Publifarum n° 9 - Terminologia, ricerca e formazione

L’Ass.I.Term. per la formazione in terminologia

Riccardo Gualdo


Nel mio breve intervento cercherò di tracciare le linee essenziali del lavoro che l’Associazione Italiana per la Terminologia (Ass.I.Term, www.assiterm91.org) ha svolto, nel corso degli ultimi anni, a sostegno della ricerca e della formazione in terminologia. Concentrerò pertanto l’attenzione su tre aspetti: l’organizzazione di convegni e seminari orientati alla riflessione, teorica e applicativa, su questioni di terminologia, la promozione della terminologia nell’insegnamento universitario, il riconoscimento della disciplina da parte delle istituzioni.

1. Terminologia e formazione

Gli ultimi convegni dell’Associazione Italiana per la Terminologia, dal 2003 al 2007, hanno ospitato il confronto di esperti, studiosi, giovani in corso di formazione, su tematiche che hanno oscillato tra i due poli della riflessione metodologica (Roma 2003, Milano 2006) e dei risvolti didattici e applicativi (Portico 2005, Bertinoro 2007).
Com’è noto, l’Associazione Italiana per la Terminologia non organizza seminari e corsi di formazione (salvo un’esperienza occasionale all’inizio degli anni ’90), ma ne promuove e ne segue l’organizzazione. Gli incontri di terminologia di Forlì, i seminari genovesi del CERTEM che oggi ci ospita, il corso di specializzazione in programma a Orvieto, sono i primi, importanti, effetti concreti di quanto è stato seminato negli anni passati, dal momento che tutte queste iniziative sono state pensate e promosse da studiosi e ricercatori che fanno parte dell’Ass.I.Term e che hanno tratto certamente stimolo alla loro azione anche dagli incontri periodici che l’Ass.I.Term ha favorito nel tempo.
Non trascuro, naturalmente, l’apporto che le singole sedi, con le loro tradizioni talora assai ben radicate nel tempo, hanno fornito alla realizzazione dei progetti che ho citato, ma mi sembra di poter affermare che la rete di scambi che l’Ass.I.Term ha contribuito a creare dal 1991 a oggi sia stata di sostegno e di impulso all’azione dei singoli ricercatori e dei gruppi di ricerca da loro guidati. Non possiamo certo accontentarci di questo, e pertanto vorrei suggerire alcuni obiettivi, a breve e a medio termine, che l’Ass.I.Term intende perseguire e – sperabilmente – raggiungere, nei prossimi anni di attività.
Nel versante della ricerca, un primo significativo risultato è stato il recente convegno ITerAnDo, organizzato da Roberto Guarisci presso l’Università della Calabria nel giugno 2008. In quelle giornate non si è avuto modo solo di confrontare diversi approcci metodologici nella ricerca terminologica, ma è stato riallacciato un fecondo rapporto di collaborazione con la ricerca nel settore della documentazione, secondo un auspicio più volte formulato in passato da Giliola Negrini.
Nel versante didattico-applicativo, sta avvicinandosi al completamento il progetto di un glossario della tv digitale, sostenuto da un finanziamento dell’Unione Latina.
A medio termine, mi piace ricordare che nel 2005, a Portico di Romagna, l’Ass.I.Term, su impulso di Giovanni Adamo, aveva lanciato il progetto di una Rete di Formazione in Terminologia: i nodi più importanti della rete, Genova, Forlì, Roma, Milano, Cosenza sono già attivi da tempo e forse non è utopistico pensare che, nel giro di un paio d’anni, si possa allargare questo già solido nucleo di scambi e renderlo veramente interattivo nel pieno senso del termine. Sempre a medio termine, non sarebbe oggi difficile da realizzare, lavorando con impegno e in sinergia tra i vari poli della rete che ho appena evocato, un Repertorio dei prodotti terminologici analogo a quelli esistenti in altri Paesi.

