Nel primo Settecento, nel castello di Sceaux, una selezionata corte composta da aristocratici, prelati, letterati, musicisti e artisti, riceveva, durante sfarzose cerimonie di investitura, un pendente legato a un nastro di colore giallo, con l'effigie dell'Apis mellifica – in francese mouche à miel – in volo verso il suo alveare. Intorno all’immagine dell’insetto, un motto tratto da un verso dell'Aminta di Tasso: «Piccola sì, ma fa pur gravi le ferite».1 L'altra faccia della medaglia ritraeva il profilo regale di una nobildonna dalla lunga chioma, circondato da una sequenza di lettere: «L. BAR. D. SC. D. P. D. L. O. D. L. M. A. M.», ovvero «Ludovise, Baronne de Sceaux, Dictatrice Perpétuelle De l'Ordre De La Mouche À Miel». Ludovise era lo pseudonimo con cui Louise-Bénédicte di Borbone, Duchessa del Maine, voleva essere chiamata a Sceaux, nell’imponente dimora che aveva eletto a sua residenza e dove accordava tale singolare onorificenza a una cerchia ristretta di happy few.2 Andata in sposa a Luigi Augusto di Borbone, figlio ‘legittimato’ di Luigi XIV e di Madame de Montespan, e nominato dal padre duca del Maine, Louise-Bénédicte si era stabilita con il consorte nell'immenso castello costruito verso la fine del Cinquecento e che, fatto ampliare da Colbert, era stato trasformato in una delle più maestose residenze nobiliari alle porte di Parigi. Al suo ingresso in società, Louise-Bénédicte, nipote di Luigi II di Borbone, duca d’Enghien e principe di Condé, dama di sangue reale, donna colta, volitiva e orgogliosa del glorioso casato cui apparteneva, aveva infatti provato immediata insofferenza verso l’ormai spenta gabbia dorata di Versailles. Là, negli ultimi anni del regno di Luigi XIV, aleggiava un'atmosfera tetra, autentico crepuscolo dell’antico lustro del Re Sole, un’ombra evanescente di quella reggia che aveva ospitato, nel Grand Siècle, la corte più ammirata e imitata d'Europa. Il «Roi Auguste», sopravvissuto a figli e nipoti, dopo anni di trionfi militari e di abile politica diplomatica condotta grazie a fini collaboratori stava trascinando il paese verso un progressivo, inesorabile declino. Nel passaggio tra XVII e XVIII secolo si stava profilando una situazione interna assai critica, conseguenza dei provvedimenti regi contro le minoranze religiose, fra i quali la revoca dell'Editto di Nantes e la distruzione di Port-Royal, della successione di guerre intraprese da Luigi XIV e di una difficile congiuntura economica; tutti fattori che concorrevano all’instabilità sociale e alla rovina dello stato, le cui casse si trovavano anche a fronteggiare i costi della grandeur ricercata dal sovrano. La vita culturale effervescente del Grand Siècle, che aveva beneficiato del sostegno del re e della sua corte, andava disperdendosi: scomparivano le figure di Corneille, Racine, Molière, Boileau, si scioglievano i cenacoli che avevano animato il mondo intellettuale e che erano riusciti a conciliare le frivolezze salottiere con le discussioni letterarie; persino gli intrattenimenti mondani sembravano ristagnare in un clima di attesa durante «[…] les années sombres de 1680 à 1715, moment de crise qui voit percer l'aube des Lumières».3
Quasi come una nuova sovrana, Louise-Bénédicte progettò di creare una propria corte personale: una ristretta, raffinata e colta «société galante». In breve tempo fece di Sceaux una Versailles in miniatura: una piccola reggia dove la padrona di casa intratteneva i suoi ospiti con svaghi che nulla avevano da temere nel confronto con le feste un tempo organizzate al cospetto del Re Sole, contribuendo altresì a dare uno slancio nuovo alla sopita vita culturale francese di quegli anni e nel tempo stesso a perpetuare le tradizioni mondane e letterarie dei salotti femminili fioriti nel Seicento. Un mondo a sé, formato da una corte gioiosa di gente scelta che si riuniva per divertirsi e per discutere d’arte, di musica e di letteratura, allontanandosi dalla città e nel contempo dalla vecchia corte per isolarsi in una dimensione quasi magica. Come una vera regina, Louise-Bénédicte istituì un proprio ordine cavalleresco, con tanto di emblema, statuto e cerimoniale di investitura, cui presiedeva trionfalmente, «Perdue sur ce trône haut perché, on croirait qu'elle vole dans un monde irréel et merveilleux».4 Ciascuno