Publifarum n° 20 - Lire le roman francophone. Hommage à Parfait Jans (1926-2011)

Il peccato nella scrittura di Jacques Chessex: qualche osservazione su « Les Yeux jaunes »

Riccardo BENEDETTINI


Abstract

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L'articolo mostra l'influsso della religione sulla natura dell'ispirazione e il modo con cui Jacques Chessex traduce idee spesso complesse nella propria opera. L'attenzione al peccato, inteso come la trasgressione volontaria di una legge considerata divina, è sempre presente nelle pagine di Les Yeux jaunes, dove lo spirito del Male, esemplificato nella malattia, è causa della rovina dell'uomo. L'analisi muove dall'autobiografia dello scrittore per arrivare a mostrare il lato tragico della condizione umana: con la consueta padronanza della lingua, Chessex fa venire meno la pudeur protestante sulla quale si incentrava la letteratura romanda del passato e dà vita ad uno stile esplosivo per il quale il pudore non è più nella messa in scena del corpo ma nell'espressione dei sentimenti.



Fortunatos nimium de Virgile,
de si sua mala nescient,
que du si sua bona norint
qu'on nous enseigne:
Combien heureux les hommes,
s'ils pouvaient ignorer le mal!

A. Gide, La Symphonie pastorale (1925)

Pubblicato da Grasset & Fasquelle nel 1979, articolato in quattro parti, Les Yeux jaunes1 segue uno schema ricorrente nei testi di Jacques Chessex: il personaggio principale, che è anche voce narrante, attraversa una crisi iniziale, seguita dalla ricerca di una via d'uscita - Chessex ricorre spesso al termine «désencombrement» -, raggiunta tramite molteplici rapporti (sessuali) con le donne (ma gli altri personaggi sono molto spesso bisessuali). La storia è semplice e impossibile da raccontare. Lo scrittore Alexandre Dumur e la moglie Anne hanno deciso di adottare un figlio, non potendone avere uno proprio. L'arrivo di Louis è subito causa di profondo turbamento: il ragazzo ha una «ressemblance animale» (p. 15) che attira i genitori adottivi in un misto di paura e desiderio. Incapace di gestire la bellezza e il piacere di cui il tredicenne è portatore, la coppia, insieme da quindici anni, decide ben presto di separarsi. Louis va a vivere con Anne e il suo nuovo compagno, Patrick Weiss, continuando a contagiare con la propria rabbia tutti coloro che gli si avvicinano, spingendoli all'errore, al vizio, comunque al peccato: da Claire, la moglie del pastore Moiry, che da insegnante di pianoforte era diventata amante del ragazzo e morta suicida in un incidente d'auto («Dérision et salaire du péché», p. 94); a Yves Manuel, un cinquantenne che, conosciuto Louis in un luogo di drague, «Place de Milan», se ne innamora, coinvolgendolo ben presto in un rapporto a tre con Anne: «Ils se tenaient, sans jeu de mot. Et cette complicité de coupables était un sel de plus pour leurs rencontres» (p. 101). Degli atti sessuali compiuti dai protagonisti (di Alexandre con Anne e poi con Paula Zoss, donna che ha l'età della madre; di Louis con Yves; di Anne e Louis; di Anne e Yves...) ci informa il narratore, anche se, tra le cose che Alexandre riprova maggiormente, è proprio il piacere di Anne (ma anche di Paula) nel raccontare queste esperienze («Dans le sexe il y a toujours une aventure, comme dit si justement le populaire», p. 81) nelle loro conversazioni. Il romanzo si chiude sull'immagine del suicidio di Alexandre, «Alors tristement, je pressai sur la détente et je me tuai» (p. 189).

