Publifarum n° 12 - Atti Convegno Assiterm 2009

Concetto e significato. Una riflessione terminologica

Chiara MESSINA



Nell’ambito della riflessione sulla variazione in terminologia, nonché sull’oggetto di studio della terminologia stessa, assume particolare rilevanza l'opposizione tra concetto e significato.
La Teoria Generale della Terminologia ha finora tentato di ridurre al minimo la distanza tra concetto e termine e di creare delle corrispondenze biunivoche che ben si prestino a scopi operativi di comunicazione chiara e monoreferenziale tra specialisti. La dimensione del significato, con tutti i fenomeni che comporta, viene ricondotta in questo approccio alla dimensione concettuale, prendendo in considerazione esclusivamente la funzione denotativa del termine. La fruizione della terminologia da parte di una più ristretta comunità di parlanti, spesso internazionale, spiega l'approccio normativo della GTT; è tuttavia innegabile che le terminologie condividano la medesima struttura con la lingua naturale e che presentino molte caratteristiche e problematiche in comune con essa (cfr. PRANDI, 2008). Per un’analisi terminologica completa, che tenga conto di tutte le dimensioni della comunicazione, è quindi auspicabile non limitarsi esclusivamente all’esame dell’aspetto concettuale, bensì prendere in considerazione un più ampio insieme di fattori.
Il nostro scopo è stimolare la riflessione su tematiche che, a nostro parere, possono rivelarsi fruttuose per la ricerca futura, proponendo al contempo osservazioni che possano aprire la strada ad un’ipotesi operativa. La nostra analisi sarà necessariamente incompleta se paragonata con le ricerche esistenti, soprattutto in ambito filosofico; non è tuttavia nostra intenzione offrire una panoramica generale sul problema. Cercheremo piuttosto di delimitare il tema il più rigorosamente possibile, incentrando l’analisi esclusivamente sugli aspetti rilevanti per la terminologia. Dopo una breve introduzione alla problematica, ci occuperemo della definizione di concetto in terminologia; esamineremo quindi brevemente il ruolo rivestito da concetto e significato in terminologia e nei confronti della variazione terminologica. Infine, esemplificheremo quanto precedentemente esposto con un’analisi su un corpus di testi in lingua tedesca appartenenti ad un settore molto tecnico, quello delle attrezzature da officina. Ci concentreremo sull’esame dei sinonimi e delle varianti denominative e presteremo particolare attenzione al ruolo svolto dal contesto nella realizzazione del termine.

1. Introduzione

Senza avere la pretesa di sviluppare l’argomento in modo esaustivo, quello che ci interessa in questa sede è inquadrare la problematica dell’opposizione fra concetto e significato in modo funzionale alla terminologia. Se consideriamo la terminologia come scienza interdisciplinare, che non può che giovarsi del contributo, tra le altre discipline, della linguistica, e, se riteniamo che i termini, oggetto di studio della terminologia, non esistono come entità astratte e isolate nella langue, bensì nascono a livello di parole, nell’uso della lingua da parte delle comunità di parlanti, ecco che la problematica dell’opposizione tra concetto e significato assume una rilevanza notevole. Un termine, seppur nell’ambito di un testo altamente specialistico, non può essere avulso dalla comunità di parlanti di riferimento, anzi, sembra essere proprio questo parametro a caratterizzarlo, a distinguerlo dalle parole della lingua comune. Soprattutto considerando la dimensione squisitamente sociale che contraddistingue i termini, riesce difficile pensare che l’identità concettuale del termine sia in qualche modo separata dal suo significato. Inoltre, nella riflessione sul significato dei termini bisogna tener presente la struttura comune di terminologia e lingue naturali (cfr. PRANDI, 2008). Se da un lato il significato risulta essere unito indissolubilmente al significante nel segno linguistico (cfr. SAUSSURE, 1968: 83 e segg.), dall’altro, il concetto può essere espresso da strutture linguistiche più ampie e complesse del singolo termine . Dal punto di vista terminologico, il termine viene selezionato dalla comunità di parlanti di riferimento e porta ad espressione un concetto; tuttavia, appartenendo il termine stesso a un sistema linguistico, difficilmente può essere considerato avulso da un significato:

La dénomination des termes, contrairement à celle des mots, peut certainement avoir un fonctionnement sémantique-référentiel spécifique, mais l’acceptation théorique de cette spécificité n’exclut pas le fait que la dénomination fournit de l’information sémantique complémentaire. En effet, en rendant visible un choix de traits sémantiques parmi d’autres, qui font aussi partie du concept, elle nous transmet une vision particulière de ce dernier (FREIXA/FERNÁNDEZ/CABRÉ, 2008: 2).

Sorgono a questo punto quasi spontanee le domande: che cos’è un concetto? Che cos’è un significato? Come intervengono concetti e significati nel lavoro del terminologo?
Se prendiamo un qualsiasi dizionario dell’uso, vedremo che il significato è definito come concetto . Se così fosse, tuttavia, l'oggetto di studio della terminologia non si distinguerebbe da quello della semantica lessicale, se non nell’approccio, onomasiologico per la prima, semasiologico per la seconda. D’altra parte, possiamo quasi certamente affermare che la terminologia si è svegliata dal sogno wüsteriano dell'universalità totale dei concetti, dal momento che l'influenza della cultura nel processo di concettualizzazione è stata codificata in una norma ISO (ISO 1087: 1990). Partendo da una posizione intermedia, cercheremo semplicemente di evidenziare l'importanza della questione per il terminologo, di inquadrarla strettamente nell'ambito della terminologia e di stimolare la riflessione sulla problematica.

