Publifarum n° 12 - Atti Convegno Assiterm 2009

Il profilo multilingue della normativa comunitaria: Problemi e prospettive

Maria-Teresa SAGRI


Il settore giuridico rappresenta un contesto particolarmente rappresentativo delle variazioni terminologiche, non solo per la sua forte dipendenza da una particolare contestualità, generata dal sistema giuridico entro cui trae origine, ma anche quale massima espressione delle interferenze linguistiche indotte dalla attività normativa comunitaria. Il crescente raffronto e confronto dei documenti in lingua diversa ha indotto anche la ricerca informatica ad affrontare le problematiche delle traduzioni multilingue ed a concentrarsi sullo sviluppo di strumenti che possano ovviare al difficile problema della comunicabilità di dati e concetti giuridici. Nei linguaggi specialistici, come quello giuridico, per stabilire una corrispondenza tra i termini di lingue diverse occorre individuare la corrispondenza tra concetti o istituti giuridici, in quanto la diversità di struttura dei diversi ordinamenti determina la difficile comparazione tra gli istituti presenti. Sulla base di questo orientamento il contributo intende illustrare come l'impiego dello strumento informatico nel processo di traduzione, permetta di spostare più agevolmente l’attenzione dal termine, espressione linguistica usata in un determinato contesto, per focalizzare lo studio sul senso contenuto, ovvero il concetto espresso dal termine stesso.
Si analizzano approcci teorici e metodologici sottostanti allo sviluppo di risorse lessicali e di architetture software, atte a consentire una rappresentazione dei contenuti digitali indipendente dalla forma linguistica in cui sono espressi, affrontando i temi del multilinguismo e del tecnicismo giuridico. Si illustreranno iniziative concrete, frutto di progetti di ricerca promossi dalla Commissione Europea, se ne descrivono le caratteristiche, i risultati, i punti deboli e le lezioni imparate dalle esperienze applicative.
Per parlare di plurilinguismo, di norme e di Europa, non si può prescindere dall'analizzare il fenomeno nel più vasto rapporto tra diritto, lingua e traduzione, non fosse altro che per tracciare a grandi tratti gli interrogativi che questo solleva (VIEZZI, 1994).
Tra i problemi indotti dal “multilinguismo normativo”, quello che crea maggiore scetticismo riguarda l'impatto che le norme comunitarie hanno sulla dimensione giuridica nazionale e sulle situazione soggettive dei cittadini europei. Un profilo questo che va a relazionarsi con la notevole ampiezza e incisività delle competenze conferite all'Unione. Il sottintendere questa spazialità multilinguistica, significa infatti riconoscere un'entità giuridica in cui manca un centro storicoculturale di riferimento, ovvero uno spazio sociale privo di una lingua, in quanto spazio con tante lingue.
Il diritto in tal senso può decidere di usarle tutte o solo alcune, ma ciò determina importanti riflessi giuridici nell’uno e nell’altro senso. All’immagine di un multilinguismo politico, quale valore comunitario della diversità linguistica del cittadino europeo, si contrappone un complesso plurilinguismo istituzionale coinvolto quotidianamente con la difficile “arte di fare le leggi”. Vale a dire, nel contesto più prettamente gestionale della pluralità linguistica, i principi di tutela della diversità, teorizzati dai Tratti sono piegati dalle logiche dell’efficienza amministrativa verso l’uso di un numero limitato di idiomi quali “lingue di lavoro”. Durante la fase di elaborazione della norma vengono usati soltanto alcuni degli idiomi ufficiali, scelti tra i più diffusi ed usati nel contesto comunitario e solo il documento definitivo viene tradotto in ciascuna lingua dell'Unione. A questa scelta organizzativa si lega tuttavia il nodo centrale della produzione normativa comunitaria1, ovvero l'esigenza di 'comunicare' contenuti prescrittivi nelle diverse lingue europee, senza svilire la coerenza e l'uniformità del diritto comunitario. In realtà, il conciliare l’uso di solo alcuni idiomi di lavoro e di successive trasposizioni per giungere a norme o atti di valore giuridico valevoli per tutti gli Stati membri, diviene estremamente complesso. Per intuire le difficoltà incontrate quotidianamente dal legislatore comunitario, basta pensare che le terminologie