Il nostro intervento si concentrerà su due aspetti. Il primo riguarderà la rappresentazione del peccato per come essa è influenzata dalla formazione religiosa dello scrittore. Vedremo che la caduta (chute) dei personaggi e il senso di abisso (abîme, ma anche vertige, désir, folie) che essi hanno in sé sono un errore contro la comunità: il peccato è divisione (tra gli individui ma, soprattutto, nell'individuo), spaccatura in cui si insinua il diavolo, le cui tentazioni arrivano a modificare persino l'intero paesaggio. Il secondo aspetto, indagherà il quadro patologico che il romanzo presenta. Se questo peccare contro l'uomo è al tempo stesso un peccare contro Dio, la storia del ragazzo-volpe2 provoca dei comportamenti malati - dettati dalla rabbia di cui egli è affetto -, al limite del criminale, che ben mostrano l'irrimediabile condanna dell'uomo che si sente abbandonato da Dio.

Se vogliamo avere un'idea esatta del modo in cui Jacques Chessex si rappresenta il peccato,3 è bene tenere presente la relazione tra il punto di vista individuale del romanziere (ma che fu anche poeta e pittore) e il punto di vista della società in cui egli visse. Originario del Vaud - di Vallorbe, da parte di madre, e di Montreux, da parte di padre - Chessex, che nasce a Payerne il 1 marzo 1934, vanta la propria ascendenza contadina,4 legata alla Svizzera barbare, quella dei Reti e dei Burgundi, per aprirsi con la scrittura a nuove frontiere che, superato il Jura, lo hanno reso scrittore molto apprezzato anche nella Francia métropole.5 Di educazione protestante, Chessex deve certo aver risentito dei rapporti problematici tra il protestantesimo calvinista di Ginevra e il cattolicesimo fervente, prossimo a sant'Agostino, della non lontana Friburgo (è in questa città universitaria ad esempio che si muove Jonas, il protagonista del romanzo omonimo del 1987): via via che ci si addentra nella sua ampia opera (Chessex muore all'età di 75 anni, il 10 ottobre 2009, autore di oltre una ventina di romanzi e di svariati testi poetici e critici), numerose si rivelano infatti le immagini bibliche sviluppatesi da scene violente legate al mondo ebraico dell'Antico Testamento. L'universo protestante, a tratti spesso puritano, della Svizzera romanda non potrebbe non affollare la mente e dare tumulto ai desideri di uno scrittore la cui opera in prosa è «résolument axée sur un réalisme montrant les failles de l'univers».6 Questa volontà di realismo,7 vòlto a mostrare gli aspetti umanissimi dei personaggi e dei luoghi marginali, di passaggio, in cui essi quasi sempre si muovono (Istituti, siano essi case di riposo per anziani, orfanotrofi, ospedali; stazioni; piazze cittadine, luoghi di droga e prostituzione; bar, casinos), è appunto la caratteristica stilistica su cui Chessex imposta la propria produzione in prosa.

In Les Yeux jaunes, Chessex mette in luce la debolezza e l'aggressività che al tempo stesso agiscono sui personaggi (Dumur in primis) e nei quali anche il lettore potrà riconoscersi. La vita dell'uomo peccatore risulta così frutto della divisione e del morcellement nell'unità di uno stesso soggetto.8 Guastati dal male, che cerca di proliferare nelle loro vite come se si trattasse di vite straniere, i personaggi ne dovrebbero venire fuori intenti ad unificare se stessi, cacciando questo stesso male con incessanti mortificazioni («Et garde toi de l'iniquité. Purge ton âme. Nettoie ton corps. La pureté des jeunes hommes et des vieillards charme l'humeur de l'Éternel», p. 30): e invece, ad esclusione di pochi (il padre e la madre di Alexandre, sempre nominati, non a caso, come il «pasteur» e la «prédicatrice»), appena intravisti, questa lotta è in loro pressoché assente. I due momenti restano separati e la tranquillità dell'unione non è raggiunta. In quest'ottica, il dramma del peccato e della Redenzione è presentato come un conflitto tra la luce e le tenebre, tra la morte e la vita.9 E così il male che agisce nel mondo è in grado persino di cambiare i colori di questo stesso mondo:

Le mal est un paysage, et la couleur sur ce paysage. Le mal, comme les lunettes catégoriques de Kant: elles ne nous laissent pas libres de voir à l'œil nu, à l'œil clair, à l'œil propre. Le mal ravive et enchante. La culpabilité affine, aiguise, énerve, elle prépare l'être au vertige. La sensibilité du coupable est ouverte, disponible, malléable, elle ne cesse de se répandre, elle s'adresse à toutes les formes du désir, à toutes ses métamorphoses, à tous ses pouvoirs (p. 104).