2. Concetto e significato in terminologia

Chiarire lo status di concetto e significato è essenziale al terminologo, soprattutto in termini di separazione del piano concettuale da quello linguistico. Spesso i due livelli si confondono in una relazione ossimorica, già insita nella prima pagina della Einführung in die allgemeine Terminologielehre und terminologische Lexikographie di Wüster: Wüster afferma che concetti e denominazioni appartengono a due classi separate di entità; tuttavia, non abbiamo altro modo di esprimere i concetti se non tramite le denominazioni. Il concetto è reso accessibile al parlante e rappresentato da una parola – o, per essere più precisi, da un termine. Possiamo quindi distinguere due livelli di analisi: un livello concettuale e un livello semantico.
In terminologia disponiamo di norme che definiscono con precisione che cosa sia un concetto, che viene generalmente descritto come un’unità del pensiero costruita per astrazione dalle caratteristiche comuni di un insieme di oggetti:

[…] through observation and a process of abstraction called conceptualization, objects are categorized into mental constructs or units of thought called concepts which are represented in various forms of communication. […] Producing a terminology requires understanding the conceptualization that underpins human knowledge in a subject area [...]. (ISO 704: 2000)

A unit of thought constituted through abstraction on the basis of properties common to a set of objects. Note - Concepts are not bound to particular languages. They are, however, influenced by the social or cultural background. (ISO 1087: 1990)
Unit of knowledge created by a unique combination of characteristics. (ISO 1087-1: 2000)

Il significato non è invece definito nell’ambito della normazione terminologica. Del significato si sono occupati, e si occupano, filosofi, linguisti e letterati; si tratta di un’entità la cui definizione risulta particolarmente complessa. La maggiore difficoltà in quest’analisi risiede nel fatto che, in gran parte della letteratura, concetto e significato vengono utilizzati tautologicamente per definirsi a vicenda, creando, come si usa dire in terminologia, un circolo interno. A questa difficoltà va aggiunto che, in terminografia, non è possibile ignorare l’importanza di informazioni di tipo semantico, linguistico e testuale: spesso il concetto non viene espresso da un unico termine, ma si realizza in modo più fluido, a un livello testuale superiore, privando il termine della sua natura di «etichetta», del suo potere denotativo assoluto. Ecco quindi che, nonostante le premesse precipuamente concettuali della terminologia, in terminografia, quindi nell’applicazione pratica dei principi della disciplina, ci troviamo di fronte ad una convivenza dei due livelli, concettuale e linguistico, all’interno della scheda terminologica stessa.
È nella definizione terminologica che la convivenza del livello concettuale e del livello linguistico si esprime con maggiore problematicità. Se la definizione si trova sul livello concettuale, che ruolo ha il significato del termine? Spostare la definizione sul livello concettuale significa «azzerare» il significato del termine? Soprattutto: che cos’è, in terminologia, il significato di un termine, se la sua definizione è la descrizione del concetto che rappresenta?
Concetto e significato sembrerebbero essere due facce della stessa medaglia: i concetti, il contenuto dell’astrazione considerato separatamente dai termini; i significati, invece, i contenuti considerati esclusivamente dal punto di vista dei termini. Tuttavia, a livello teorico, possono esistere concetti senza termini, mentre non possono esistere significati senza segni: questo «scollamento» ci induce a pensare che concetto e significato non possano essere la stessa cosa. Abbiamo anzi l’impressione di trovarci di fronte a due entità diverse e distinte, seppur astratte e sebbene si realizzino entrambe in un’unità linguistica. Un altro argomento a favore dello scollamento tra concetto e significato è dato dai meccanismi con cui queste due dimensioni si modificano. Se il concetto è dato dalle invarianze della realtà e si modifica quindi di pari passo con i cambiamenti della realtà (basti pensare all’evoluzione dell’idea che abbiamo del telefono: «avere il filo» non è più una caratteristica essenziale, come poteva esserlo trent’anni fa), il significato di una parola si modifica non solo in base ai cambiamenti della realtà, ma anche in base all'uso della parola stessa. Pensiamo ad esempio alla parola «tesoretto»: per nessuno di noi, ormai, il significato di questa parola si riduce a «piccolo tesoro», anzi, è una parola fortemente marcata.
Abbracciamo in questa sede la posizione di Cabré:

We maintain that the fact that all referential units may become both terms (when expressing special knowledge) or words (when expressing general knowledge) does not mean that they function as both in all cases (CABRÉ, 2000: 54).

Vediamo quindi che la distinzione tra termine e parola sta nella funzione assunta dall'unità linguistica: rappresentare conoscenza generica o specializzata. Se le parole della lingua comune non solo denotano, ma hanno anche una funzione connotativa, nei cosiddetti tecnoletti quest’ultima dimensione viene, se non azzerata, perlomeno ridotta ai minimi termini. Potremmo avanzare l'ipotesi che questa distinzione stessa dipenda dalle coordinate del termine (o della parola) sull’asse diastratico e su quello diafasico; tuttavia, i processi di terminologizzazione, riterminologizzazione e determinologizzazione ci dimostrano che la definizione di un’unità linguistica come termine o come parola è dinamica, poiché la comunicazione tra gli strati e i sottoinsiemi della lingua è costante e si realizza in un’intricata rete di scambi. Se i significati, legati a termini che a loro volta portano ad espressione dei concetti, sono in qualche modo legati a questi ultimi per mezzo del termine, alcuni concetti, ovvero i concetti esocentrici (cfr. Prandi, 2008), appartengono, in una certa misura, al mondo dell’esperienza , e possono quindi presentare un legame meno solido con il mondo della lingua. Allo stesso tempo, va sottolineato che anche i concetti vengono espressi, calati, «formalizzati» nella lingua, con cui vengono quindi a trovarsi in una relazione bidirezionale, e che anche i significati appartengono alla cultura, quindi al mondo dell’esperienza, di cui la lingua è mezzo d’espressione. Se da un lato il concetto trova espressione nella lingua, dall’altro la lingua plasma il concetto nelle sue strutture, portando all’abbinamento del significante con un significato. Sarebbe quindi troppo affrettato dire che la lingua è pura forma e che il concetto è puro contenuto. Ciò che abbiamo stabilito finora è semplicemente che concetto e significato sono due dimensioni diverse, che trovano il loro punto d’incontro nel termine e che, a volte, si sovrappongono:

