Pierre Michel, Université d’Angers.
Nel campo letterario della seconda metà dell’ottocento, Octave Mirbeau occupa un posto a parte. Scrittore inclassificabile, perché non è politicamente né letterariamente corretto1 , è pieno di paradossi e di contraddizioni riconosciute. Giornalista più pagato della sua epoca, critico d’arte influente, romanziere e drammaturgo celebre in tutta l’Europa, tuttavia è un marginale delle lettere2 . Progressista, panegirista delle scoperte scientifiche e tecniche, è anche un ecologista che denunzia le illusioni scientiste ed il pericolo del potere degli ingegneri e degli “esperti”. Per capire meglio perché ha criticato le tesi di Cesare Lombroso, di cui possedeva e ha letto le due opere maggiori3 , bisogna, prima di tutto, sviluppare la sua visione degli uomini e della società ed il suo progetto letterario.
Il Mirbeau ha assunto, nel dominio della scrittura, une specie di rivoluzione culturale parallela alla rivoluzione dello sguardo dei suoi amici, i pittori impressionisti e lo scultore Auguste Rodin, di cui era il cantore quasi ufficiale4 . Partigiano di una pedagogia offensiva, ha deciso di aggredire le nostre abitudini confortevoli e di risvegliare il nostro spirito critico, per costringerci ad interrogarci e a vedere ciò che, ciechi volontari, non vogliamo vedere. Per lui, la missione di “disaccecamento” dello scrittore è difficile, ma assolutamente necessaria, perché l’educazione, in realtà, è un impresa di cretinizzazione : la famiglia, la scuola, la Chiesa cattolica romana, l’esercito e la stampa sono fabbriche, dove si producono a catena delle larve umane5 , che saranno proletari schiavi, soldati senza coscienza ed elettori gregari6 .
Una minoranza di uomini sfuggono a questa strage degli Innocenti : gli artisti. Il vero artista, Monet, Van Gogh o Rodin, è quello che vede, sente ed ammira, nelle sensazioni infinite procurate dal mondo esterno, ciò che l’uomo qualunque non potrà mai vedere, né sentire, né ammirare. È un uomo eccezionale, a causa del suo temperamento esigente e dello suo sguardo acuto, che ha potuto resistere al condizionamento sociale. Perciò è uno straniero, un marginale, un irrecuperabile. Perciò gli uomini di genio sono cacciati ed ammazzati senza pietà, « sans relâche, comme les grands fauves7 ». Per fortuna, tra gli artisti perseguitati da un lato e le larve dall’altro, ci sono quelli che Mirbeau chiama « âmes naïves », cioè individui che non hanno potuto sviluppare le loro capacità creative, ma che hanno resistito, più o meno, alla laminatura dei cervelli e non si lasciano ingannare dalle grimaces di rispettabilità dei dominanti.
Fra queste anime candide, ci sono individui la cui condizione sociale costituisce una protezione contro i pregiudizi, paragonati a « des chiures de mouches » : i marginali. Vittime d’oppressioni o esclusioni specifiche, possono gettare sulle cose uno sguardo differente e scoprire ciò che l’uomo qualunque non vede. Per esempio, una cameriera, una prostituta8 , un vagabondo, o un matto9 – sono considerati come matti tutti quelli che contestano i fondamenti dell’ordine sociale, per esempio il grande Tolstoï10 … Questi marginali potenzialmente sovversivi sono molto interessanti per il progetto politico-letterario del Mirbeau, poiché ci costringono a vedere gli uomini e la società con uno sguardo nuovo : sono dunque, per lui, aiutanti preziosi.
Già si può capire come sono opposte la visione mirbelliana e quella del criminologo italiano. Da una parte, un uomo scientifico, che utilizza la sua esperienza medicale e le sue ricerche antropometriche (ha misurato 5 903 delinquenti !), condotte “obiettivamente” a scopo di proteggere l’ordine sociale minacciato dalla presenza di marginali considerati come pericolosi, le prostitute, i vagabondi, i delinquenti ; dall’altra parte, un rivoltoso, un bestemmiatore, un anarchico, che vorrebbe distruggere con la dinamite una società putrida, che secerne la miseria, l’esclusione ed un malessere quasi generale. I loro valori e le loro speranze sono completamente agli antipodi. Ora vediamo più precisamente le tre critiche maggiori che l’autore del Diario di una cameriera indirizza all’autore dell’Uomo di genio e dell’Uomo delinquente.
