alunne (ivi, p. 238).
27 Cfr. ivi, p. 246.
28 Ivi, p. 268: «donne buone, brave». L’esposizione del metodo idoneo da adottare per educare le ragazze dei ceti sociali più alti si trova: ivi, pp. 266-273. L’autrice, quindi, sviluppa l’argomento pedagogico in modo completo, poiché non si rivolge ad una ristretta classe sociale, ma propone metodi educativi differenziati in base alla posizione sociale.
29 Ivi, p. 346.
30 Cfr. ivi, pp. 314-315; p. 345.  
31 S. von La Roche, Briefe über Mannheim cit., p. 203: «poiché volli mostrare i principi della mia educazione, cercai di dimostrare che, quando il destino ci prende tutto ciò che è designato con l’etichetta della fortuna, dei vantaggi e del piacere, allora dovremmo trovare le fonti da cui trarre aiuto nello spirito coltivato con utili nozioni, nei virtuosi principi del cuore e nel benevolo altruismo».
32 «Die privilegierte Stellung des Blicks bringt eine panoptische Schreibweise hervor. [...] sie [die Heldin] wird durch die Wahrnehmungen anderer Personen immer wieder relativiert, erweitert, verschoben. Jeder Briefwechsel stellt die Heldin für sich dar, erprobt Erklärungen für sie, Definitionen, dem subjektiven Ort des jeweiligen Briefschreibers entsprechend. Erst der Roman als ganzer stellt das Prisma bereit, in dessen Brechungen sich die verschiedenen Diskurse über die Heldin integrieren – von hier aus erscheint jede Lesart einzeln und vermittelt zugleich. Der Roman führt das [folgende] Verfahren fort [...]: immer wieder neu zu einer Erklärung ansetzen, um die Identität der Heldin zu bestimmen. Ein quasi naturwissenschaftliches Verfahren als literarisches Konstruktionsprinzip: die Kunst erklärt ihrerseits die Natur, sie führt Kriterien und Benennungen vor, mit der sich die Natur beschreiben läβt.» [H. Meise, «Papierne» Mädchen. Ansichten von der Unschuld im Frauenroman des 18. Jahrhunderts, in: A. Schöne (Hrsg.), Akten des 7. Internationalen Germanisten Kongresses Göttingen 1985. Kontroversen, alte und neue, Band 6, p. 23: «la posizione privilegiata dello sguardo crea un modo di scrivere “panottico”. [...] l’eroina viene continuamente relativizzata, ingrandita, modificata attraverso le percezioni che di lei hanno altre persone. Ogni epistolario da solo rappresenta la protagonista, dà prova di spiegazioni per lei, di definizioni che corrispondono alla situazione soggettiva di colui che scrive in quel momento. Solo il romanzo nella sua totalità mette a disposizione il prisma nelle cui rifrazioni si integrano i differenti discorsi sull’eroina: da qui ogni versione appare isolata e conciliata nello stesso tempo. Il romanzo prosegue nel [seguente] metodo: apprestarsi ogni volta daccapo ad una spiegazione che definisca l’identità dell’eroina. Un procedimento quasi scientifico come principio di realizzazione letterario: l’arte da parte sua spiega la natura e presenta criteri e attributi con i quali la natura si fa descrivere.»]
33 Esamineremo in dettaglio i giudizi dei principali personaggi maschili ad eccezione del padre, il cui parere riguardo alla figlia si esprime soltanto nella lettera indirizzata al parroco, in precedenza menzionata, in cui l’uomo paventa le possibili conseguenze con le quali Sophie potrebbe confrontarsi a causa del suo carattere e della sua indole.
34 S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 91-92.
35 Cfr. ivi, p. 92.
36 Cfr. ivi, pp. 204-205.
37 Ivi, p. 210: «anima simpatetica».
38 Cfr. ivi, pp. 208-209.
39 Ivi, p. 263. Condividere con una donna “degna” la propria vita ha per Seymour un posto di rilievo persino di fronte alla presunta morte di lei.
40Alle parole di Seymour, che si rimprovera per il comportamento tenuto, è la protagonista stessa a trovare giustificazione: ivi, p. 336. Vedi anche ivi, p. 340.
41 Ivi, p. 175.
42 Quando Derby comunica all’amico l’intenzione di conquistare la fanciulla, non esprime dubbi circa l’esito, ma solo indecisione per la tattica da adottare (cfr. ivi, p. 119): pur riconoscendo a Sophie virtù e principi non comuni, ostacoli tangibili cui dover ovviare, egli non esprime incertezze (cfr. ivi, p. 192).