La lingua non è responsabile delle frontiere concettuali di base, ma traccia le sue distinzioni all’interno di aree concettuali di cui presuppone la coerenza […].
Se è vero che l’analisi dei concetti passa attraverso l'analisi delle strutture linguistiche e delle configurazioni discorsive - come ha rivendicato la svolta linguistica in filosofia - è altrettanto vero che non si ferma alla loro superficie codificata […] è chiaro che solo gli usi linguistici che risultano coerenti sullo sfondo dell’ontologia naturale danno accesso alla struttura e al contenuto dei nostri concetti condivisi e ai criteri della loro coerenza. (PRANDI, 2006: 185-186).

La definizione di Cabré delle unità linguistiche come entità poliedriche (CABRÉ, 2000: 48) mostra chiaramente che la dimensione del significato e quella del concetto convivono e assumono rilevanza ai fini dell’analisi terminologica. Tradizionalmente, il terminologo si occupa dei concetti. Tuttavia, il concetto si presenta al terminologo sotto forma di termine: solo in un secondo momento di analisi concettuale il terminologo, attribuendo le caratteristiche essenziali, descrive il concetto. Anche nella terminografia plurilingue, l’unica chiave d’accesso è la lingua e l’unico mezzo a disposizione del terminologo per capire eventuali divergenze concettuali tra culture diverse è di natura linguistica.
Da questo quadro si evince come, in realtà, il puro approccio onomasiologico sia difficile da applicare; spesso, per arrivare all'analisi onomasiologica si deve passare per la via semasiologica, anche nella propria lingua. Quello che però può venire in aiuto del terminologo è una consapevolezza di queste problematiche, che può addirittura produrre valore aggiunto.
Riassumendo, abbiamo quindi visto che concetti e significati appartengono a dimensioni diverse: il concetto nasce dall’astrazione dell’esperienza e trova espressione nel termine, il significato è inseparabile da un termine. Il concetto, qualunque forma mentale esso abbia, astrae quelle invarianze della realtà che ci permettono di sussumere diverse manifestazioni della realtà in una determinata categoria. Il concetto racchiude nella sua intensione l'essenza della realtà, ovvero i suoi tratti salienti, che permettono di classificare quella determinata manifestazione della realtà come appartenente a una certa categoria anche a distanza di tempo o in un luogo diverso.
Il significato è portato dalla parola, ovvero dipende dalla parola e non vive indipendentemente da essa. Esso si arricchisce o si impoverisce con l’uso della parola e ne riflette le variazioni d’uso; come evidenziato in precedenza, a formare il significato di una parola concorrono non solo la denotazione, ma anche la connotazione. Una parola che viene utilizzata frequentemente in determinati contesti può assumere connotazioni positive o negative che entrano a far parte del suo significato. Il significato, essendo dipendente dalla parola, trova inoltre espressione in modo non isolato, bensì in enunciati, frasi e testi. È quindi più corretto affermare che il significato dipende dal segno, dove il segno linguistico può essere la parola, l'enunciato, il periodo, o il testo. In queste unità linguistiche complesse, il significato dipende dall'insieme dei singoli significati, che possono essere modificati dai loro rapporti con l’insieme .
Potremmo pensare che interrogarsi su nozioni quali significato e concetto implichi interrogarsi sull’oggetto di studio stesso della terminologia. Tuttavia, la definizione di Cabré permette di superare questo scoglio:

[…] If linguistics, cognitive science, and communication are the three essential dimensions of the study of terms – the dimensions that constitute its fundamentally polyhedral character—analysing the terminological unit either as a triangle (denomination – meaning – referent) or as a trapezoid (denomination-meaning-concept-referent) always implies the integration of the three or four sizes of the polyhedron into a unit that serves special communication; and each one of these dimensions, which may constitute the object of study of a different discipline, will integrate that polyhedron in a specific way, accounting only for one of its aspects (CABRÉ, 2000: 48).

Un approccio poliedrico e multifocale, dove il fulcro del lavoro si può spostare sui quattro diversi vertici del poliedro a seconda dello scopo del lavoro terminologico e dell'approccio adottato, evidenzia la necessità di considerare, seppur separatamente, sia il piano del concetto che il piano del significato. Se infatti la terminologia ha, tra i suoi scopi, un’efficiente comunicazione specialistica, non possiamo azzerare la dimensione del significato a favore di quella del concetto. Da un lato, avremo bisogno di disambiguare il significato con l’analisi concettuale; dall’altro, poiché la comunicazione specialistica, pur essendo inquadrata nell’ambito dei cosiddetti tecnoletti, ha luogo nella lingua naturale, non potremo ignorare la dimensione linguistica e semantica della comunicazione.
In questo senso, considerando sia l’analisi concettuale che l’analisi semantica, il termine non ha una funzione esclusivamente denotativa, bensì è anche portatore di significato, trovandosi così a fungere da interfaccia tra le due dimensioni. Il termine partecipa infatti della forma e delle principali caratteristiche della lingua comune. Questa doppia valenza del termine, attiva e passiva, trova riscontro nei fenomeni della sinonimia e della variazione, che avvengono non solo nella lingua comune e in quell’area in cui la comunicazione avviene tra specialisti del settore e non esperti (pensiamo ad esempio alla comunicazione tra medico e paziente), ma anche nei testi specialistici stessi, come vedremo nell’analisi del corpus oggetto del nostro studio.
Da questa riflessione possiamo concludere che sarebbe auspicabile aggiungere una quarta dimensione, quella del significato, alla classica triade concetto-oggetto-termine.
Nel prossimo paragrafo illustreremo le riflessioni fatte finora con esempi concreti tratti da un corpus di testi specialistici tratti dai siti internet di alcune aziende che operano nel settore delle attrezzature da officina.