Caratteristica riscontrabile in gran parte dei testi di Chessex è proprio la descrizione del paesaggio romando (la geografia interessata va dal Gros-de-Vaud alle Alpi in lontananza, da Berna a Friburgo, dalla piana di Broye al lago Lemano), paesaggio che in questo romanzo risulta però nettamente modificato dal male che, assieme al desiderio e alla rabbia, si oppone al regno di Dio sulla terra. Il contrasto più evidente è dettato ancora una volta dall'oscillazione (opposizione) tra la luce e l'oscurità, tra la solitudine della montagna e la vita degli uomini che si aggirano nelle città. Numerosi ne sono gli esempi:

Le pays est d'une beauté égarante. C'est le désert. Lieu édénique, fou, balayé des vents, secoué de sèves. Et sur le désert parcouru de voix de prophètes et de cris de Caïns furieux (tous les Abels se comptant et se recomptant louchement entre la maison de paroisse et la salle d'arrêt), oui, une vaste allée émeraude bosselée de collines qu'entrecoupent de petites rivières, des ravins plantés de sapins, des voies impraticables à tout étranger. L'impression de solitude effare, et les Alpes à l'horizon, très loin, donnent la mesure de cette distance (p. 18-19);

Je suis né sur une montagne, c'est peut-être ce qui me donne le sens de la justice, de la hauteur, du vertige, et la détestation du mou. Je déteste le gluant, l'informe, ce qui colle, qui a des plis, des poches, des trous pleins de gargouillis et de vide. C'est le diable qui se cache dans ces plis, disait ma mère, il n'y a qu'à l'écouter! Et j'écoute, quarante ans après: oui, c'est le mal, le sale, l'impur, tout ce qui s'oppose au règne de Dieu sur cette terre. Disait ma mère. Tout ce qui s'oppose (p. 28-29);

Je suis né sur une montagne et je ne mène pas mon monde, moi. Mon père le prédicateur et Mme Dumur sont morts, Dieu ait leur âme, et je Te rends grâce, Seigneur des gouffres, de leur avoir épargné le spectacle de mes erreurs et la lecture de mes livres (p. 29).

Per Chessex, il peccatore che si allontana dalla luce sprofonda lentamente nelle tenebre - quelle dei luoghi di passaggio già ricordati -, creandosi in questo modo una prigione in cui vivere.10 Da questa parte Satana interviene come tentatore, varcando il muro di ogni resistenza, per quanto fragile essa potesse essere. Anche il narratore, una volta che è stato scelto dal diavolo («Le diable m'avait élu, [...] j'étais sa proie choyée et ravie. Pourquoi lutter?», p. 105), ne sente gli effetti. La sua voce si rafforza ancor più di quanto lui abbia mai potuto immaginare. La sua scrittura diventa migliore, di nuovo puntuale. La lumière de l'obscur, appunto:

Et, chose intéressante, plus je m'enfonçais dans l'erreur, meilleur était mon récit, car la chronique du mal me fascinait comme le mal lui-même, et maintenant j'avançais dans mon livre avec la délectation du mineur qui a trouvé la bonne veine. L'Éternel bénit les travaux de l'homme pur, et il augmente sa moisson! (p. 105).

Il diavolo è ovviamente una presenza costante in questo romanzo dove domina il male:

Contredire inlassablement le mal. Le mal renaît, le diable ne désarme jamais. Le mal veut gagner. Mais dans cet affrontement réside l'engagement des justes. Le diable! Le diable! Pour mon père et pour ma mère, le diable existait réellement, ils le voyaient, ils surprenaient ses ruses, ses sales tours, ils le traquaient, ils le combattaient. Chaque geste, chaque acte devait être l'occasion de faire reculer le diable, le règne de Dieu sur cette terre ne serait instauré que par cette incessante bataille contre son adversaire millénaire. Mais il viendrait, ce règne de Dieu, et la couronne des justes brillerait à perpétuité sur le front des bons soldats! (p. 83; il corsivo è nel testo).