43 Ivi, p. 195.
44 Ivi, pp. 212; pp. 227-228.
45 Ivi, p. 219.
46 Ivi, p. 222.
47 Ivi, p. 213.
48 Ivi, p. 222.
49 Ivi, p. 223.
50 Ivi, p. 224.
51 Ivi, p. 223.
52 Cfr. ivi, p. 236.
53 Come sostiene Sigrun Schmid, Derby con il suo comportamento offende il fondamento sul quale Sophie è convinta possa basarsi una relazione coniugale (S. Schmid, Der «selbstverschuldeten Unmündigkeit» entkommen. Perspektiven bürgerlicher Frauenliteratur, Würzburg, Königshausen & Neumann, 1999, p. 65). A questo proposito è interessante notare come nella vita coniugale di Sophie, sia quella con Derby che quella con Seymour, la sessualità sia nettamente bandita dalla narrazione e chi esprime giudizi con connotazioni sessuali è sempre e solo un uomo.
54 S. von La Roche, Sternheim cit., p. 324.
55 Cfr. ivi, p. 175; pp. 230-231: «moralista».
56 Il matrimonio, oltre ad essere effettivamente finto, non è valido perché manca fondamentalmente l’amore (cfr. ivi, p. 227), a differenza di quello celebrato regolarmente con Seymour (cfr. ivi, pp. 340-349).
57 Ivi, p. 293.
58 Ivi, p. 328.
59 Ivi, p. 293: «[le sue] proprie femminilità».
60 Cfr. ivi, pp. 346-347.
61 Ivi, p. 293: «la più perfetta armonia».
62 La situazione ricalca il modello del triangolo filadelfico pietistico.
63 «wie ein empfindsames “Familiengemälde” im Sinne von Richardson, Diderot und Lessing» (G. Dane, loc. cit., p. 17: «come un quadro familiare “sentimentale” nel senso di Richardson, Diderot e Lessing»).
64 S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 348-349.
65 «Carattere sessualmente determinato». Fu durante il XVIII secolo che si definì il carattere femminile come “Geschlechtscharakter”, termine con il quale si alludeva a quella caratteristica che si riteneva preponderante in una donna, ossia la volubilità in conseguenza al suo sesso. [Cfr. A. van Dülmen (Hrsg.), Frauenleben im 18. Jahrhundert, München, Beck, 1992, p. 21].
66 Importante notare come l’uomo, che sconsiglia a Sophie di ricercare un tono maschile nel corso di una conversazione o nello spazio della scrittura, sviluppi il discorso scindendo le caratteristiche proprie di uomo e donna in base alle “naturali” predisposizioni (S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 127-128).
67 Ivi, pp. 126-127.
68 Ivi, p. 271. La domanda di Madam C è un puro pretesto, da parte dell’autrice, per esprimere la sua idea riguardo al concetto di “gelehrtes Frauenzimmer” (“donna dotta, erudita”) che, all’epoca, aveva un significato peggiorativo: nonostante la richiesta di metodi educativi migliori e più completi per il sesso femminile, nel primo Illuminismo «[wurde] das herkömmliche Rollenverständnis nicht aufgegeben.» (I. Wiede-Behrendt, loc. cit., p. 96: «non si rinunciò alla tradizionale comprensione dei ruoli»). Era opinione comune che una donna non dovesse essere erudita e che l’educazione dovesse, soprattutto, renderla più ragionevole ed assennata per rivestire il ruolo di moglie e madre. Come ci testimoniano gli articoli pubblicati sulle «Moralische Wochenschriften» della prima metà del secolo (cfr. W. Martens, Die Botschaft der Tugend. Die Aufklärung im Spiegel der deutschen Moralischen Wochenschriften, Stuttgart, Metzler, 1968, pp. 367; pp. 526-529) e gli epistolari o i saggi della seconda metà e di fine ’700, l’opinione rimase immutata durante tutto l’Illuminismo [cfr. A. van Dülmen (Hrsg.), loc. cit., pp. 241-257; I. Wiede-Behrendt, loc. cit., pp. 93-112; S. L. Cocalis, Der Vormund will Vormund sein: zur Problematik der weiblichen Unmündigkeit im 18. Jahrhundert, in: M. Burkhard (Hrsg.), Gestaltet und Gestaltend. Frauen in der deutschen Literatur. Amsterdamer Beiträge zue neuen Germanistik, X, Amsterdam, 1980, pp. 33-55; Methodenbuch für Väter und Mütter der Familien und Völker, pubblicato nel 1770, di Johann Bernhard Basedow; Väterlicher Rath für meine Töchter, pubblicato nel 1789, di Joachim Heinrich Campe]. I presupposti ideologici sui quali si fondava il giudizio negativo relativo al concetto di “gelehrtes Frauenzimmer” erano gli stessi sui quali, allora, si fondava la definizione di “Geschlechtscharakter”; come, inoltre, afferma Karin Hausen, gli schemi sessuali derivanti dal diciottesimo secolo vennero scientificamente corroborati durante il secolo seguente, per essere infine accettati come norma da ampi strati della popolazione [cfr. K. Hausen, Die Polarisierung der »Geschlechtscharaktere«. Eine Spiegelung der Dissoziation von Erwerbs- und Familienleben, in: W. Conze, (Hrsg.), Sozialgeschichte der Familie in der Neuzeit Europas, Neue Forschungen, Stuttgart, 1967, pp. 363-397].