usate nei diversi sistemi normativi, rispecchiano i concetti giuridici in essi operanti e quindi le profonde differenze esistenti tra i substrati culturali appartenenti a ciascun ordinamento2. Il diritto è fortemente dipendente sia dalla sua testualità che da una particolare contestualità, generata dal sistema giuridico entro cui ogni innovazione normativa va ad inserirsi (AJANI e ROSSI, 2006). Ne consegue che nel contesto giuridico, non è sempre possibile rintracciare l'equivalente linguistico di un concetto espresso in una lingua diversa. Certe espressioni, tipiche di alcuni ordinamenti sono rappresentative di visioni giuridiche che non necessariamente coincidono nei singoli ordinamenti.
Ne consegue che quanto più aumentano le lingue e la peculiarità del loro contenuto, tanto più l'equivalenza fra termini è difficile da stabilire. L'uso di una lingua diversa dalla propria non permette in alcuni casi di esprimersi al pieno delle proprie capacità oppure l'interpretazione non sempre riesce a rendere le sfumature retoriche che fanno parte di un determinato contesto linguistico. Inoltre la redazione degli atti comunitari è spesso effettuata da funzionari nonmadrelingua, anche quando questi riescono a fare un ottimo lavoro di composizione, vengono in alcuni casi ostacolati delle interferenze che le lingue producono sia nel vocabolario che nella sintassi.
Sulla base di ciò diviene più semplice comprendere come le procedure mediante le quali avviene la redazione degli atti europei, sottintendano una natura contrattata del diritto, ovvero una natura “diplomatica” del processo redazionale che svela una medesima natura “diplomatica” della stessa organizzazione comunitaria. L’intero processo redazionale, dalle prime minute, alle bozze successive, fino ad arrivare ad un primo testo, agli emendamenti, al testo finale approvato, sembrano segnati da continui interventi e elaborazioni frutto di una continua e sottile mediazione politica quanto linguistica (COSMAI, 2007). Ne è prova la frequente sovrapposizione all'interno dell'iter legis fra le metodologie della comparazione giuridica e la traduzione del diritto. Se una parte della dottrina parla di “coredazione” normativa svolta in parallelo nelle diverse versione linguistiche, un’analisi più attenta del profilo operativo istituzionale permette invece di evidenziare, diversamente, come l’opera di trasposizione linguistica arrivi a trasformare passo dopo passo il testo di partenza in vere e propria traduzioni dello stesso nelle diverse lingue ufficiali (GALLAS, 1999).
La tutela della pluralità linguistica diviene per tanto a trovarsi strettamente connessa con la necessità di agevolare l’incontro fra i diversi ordinamenti giuridici (DE GROOT, 2000; RICOEUR, 2000). Al problema posto dall'atto del tradurre si aprono quindi due vie di accesso alternative: intendere l'operazione di traduzione nel senso stretto del trasferimento di un messaggio verbale da una all'altra lingua, oppure assumerlo nel senso più ampio di interpretazione e susseguente comparazione, di ogni insieme significante della stessa comunità linguistica?
In entrambi casi la traduzione diviene un momento centrale dell'iter legis comunitario quale delicato indicatore del livello qualitativo della normativa stessa. Diversamente dai singoli contesti nazionali, dove l'uso della lingua rimane un aspetto stilistico della norma, un uso impreciso della stessa nel contesto comunitario tende a sfumare gli effetti stessi della legge ed acquistare dei forti riflessi di diritto sostanziale (ZACCARIA, 2003; WROBLESKI, 2000). Una bassa qualità dei testi originali ed un’incertezza generalizzata sulle reali intenzioni lessicali dell'autore, possono risultare aspetti che limitano e gravano sull'esigenza comunitaria di disciplinare in maniera uniforme le attività economiche e il quadro dei diritti soggettivi del mutato contesto socio-economico (GAMBARO, 2007). L’approfondire il modus operandi dei funzionari comunitari permette di evidenziare come la prassi di una produzione normativa mediata attraverso un rilevante intervento del traduttore, derivi dalla impossibilità di ricostruire una possibile ossatura giuridica di riferimento, ovvero, diius comune europeo. L’assenza di punti di riferimento genera il consolidarsi di una prassi in cui le scelte terminologiche sono effettuate secondo la prospettiva soggettiva dal singolo operatore, che appare più sensibile alla funzionalità del suo operato che al risultato giuridico complessivo (IORATTI, 2005).