2. Terminologia e curricula

Il secondo tema che vorrei affrontare brevemente è lo stato della disciplina nell’ambito della didattica universitaria. Il punto sulla situazione è stato fissato da Maria Teresa Zanola e Donatella Pulitano nel convegno di Portico del 2005 (Zanola 2005, Pulitano 2005).
Condicio sine qua non per dare alla terminologia la visibilità che ormai merita nel campo delle discipline linguistiche in Italia è l’accordo definitorio sulle sue peculiarità, sui suoi confini, in breve sulle competenze del terminologo. Com’è noto, il quadro è sfumato, per ragioni sia politiche sia operative; mancano, come sottolineava Giovanni Adamo già qualche anno fa, manuali di riferimento (il lavoro di Magris e altri 2002 ci sembra privo, pur nella qualità dei singoli contributi, di una prospettiva organica di analisi) e manca, soprattutto, uno spazio di accoglienza della terminologia come disciplina autonoma, visto che - come strumento ausiliario – essa è oggi ospitata prevalentemente da corsi di studio in Lingue e traduzione o nelle Scuole superiori per interpreti e traduttori (Trieste, Forlì, Torino).
Si tratta, a mio parere, di fissare bene alcuni confini (che possono e devono, come tutti i confini, funzionare non da barriera ma da ponte per gli scambi) con altri settori della ricerca.
Lo studio e l’attività lavorativa in terminologia intessono rapporti costitutivi con la ricerca sui linguaggi specialistici. In quest’ambito, una prospettiva nuova ha suggerito negli ultimi anni Michele Prandi sia nel pregevole intervento tenuto insieme a Franco Bertaccini proprio in un incontro del CERTEM (Bertaccini.Prandi.Santuzzi-Togni), sia nel convegno di Bertinoro 2007 (Prandi in stampa); è la prospettiva indicata dall’approccio variazionistico introdotto dalla socioterminologia;. Credo valga la pena di discutere brevemente i pro e i contro di questo tipo di approccio.
La prospettiva variazionista e socioterminologica si propone di aggiungere, alle prospettive tradizionali sullo status dei termini tecnici e specialistici, le chiavi di lettura diacroniche, di afasiche e diamesicche.
La prospettiva diacronica mi pare senz’altro molto feconda, ma occorre tener sempre d’occhio il rischio di interferire con la lessicologia storica e tale rapporto – in sé naturale e fecondo - ritengo vada coltivato con molta cautela; due esempi di riflessione in questo senso sono Gualdo 2003 e Zanola 2006. C’è poi la spinosa questione del rapporto con la neologia: trattare i neologismi come termini? Si può essere d’accordo, ma sul piano teorico la cosa è discutibile, e comunque la scelta si presenta rischiosa e va ponderata con molta attenzione (si veda, su questo, il magistrale Quemada 2006).
Nella valutazione della dimensione diafasica, che in passato sembrava esclusa dalla ricerca terminologica stricto sensu e che invece oggi pare complemento imprescindibile di ogni valutazione sull’uso concreto dei termini, è estremamente difficile fissare i confini. Le indicazioni offerte da Franco Bertaccini e da Pamela Negosanti da una prima indagine sulla terminologia delle aziende specializzate in avvolgibili sono stimolanti e innovative, ma vanno probabilmente sottoposte a un vaglio più sistematico, confrontando quei dati con altri provenienti da ambiti di versi (Negosanti, Bertaccini).
Tra l’altro, sul piano teorico, gli stessi studiosi non sono d’accordo se attribuire il ruolo più importante, nella comunicazione specialistica, alla dimensione diafasica (così Coveri-Benucci-Diadori 2003: 173) o a quella diastratica (così Lavinio 2004: 90, con cui concorda Cavagnoli 2007: 27-8). Le proposte di segmentazione del continuum diafasico nei linguaggi specialistici in quella che con Cortelazzo chiamiamo ormai la dimensione verticale sono varie e tra loro non sempre compatibili (cfr. da ultimo la sintesi in Cavagnoli 2007: 65-70).
Del resto merita attenta riflessione il cortocircuito che si è venuto a creare tra ricerca scientifica e applicazioni tecnologiche. Gian Luigi Beccaria osserva acutamente che oggi “tra vocabolario comune e vocabolario tecnico-scientifico si alzano barriere sempre meno esili e le scienze immettono con sempre maggiore frequenza neologismi nella lingua corrente”, e che se “un tempo la persona di media cultura conosceva poche parole scientifiche, oggi ne conosce un gran numero” (Beccaria 2006: 55 e 56). A che si deve questo imponente ingresso della lingua tecnica e scientifica nel dominio della lingua “ordinaria”? Certamente al peso che le tecnologie hanno assunto, negli ultimi decenni, nell’esperienza quotidiana delle società avanzate (e, con la globalizzazione, anche di zone del mondo che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile raggiungere). Ma tecnologia e scienza non sono esattamente la stessa cosa, e la pressione che il sistema della lingua viva esercita sulle terminologie tecnico-scientifiche non implica, necessariamente, un condizionamento.