Per conferire alle sue conclusioni un’apparenza scientifica, Lombroso ha accumulato una quantità stupefacente di dati disparati. I suoi seguaci Émile Laurent o il dottor Perrier sono andati fino all’assurdo nella raccolta di misurazioni di delinquenti11 , tentando di dimostrare la sua tesi del delinquente-nato. Per disgrazia, non è stato e non sarà mai possibile stabilire il legame di causalità tra le misure o la forma del cranio (o del pene12 ) e le attività criminali. Nel 1887, Topinard rilevò con tutto comodo il carattere artificiale di quest’accumulazione sterile di misurazioni. Nel 1901, nei 21 jours d’un neurasthénique, Mirbeau se la ride di queste pretese scientifiche. Immagina che un medico lombrosiano, il dottore Triceps, applicando la tesi del criminologo a tutte le classi dette « pericolose », pretenda di dimostrare, per mezzo di « une expérimentation rigoureuse », che i poveri sono tutti degenerati :
Je me procurai une dizaine de pauvres offrant toutes les apparences de la plus aiguë pauvreté... Je les soumis à l’action des rayons X... […] Ils accusèrent, à l’estomac, au foie, aux intestins, des lésions fonctionnelles qui ne me parurent pas suffisamment caractéristiques et spéciales... Le décisif fut une série de taches noirâtres qui se présentèrent au cerveau et sur tout l’appareil cérébro-spinal... Jamais, je n’avais observé ces taches sur les cerveaux des malades riches, ou seulement aisés... Dès lors, je fus fixé, et je ne doutai pas un instant que, là, fût la cause, de cette affection démentielle et néuropathique : la Pauvreté... […] Je séquestrai mes dix pauvres dans des cellules rationnelles appropriées au traitement que je voulais appliquer... Je les soumis à une alimentation intensive, à des frictions iodurées sur le crâne, à toute une combinaison de douches habilement sériées... bien résolu à continuer cette thérapeutique jusqu'à guérison parfaite... je veux dire jusqu'à ce que ces pauvres fussent devenus riches... […] Au bout de sept semaines... l’un de ces pauvres avait hérité de deux cent mille francs... un autre avait gagne un gros lot au tirage des obligations de Panama... un troisième avait été réclamé par Poidatz, pour rendre compte, dans Le Matin, des splendides représentations des théâtres populaires... Les sept autres étaient morts... Je les avais pris trop tard !...13
La dimostrazione è naturalmente così assurda, dal punto di vista logico, e così mostruosa, dal punto di vista morale, come quella dei partigiani della schiavitù nella famosa pagina di Montesquieu : di per sé, l’implicata concezione della società è completamente degradata.
Lo studio dell’uomo di genio dal Lombroso presenta generalizzazioni della stessa specie, abusivamente considerate come scientifiche. Per lui, il genio è una « psychose dégénerative du groupe épileptique14 ». Mirbeau non è convinto per niente ed aspetta invano le prove :
Oserai-je vous avouer que le criminaliste, presque toujours un fonctionnaire, et s’appelât-il Lombroso, m’est un fort suspect savant, et tant qu’il ne m’aura pas décrit, expliqué, commenté les déviations et les altérations cérébrales qui existent certainement dans le cerveau d’un Bismarck, d’un Napoléon, d’un Stanley, je me tiendrai, vis-à-vis de lui, comme l’Europe vis-à-vis d’elle-même, et état de paix armée et de méfiante réserve.15
Così è altrettanto poco scientifica per lui la compilazione, dal Lombroso, di aneddoti diversi, senza critica storica, nella speranza di dimostrare la « nature morbide-dégénerative » degli uomini di genio (p. 437). Nella stessa categoria sono posti individui completamente differenti16 : scrittori, filosofi, artisti, religiosi, dirigenti politici, gli uni realmente eccezionali e famosissimi, gli altri qualunque e poco conosciuti, senza definizione del genio che possa dare una giustificazione a questi ragguagli. Per esempio, Lombroso considera come « aliénés » tanti autori ed artisti ammirati dal Mirbeau : Baudelaire e Newton, Rousseau e Schopenhauer, Fourier e Swift, Gogol e Hoffmann, Pascal ed Edgar Poe, Mozart e Beethoven ; e classifica fra i « fous littéraires », i poeti parnassiani, simbolisti e decadenti, Paul Verlaine, persino Stéphane Mallarmé, per il quale Mirbeau aveva un vero culto. Perciò le conclusioni del criminologo italiano sono per lui stupidaggini, che dileggia quando fa così parlare un medico lombrosiano, il dottore Trépan, che dà del pazzo a Émile Zola nel bel mezzo del caso Dreyfus, mentre gli intellettuali del mondo intero consideravano l’autore di “J’accuse” come l’esempio supremo della lucidità e del coraggio :