dei pochi fortunati «chevaliers» e «chevalières» riceveva la medaglia dell'ordine della Mouche à Miel, ideata da Ludovise stessa a sua immagine, emblema carico di significati e marchio del legame indissolubile con la duchessa. L’ape regina ben si prestava a simboleggiare la sovrana di Sceaux, dominatrice assoluta in un alveare animato, vivace e operoso, sempre aperto alle proposte provenienti dalla creatività di artisti veri o di appassionati amatori. Un insetto di dimensioni minute, ma importante per la produzione del prezioso e nutriente miele, e pericoloso per il pungiglione con cui avrebbe potuto attaccare o difendersi: il motto «Piccola sì, ma fa pur gravi le ferite» ben riassumeva il carattere autoritario della «petite duchesse», «poupée de sang»5 che reagì sempre con intelligente autorevolezza agli appellativi con cui si ironizzava sulla sua bassa statura. I lunghi capelli biondi che ornavano il profilo riprodotto sull’altro lato della medaglia, acconciati in una pettinatura elaborata cui la duchessa pareva dedicare particolare cura, rinviavano anch’essi al luminoso colore del miele prodotto dall’ape, nonché alla solarità della magnificenza che doveva sempre contraddistinguere Sceaux.6
Ricevuta l'investitura, ogni membro dell’ordine della Mouche à miel doveva rispettare con fedele e deferente obbedienza il volere della sua sovrana, come dichiarato nel solenne giuramento: «Je jure, par les abeilles du mont Hymette, fidélité et obéissance perpétuelle à la dictatrice perpétuelle de l’ordre, de porter toute la vie la médaille de la Mouche, et d’accomplir, tant que je vivrai, les statuts de l’ordre ; et si je fausse mon serment, je consens que le miel se change en fiel, la cire en suif, les fleurs en orties, et que les guêpes et les frelons me percent de leurs aiguillons».7 Louise-Bénédicte regnava sui suoi possedimenti e sui suoi ospiti come dictatrice assoluta e, in quanto tale, si avvaleva del potere di imporre regole precise sull’organizzazione della vita di corte e sui contenuti dei divertissement che vi si organizzavano: «Ce que veut Mme du Maine, au-delà d'un attachement indéfectible et d'une totale obéissance de ses courtisans, c'est éviter tout abus, tout débordement et exclure cette débauche qui viendrait ternir "le bel esprit". Tel est l'objet de "l'ordre de la Mouche à Miel", société de chevalerie créée à Sceaux le 11 juin 1703. À la fois cocasse et sérieuse, légère et despotique, la naissance de cette académie de l'esprit fait sonner haut et fort l'entrée de Louise-Bénédicte de Bourbon dans le monde de ceux qui gouvernent. Emblème et devise, règlement, statuts et serments, droits et devoirs, tout y est».8
Una volta costituito il proprio ordine cavalleresco, la regina di Sceaux si impegnò a organizzare e a ornare la sua tenuta, impartendo disposizioni precise affinché il castello e il parco fossero resi adatti all’organizzazione di spettacoli, di serate e di notti memorabili. I saloni dell'imponente residenza e i viali dei magnifici giardini disegnati da Le Nôtre si trasformavano, a seconda degli intrattenimenti in programma, in teatri atti a ospitare commedie, melodrammi, concerti, oppure in ideali saloni all’aperto dove si tenevano spettacoli pirotecnici, balli in maschera, tornei, battute di caccia, ricchi banchetti e incontri letterari. Gli allestimenti, i costumi e le coreografie si distinguevano per sfarzo e originalità: la padrona di casa amava stupire i suoi ospiti con i passatempi più svariati, dai leziosi giochi letterari alla messa in scena delle più celebri opere teatrali e di pièce recenti proposte da autori in cerca di successo, da feste stravaganti a ritrovi ‘colti’ in presenza di letterati di prestigio. La Mouche à miel di Sceaux, occorre ricordarlo, associava la passione per il lusso e per l’intrattenimento ricercato a profondi interessi culturali coltivati sin dalla giovane età, che spaziavano dalla poesia all'astronomia, dal teatro alle lingue classiche, discipline che amava approfondire circondandosi di eruditi che sapeva poi coinvolgere anche nelle occasioni più frivole. Non a caso, scelse come segretario perpetuo del suo ordine cavalleresco il suo antico precettore Nicolas Malézieu, poeta apprezzato e illustre matematico, membro dell'Accademia delle Scienze e dell'Académie française.