Il diavolo modifica la natura e i rapporti tra gli uomini, lo si è visto. All'arrivo di Louis, l'impressione del nuovo padre è così espressa: «Car dès que Louis fut entré chez nous, il me sembla que le diable s'était installé avec lui, ne me laissant plus de trêve et rongeant ma résistance avec une drôlerie croissante» (p. 10). Entra dunque, nel mondo familiare di Rouvre, un tipo di peccato fino ad allora sconosciuto: quello caratterizzato dall'ereditarietà della colpa.11 Il peccato è come personificato nei genitori naturali: «Fils de Klaus Walser, quarante ans, sans profession, et de Maria-Ursula Reichenbach, dix-neuf ans, célibataire, ouvrière d'usine» (p. 13). Che il peccato dei genitori di Louis sia immutabilmente scritto per il figlio, è chiaro da subito. Nella fantasia del narratore, esso domina il probabile luogo del loro incontro («Qu'est-ce qui les avait rapprochés? Un bistrot? Un bal de village? Un engagement à l'usine? Une saison où Klaus s'était loué chez un paysan de la région?», p. 13), come la città in cui Louis è nato («Lützelflüh», nel cantone di Berna, «village» in cui Alexandre ha svolto il proprio servizio militare, ma di cui non ricorda «rien de précis sinon la tombe de Jérémias Gotthelf», scrittore ottocentesco noto soprattutto per le sue novelle, tra le quali spicca il Ragno nero, la cui storia si incentra sulla lotta contro il peccato e sul modo di sconfiggere Satana che è sempre in agguato dell'uomo). Il peccato di Louis, figlio della colpa, non è un atto passeggero ma ha dunque risonanze ben profonde, riconoscibili nel padre Klaus, «l'homme sans profession», «un trimardeur», «un de ces vagabonds efflanqués, méfiants, avides, souvent repris de justice, qui rôdent dans les campagnes, se proposent quelques jours pour les foins ou pour les moissons, mangent au bas bout de la table en lorgnant les seins de la servante, se cuitent au bistrot du coin et disparaissent un beau matin comme ils sont venus» (p. 13). Facendo un confronto dettagliato tra la vita dei genitori naturali, Klaus e Maria, e quella degli adottivi, Alexandre e Anne, ne risulta l'immagine di un uomo écartelé tra il mondo cattivo e il suo Creatore, tra l'aspirazione verso Dio e la molteplicità dei suoi desiderî:

Oui, je rêvais sur ces errants, les parents de mon fils adoptif. Je leur inventais une figure, des amours, une vie. Je les comparais à Anne et à moi. Je recensais leur beauté, leurs folies, leur pauvreté - nos différences. Curieusement, la comparaison tournait, et je me mettais à jalouser le vagabond, le désir de la fille, l'absence de contrainte dont ils jouissaient l'un et l'autre. J'en venais à détester leur liberté. A haïr leur beauté et leur plaisir. A la fin, j'en étais à souhaiter de les rencontrer, moi qui avais refusé jusqu'alors de voir leur fils, pour ternir par la réalité l'image obsédante que je me faisais d'eux (p. 13-14).

E di ossessione in effetti si tratta: la coppia resiste per il tempo del desiderio, poi lo stare insieme è sentito come una chiusura, un limite alle infinite possibilità che il mondo può offrire. L'autore propone qui, e lo fa anche altrove, un'«analyse obstinée des profondeurs», come scrive Mariane Ghirelli,12 un tuffo in verticale nei personaggi che rappresentano dei casi limite, delle situazioni estreme.