3. Il corpus

3.1 Composizione e criteri

Per un’analisi concreta delle osservazioni riportate nei paragrafi precedenti, ci avvarremo di un corpus di testi. Nel paragrafo precedente abbiamo affermato che il termine, oltre a denotare, è anche portatore di significato e che partecipa delle forme della lingua comune, essendo suscettibile di fenomeni quali sinonimia e variazione. Poiché la nostra analisi si vuole concentrare precipuamente sullo scollamento tra significato e concetto, presupponendo che sinonimia e variazione possano essere indicatori di tale differenza, nel corpus abbiamo raccolto testi quanto più possibile uniformi:

Wenn einzelne Varietäten dennoch einer bestimmten Dimension zugeordnet werden können, so ist dies mit der impliziten Annahme zu erklären, dass die betreffende Varietät in dieser Dimension nicht variiert. Dennoch stellt die Tatsache, dass bestimmte Texte (oder Mengen von Texten) im Prinzip jeweils mit Rücksicht auf alle Variationsdimensionen charakterisiert werden können/müssen, in der Praxis ein gravierendes Problem dar. Diese versucht man häufig dadurch zu lösen, dass man von Einflüssen der Varietäten aufeinander spricht. (ADAMZIK in HOFFMAN ET AL., 1998(1): 182).

Sebbene abbiamo scelto di concentrarci principalmente sui fattori non extralinguistici, abbiamo tuttavia scelto di utilizzare testi di ditte diverse, al fine di verificare se esistano varianti specifiche di un linguaggio aziendale e se la variazione si verifichi sia a livello extra-aziendale che a livello intra-aziendale. A tale scopo abbiamo tenuto separati i testi delle diverse aziende e abbiamo sempre verificato se i fenomeni di variazione riscontrati avessero luogo trasversalmente, in tutti i testi raccolti, oppure soltanto nei testi di una ditta. In questo modo, è stato possibile isolare i fenomeni dovuti a fattori extralinguistici da quelli imputabili invece a fattori di altro tipo.
Se descriviamo il corpus in base ai criteri proposti da Adamzik (in HOFFMAN ET AL., 1998(1): 184), possiamo elencarne le caratteristiche in base alle quattro dimensioni proposte per l’analisi del linguaggio settoriale:

  1. Inhaltsdimension: l'oggetto sul quale verte la comunicazione corrisponde alle attrezzature da officina, e, nello specifico, diversi tipi di allineatori;
  2. Dimension der Kommunikatoren im Sinne des Ausmaßes, in dem Experten beteiligt sind: i testi presi in analisi si rivolgono esclusivamente ad esperti del settore, in quanto contengono informazioni di tipo tecnico utili agli utenti professionisti degli strumenti in oggetto. Possiamo tuttavia individuare due livelli di comunicatori: gli emittenti e i destinatari. La comunicazione non si svolge soltanto sul piano del contenuto: gli emittenti rendono i destinatari partecipi non solo delle informazioni, ma anche del proprio linguaggio, che assolve una funzione di riconoscimento del marchio, in quanto lo distingue dai concorrenti per alcune denominazioni. Inoltre, gli emittenti fanno un uso creativo del linguaggio, in quanto utilizzano i termini per etichettare proprie invenzioni e brevetti, mentre i destinatari ne fanno un uso (in questa specifica situazione comunicativa) passivo.
  3. Funktionale Dimension: la funzione che assolvono i testi raccolti è quella di comunicare a potenziali clienti o officine già convenzionate le specifiche tecniche dello strumento in oggetto; essi hanno quindi un duplice scopo: informativo e pubblicitario.
  4. Situative Dimension: l’ambito in cui nascono i testi del corpus è una situazione di comunicazione scritta, quindi non interattiva, in cui gli emittenti informano i destinatari sul referente. La tipologia testuale corrispondente a questa situazione comunicativa è il dépliant pubblicitario-informativo; il mezzo di comunicazione è la Rete, sulla quale sono pubblicati i dépliant. Va aggiunto che i testi non fanno tuttavia parte di una pagina web, sono bensì documenti scaricabili in formato .DOC o .PDF: l'estrema sintesi che in certi tratti li contraddistingue non è quindi dovuta alla situazione comunicativa propria del web, bensì alle caratteristiche sintattiche stesse del linguaggio settoriale in analisi. Infine, la comunicazione in questo caso è unilaterale, cosa che ci permette di prendere in considerazione soltanto il primo gruppo di comunicatori citati al punto 2.

Il corpus è relativamente ridotto (20000 token con una type/token ratio di 11,29), tuttavia, trattandosi di testi standardizzati e piuttosto ripetitivi, possiamo ipotizzare che una maggiore quantità di testi non avrebbe costituito una differenza significativa.