Così, attorno a Louise-Bénédicte si riunivano periodicamente nobildonne e aristocratici di antico lignaggio, compositori e musicisti acclamati, scrittori affermati, autori alle prime armi e futuri protagonisti degli ambienti letterari e philosophique del Settecento. Il duca di Nevers, Madame du Châtelet e Madame du Deffand partecipavano a ricevimenti dove incontravano Fontenelle, Montesquieu, Destouches, Sainte-Aulaire, La Motte e anche il giovane François Arouet, il quale, proprio a Sceaux, sembra aver dato la prima lettura pubblica dell’Œdipe. In questa «société de loisir» tutti erano invitati a intervenire attivamente nei divertissement via via proposti dall'estro della duchessa e dei suoi collaboratori, calandosi nel ruolo di spettatori, di autori oppure di attori: «Des antichambres aux galeries, des cabinets aux offices, il faut composer, inventer, se montrer hardi et ne reculer devant aucun sacrifice. Bientôt plus une journée ne se passe sans divertissement».9 Ludovise stessa era solita abbandonare la platea – o, meglio, il suo trono regale – per calcare le scene, recitando insieme ad attori professionisti o a dilettanti suoi ospiti, oppure per promuovere la creazione di spettacoli, il rifacimento di Euripide e di Molière oppure l’allestimento di pièce alla moda; o, ancora, per comporre poesie e racconti, improvvisare sonetti, epigrammi ed enigmi, per cimentarsi nell’invenzione di favole in versi e nella ricerca di jeux d'esprit, oppure per giocare alle «loteries poétiques». Infatti, non essendo né poetessa né scrittrice, la duchessa del Maine si distinse quale instancabile promotrice e protettrice delle lettere, delle arti e della musica, dotata di acuta sensibilità nell’individuare quegli artisti e quegli intellettuali che, in seguito, sarebbero emersi per originalità e talento. L’‘alveare’ di Sceaux si impose quindi fra i luoghi privilegiati della ‘sociabilità’10 e, diventando un importante punto di riferimento per letterati e artisti alla ricerca di nuova ispirazione, seppe risvegliare la sopita società mondana e la grigia vita culturale della Francia di inizio Settecento: «Son existence, son charme et son entrain vont secouer les esprits, les lettres et les arts, jusqu'à ce que le vieux roi disparaisse et qu'une nouvelle société surgisse, plus libre, novatrice et entreprenante, celle de la Régence».11
Dopo il teatro, era la poesia il genere letterario e lo svago prediletto dalla duchessa, che reclama «[…] sans relâche des vers, toujours des vers».12 In questo colto passatempo, i dilettanti si affidavano ai suggerimenti e all’aiuto dei poeti ospiti che, a loro volta, proponevano saggi della loro arte. Si lavorava alacremente, proprio come in un alveare, dando sfogo all'immaginazione e ispirandosi tanto alla tradizione quanto alle novità letterarie. Come stabilito nello statuto dell’ordine della Mouche à miel, i divertissement non si allontanavano però mai dalle prescrizioni della bienséance e il divertimento non doveva mai sfociare nella licenziosità: «Aux scandales publics et aux orgies du Palais Royal, les habitués de la cour de Sceaux opposaient la recherche de plaisirs plus délicats où se marquait l'attrait pour les lettres»13 poiché «La société galante et précieuse qu'elle souhaite construire s'inspire d'un classicisme de bon aloi, d'un conservatisme qui n'ose s'avouer et de la sacro-sainte orthodoxie versaillaise prônée par Bossuet et ses Anciens».14 Purtroppo, rimangono oggi poche tracce di questa intensa attività che si collocava tra lo svago mondano e la creazione letteraria. Le opere composte a Sceaux, infatti, sono andate in massima parte perdute, effimere proprio in virtù della funzione ludica per cui erano state create, rivolte a un pubblico ristretto e suggerite da avvenimenti specifici della vita di corte.15 Restano le raccolte de Les Divertissemens de Sceaux e della Suite