santé intellectuelle !… Tous ses ouvrages semblaient attester, crier cette vérité ! Eh bien, pas du tout !… Zola un délinquant, mon vieux !… Un malade qu’il faut soigner au lieu de l’admirer… et dont je ne conçois pas que nous n’ayons pu obtenir encore, au nom de l’hygiène nationale, la séquestration dans une maison de fous!17
Due anni più tardi, Mirbeau ironizza sulla tesi di Lombroso, presentata così da un altro falso scienzato, il dottore Triceps :
Remarquez bien, mes amis, que ce que je dis de Zola, je le dis également d’Homère, de Shakespeare, de Molière, de Pascal, de Tolstoï... Des fous... des fous... des fous. 18
In questa dimostrazione per assurdo, Mirbeau esprime più generalmente la sua critica dell’ideologia scientista che sta trionfando nella Repubblica. Non si lascia ingannare dalle illusioni paranoiche di potere spiegare tutto19 , né dalle interpretazioni riduttrici di fenomeni complessi che oltrepassano le capacità della nostra ragione20 . Soprattutto, vede nello scientismo un nuovo oppio del popolo, incaricato, a servizio della borghesia, della stessa missione già avuta dalla Chiesa romana per servire l’aristocrazia e la monarchia di diritto divino. Il suo compito d’intellettuale impegnato è dunque di aprire gli occhi dei suoi lettori su questa ideologia mistificatrice e pericolosa...
Le tesi lombrosiane non sono soltanto aberrazioni, dal punto di vista scientifico, ma costituiscono anche una minaccia dal punto di vista della giustizia sociale. Annunciando la sociobiologia statunitense della fine del novecento, Lombroso attribuisce all’eredità ed alla biologia21 degli atteggiamenti considerati come pericolosi per la società, mentre sono in realtà i frutti di un ordine sociale ingiusto che genera contemporaneamente la miseria ed il delitto. Mirbeau oppone chiaramente i due modi di spiegazione per bocca di uno scientista grottesco :
Tandis que vous prétendiez que la pauvreté était le résultat d’un état social défectueux et injuste, moi, j’affirmais qu’elle n’était pas autre chose qu’une déchéance physiologique individuelle... Tandis que vous prétendiez que la question sociale ne pourrait être résolue que par la politique, l’économie politique, la littérature militante, moi je criais bien haut qu’elle ne pouvait l’être que par la thérapeutique...22
Orbene, a parer del romanziere, ed anche di Gabriel Tarde o del professore Lacassagne23 , è evidente che nessuno nasce prostituta o delinquente : lo diventa !
Prendiamo l’esempio della prostituzione, fenomeno che interessa particolarmente Mirbeau, perché ha prostituito la sua penna durante dodici anni e ha spesso paragonato i due tipi di prostituzione, quella del corpo e quella dello spirito24 . Nel suo saggio tardivo, L’Amour de la femme vénale25 , stabilisce una correlazione fra la vergognosa miseria dei proletari e la perdita dei valori morali dalle ragazze delle classi più povere : sono predisposte a vendere il loro corpo quando capiscono la sua forza attrattiva e vedono nella prostituzione « un moyen d’échapper à la misère » (p. 49). Difatti, è la profonda miseria materiale e morale che condiziona tante donne ad accettare le proposte di maschi libidinosi o di ruffiani rubacuori. Però non sarebbe sufficiente se non ci fosse, nelle società di Tartufi, una richiesta, permanente, di carne femminile : molti uomini sono d’accordo per pagare i piaceri, reali o fantasmatici, che sperano delle donne venali. La prostituzione è necessaria all’ordine borghese e patriarcale, per due ragioni, secondo Mirbeau : « D’une part, le désir pervers est un constituant éternel de l’esprit de l’homme ; d’autre part, le fonctionnement du mariage et de l’union libre trop imparfait pour éviter le recours à la prostitution » (p. 61). Per lui, la colpa della schiavitù prostituzionale è dunque quella della società ; è la società che è malata, è la società che bisogna curare, attaccandosi alla causa profonda del male ! In quanto alle prostitute, non sono delinquenti26 , bensì sono vittime innocenti della ferocia borghese ; e, siccome sbramano « des besoins aussi vitaux que le pain quotidien », bisognerebbe dunque riconoscere loro gli stessi diretti e lo stesso statuto che agli altri lavoratori.