In Les Yeux jaunes, Chessex punta inoltre a descrivere il peccato in termini di malattia («Que notre protégé était malade? Qu'il était fou?», p. 39), di ferita («Ces agressions, cette morsure...», p. 33), di morte dell'anima, oltre che del corpo («Claire Moiry s'était punie, épouvantablement. Elle avait essayé d'entraîner Louis dans la mort», p. 94). Nel romanzo compaiono tutti gli errori che escludono dal regno dei cieli: l'adulterio, la fornicazione, l'incesto, l'omicidio (suicidio). Soluzione, solo apparente, per ottenere la remissione dei propri peccati, sembra ottenersi attraverso la preghiera - quella del Pater Noster, dell'Ave Maria o dei cantici -, il digiuno e la carità. Inutile dire che queste soluzioni si dissolvono nell'aria: le preghiere sono qui solo degli automatismi («automatiquement», ripete più volte il narratore p. 156), il digiuno è tutt'altro che rispettato (il piacere delle donne, o degli uomini, è sempre accompagnato dall'alcolismo e da un grande appetito)13 e la carità (si pensi all'adozione di Louis) è solo il risultato di «culpabilité» e «agacement», con gli effetti che ben conosciamo. Dopo il primo peccato compiuto nel giardino dell'Eden, il cui richiamo è ricorrente nell'opera di Chessex, l'uomo è diventato prigioniero del mondo e di se stesso: per Chessex, la colpa personale non si distingue da quella di Adamo.14 L'unica libertà dell'uomo sembra essere il silenzio: «Surtout ne rien avouer. Qui avoue s'enferme, s'enchaîne, dépend. La liberté, c'est de ne rien dire, de ne pas se plaindre, de faire comme si l'on ne souffrait pas, et ce mutisme garde les distances» (p. 38). Un silenzio che copre gli innumerevoli peccati commessi.

Ora, una tale concezione, che insiste su situazioni estreme in cui i personaggi si ritrovano, sembra fornire una via interessante per chiarire l'aspetto di un universo che è sempre più pervaso dalla malattia. La malattia di Louis - e quindi quella di Alexandre e Anne -, è come una esemplazione fisiologica di un male più profondo: il tropismo che colpisce le fibre muscolari e le cellule nervose di un corpo infettato dalla rabbia, passa qui ad una forza oscura ed incosciente che spinge ad agire in un certo modo, a peccare. Ed è chiaro che il lettore vi rimane morbosamente irretito. Il vero segreto, quel segreto che Alexandre ha paura di confessare, è che la rabbia di Louis non sia solo quella malattia che maggiormente colpisce animali silvestri quali la volpe;15 è il segreto del male di vivere che il narratore riscontra fin dall'infanzia nelle pagine della Sacra Scrittura. La descrizione della malattia è contrappuntata da quello che Alexandre pensa e sente:

Voilà comment cela a commencé, je le jure. Tout est venu à la fois et de très loin, comme chez ceux qui ont été mordus par une bête folle, le corps entier est pris et souffre, le cerveau, le foie, les reins, les poumons, le mal se fixe, repart, voyage, pour finir le cœur lâche et c'est la mort, la bonne mort, qui délivre la chair martyrisée (p. 16);

Louis, la bête. Renard à abattre. Sa morsure est contagieuse. Ne pas le toucher. Se précipiter à l'hôpital en cas d'agression, et avertir la gendarmerie... (p. 93).

Ces yeux jaunes. Ces souples reins. Cette démarche oblique. Les dents largement découvertes sous les lèvres sinueuses. La bave. La douleur. La solitude (p. 148).

E i motivi della malattia si fanno più precisi proprio nel raffronto tra l'animale e l'uomo, che il narratore vive in prima persona:

J'ai toujours été associé à des histoires de renards. Dans mes rêves, dans mes imaginations, dans mon obsession de la ressemblance. Traqué, tiré, martyrisé, coupable par excellence. Sa ruse. Son attaque. Sa fuite. Sa patience. Son impatience. Renard-totem (p. 111-112)

Renard, toujours, le solitaire, le damné, le tué. Louis aussi était condamné au crime, à la solitude, à la perpétuelle injustice. Sa naissance, son enfance dans les hospices... Je voyais trop qu'on aurait pu ajouter: et ses parents adoptifs. Dégueulasse (p. 112).