des divertissemens de Sceaux, pubblicati rispettivamente nel 1712 e nel 1725. Come si legge nella prefazione al primo tomo del 1712, i Divertissemens furono dati alle stampe non tanto per offrire un'opera inedita a un pubblico vasto, quanto piuttosto per consentire ai frequentatori di Sceaux di conservare il ricordo di quelle giornate, grazie a una sorta di antologia che raccoglieva poesiole, racconti, impromptu e versi di circostanza, composti da singoli autori o a più mani, da letterati di professione oppure da amatori, e che contenevano frequenti allusioni a persone veramente esistite e a fatti realmente accaduti a Sceaux, al punto da risultare incomprensibili sia per il lettore di oggi sia per i contemporanei estranei a quell'ambiente. Risalgono agli anni gloriosi di Sceaux anche i primi due racconti di Voltaire, Le Crocheteur borgne e Cosi-Sancta, composti il primo come 'penitenza' di gioco, il secondo in occasione di una ‘lotteria poetica’.16 In particolare, il Crocheteur si presenta come un racconto 'a chiave', con evidenti riferimenti alla dictatrice di Sceaux. Elaborato durante il primo soggiorno dell'autore presso la dimora della duchessa, il conte ha per protagonista, accanto al crocheteur, una principessa dai lunghi capelli biondi, di nome Mélinade: un possibile alter ego di Louise-Bénédicte, sia per l'aspetto – bionda e minuta – sia per il nome. Mellin, infatti, significa biondo, del colore del miele, come bionda era la chioma della sovrana di Sceaux. Il suffisso -ade ricorreva spesso nei nomi delle protagoniste di quella letteratura orientaleggiante di inizio Settecento ispirata a personaggi e vicende de Les Mille et une Nuits, dove si incontra il personaggio di Shérézade.17.
La 'prima corte' di Sceaux si spense nel 1718, quando fu scoperto il coinvolgimento di Louise-Bénédicte nella congiura contro il Reggente. La nobildonna si impose infatti tra i protagonisti degli intrighi e degli avvenimenti che si susseguirono sulla scena politica francese dopo la morte di Luigi XIV. Nel 1717, il Consiglio di Reggenza annullò le ordinanze che avevano riconosciuto al duca del Maine il titolo di principe, facendo così sfumare ogni suo diritto alla successione al trono di Francia. L'indomita discendente dei Condé, mondana e battagliera, frivola e frondeuse, salottiera e acuta lettrice della vita politica, seppe trovarsi a suo agio fra le trame intessute dai cospiratori così come fra gli sfarzi delle Grandes Nuits: Louise-Bénédicte è ricordata come «[…] la plus turbolente des "dames de la Fronde" […]. Il ne lui suffit pas d'être la "reine" de Sceaux, elle se fit encore l'instigatrice de la conspiration de Cellamare contre le Régent».18 Mai dimentica dei suoi natali, del suo essere la nipote del Grand Condé, quindi della sua appartenenza a tutti gli effetti all’alta nobiltà di Francia, e pur guardando con altezzosa superiorità al suo sposo, aristocratico ‘legittimato’ ma non ‘legittimo’, non smise mai di sostenere politicamente il duca del Maine, partecipando in prima linea alla cospirazione di Cellamare, con cui si tentò di destituire il duca di Orléans dall’incarico di Reggente del giovane Luigi XV. La dama pagò il coinvolgimento nel complotto trascorrendo tre anni a Châlons, in una sorta di esilio in patria. Nel 1720, ritrovata la libertà, preferì tenersi in disparte dalla vita pubblica e dalla corte di Versailles, scegliendo di ritornare presso la sua corte personale e riprendendo a offrire ai suoi ospiti rappresentazioni teatrali e ricevimenti sontuosi, in quella brillante ‘seconda stagione’ di Sceaux che null’altro fu se non la riproposta delle abitudini e dei fasti abbandonati durante il forzato allontanamento della sovrana. Fedele all’organizzazione che la ‘dittatrice’ aveva imposto sin dalla fondazione della Mouche à miel, la seconda stagione della corte di Sceaux durò per circa un ventennio.