Per far fronte a tale problematica, seguendo una linea ormai pacificamente consolidata della
comunità scientifica che si muove da anni verso l’approfondimento di uno studio comparativo volto alla ricostruzione di radici giuridiche comuni, l’informatica può proporre alcuni possibili 'strumenti' linguistici per agevolare il lavoro terminologico comunitario. In particolare, l’impiego della sistematica terminologica proposta dall’ICT può rappresentare un supporto concreto sia nel lavoro terminologico interno alla fase redazionale sia nel processo di consolidamento di una tassonomia più propriamente comunitaria. Attraverso lo strumento informatico, si promuove, infatti, l'uso di una metodologia maggiormente oggettiva e condivisibile da applicarsi all'interno della scelta terminologica che sembra favorire l'innescarsi di un processo di normalizzazione del lessico comunitario. Al fine di affinare il profilo multilingue della normativa comunitaria certi strumenti possono rappresentare un pratico ausilio al funzionario comunitario, per passare da una traduzione che appare tutt’oggi mediata soggettivamente dall’operatore, verso una trasposizione “condivisa” secondo profili maggiormente oggettivi. In effetti, cercare di ottimizzare la prevenzione “ex ante” dei problemi di armonizzazione della normativa comunitaria con quella nazionale, potrebbe rappresentare un primo tentativo per superare un limite del sistema che emerge in tutta la sua problematicità prevalentemente nella fase “ex post”, durante l’applicazione della norma.
L'informatica giuridica si è posta negli anni3, come un efficace strumento in grado di affiancare i tradizionali metodi di legistica, inserendosi in tutte le fasi dell’iter legise contribuendo a migliorare la qualità, la intelligibilità e la reperibilità del prodotto normativo4. Tra le applicazioni sviluppate per il dominio del drafting, parallelamente allo sviluppo di software redazionali, sono state elaborate specifiche risorse linguistiche al fine di perfezionare ed uniformare il linguaggio normativo sia sotto il profilo sintattico che semantico. Con il tempo l'esigenza di specializzare questi strumenti per l'ambito comunitario, ha indotto la ricerca a raffinare maggiormente queste risorse adattandole alle peculiarità imposte dal plurilinguismo. Tra i principali strumenti linguistici offerti nel settore giuridico dall’Ue, interessa la nostra indagine la banca dati terminologia IATE.
Questa rappresenta, un’importante risorsa nell'attività di traduzione e quindi anche in quella di redazione, offrendo una piattaforma di comparazione terminologica. Gli utilizzatori di questa banca multilingue di dati terminologici possono ricercare il corrispondente di un termine in una o più lingue ufficiali. Vale a dire, dopo aver digitato all’interno della stringa di ricerca l'espressione nella lingua di partenza (LdP), è possibile selezionare le varie accezioni in base ai domini giuridici europei. Per ogni accezione viene fornita una glossa, la provenienza professionale, il riferimento dottrinale della parola ed il riferimento al contesto e la trasposizione dell’accezione della LdP nella lingua di arrivo (LdA) prescelta, con annesso un valore indicativo del livello di affidabilità della traduzione. I dati sono strutturati secondo una fisionomia assimilabile a quella di un glossario giuridico bilingue ed i termini sono inseriti nella banca dati sulla base delle informazioni provenienti da traduttori, amministratori, giuristi linguisti e altre fonti affidabili dell'UE. Il valore aggiunto si ritrova là dove la banca dati offre una consultazione non solo dei contesti d'uso dell'accezione ma anche una griglia di valutazione sul livello di traducibilità dell'accezione ricercata. L'utilizzo dello strumento impiegato nella redazione normativa rappresenta un utile sostegno nella trasposizione di un termine verso le diverse lingue europee. Migliorando la conformità dei testi e consolidando la terminologia usata a livello comunitario, i testi possono per tanto risultare meno ambigui e più facilmente accessibili.