Il contributo del lessico specialistico alla neologia aumenta di anno in anno in misura esponenziale anche grazie al potenziamento dei mezzi informatici che offrono “un metasupporto che, grazie alla simulazione, apre la strada a una sorta di progettazione-costruzione virtuale che si pone a metà tra la teoria e l’esperimento” proponendo sempre più spesso una “prassi senza teoria” (Gouthier-Ioli 2006, 104-5) con il paradosso di una tecnologia sempre più amichevole che fa velo all’acquisizione lenta e ragionata dei saperi, alimentando l’analfabetismo scientifico.
Anche la prospettiva diamesica fornisce una chiave di lettura fondamentale, senz’altro enfatizzata dalla prepotente entrata in scena del trasmesso (specie del trasmesso digitato) negli ultimi dieci-vent’anni (mi riferisco, ovviamente, al panorama che si è creato a cominciare dalla seconda metà degli anni ’80, con la proliferazione delle reti pubbliche e private, e ai suoi più recenti sviluppi, le cui conseguenze ancora non siamo bene in grado di pronosticare).
Uno dei pilastri della terminologia classica è la normalizzaione: l’evoluzione della ricerca nel campo delle ontologie (synset) può essere d’aiuto, ma – credo - più come strumento operativo che come inquadramento teorico. Tra l’altro, inevitabilmente, la potenza di tale strumento è inversamente proporzionale all’aumento di estensione dei termini: l’adozione di una classificazione basata sulle ontologie nel campo della terminologia comunitaria del diritto del consumatore si è rivelata particolarmente efficiente (cfr. da ultimo Ajani in Ajani e altri 2007), ma si vedano le riflessioni sulla difficoltà di trattare, in prospettiva interlinguistica, concetti chiave del lessico giuridico come giusto e ragionevole (Visconti 2005) o sui problemi prodotti dalla traduzione del francese bonne administration con l’italiano sana amministrazione (Galetta-Ziller 2006: 17 e sgg.) (nell’ultimo caso, l’iponimo ha maggiore intensione dell’iperonimo).
Per rispondere alle sollecitazioni provenienti dalla prospettiva variazionistica credo si debba ancora lavorare nell’organizzazione di incontri di riflessione teorica: penso, nello specifico, a occasioni di confronto con lessicologi, sociolinguisti e filosofi del linguaggio. Così pure merita tutta la nostra attenzione la ricerca sul “web semantico” che si è venuta affinando nell’ultimo decennio.
Ma interventi pratici, utili a far luce su alcuni dei punti critici che ho provato a indicare, si possono realizzare. Penso, ad esempio, al progetto dell’Osservatorio Neologico della Lingua Italiana (ONLI), ispirato dalle fulminanti intuizioni espresse da Giovanni Nencioni già più di venti anni fa (Nencioni 1987) e in nuce sin dalla fondazione dell’Ass.I.Term (24 giugno 1991, Aula dei Gruppi parlamentari di Montecitorio). Tale progetto è stato messo in cantiere, tenacemente costruito e felicemente realizzato grazie all’operosità di Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, oggi coadiuvati da un piccolo ma robusto gruppo di lettori / schedatori. I risultati di un lavoro ormai pluriennale si sono concretizzati nei due volumi che tutti ben conosciamo (cui ne seguirà presto un terzo). È però opportuno ricordare che il progetto, concepito in seno all’Ass.I.Term, era stato da questa associazione sostenuto con entusiasmo, anche perché apriva la strada a quel dizionario dei formanti auspicato dallo stesso Nencioni e che troviamo incarnato nei corposi indici lessicali di Adamo-Della Valle 2003 e 2006. A questo punto, perché non progettare una versione digitale dell’ONLI, analoga, pur nelle sue peculiarità, a quella della stampa in castigliano e catalano presente nel sito TermCat?
Ancora Bertaccini e altri 2006 propongono, proprio in margine a un’attenta riconsiderazione delle metodologie per la schedatura dei dati terminologici e delle fonti di terminologia aperte alla dimensione diamesica, una nuova scheda terminologica, che propongono di definire dinamica. Non ho l’esperienza e la competenza dell’amica Donatella Pulitano in questo settore; tuttavia, non vedo perché non si potrebbe brevettare e pubblicizzare questo nuovo tipo di scheda, almeno in ambito italiano. Sarebbe un importante contributo proprio alla raccolta di informazioni socioterminologiche, da cui non potrebbero non scaturire nuovi spunti di riflessione anche teorici sullo statuto della disciplina.