Negli anni ’40, la serenità della reggia venne funestata da una successione di lutti: prima morì il duca del Maine, quindi la loro unica figlia, infine scomparvero altre figure che per anni erano state vicine a Ludovise.19 Feste e divertimenti furono sospese e l'ordine della Mouche à Miel venne dissolto. Tramontata l’epoca dei divertissement, Louise-Bénédicte trasformò la sua aristocratica dimora da corte a piccolo salotto culturale per pochi intimi, aperto a un più vasto pubblico soltanto in occasione di rappresentazioni teatrali, più per il piacere di drammaturghi e commediografi alla ricerca di pubblico che non per volontà della padrona di casa. Abbandonati i balli, le cerimonie di investitura e le occasioni mondane, gli ultimi anni del ‘regno’ di Ludovise si contraddistinsero per una rinnovata passione per la letteratura e il teatro, come se la duchessa avesse trovato consolazione nello studio e, in parte, nell’opera di mecenatismo, rispetto agli episodi che avevano spento la vivacità sua e della sua corte.
Anche Voltaire tornò a Sceaux. Qui soggiornò tra il 1746 e il 1747,20 dedicandosi alla stesura di parte dei contes e, in onore della sua ospite, alla composizione di numerose pièce. Legati nell’allegria della prima corte, la nobildonna e il filosofo militante rimasero quindi uniti anche dopo che la sorte li ebbe duramente colpiti nelle rispettive battaglie, in quella che possiamo definire la terza stagione dell’intensa vita della duchessa del Maine, in cui le frivolezze lasciarono il posto a conversazioni fra dotti e a una mirata e pressoché esclusiva attenzione per il teatro contemporaneo. Mutata l’atmosfera nel castello e ridotto il numero dei frequentatori – Voltaire, Madame du Châtelet, Madame du Deffand, il duca di Luynes, oltre che i letterati emergenti via via ammessi al cospetto della nobildonna –, l’ultima corte di Louise-Bénédicte fu caratterizzata dal perdurare e consolidarsi di due costanti che avevano contraddistinto i suoi anni gloriosi: da un lato, la passione per il teatro, vissuta da spettatrice, da attrice e da mecenate; dall’altro, l’atteggiamento da dictatrice che seguitò a mantenere anche una volta sciolta la propria corte personale e quindi venuto a meno lo statuto della Mouche à miel. È nelle parole di Voltaire che incontriamo un sintetico ma assai riuscito profilo del carattere della duchessa, abbozzato poco tempo prima della sua scomparsa: «Mettez-moi toujours aux pieds de Mme la duchesse du Maine. C’est une âme prédestinée; elle aimera la comédie jusqu’au dernier moment, et quand elle sera malade, je vous conseille de lui administrer quelque pièce au lieu de l’extrême-onction. On meurt comme on a vécu».21
Pour citer cet article :
Sergio Zoppi, « Louise-Bénédicte de Bourbon, Princesse de Condé e Duchesse du Maine (1676-1753)», in Femmes de paroles, paroles de femmes. Hommage à Giorgio De Piaggi, Publif@rum, 3, 2006 , URL : http://www.publifarum.farum.it/n/03/zoppi.php
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