Anarchico, Mirbeau fa un’analisi parallela della criminalità. Non si tratta di una conseguenza dell’atavismo, e non ha niente da vedere colla morfologia o la fisiologia d’individui “male nati” : la maggioranza dei delitti è il frutto della miseria, dell’oppressione e dell’ingiustizia sociale. Siccome l’onestà non è mai ricompensata, in una società fondata sul furto e la rapina27 , siccome il potere dei ricchi e dei ladri condanna i proletari alla fame, è normale che, fra loro, ce ne siano alcuni che cominciano a rubare e, qualche volta, siano indotti ad uccidere… Come Mirbeau scrive a proposito di Ravachol, la società raccoglie ciò che ha seminato28 !
Però, non si accontenta di accusare banalmente la società criminogena : per lui, l’omicidio è anche naturale, conforme alla « loi du meurtre » – che Joseph de Maistre chiamava « la loi universelle de la destruction ». Tutti gli organismi viventi, compreso la specie umana, sono costretti ad ammazzarsi gli uni gli altri, e la società “civilizzata” si cura soltanto di canalizzare l’assassinio nelle guerre, nelle conquiste coloniali, nei pogrom antisemiti, o nella caccia29 ... Il delinquente ghigliottinato in nome del popolo ubbidisce insieme a una legge naturale e ad un modello sociale, e il suo unico torto è di essere un modesto artigiano della morte. Invece, agli industriali della strage di massa, ai conquistatori ed ai capi di guerra, i popoli riconoscenti, dappertutto nel mondo, innalzano monumenti di gloria30 … Il delitto non è dunque l’appannaggio d’individui destinati all’omicidio dal loro atavismo, è la cosa più corrente, e qualunque individuo può diventare un assassino, secondo le circostanze, come si vede nel romanzo mirbelliano Le Calvaire (1886). Ma, allora, la responsabilità della società è fondamentale, perché il fanatismo religioso, il nazionalismo, l’antisemitismo, il machismo, il mito dell’amore, ed altri miti che spingono uomini all’omicidio con una buona coscienza, sono fenomeni sociali... È la società che provvede i delinquenti e gli assassini di pretesti comodi per giustificare i loro atti di sangue...
Ciò che Mirbeau rimprovera al Lombroso ed ai suoi seguaci, è di caricare la natura delle responsabilità e dei delitti della cultura e della società31 . Così la classe dominante si scarica di ogni responsabilità nell’esclusione, la miseria, la prostituzione o la guerra. Lombroso è « l’excuse des riches » e serve ad accordare « leur conscience avec leur férocité32 ». Criminalizzando le vittime, giustifica la loro repressione. Invece, Mirbeau si è prefissato la missione di mettere la sua penna così efficace al servizio degli umili e dei senza-voce e di contribuire al progresso della Giustizia e della Verità, i due valori cardinali dei dreyfusards.
Ma c’è qualche cosa ancora peggio : i lombrosiani approdano all’inversione totale dei valori etici necessari alle società che si pretendono civilizzate. Mirbeau fa così parlare il medico Trépan :
Tu sais que les soi-disant facultés de l’esprit… les soi-disant vertus morales dont l’homme est si fier, la probité, la résignation, l’amitié, le courage, l’héroïsme, l’esprit de justice, etc., etc., ne sont que des tares physiologiques graves… des déchéances organiques… des manifestations plus ou moins dangereuses de la grande, de l’unique maladie de notre temps : la névrose. 33
Mirbeau sottolinea l’aberrazione di una società che rovina le sue fondamenta, nel tentare di eliminare atteggiamenti etici socialmente preziosissimi ; e, nello stesso tempo, rivela la malattia dell’ordine borghese, che anzi gli scientisti sono costretti di riconoscere. Poiché è malata la società, bisognerebbe curarla radicalmente, invece di pigliarsela con capri espiatori.