3.2 Premesse

Con l’analisi del corpus ci proponiamo di indagare che ruolo abbia la variazione denominativa nel rapporto tra significato e concetto. In linguistica vengono considerate sia le varianti onomasiologiche (aventi lo stesso significato, ma forma diversa) che quelle semasiologiche (aventi la stessa forma, ma diverso significato). In questa sede non consideriamo le varianti semasiologiche, che trattiamo come omonimi e, quindi, come termini indipendenti tra loro (è l’esempio di assetto come strumento ed assetto come proprietà di un veicolo all’interno dello stesso ambito di specialità). Piuttosto, ci chiediamo quali sono i fattori che influenzano l’uso delle varianti grafiche, morfologiche, morfosintattiche, soggette a fenomeni di riduzione ed espansione e dei sinonimi e se l’uso delle varianti e dei sinonimi possa dirci qualcosa sullo scollamento tra concetto e significato che abbiamo ipotizzato nei paragrafi precedenti, fungendo così da indicatore di superficie di un fenomeno in realtà molto più profondo. Partendo dalle considerazioni di cui sopra, formuliamo l'ipotesi che la sinonimia esprima aspetti diversi del significato; in senso figurato, potremmo affermare che essa permette di accedere al medesimo concetto da «porte» diverse, offrendone quindi una prospettiva differente. In questo senso interpretiamo in modo più restrittivo la «teoria delle porte» proposta da Cabré:

Il s’agit d’une théorie que rend possible le traitement multidimensionnel des termes. Selon cette théorie, l’objet «terme» est une unité à trois aspects: un aspect sémiotique et linguistique; un aspect cognitif; et un aspect communicatif (CABRÉ, 2000b: 12).

Le porte della linguistica, della semiotica, della cognizione e della comunicazione offrono diverse prospettive sul termine ad una prima macroanalisi. Oltrepassate queste porte, secondo la nostra ipotesi a queste macroprospettive si aggiungono le microprospettive cui si accede tramite la sinonimia.
La sinonimia dipende sia da variabili linguistiche che da variabili extralinguistiche: se da un lato viene utilizzata, per esempio, per evitare ripetizioni, dall'altro, all'interno di linguaggi specialistici può essere causata dalla volontà di differenziazione tra aziende e contribuisce alla specificità dei linguaggi aziendali, all'interno dei quali un'azienda può optare per un sinonimo se altri termini sono già in uso presso concorrenti (è il caso di alcune occorrenze di allineatore e assetto ruota). Nella nostra analisi ci concentreremo principalmente sui fattori linguistici, pur tenendo sempre presente la necessità aziendale di riconoscibilità del corporate language. Per quanto riguarda invece la variazione, l’ipotesi che ci proponiamo di verificare è che, se la sinonimia è funzionale a livello semantico, la variazione denominativa sia funzionale a livello testuale ed esprima quindi l'impossibilità di scindere il livello concettuale da quello linguistico-testuale.
Per poter rispondere alle domande che abbiamo formulato e verificare l’ipotesi fatta, dobbiamo innanzitutto poter fare riferimento a una definizione precisa di variante e variazione. Per questo studio adotteremo la definizione di Daille: «a variant of a term is an utterance which is semantically and conceptually related to an original term» (DAILLE ET AL., 1996: 201). Tale definizione è piuttosto ampia, tanto da poter comprendere anche la sinonimia, che in effetti Daille classifica tra i fenomeni di variazione.
Daille distingue tre categorie di variazione: inflectional, syntactic e morphoderivational (DAILLE ET AL., 1996: 211). In particolare, l’autrice classifica le varianti dei base terms come segue (DAILLE ET AL., 1996: 212-213): graphic and ortographic variants, inflectional variations, syntactic variations (insertion and juxtaposition, coordination, permutation), morphosyntactic variations (adjective nominalisation, verb nominalisation).
La classificazione di Daille, che ben si presta a scopi di trattamento automatico del linguaggio ed è concepita per l'analisi di testi in lingua inglese, se applicata alla lingua tedesca ci mette di fronte ad alcuni problemi metodologici. Le variazioni che l’autrice definisce sintattiche, quali per esempio insertion and juxtaposition, che in inglese si realizzano in sintagmi nominali o noun phrases aventi la struttura N2 N1 (che in italiano è rispecchiata dal complemento di specificazione o, nei testi più tecnici, dallo spostamento a sinistra della testa del sintagma, a destra in inglese), in tedesco non possono essere considerate variazioni di tipo sintattico, perché si realizzano a livello morfologico: per esempio, nel nostro corpus, la dimensione dei cerchioni italiana, cui corrisponde l’inglese rim size, in tedesco è espressa da Felgengröße. La coordinazione può essere invece considerata come variazione morfosintattica: Felgengröße und –typbezeichnung corrisponde a rim size and type designation. Per la lingua tedesca si rende quindi necessaria una modifica della classificazione proposta, che illustreremo nel paragrafo successivo.
Si impongono quindi due questioni metodologiche. La prima riguarda la necessità di riformulare una definizione più precisa di variazione e varianti in terminologia, che sia applicabile anche ad analisi terminologiche di tipo qualitativo e non solo a livello di TAL; inoltre, emerge la necessità di una classificazione dei diversi tipi di variazione che possa essere applicata alla lingua tedesca. La seconda questione, invece, riguarda la riflessione sulla natura e la differenza tra termini e varianti. Se, morfologicamente parlando, una parola può essere considerata una variante (nei termini proposti da Daille), cosa fa invece sì che essa sia, invece, un termine a tutti gli effetti? Abbiamo detto che un termine nasce nell’uso. Da un lato avremo quindi ragioni extralinguistiche che differenziano il termine dalla parola; dall’altro, ci chiediamo quali siano i fattori linguistici che differenziano un termine da una variante. Nel momento in cui termini e varianti appartengono a una stessa terminologia, le variabili extralinguistiche si annullano e diventano costanti. Se per esempio troviamo che una stessa variabile si realizza in diverse varianti all’interno dello stesso testo, la variazione non sarà causata da fattori extralinguistici. È proprio tra le pieghe di questo microdominio testuale, dove la variazione, a rigor di logica, non dovrebbe aver luogo, che conduciamo la nostra ricerca; è in quest’ambito che possiamo concentrare l’analisi sull’aspetto testuale e concettuale. Tra Felgen e Felgengröße c’è sicuramente una differenza concettuale, tuttavia, l’uso di locuzioni quali Felgendurchmesser und –größe sottolinea il legame a doppia mandata tra termini e testo. Sono proprio tali locuzioni che ci inducono a ipotizzare che non solo il significato, ma anche il concetto, endocentrico o esocentrico che sia, si realizzi in modo fluido a livello di testo piuttosto che di termine.