Nei casi più complessi, tuttavia il sistema non sembra riuscire a fornire elementi sufficientemente esaurienti per risolvere il problema dell’operatore linguistico. IATE è stata infatti concepita come una banca dati contenente informazioni lessicali senza una strutturazione semantica specifica. I collegamenti inter-linguistici non presuppongono una semantica 'profonda' né un modello concettuale sottostante alle equivalenze terminologiche, per cui la risorsa non permette di risalire alle differenze concettuali sottese tra un termine e l'altro. Più precisamente nonostante in IATE siano fornite indicazioni sulla scelta di un termine sulla base di un uso maggiormente consolidato all'interno dei documenti, come pure vengano segnalate proposte di traduzione ritenute dagli esperti poco affidabili, manca, alla base di ogni suggerimento una motivazione riferita a una semantica esplicita. Ad esempio, non sono fornite soluzioni per i termini non traducibili: uno degli esempi classici è il termine 'trust' che non ha un equivalente in italiano in quanto non esiste nel sistema giuridico italiano un istituto giuridico equivalente5. Perciò le informazioni fornite da IATE risultano piuttosto limitate rispetto alle necessità del formante comunitario di usufruire di indicazioni linguistiche finalizzate a redarre versioni ufficiali di atti normativi paralleli nelle diverse lingue europee. Per cercare di ovviare ai limiti appena evidenziati, il lavoro terminologico per il settore europeo sembra negli ultimi anni concentrarsi maggiormente sullo sviluppo di risorse che permettano di spostarsi da un metodo puramente terminologico o verso un approccio basato su modelli semantici più solidi. Questa esigenza si sposa in particolare con il grande interesse che la ricerca informatica dedica da alcuni anni al tema della Semantica; l'enorme quantità di conoscenza disponibile attraverso Internet richiede infatti strumenti in grado di selezionare i contenuti in modo estremamente preciso, affidabile e condiviso.
Nel settore informatico, le iniziative nate intorno al Web semantico si traducono principalmente nello sviluppo di strumenti e risorse applicative per la condivisione dei contenuti. Alcune teorie e tecniche sviluppate nel settore dell'Information Technology, affrontano, da anni il problema della condivisione della lingua tra uomo e macchina, vale a dire la rappresentazione del concetto in un formato comprensibile ai programmi informatici, e quindi svincolato dalla forma linguistica (CALZOLARI e LENCI, 2004). Ne consegue che approcci e risorse sviluppate da questo settore di ricerca, in particolare quelli basati su un approccio ontologico possono essere sperimentati e specializzati in strumenti per condividere la lingua” volti a fornire soluzioni all'interno del processo legislativo comunitario, per migliorare le risorse linguistiche operanti nel panorama comunitario.
La nozione di ontologia adottata in informatica, che semplifica in una prospettiva applicativa la nozione filosofica del termine, distingue, a seconda dell'oggetto (semantica lessicale o conoscenza di dominio) e del rigore formale fra ontologie linguistiche e ontologie formali.
Le ontologie linguistiche (reti o lessici semantici) sono anche chiamate 'ontologie leggere' (lightweight) o lessici computazionali, in quanto mantengono uno stretto legame con il linguaggio e sono parzialmente strutturate. Il significato sotteso al significante viene esplicitato rapportando quest'ultimo con la sua collocazione nel contesto linguistico. Più precisamente, un lessico è una lista di parole che contiene alcune informazioni sul modo in cui le parole sono usate in una sistema linguistico, che di norma non riguarda informazioni fonetiche o morfologiche, ma informazioni semantiche. I concetti (o nodi) che compongono una rete semantica sono insiemi di unità lessicali che compaiono in contesti con significato affine, che sono legate da una relazione di sinonimia basata sul criterio di sostituibilità6 e descritti da una glossa che ne esplicita il senso7.Il significato di tali concetti che in uno dei modelli più noti8sono chiamati synset9, (composti dall’insieme di sinonimi, abbreviazioni, sigle, varianti ortografiche e desuete) è esplicitato dalla sua collocazione all'interno della rete, e quindi dalle relazioni che intercorrono con altri concetti. Le relazioni utilizzate sono quelle della semantica lessicale, è cioè: iper/iponimia, (corrispondente alla logica relazione di inclusione di una classe in un’altra), meronimia (o relazione parte-tutto), antonimia (opposizione di significato), causa (causalità fattiva e non fattiva), implicazione, ruolo, strumento (tra un oggetto ed il materiale con cui è realizzato), di causa, appartenenza, derivazione, ecc10. Le differenze di senso (polisemie) sono poi distinte, numerate e rese esplicite dalle relazioni tassonomiche ed associative.