3. Terminologia e istituzioni

Numerosi sono stati, fin dalla nascita dell’Ass.I.Term, i tentativi di coinvolgere organi istituzionali nella promozione della ricerca, dell’applicazione e della formazione in terminologia. Mi piace ricordare, a pochi mesi dalla sua scomparsa, la tenacia con cui Giovanni Nencioni, primo presidente dell’Associazione, cercò di sensibilizzare ministeri e organi istituzionali sul ruolo decisivo che la ricerca e la prassi terminologica hanno in un Paese che vanta (o almeno poteva vantare, fino a qualche anno fa) una posizione di primaria importanza sulla scena internazionale nei settori della ricerca scientifica e della produzione tecnologica.
Un’occasione preziosa di contatto con le istituzioni mi pare sia stata fornita, negli ultimi mesi del 2005, dal lancio del progetto della rete REI. Ricordo che questo progetto, intuibile in nuce già in alcuni interventi tenuti da traduttori e terminologi comunitari nel convegno sul tema Lingua italiana e scienze ospitato presso l’Accademia della Crusca l’8 e 9 febbraio 2003, fu presentato a Portico nel maggio del 2005 da Daniela Murillo Perdomo. La rete REI, lanciata a Bruxelles nel novembre di quello stesso anno, sta dimostrando che una struttura nata dal basso, e almeno finora su basi solo volontaristiche, può funzionare. Il coinvolgimento delle istituzioni nazionali finora è stato tiepido, ma può riscaldarsi, a patto che sia sostenuto da un forte impulso, appunto, in ambito nazionale.
Da parte sua, l’Ass.I.Term ha partecipato con convinzione al progetto REI, sin dalla sua costituzione. I mezzi di cui disponiamo sono purtroppo ridotti, ma intanto possiamo segnalare il progetto di un bollettino su anglicismi e neologismi specialistici e, nell’ambito dei gruppi di ricerca operanti nella REI, su indirizzo del Comitato di coordinamento, la recente riapertura (settembre 2008) di un forum sulla terminologia giuridica gestito nel sito Ass.I.Term in collaborazione con l’Accademia della Crusca.
Una considerazione conclusiva e un auspicio. Dubito che in Italia potrebbe essere importato, come mi pare suggerisse Maria Teresa Zanola in un suo intervento recente, il modello della Commission francese. Non solo la Francia gode di una tradizione di rapporti tra ricerca e istituzioni in campo terminologico, neologico e lessicologico ben più solida e matura della nostra; ma forse anche la complessità e la varietà delle opinioni attualmente in campo, su questi temi sarebbe da intralcio alla realizzazione concreta di un progetto così forte e strutturato. Occorre pensare a una struttura più leggera, come potrebbe essere un centro di riferimento che si avvalesse del sostegno, oltre che dell’Ass.I.Term., di istituzioni più robuste, come l’Accademia della Crusca, l’Istituto della Enciclopedia Italiana, e altri enti di ricerca di portata nazionale e internazionale. Soprattutto, mi pare essenziale, in questa fase, il concorso di tutti, senza gelosie e pretese di primogenitura, alla realizzazione di imprese che richiedono un grande sforzo comune.

Riferimenti bibliografici

Convegni Ass.I.Term

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Sitografia

Associazione Italiana per la Terminologia - http://www.assiterm91.org

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Zanola 2005 = Terminologia e curricula universitari, in Ass.I.Term 2005.
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Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482