3.3 Analisi del corpus

Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, il corpus è composto da una serie di testi in lingua tedesca altamente specialistici, appartenenti alla tipologia testuale del dépliant informativo, che hanno per oggetto le specifiche tecniche e le caratteristiche gestionali di un determinato apparecchio della categoria delle attrezzature da officina: l'allineatore. L’analisi del corpus è stata effettuata con il software Wordsmith Tools. Dapprima è stata creata una WordList; in un secondo momento sono state analizzate tutte le concordanze al fine di individuare i sintagmi. Una volta estratti i termini, sia quelli semplici che quelli complessi, sono stati analizzati i cluster (ovvero le «famiglie» di parole che tendono a ricorrere insieme) e i contesti, al fine di individuare i fattori testuali in base ai quali una variabile si realizza in una variante piuttosto che in un’altra. L’analisi condotta è di tipo qualitativo, sebbene la scelta dei termini principali sia avvenuta su base statistica.
La variazione, modificando leggermente la classificazione di Daille ed adattandola alle esigenze di un’analisi effettuata sulla lingua tedesca, è stata classificata come segue:

Infine, nella classificazione una colonna è stata dedicata ai sinonimi.
Per ogni categoria i termini sono stati suddivisi in due sottocategorie: termine principale e variante. Il termine principale è stato scelto in base al numero delle occorrenze. A volte uno stesso termine appare sia come termine principale che come variante: questo significa che il concetto presenta più di due realizzazioni, classificabili in base a fenomeni differenti. Per esempio, Kompensation ricorre nel corpus come variante grafica di [I:I]ROC[/I:I] e come termine principale cui è collegata la variante espansa Felgenschlagkompensation.
Poiché la tipologia di testi selezionata per il corpus è estremamente uniforme e si rivolge ad un bacino di utenti piuttosto ristretto, nonché altamente specializzato, si potrebbe formulare l’ipotesi iniziale che i fenomeni di sinonimia e variazione all’interno del corpus siano piuttosto ridotti. In realtà, quest’ipotesi verrebbe immediatamente smentita. I testi facenti parte del corpus mostrano un’abbondante presenza di variazione e sinonimia, come si evince dalle tabelle n. 1 e n. 2.
Tra i sinonimi, notiamo in particolare Sensor, Messkopf, Target e Pod («sensore, testina, target e pod»), che rimandano tutti allo stesso concetto. Si noti come ognuno di questi sinonimi metta in risalto un differente aspetto del concetto: Sensor mette in luce la funzione dell'oggetto, Messkopf ne ritrae la forma, Target ne illustra il processo di funzionamento (come avviene anche in Messwertnehmer e Messwertaufnehmer, «rilevatore»), mentre Pod è un termine mutuato dal gergo della comunità di riferimento. Si tratta di sinonimi pieni da un punto di vista concettuale, poiché possono essere utilizzati tutti indifferentemente nei medesimi contesti, e, sebbene denotino tutti lo stesso concetto, mostrano tuttavia sfumature di significato rilevanti, in quanto mettono in luce aspetti diversi del concetto. Lo stesso dicasi per Lieferumfang e Standardzubehör (rispettivamente, «fornitura» e «dotazione standard»), che nei testi di questo dominio e di questa tipologia testuale vengono utilizzati come sinonimi e denotano i medesimi oggetti, sebbene mettano in luce due prospettive diverse: Lieferumfang pone l’accento sulla consegna, mentre Standardzubehör sugli accessori che vengono consegnati.
Per quanto riguarda invece i fenomeni di variazione, illustrati nella tabella n. 3. riportiamo di seguito i casi più significativi riscontrati nel corpus.

Messung, Vermessung, Abmessung («misurazione, misura»)
Le due varianti vengono utilizzate indifferentemente nei testi di tutte le ditte presenti nel corpus. I contesti d’uso di queste due varianti sono identici; tuttavia, vi è una variazione semantica: Vermessung indica infatti la fine o il risultato del processo di misurazione. In questo caso le due parole Messung e Vermessung sono collegate semanticamente, tramite aggiunta di prefisso, e concettualmente collegate. Tra Messung e Vermessung vi è tuttavia una differenza, seppur lieve, di significato. Potremmo inoltre chiederci: in base a cosa stabiliamo che le caratteristiche essenziali di questi due termini sono le stesse, cosicché definiamo Vermessung essere una variante di Messung piuttosto che un termine indipendente? Quali sono i criteri secondo i quali dobbiamo condurre l’analisi concettuale? Se affermiamo che Messung e Vermessung denotano lo stesso concetto, ma hanno sfumature di significato leggermente diverse, siamo messi di fronte al fatto che significato e concetto si differenziano per sovrapporsi solo parzialmente.
Se confrontiamo i tre termini Messung, Vermessung e Abmessung notiamo che in quest’ultimo caso la variazione semantica causata dal valore perfettivo del prefisso ab- è tale da cambiare il significato della parola: se Messung e Vermessung indicano la misurazione, in fieri o terminata che sia, la parola Abmessung indica la misura e solo come significato secondario si riferisce alla misurazione. Ecco che Messung e Vermessung indicano due prospettive diverse del significato, pur designando il medesimo concetto, mentre Abmessung non solo ha un significato diverso, ma denomina anche un concetto diverso.

Lenkeinschlagwinkel, Lenkwinkel, Einschlagwinkel («angolo di sterzata»)
Lo stesso concetto viene realizzato da tre varianti diverse. La variante Lenkeinschlagwinkel viene utilizzata nei testi di una sola società e fa quindi parte del suo linguaggio aziendale, mentre le restanti due varianti presentano la medesima distribuzione e non svolgono quindi una funzione di riconoscimento aziendale.