Attraverso tali risorse si passa quindi da quello che può essere rappresentato come un semplice insieme di parole (processo, procedimento giuridico, sentenza, tribunale, attore, convenuto ecc.) ad una struttura di parole esemplificative di una area di conoscenza. Nella rete semantica il termine “procedimento giuridico” non solo è considerato equivalente di “processo giuridico”, al pari del termine processo, tipico del linguaggio usato dall’utente non specialistico, ma è anche collegato ad altri diversi concetti tramite delle relazioni che ne descrivono il significato. Il termine “procedimento giudiziario”, ha come superiore gerarchico il più generale concetto di “procedimento” e come termini più specifici processo penale e processo civile. Lo stesso termine è inoltre collegato da una relazione di causa-effetto con il termine “sentenza” e da una relazione di ruolo con i soggetti coinvolti nel processo: il soggetto agente è rappresentato dal termine “giudice”, mentre “attore” e “convenuto” sono rappresentati come parti passive dello stesso fra loro collegate da una relazione di “co-ruolo”.
Sul piano della precisione e della espressività semantica i lessici computazionali costituiscono quindi, un passo in avanti, rispetto agli strumenti tradizionali, come i cosiddetti vocabolari controllati (thesauri, tassonomie, schemi di classificazione), che rispetto a IATE sono dotati di una struttura semantica chiara. Il beneficio offerto dalle risorse computazionali è dato proprio dalla struttura concettuale che, come abbiamo già sottolineato, distingue formalmente11 il termine, espressione linguistica di un significato, le sue varianti morfologiche e grammaticali (la parola e il significato rappresentato).
Nelle ontologie formali la rappresentazione dei significati è totalmente indipendente dal linguaggio e dalla collocazione nei termini nei contesti, intendendo fornire piuttosto una teoria descrittiva di un dominio, ovvero un punto di vista che espliciti la rappresentazione del significato comunemente inteso nei processi cognitivi. Attraverso questi strumenti si intende esplicitare i meccanismi e le assunzioni in base a cui la realtà percepita viene concettualizzata a livello individuale e condivisa a livello sociale da una comunità di 'utenti' (TISCORNIA, 2007), in modo da rendere possibile la comunicazione. Il ruolo delle ontologie formali è appunto quello di fornire i fondamenti cognitivi (ed il vocabolario) per la concettualizzazione formale di un dominio.
Un uso delle ontologie formali di interesse per la costruzione di terminologie consiste nel sovrapporre al lessico categorie formalizzate in un modello ontologico in modo da classificare i concetti lessicalizzati in base ad un set di proprietà formali comuni.
Attraverso rappresentazioni di classi, proprietà ed istanze, si assume che una rappresentazione dei concetti a livello più astratto attraverso caratteristiche protipiche, possa comunque essere in grado di veicolare i contenuti al di là dell'esigenza di rappresentare graficamente il termine (SMITH, 2003:155). Secondo questo orientamento le ontologie giuridiche applicate possono rappresentare, pur con i loro limiti, degli strumenti utili anche per il comparatista nella misura in cui esse svincolano le relazione tra concetti dalle rappresentazioni linguistiche offerte in lingue diverse offrendo così all'omologazione dei concetti vie diverse da quelle offerte dalla tradizione dottrinale.
Come abbiamo visto le relazioni semantiche dei lessici (iponimia, meronimia, ruolo) non sono di per se sufficienti a cogliere le assunzioni di significato dei concetti tanto da consentire una possibile comparazione, mentre le strutture di conoscenza più astratte, condivise e indipendenti dai sistemi linguistici, consentono di usufruire di un modello di riferimento e di mantenere al tempo stesso il collegamento dei concetti ai contesti e al tempo stesso di salvaguardare la molteplicità` sincronica (multilinguismo) e diacronica (evoluzione del significato) (LAME, 2004).