Il rinvio all'adozione fallimentare lascia intendere che la consapevolezza della pena non agisce da deterrente, ma è proprio attraverso la legge che i personaggi sembrano voler delinquere, abusando del corpo del ragazzo, o essendone abusati: «Louis est à nous. Il nous appartient. Il nous appartient lé-ga-le-ment» (p. 130), pronuncia Anne. Potremo dunque parlare dei peccati di Alexandre e di Anne come di colpe commesse da peccatori tipo, amici e nemici di Dio al tempo stesso. Entro questa struttura semplice, Chessex sviluppa il contenuto narrativo con il ricorso ad alcune parole chiave che ne sostengono l'intera trama: «peur», «désir», «beauté», «Loi», «jouissance», «rage» (termine quest'ultimo tradotto anche nelle altre due lingue nazionali della Svizzera, il tedesco «Tollwut» e l'italiano «Rabbia»). La Rage, del resto, era anche il titolo che Chessex aveva pensato per il proprio romanzo. Modificato per ragioni editoriali (commerciali) in Les Yeux jaunes, è chiaro che «La rabbia» meglio avrebbe reso l'idea della narrazione: la rabbia di Louis va di pari passo con la malattia infettiva che, trasmessa dalle volpi, si è diffusa nel cantone. Malattia dalle valenze demoniache, che contagia i personaggi e che si trasmette attraverso il morso,

Ils [Anne e Louis] roulèrent dans la boue et les immondices, il y eut lutte, tout à coup Anne hurla et se releva comme hagarde: une morsure saignait à sa joue, le sang dégouttait sur son menton et sur sa gorge, elle n'essayait même pas de l'étancher et se tenait immobile, les lèvres tremblantes, effroyablement pâle dans le soleil. Louis s'était relevé, haletant, pâle lui aussi et l'œil fixe (p. 27),16

essa sconvolge e acceca di collera chi ne è affetto. Le descrizioni possono risultare feroci, le immagini raccapriccianti, insistite su corpi deformati dalla malattia e su fisici immiseriti: «La rage? Mais tu es cent fois plus dangereux que n'importe quelle bête enragée, mon Louis. Et contre toi il n'y a pas de vaccin qui tienne» (p. 111).

La lettura di Les Yeux jaunes, e la descrizione di problematiche ricorrenti ossessivamente nell'insieme dell'opera, ci ha permesso di presentare la visione del peccato propria dello scrittore. Certo influenzato dal paese calvinista in cui scrive, Chessex mostra un uomo che è logorato dai contrarî, senza i quali il mondo, o almeno la percezione che egli ne ha, perderebbe di intensità: il peccatore è elemento integrante del paesaggio ed è còlto nel suo muoversi all'interno di un universo oscuro, solo a tratti illuminato dalla luce. Descrivendo il tragico di un'esistenza concessa a tutti i disordini - quei peccata capitalia majora che i protagonisti ereditano dai genitori -, Chessex traccia l'immagine di un uomo che si identifica con l'animale: qui la volpe (altrove saranno i gatti o i pesci) che, perseguitata dai cacciatori, è cacciatrice al tempo stesso. La contaminazione tra l'uomo e l'animale, simbolo di un contrasto tra le pulsioni aggressive e divoratrici (mangiare, nel senso di assimilare, è termine fondamentale della sessualità orale che segna l'intera opera, dove i personaggi si divorano sessualmente) e la civiltà, assume in questo romanzo una forma diabolica (gli occhi gialli e l'incarnato rosso di Louis ne sono la traccia più evidente) e contribuisce alla presa di coscienza di un paesaggio che è degenerazione,17 nella cui continua rinascita (secondo il principio della ripetizione) l'uomo, con il suo tempo limitato, cerca di trovare un rifugio. È infine interessante sottolineare come nella scrittura di Chessex si delinei il venir meno della pudeur protestante sulla quale si incentrava la letteratura romanda del passato. Come sottolinea Roger Francillon,18 parlare di letteratura romanda, cioè della produzione letteraria della Svizzera di lingua francese, è tema che appare sempre più difficoltoso: da un lato, è un qualcosa che comporta l'esistenza di una entità romanda, mentre i cantoni che costituiscono questa regione non si possono considerare un insieme storicamente omogeneo. Altra difficoltà, ma che discende dalla prima, è che le differenze stilistiche ed estetiche di questa letteratura svizzera francofona rispetto a quella francese, rappresentano un argomento che suscita acceso dibattito. Il fatto principale, come sottolinea ancora Francillon,19 riguarda la questione dell'identità: gli Svizzeri romandi sono identitariamente differenti dai Francesi o dagli Svizzeri? E di conseguenza, la loro letteratura è riflesso di questa diversa identità, che non sembra accontentarsi di trovare espressione nella letteratura dialettale, certo più marginale?20 È chiaro che per Chessex, il quale pone la scrittura al centro della propria esistenza, il mythe terrien alla Ramuz fa parte ormai del passato, così come la crainte à se dire, elemento fondante della litote tipica della letteratura svizzera d'antan, non corrisponde più al proprio stile, definito, non a caso, explosif. Jacques Chessex, insieme a Maurice Chappaz e a Corinna Bille, fa insomma parte di una triade di nuova generazione per la quale il pudore non è più tanto nella messa in scena del corpo (o dei corpi) quanto nell'espressione dei sentimenti.