Elektrischer Anschluss, elektrischer Anschluß, Elektroanschluss, Netzanschluss («allacciamento elettrico/alla rete»)
Lo stesso concetto viene realizzato da quattro varianti diverse; Netzanschluss ed Elektroanschluss vengono utilizzati solo nei testi di due ditte specifiche e fanno quindi parte del loro linguaggio aziendale.

ROC
, Kompensation, Felgenschlagkompensation, Radkompensation («ROC, compensazione, compensazione del fuori centro, compensazione della ruota»)
Anche in questo caso, lo stesso concetto si realizza in quattro diverse varianti, delle quali l’ultima compare solo come modificatore e determinante nel composto Radkompensationskit.
La variante [I:I]ROC[/I:I] si realizza negli elenchi dei tipi di compensazione, e identifica la procedura corrispondente. Non bisogna tuttavia pensare che Kompensation realizzi un concetto sovraordinato: essa corrisponde a [I:I]ROC[/I:I] ed è la variante ridotta di Felgenschlagkompensation. La compensazione avviene infatti esclusivamente sul cosiddetto fuori centro. Piuttosto, se deve essere identificata una differenza tra le due varianti, si può ipotizzare che [I:I]ROC[/I:I] abbia una sfumatura applicativa. Non è tuttavia ravvisabile una significativa differenza concettuale tra le due varianti, in quanto entrambe delineano una determinata procedura, volta ad eliminare uno specifico errore sul veicolo (ovvero la scentratura verticale); la differenza tra le due varianti sta piuttosto nel loro uso in determinati contesti e cotesti. La variante estesa Felgenschlagkompensation specifica che si tratta di compensazione del fuori centro (senza tuttavia apportare significative aggiunte concettuali, poiché, come abbiamo accennato, la compensazione si riferisce sempre al fuori centro) e viene utilizzata in contrapposizione alle altre procedure eseguite dalla macchina o in combinazione con ulteriori dettagli sulla procedura. Infine, Kompensation diventa Radkompensation quando utilizzato come modificatore nel composto con Kit.
Lo stesso dicasi per le varianti ROC mit Schieben e Kompensation mit Schieben (rispettivamente, «ROC a spinta» e «compensazione a spinta»): quest'ultima viene utilizzata in contesti esplicativi; a volte, il termine ROC mit Schieben viene ripreso, sempre in contesti esplicativi, soltanto dalla variante Kompensation: siamo di fronte a un concetto sovraordinato oppure ad un fenomeno di riduzione? Qualsiasi sia la risposta, è certo che l'uso della variante Kompensation piuttosto che [I:I]ROC[/I:I] dipende da fattori testuali.

Achsvermessung, Achsvermessen, Achsmessen («assetto ruote»)
La variante Achsvermessung ricorre in tutti i file; la variante Achsvermessen soltanto in combinazione con altre varianti (Vermessung), costruendo un’alternanza tra varianti a livello testuale . Lo stesso dicasi per Achsmessen: «Außer den bereits aufgeführten Vorteilen der 3D Achsvermessung sind im Geoliner 680 Herstellerspezifische Abläufe integriert, wodurch das Achsmessen in Anlehnung an die Herstellervorgaben möglich ist».
Queste varianti non comportano alcuna significativa variazione né concettuale, né di significato; mostrano però un comportamento che viene influenzato dal cotesto.

Funktechnologie, Funkübertragungstechnologie («tecnologia radio, tecnologia di trasmissione radio»)
La variante Funktechnologie viene utilizzata quando nel cotesto è presente il sostantivo Übertragung (ad esempio, «die mit den Funktechnologien der neuesten Generation ausgeführte Datenübertragung ist immun gegen Störungen»), oppure in contesti esplicativi; la variante con estensione Funkübertragungstechnologie viene invece utilizzata quando il cotesto non fornisce ulteriori informazioni (ad esempio, «Funkübertragungstechnologie auf Frequenz von 2,4 GHz für Industrieanwendungen»).

Messwertaufnehmer, Messwertnehmer («rilevatore»)
Le due varianti vengono utilizzate negli stessi testi e negli stessi contesti, con la differenza che Messwertaufnehmer viene prevalentemente utilizzato se nel cotesto appare l'aggettivo kabellos, mentre Messwertnehmer ricorre negli elenchi o nella versione aumentata Funk-Messwertnehmer.

Sensor, Messsensor («sensore»)
La variante Messsensor compare in un unico testo ed è quindi specifica di un linguaggio aziendale.

Messkopf, Achsmesskopf («testina, rilevatore»)
La variante Achsmesskopf compare in un unico testo ed è quindi specifica di un linguaggio aziendale. In questo testo c’è tuttavia una alternanza tra le due varianti:
«Zuverlässige, robuste CCD-Messköpfe
Die Messköpfe sind aus speziellem Kunststoff gefertigt und dadurch besonders haltbar und zuverlässig. Weitere Details wie die robuste Messkopfwelle, die elektronische Libelle oder die automatische Kalibrierungsprüfung (nur bei den 8-Sensorversionen) runden das professionelle Leistungsspektrum unserer CCD-Achsmessköpfe ab».

Spur, Vorspur («convergenza»)
Se la variante Vorspur si ritrova soltanto nei testi di una ditta e si rivela quindi essere sociolinguisticamente determinata, è interessante notare come nei composti vengano invece utilizzate le due varianti a seconda delle parole con cui vengono composte, indifferentemente in tutti i testi di tutte le ditte, ad esempio Vorspurkurve, Halbvorspur, Spurdifferenzwinkel, Spureinstellung.