In tal senso, l'idea di fondo promosso da alcune iniziative informatiche12 è lo scomporre le nozioni giuridiche secondo la metodologia applicata dalla dottrina. Sotto questo profilo la descrizione ontologica del singolo concetto giuridico, secondo proprietà che ne rappresentano le precondizioni e gli effetti giuridici previsti dalla disciplina per lo stesso, sembra poter rappresentare una piattaforma ideale per il supporto del formante nell’attività di raffronto tra termini afferenti a sistemi giuridici diversi. Lo strumento ontologico, raffinando ed approfondendo la conoscenza dei significati in forma comparativa, permette di verificare la coerenza dei vari elementi nei diversi sistemi giuridici, per far figurare tra i diversi componenti concettuali quelli che coincidono con quelli che non corrispondono. Tutto ciò al fine di tracciare il processo comparativo, quale mezzo per monitorare e condividere più facilmente il lavoro svolto negli anni e al tempo stesso fornire una piattaforma di riferimento terminologica per il traduttore, al fine di elaborare un linguaggio, in cui l'unità semantica porti i segni di tutte le caratteristiche prese in considerazione per distinguere le diverse nozioni (SNOW et al., 1995). Di fronte ad un problema di traduzione, dove risulta estremamente complesso 'suggerire' un termine equivalente possibile, il funzionario può essere comunque supportato nel suo lavoro, là dove trova segnalata la complessità del caso ed esplicitati gli elementi per i quali esiste una certa distanza di significati. Lo strumento ontologico applicato può infatti, rappresentare la base di riferimento per lo sviluppo di una terminologia comune e condivisa (ROSSI, 2007), in cui l'esperto di dominio riproduce la forma mentis della comparazione e dove al tempo stesso il traduttore può trovare una mappa indicativa del livello di equivalenza esistente tra i termini prescelti per la traduzione. Le ontologie giuridiche sono piattaforme quali basi di rappresentazione della conoscenza giuridica che sono sviluppate dall'esperto giurista secondo le metodologie comparative utilizzate, pur nella piena consapevolezza che "il dato giuridico nasce dall'interprete" (SACCO, 2000:118; SACCO, 2005). Queste stesse a sua volta sono rese disponibili come piattaforme di riferimento per l'interprete comunitario, il quale può contare nel suo lavoro di una mappa per orientarsi nelle sue scelte terminologiche. In effetti, “la vocazione ontologica all'identificazione di schemi astratti di conoscenza, unita alla delineazione della realtà del fenomeno giuridico” (ROSSI, 2004), possono forse aiutare a chiarire meglio l'identità e le relazioni fra componenti di diversi sistemi giuridici e le corrispondenti espressioni linguistiche. Il tentativo di riscrivere il diritto in un linguaggio nuovo, adatto ad interazioni non solo tra esseri umani ma anche tra elaboratori elettronici, può rappresentare un'opportunità per migliorare la comprensione del fenomeno linguistico comunitario. L'idea di fondo è riuscire a delineare delle risorse ontologiche che possano associarsi allo studio delle tassonomie giuridiche, quali elaborazioni concettuali dei giuristi di uno stesso ordinamento o di ordinamenti diversi, per incrementare le risorse finalizzate al drafting e migliorare la coerenza interna alla norma e lo sviluppo di un linguaggio comunitario consolidato.
I modelli concettuali costruiti dai contesti informatici sembrano poter favorire una maggiore uniformazione del diritto europeo, offrendo quanto meno una mappatura dell'attività di comparazione, mediazione e traduzione, che permette lo stratificarsi di un bagaglio concettuale condiviso. Questo approccio allo studio terminologico sembra in effetti più in sintonia con l'essenza stessa dell'organizzazione europea. Un'Unione, dove il plurilinguismo che ne è alla base, rappresenta forse un elemento ineliminabile della stessa, in quanto coincide con il fatto che questa, al di là del tempio continua a non rappresentare una vera e propria entità, ma solo il convivere di diversità istituzionali; ovvero un'organizzazione intestatale il cui nomosè la pluralità essenziale dell'Europa.