Note

↑ 1 J. CHESSEX, Les Yeux jaunes, Paris, Grasset & Fasquelle, 1979.

↑ 2 L'homme-renard compare fin dal primo testo in prosa dell'autore, La Tête ouverte (Paris, Gallimard, 1962). Nel celebre L'Ogre (Paris, Grasset & Fasquelle, 1973), il protagonista si identifica con la volpe: «Jean Calmet s'imaginait renard, martre, perpétuel sauvage au chaud dans son terrier tandis qu'au-dehors la neige tombe, tombe sur la campagne et les forêts» (p. 77).

↑ 3 Con il termine peccato intendiamo la trasgressione volontaria di una legge considerata divina. Nei testi dello scrittore compaiono varie definizioni del peccato. Ricordiamo che in Les Yeux jaunes Chessex scrive: «Mon attirance pour les pécheurs doit remonter là: 'ceux qui sont dans l'erreur', disait ma mère» (p. 83). In Jonas (Paris, Grasset & Fasquelle, 1987), «le péché est un grelot attaché à mon cou, mon Père, un grelot bien pire que la crécelle des lépreux» (p. 64). E in La Trinité (Paris, Grasset, 1992), il peccato rinvia a «le sens violent de l'abrupt et le vertige de la chute» (p. 18). Sull'influenza del protestantesimo nell'opera, si veda D. BOND, Jacques Chessex. Calvinism and the Text, Toronto, University of Toronto Press, 1994. Sull'importanza della Bibbia per lo scrittore, si veda S. MOLLA, Jacques Chessex et la Bible. Parcours à l'orée des Écritures, Genève, Labor et Fides, 2002.

↑ 4 «J'appartiens à la race des buveurs et des cogneurs, des bouilleurs de gentianes, des abatteurs de forêt, des contemplateurs de glaciers», Carabas, Lausanne, Cahiers de la Renaissance Vaudoise e Paris, Grasset, 1971, p. 15. Due episodî sono di fondamentale importanza nella vita e nella letteratura di Chessex: il crimine dell'ebreo Bloch, assassinato nel 1942 da un gruppo di fanatici filonazisti (cfr. Un Juif pour l'exemple, Paris, Grasset, 2009) e il suicidio del padre nel 1956, morte sempre associata ad un atto di accusa contro la società (ricorrenti sono le scene di suicidio nell'opera dello scrittore).

↑ 5 Sui rapporti tra Chessex e la cultura francese, si veda Les Écrivains suisses et «La Nouvelle Revue Française», études réunies par D. MAGGETTI, Paris, Classiques Garnier, 2009.

↑ 6 A. M. JATON, Jacques Chessex. La lumière de l'obscur, Carouge-Genève, Éditions Zoé, 2001, p. 69.