4. Analisi del corpus: risultati

Innanzitutto va ribadito come nei testi selezionati, contrariamente a quanto ipotizzabile, siano stati riscontrati numerosi casi di sinonimia e variazione. In secondo luogo, è possibile osservare che se la sinonimia è influenzata prevalentemente da variabili extralinguistiche (riconoscibilità del linguaggio aziendale) e contribuisce a illuminare il concetto da prospettive diverse, la variazione sembra invece essere legata, oltre che a fattori extralinguistici, a fattori squisitamente testuali. Nel corpus sono presenti varianti sia sociolinguisticamente determinate, quali Lenkeinschlagwinkel, Netzanschluss, Elektroanschluss, Messsensor, Achsmesskopf e Vorspur, sia varianti che sono funzionali a fattori intrinsecamente linguistici. Esemplare è il caso di Funktechnologie e Funkübertragungstechnologie, dove l’uso di una delle due varianti dipende da necessità del cotesto. In questo caso, il concetto si realizza fuori dai confini del termine, per trovare espressione in un costituente di livello superiore, ovvero nella frase. Lo stesso vale anche per le varianti [I:I]ROC[/I:I], Kompensation, Felgenschlagkompensation e Radkompensation. Potremmo ipotizzare che esista un valore che in linguistica chiameremmo VARIABILE, ovvero il concetto privato della forma linguistica, attorno al quale si «raggruppano» diverse varianti, che si realizzano in modo selettivo in virtù di un insieme di fattori all’interno del quale il testo svolge un ruolo determinante. Queste varianti «raggruppate» intorno ad uno stesso concetto possono portare lievi variazioni di significato. È il caso di Messung/Vermessung e [I:I]ROC[/I:I]/Felgenschlagkompensation: in quest'ultima coppia di termini, il primo presenta una sfumatura di significato applicativa ed ha una connotazione che potremmo definire gergale, in quanto è un termine completamente opaco.
I risultati dell’analisi ci inducono a pensare che siamo di fronte a due livelli di variazione: una macrovariazione tra diverse varietà (sia che si intenda la varietà come linguaggio settoriale, che come varietà standard nazionale, ecc., cfr. Adamzik 1998) e una microvariazione a livello di una singola varietà (intesa come linguaggio settoriale). Nel primo caso, la variazione sembra essere determinata da fattori sia linguistici che extralinguistici (abbiamo visto il caso di varianti in uso esclusivamente presso un’azienda); nel secondo, invece, i fattori extralinguistici possono essere assunti come costanti e sono quindi i fattori linguistici a influire in modo prevalente sulla selezione delle varianti. Talvolta la scelta di una variante è determinata dalla necessità di accedere a un concetto da una determinata prospettiva di significato (è il caso di Messung e Vermessung), talvolta è invece determinata dalle esigenze del cotesto (è il caso di Funktechnologie e Funkübertragungstechnologie e dei fenomeni di composizione di termini quali Vorspurkurve, Halbvorspur, Spurdifferenzwinkel, Spureinstellung). In generale, possiamo affermare che nel linguaggio settoriale preso in analisi non si assiste ad alcuna variazione concettuale, mentre si riscontrano diversi fenomeni di variazione semantica, sia nei sinonimi che nelle varianti, spesso legata ad esigenze testuali.
Questo ci induce a confermare l’ipotesi di uno scollamento tra concetto e significato avanzata nei primi paragrafi. Il fatto che il concetto si realizzi a un livello più ampio rispetto a quello della parola, inoltre, testimonia che il termine è sottoposto ai fenomeni linguistici e semantici propri del testo. Il termine, o meglio la realizzazione linguistica di un concetto in un testo, è intrinsecamente legata al tessuto testuale stesso, che influenza la selezione di una determinata variabile o di un determinato sinonimo a seconda, oltre che dei fattori extralinguistici, del cotesto e delle diverse prospettive di significato che si vogliono assumere.

5. Conclusioni e lavoro futuro

Poiché le ridotte dimensioni del corpus non permettono una generalizzazione dei risultati ottenuti, per approfondire le ipotesi avanzate sarebbe necessario estendere la ricerca a corpus di dimensioni superiori. L’analisi condotta si è inoltre limitata ad una tipologia di testi estremamente specifica ed uniforme per cercare di ridurre al minimo l'influenza dei fattori extralinguistici (che avrebbe causato una bias statistica) e meglio identificare i fenomeni puramente linguistici. Riteniamo tuttavia che possa essere interessante estendere l'analisi anche a situazioni comunicative e domini più eterogenei, al fine di studiare i fenomeni descritti in una prospettiva più ampia, che possa portare ad una consapevolezza della problematica in terminologia. Infine, sottolineiamo la necessità di colmare la lacuna teorica e metodologica con la formulazione di una definizione e una classificazione della variazione e delle varianti in terminologia utilizzabili in una più ampia gamma di applicazioni.
Se la terminologia vuole accogliere le sfide sempre più complesse che le vengono rivolte, sia dall’avanzamento del sapere che dai progressi della tecnica, e studiare i termini come unità di comunicazione specialistica, deve tenere conto di entrambe le dimensioni che descrivono il termine: quella del concetto, che illustra il rapporto del termine con la realtà extralinguistica, e quella del significato, che illustra il termine nel suo uso da parte della comunità di parlanti di riferimento.
L’analisi qui proposta è necessariamente una semplificazione della problematica. Non abbiamo parlato di significati lessicali (PRANDI, 2004: 187 e segg.), e abbiamo accennato solo superficialmente ai concetti endocentrici e all’influenza che le strutture della lingua esercitano sulla formazione dei concetti. Inoltre, nella nostra analisi le domande sono ben più numerose delle risposte, che a loro volta necessitano di un’ulteriore verifica. Tuttavia, in un certo senso, questo era esattamente quanto ci siamo proposti. I nostri scopi erano infatti rilanciare una tematica a nostro parere fondamentale e finora ancora poco discussa e stimolare la riflessione sulle problematiche che essa comporta in terminologia: speriamo di esserci riusciti.

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Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482