La terza critica maggiore di Mirbeau tratta della concezione lombrosiana del genio. Pure non vuole dare degli uomini di genio un’immagine idealizzata : al contrario, ride di quelli che tentano, ad ogni prezzo, di presentarli come i personaggi simpatici del teatro, mentre per lui « c'est par ses péchés qu'un grand homme nous passionne le plus. C'est par ses faiblesses, ses ridicules, ses hontes, ses crimes et tout ce qu'ils supposent de luttes douloureuses, que Rousseau nous émeut aux larmes, et que nous le vénerons, que nous le chérissons, de tous les respects, de toutes les tendresses qui sont dans l'humanité34 ». Ma le debolezze umane, fino ai delitti, di questi uomini non hanno niente da vedere con la pazzia, mentre Lombroso pretende l’esistenza « de nombreux points de coïncidence », anzi « une véritable continuité », tra « la physiologie de l’homme de génie35 et la pathologie de l’aliéné » (p. 490). È vero che, nella prefazione all’edizione francese del Homme de génie, Charles Richet riconosce che il genio si distingue positivamente dal matto col suo spirito critico, la sua creatività e la sua capacità a vedere ciò che gli altri non vedono, idea mirbelliana. Però, non contesta fondamentalmente l’assimilazione lombrosiana del genio alla follia. Invece, per Mirbeau, è una stupidaggine e se ne burla, facendo dire al Dr Trépan : « Tu sais à la suite de quelles expériences rigoureuses nous fûmes amenés à décréter que le génie, par exemple, et même la simple intelligence, n’étaient que d’affreux troubles mentaux ?… Les hommes de génie, des maniaques, des alcooliques, des dégénérés, des aberrants, des fous !… Les hommes d’intelligence ?… Des brutes36 !…. »
Vediamo più precisamente quali sono, per Lombroso, i sintomi della pazzia degli scrittori: i numerosi giochi con le parole, l’esagerazione dei sistemi, la tendenza a parlare di sé, la propensione eccessiva alle rime nella prosa, l’originalità esagerata, sono considerati come «phénomènes morbides » (p. 491) . Nell’ Uomo delinquente, vede nella « tendance exagérée à la raillerie » la « preuve d’un esprit dépravé et d’un mauvais cœur » (p. 451) : la follia degli scrittori sarebbe dunque vicina alla delinquenza ! In tal caso, bisognerebbe considerare come matti pericolosi quasi tutti i buoni scrittori, e naturalmente Octave Mirbeau fra i primi… Perciò l’autore di L’Abbé Jules può ironizzare, con tutto comodo, sulla « découverte géniale de Cesare Lombroso, qui prouva que l’intelligence n’était qu’une dégénerescence, et le génie un crime37 ». Ugualmente balzana gli pare l’analisi lombrosiana dei sintomi della follia di Baudelaire, « type véritable du fou possédé de la manie des grandeurs : allure provocante, regard de défi, contentement extravagant de soi-même » (p. 92) – diagnosi confermata, secondo Lombroso, dalle allucinazioni del poeta, dalla sua apatia, dalla sua iperestesia, dai suoi eccessi alcolici, dalla sua paralisi finale, fino al suo gusto per le donne brutte…
Si capisce meglio l’abisso che separa il romanziere francese ed il criminologo italiano. Per questo, ogni cosa che distingue certi uomini dalla norma – norma affettiva, comportamentale, vestiaria, anzi letteraria, vigente nella sua epoca e nella sua classe sociale – costituisce un sintomo di alienazione mentale o di degenerazione38 , e si può parlare allora sia di matti caratterizzati, sia di “mattoidi”, per esempio Michelet39 . Invece, per un individualista ed un libertario come Mirbeau, un uomo degno di questo nome deve imperativamente distinguersi dalla folla delle larve ; e la missione degli artisti e degli scrittori di genio è precisamente di aiutare ognuno a scoprire tutto ciò che sono i soli a potere vedere ed esprimere, perché hanno realizzato un’ascesi e si sono alzati « au-dessus du bétail ahuri des humains », come dice Mallarmé. Mentre Lombroso ci mette in guardia contro l’autorità del genio, soprattutto quando ha contribuito ai progressi della specie umana, perché è pericoloso lasciare alienati incaricarsi del destino dei popoli (p. 493), Mirbeau, al contrario, è il cantore di tutti quelli che sono i fari dell’umanità. L’uno perora la causa dell’ordine sociale, della regola che uniforma tutti, dell’obbedienza alle leggi ed alle norme, considerate come un progresso ; l’altro propugna l’eccezione, la rivolta, il libero sviluppo delle potenzialità di ciascuno.