69 S. von La Roche, Sternheim cit., pp. 271-272.
70 Ivi, pp. 348-349: «l’amore in sé della virtù e delle belle conoscenze».
71 S. Schmid, loc. cit., pp. 211-212.
72 M. Nenon, loc. cit., pp. 130-134.
73 S. von La Roche, Sternheim cit., p. 81.
74 Dopo una dichiarazione d’amore, Rich rinuncia definitivamente a lei come moglie e, perciò, le chiede formalmente di unirsi in matrimonio con il fratello minore (cfr. ivi, pp. 341-342). La “decisione” di sposarsi con Seymour avviene esclusivamente dopo questa richiesta formale, nonostante la protagonista alluda ad una sua scelta (ibidem).
75 Che il matrimonio rappresenti prima di tutto la realizzazione del marito e la donna sia funzionale alla sua felicità coniugale, è un dato più volte confermato nel testo. (cfr. ivi, p. 27; p. 254; p. 291; p. 288; pp. 344-345).
76 Cfr. ivi, pp. 343-344; p. 347.
77 Ivi, p. 284.
78 Ivi, p. 30.
79 «Diese Frage ist eben nicht schwer zu beantworten; das edeldenkende, tugendhafte Mädchen darf dies nicht, weil man keine eigene Moral für sie machen kann.» (Ivi, p. 284: «non è affatto difficile rispondere a simile quesito: la fanciulla virtuosa e di buoni sentimenti non ha diritto a fare ciò, poiché non è possibile fare per lei una morale sua personale»).
80 Monika Nenon classifica come segue le diverse attività svolte dalla protagonista durante il periodo successivo all’abbandono di Derby: 1. “Erzieherin” (“educatrice″) e “Lehrerin″ (“istitutrice″); 2. “Fürsorgerin″ (“assistente sociale″); 3. “Gesellschafterin” (“conversatrice″). (M. Nenon, loc. cit., pp. 92-99). La narrazione riguardante l’autonomia della protagonista non si esaurisce in brevi episodi, ma occupa approssimativamente tutta la prima metà della seconda parte del romanzo.
81 S. Schmid, loc. cit., pp. 66-67.
82 La stessa Schmid riconosce, tuttavia, che durante quell’epoca per le donne non sposate l’ammissibilità a svolgere determinate attività era condizionata dalla fedeltà al ruolo femminile dimostrata dall’attività stessa (cfr. ivi, p. 67). Ribadiamo inoltre il concetto che la conclusione è in verità un punto di partenza, dove la protagonista, perfettamente integrata nell’ordine sociale, insegna ad amare i principi secondo i quali è stata allevata e che le hanno permesso di raggiungere innanzitutto un’autonomia psicologica e, come ci ha dimostrato nei momenti di necessità, anche economica.
83 La decisione della dama di non risposarsi dipende, in realtà, dalla negativa esperienza vissuta con il primo marito (cfr. S. von La Roche, Sternheim cit., p. 258; p. 267). Nonostante la Nenon dichiari che, in questo caso, l’atteggiamento tollerante dell’autrice dimostri come la rivendicazione illuministica di maggior autonomia sia svincolata dalla questione del sesso (M. Nenon, loc. cit., p. 95), noi riteniamo più appropriato affermare che Sophie von La Roche abbia voluto invece mostrare la liceità di atteggiamenti che non si uniformano alla consuetudine.
84 Come osserva anche Silvia Bovenschen, al momento dell’uscita del romanzo parte della società di corte percepì subito il contrasto tra la condotta della scrittrice e il modello da lei presentato con la figura della Sternheim e, pertanto, l’autrice non corrispondeva pienamente al modello femminile da lei presentato e approvato dalla società (S. Bovenschen, Die imaginierte Weiblichkeit. Exemplarische Untersuchungen zu kulturgeschichtlichen und literarischen Präsentationsformen des Weiblichen, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1979, pp. 193-195).
85 L’autrice è palesemente consapevole che stile e contenuto del suo romanzo devono essere “sessualmente” leciti, come dimostrano le sue riflessioni in alcune lettere del periodo di stesura e stampa del romanzo [cfr. M. Maurer (Hrsg.), loc. cit., p. 107; p. 155. Lettere datate rispettivamente 6 luglio 1770 e 8 novembre 1771].