↑ 7 Il termine di realismo è da noi impiegato per rinviare ad uno stile particolare di scrittura che si presenta come un tentativo letterario di rappresentare la realtà. Si tratta dell'idea di una «fiction réelle», cioè di una scrittura che mira a trascendere la propria «fictionalité» per presentarsi come una descrizione della realtà.

↑ 8 «Je ne sais plus qui je suis, je me sépare de moi, je me défais de moi, pour tenter de me retrouver je marche au labyrinthe des tombes et dans la transparence de ton amour. Ou de ton ombre? J'erre, je vagabonde avec une joie mauvaise et paradoxale, je me perds et pourtant je sais la voie, je me renie quand tu me rends confiance en moi», Jonas, cit. p. 155. L'idea della separazione domina il récit: «Car je suis ce paradoxe et ce mensonge: amant de Dieu, amant du Diable. Témoin de Dieu et mandataire, agent privilégié, homme à tout faire du démon» (ivi, p. 158).

↑ 9 Sulla «beauté de l'ombre» si sofferma anche Jonas (in Jonas, cit., p. 90).

↑ 10 L'immagine della prigione si compone con quella della malattia. Questo rapporto tra la malattia e la prigione sarà ben esemplificato nel romanzo Le dernier crâne de M. de Sade, Paris, Grasset & Fasquelle, 2009.

↑ 11 Si tratta di un tema ricorrente nell'opera. Già il pastore di La Confession du Pasteur Burg (Paris, Bourgois, 1967) era fermamente convinto che i figli dovessero scontare gli errori dei genitori. Per un'analisi di questo romanzo, si veda Ch. ARQUEMBOURG, Une lecture de La Confession du Pasteur Burg, Lausanne, L'Âge d'Homme, 1996.

↑ 12 M. GHIRELLI, «Portrait de Jacques Chessex», in J. GARCIN et G. SALEM, Jacques Chessex. Un dossier de lectures, une esquisse biographique, Lausanne, L'Aire, 1985, p. 51.

↑ 13 Al riguardo, significative sono le pagine di Jonas, dove il protagonista non solo ringrazia il Creatore di averlo messo al mondo e di nutrirlo puntualmente (cit., p. 88), ma si lascia andare alla «loi de l'excès» (ivi, p. 137) che, facendogli bere il sangue, va contro «[s]on Deutéronome».

↑ 14 «Ô tristesse de la faute mortelle / Cicatrice d'être homme», Le Calviniste, Paris, Grasset, 1983, II, 57.

↑ 15 In L'Ogre, l'animalità è esemplificata durante l'incontro tra il protagonista e un riccio: «Cette rencontre devait avoir, plusieurs jours, une signification bienveillante: comme un heureux présage qui lui aurait été donné par l'animal; une leçon de sauvagerie au bord des jardins humides sous la demi-lune dans l'herbe bleue» (p. 42).

↑ 16 In Jonas, la protagonista femminile, Anne-Marie, è invece morsa da un serpente (cit., p. 156) che, ricordiamolo, inizia anche un lungo dialogo con Jonas (ivi, p. 165-167).

↑ 17 P. COMMÈRE, «Sur le chemin de Saint-Jacques», Le Mâche-Laurier, n. 11, avril 1999, p. 36.

↑ 18 Histoire de la littérature en Suisse romande, t. 3, «De la seconde guerre aux années 1970», Publié sous la direction de R. Francillon, Lausanne, Éditions Payot, 1998. Nel volume, si veda anche il capitolo, a cura di G. Froidevaux, dedicato a «Jacques Chessex», p. 403-414. Della stessa opera, cfr. inoltre il t. 2, «De Töpffer à Ramuz», 1997.

↑ 19 Sempre nel t. 3 di Histoire de la littérature en Suisse romande, si veda il cap. «Une identité romande», p. 19 e sg.

↑ 20 Tra le tante immagini della Svizzera, e degli Svizzeri, che Jacques Chessex propone ai suoi lettori, risultano particolarmente memorabili, di significato storico e sociale, quelle che ritroviamo nel suo Portrait des Vaudois (Lausanne, «Cahiers de la Renaissance vaudoise», 1969), dieci anni prima del romanzo che qui è stato oggetto di analisi.

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482