Benché Lombroso si dica “socialista” e “progressista”, Mirbeau fa delle sue tesi una critica di sinistra, libertaria, completamente differente della critica di destra, che si incontra, per esempio, nella "Revue des deux mondes". Per Brunetière, il pericolo rappresentato dalle conclusioni del criminologo viene dal suo determinismo che costituisce la negazione della libertà umana, e dunque del diretto riconosciuto alla società di punire i delinquenti. Mentre, per Mirbeau, il pericolo maggiore viene invece dal diretto dato alla società di annichilire i “traviati”, prostitute o uomini di genio.
Due idee del Lombroso, soltanto, sfuggono – difficilmente – alla critica mirbelliana.
- Per prima cosa, il romanziere considera anche lui che le credenze religiose sono una forma d’alienazione specialmente frequente nella gente incolta40 , e che la santità è una forma di disequilibrio41 . Però, la convergenza antireligiosa è un poco superficiale, poiché Mirbeau considera lo scientismo lombrosiano come una nuova specie d’alienazione.
- Poi, secondo avvicinamento possibile, la critica del “bon sens” di Francisque Sarcey o Albert Wolff, la cui dittatura sul teatro e la pittura è stata denunciata molte volte dal Mirbeau. Perciò è contento di ritrovare la stessa critica del “bon sens” nell’opera del criminologo, come lo scrive al pittore Claude Monet :
Justement, je lis, en ce moment, un livre de pathologie cérébrale : L’Homme de génie, par Lombroso. Et j’y vois ceci : que le génie manque d’esprit critique, c’est pourquoi il est l’homme de génie ; tandis que tous les hommes médiocres ont l’esprit critique, et manquent du souffle créateur, ce qui est le fait de tous les critiques, artistiques, littéraires ou philosophiques. Or, l’esprit critique, Lombroso appelle ça le bon sens, ce qui est, pour lui, une tare intellectuelle, et ce qui a constitué la résistance aveugle à tous les progrès de l’esprit humain42 . Et je suis bien heureux de penser que vous n’avez pas de bon sens, ni moi non plus.43
Tuttavia, la convergenza è probabilmente più apparente che reale, perché, nel dominio delle arti e del teatro, quando si legge L’Uomo di genio, non è per niente sicuro che le opinioni del Lombroso siano profondamente differenti di quelle di Sarcey o di Wolff…
Se, per il giubilo e l’edificazione dei suoi lettori, Mirbeau si compiace di schernire le tesi lombrosiane, non è solo perché sono stupidaggini ridicole, ma soprattutto perché sono socialmente pericolose. Ha capito che i possidenti vi avrebbero trovato giustificazioni supposte “scientifiche”. É dunque importante demolirle, come ha demolito le illusioni dei poveri, elettori gregari, sul potere delle elezioni di cambiare la loro condizione. Alla critica politica dell’intellettuale libertario si può aggiungere la critica estetica. del dilettante : se l’analisi lombrosiana del genio degli artisti e scrittori dovesse trionfare, in una società che non potrebbe tollerare i “traviati” ed i marginali, sarebbe la fine della creazione artistica e della libertà dello spirito. Nella sua critica di Lombroso, Mirbeau è l’avvocato, non solo dei proletari, dei vagabondi e delle prostitute, bensì ancora di Claude Monet, Auguste Rodin, Vincent Van Gogh e Stéphane Mallarmé.