Bibliografia

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Note

↑ 1 Non è cosi per il diritto internazionale. Nonostante il diritto comunitario condivida con il diritto internazionale il carattere di "sovranazionalità", il dritto comunitario si pone in una posizione intermedia fra il diritto "internazionale" ed il diritto "nazionale", rappresentando una sorta di tertium genus a sé stante. Ovvero presenta una serie di elementi tipici del diritto "nazionale" ed "interno", quali ad esempio, il fatto di presentare un vero e proprio sistema sanzionatorio in caso di non osservanza delle sue norme, che destinatari delle norme di questo ordinamento siano anche i privati e non solo gli Stati Membri dell'Unione.

↑ 2 Si pensi ad esempio alle profonde differenze che caratterizzano i sistemi di civil law e common law.

↑ 3 L'evoluzione dell'apporto che l'informatica giuridica ha offerto alla scienza legislativa, si distingue in informatica giuridica documentale e metadocumentale, all'interno di quest'ultima le applicazioni informatiche nel campo redazionale rappresentano l'ambito prescelto delle le nostre riflessioni. Si fa riferimento al cammino, intrapreso intorno agli anni 70, che la legimatica ha compiuto in parallelo con il progresso tecnologico nella ricerca di sistemi in grado di migliorare la produzione ed il reperimento dei testi legislativi, programmi di infomation retrieval

↑ 4 Consulta sul tema il Portale di tecniche normative, Il codice di drafting, all'indirizzo: www.tecniche normative.it

↑ 5 Ciò non toglie che, ovviamente, le situazioni giuridiche regolate dal trust nei sistemi giuridici anglosassoni trovino una regolamentazione anche nel nostro diritto attraverso l'istituto del contratto fiduciario.

↑ 6 Nell’ambito del linguaggio giuridico non sono previste relazioni di sinonimia vera e propria, poiché ogni termine tecnico è considerato portatore di un significato primario e non sostituibile; di fatto, però gli utenti, soprattutto quelli non prettamente specialistici, sostituiscono ai termini tecnici espressioni utilizzate dal linguaggio comune. Da qui nasce l’opportunità di creare una rete semantica capace di convogliare nello stesso significante le varie tipologie di sinonimi, anche se non prettamente tecnici.

↑ 7 Il formalismo delle reti semantiche prevede, in linea generale, di rappresentare gli oggetti dell'universo di riferimento attraverso dei grafi orientati in cui i nodi rappresentano i concetti e gli archi rappresentano relazioni tra i concetti.

↑ 8 Per una definizione dettagliata del modello si veda Miller G., 1990: 235-312.

↑ 9 Il synset rappresenta un’insieme di sinonimi, vale a dire, ciascun termine appartenente allo stesso gruppo può essere indistintamente interscambiato all’interno di una stessa frase, senza cambiarne il senso.

↑ 10 Il progetto ItalWordNet prevede al suo interno ben 16 tipi diversi di relazioni. Per maggiori dettagli visita http://www.ittig.cnr.it/Ricerca/Unita.php?Id=11&T=4.

↑ 11 I formalismi OWL definiti nel Semantic Web per esprimere tali strutture rispettano, con diversi modelli, tali distinzion nello standard Owl definito per WordNet, ogni synset è un istanza della classe Synset ; le altre classi sono la classe Wordsense, le cui istanze sono i termini e la classe Word per le parole in SKOS (Simple Knowledge Organization System) il concetto (ad es. il descrittore di un Thesaurus) è istanza della classe Concept; la relazione has-label collega i termini e i sinonimi (UF-Used).

↑ 12 Si veda al riguardo i progetti europei Lois, Dalos, promossi nell'ambito dei finanziamenti comunitari dall'Istituto di teoria e tecnica dell'informazione giuridica el CNR, sul sito www.ittig.cnr.it.

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482