Il progetto per una fototeca del DIRAAS. Le diapositive su vetro di Giusta Nicco Fasola e gli ultimi studi su fototeche e archivi fotografici di Storia dell’Arte
Indice
La fotografia: strumento e oggetto della Storia dell’Arte.
Il mestiere dello storico dell’arte e i suoi strumenti di studio.
L’oggetto fotografico, le sue caratteristiche, il suo linguaggio.
Abstract
Italiano | IngleseL'articolo prende in considerazione come oggetti di studio fotografia, fototeche e archivi fotografici universitari. Il contributo intende presentarsi come falange di una ricerca più ampia, un ragionamento che in questa occasione si focalizza sulla proposta progettuale per una fototeca del Dipartimento di Storia dell’Arte concepito a partire dalla disamina del corpus di diapositive su vetro di Giusta Nicco Fasola, prima docente di Storia dell’Arte medievale e moderna della Facoltà di Genova. Particolare attenzione è infatti dedicata al compito che gli oggetti fotografici svolgono nella didattica storico – artistica, per il mestiere dello storico dell’arte del passato, di oggi e domani, ma anche per la sua lettura e interpretazione all’interno dei luoghi che li ospitano.
La fotografia: strumento e oggetto della Storia dell’Arte.
La fotografia come oggetto della storia dell’arte è un tema che appassiona da qualche tempo gli studiosi come dimostrato dalla ricca ricerca del Kunsthistorishes Institutdi Firenze portata avanti da Costanza Caraffa e dagli studi su fototeche e archivi fotografici di Tiziana Serena. Alle due studiose si deve l’attuale ricerca di nuove teorie sulle relazioni tra fototipi e archivi fotografici; si menziona inoltre l’attività di valorizzazione del patrimonio fotografico di Federico Zeri svolta dall’omonima Fondazione a Bologna e i numerosi contributi da essa promossi al fine di delineare una chiara contestualizzazione della fotografia quale strumento e oggetto per la Storia dell’Arte.
Sono da ricordare anche i contributi della SISF – Società italiana per lo Studio della Fotografia, dell’ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e dell’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, ai quali si fa riferimento per la redazione di normative e standard catalografici di riferimento per i Beni storico – artistici tra i quali la Scheda F per la fotografia. Seguendo tali esperienze ci si propone, a Genova, a seguito della realizzazione di una fototeca universitaria intesa come laboratorio formativo per gli storici dell’arte, di contribuire alla diffusione e conoscenza della fotografia come oggetto per la ricerca storico - artistica, à la page con fototeche di altri istituti universitari presenti sul territorio italiano.La fototeca genovese ha origine dal corpus di materiali didattici su vetro di Giusta Nicco Fasola, prima docente di Storia dell’Arte medievale e moderna a Genova, dal 1949 al 1960, nonché fondatrice dell’Istituto di Storia dell’arte della medesima Università.
Si vogliono mettere in luce da un lato gli aspetti storico - culturali delle diapositive (e la loro collocazione nella tradizione didattica della Storia dell’Arte) e dall’altro si vuole inserire l’oggetto fotografico in analisi nel più ampio contesto tematico di fototeche e archivi fotografici di storia dell’arte al fine di “ritrovare lo spessore della storia dietro la superficie piatta dell’immagine” (M. PIGOZZI 2009: 61).
Il mestiere dello storico dell’arte e i suoi strumenti di studio.
Il mestiere dello storico dell'arte, così come quello del conoscitore e del collezionista ha da sempre considerato la fotografia uno strumento di fondamentale importanza, impiegandolo a sostegno del proprio insegnamento, delle proprie idee di ricerca e attribuzione (M. FERRETTI, 2014; L. BRANCHESI, 2008). A partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento, le immagini fotografiche sono state impiegate su vari fronti che nel caso della Storia dell’Arte, riguardano gli studi personali dei primi docenti, le loro pubblicazioni, i materiali delle proprie lezioni e il loro utilizzo didattico su volumi e manuali di Storia dell’Arte (M. FERRETTI, 2003; S. NICOLINI, 2003).
L’incontro della fotografia con la didattica storico – artistica ha vissuto, a partire dai primi anni del Novecento fino al secondo dopoguerra, un momento di particolare fervore nel quale si è di fatto concretizzata la Storia dell’arte come disciplina nei licei italiani, inserimento avviato nel nostro paese con una fase “sperimentale” ma già esistente in Germania sul finire dell’Ottocento (E. FRANCHI 2003: 5). Le riproduzioni fotografiche delle opere d’arte sono state oggetto dei primi grandi dibattiti sorti in Germania nella seconda metà dell’Ottocento su iniziativa di alcuni rinomati storici dell’arte tedeschi, tra i quali si citano Henrich Wölfflin (1864 – 1945) con il suo saggio Fotografare la scultura e il suo successore Jacob Burkhardt (1818 – 1897). In Italia è solo grazie ad Adolfo Venturi se tali strumenti sono diventati il fattore determinante per lo sviluppo della ricerca nel campo delle discipline storico – artistiche. Provenendo da una formazione basata sulle metodologie di studio di Giovanni Morelli e Giovanni Battista Cavalcaselle, Adolfo Venturi è stato uno dei primi storici dell’arte ad aver sostenuto, in Italia, la validità del metodo comparativo ed è a lui infatti che si devono le prime sistematizzazioni della Storia dell’Arte grazie a ricerche e campagne fotografiche promosse in collaborazione con i suoi allievi della Scuola di Perfezionamento di Roma.
L’impiego della fotografia come strumento per la Storia dell’arte prosegue anche a Torino con gli insegnamenti universitari di Pietro Toesca, protagonista del panorama storico – artistico italiano alla cui attività è stata recentemente dedicata la mostra “Pietro Toesca e la fotografia. Saper vedere”. L’esposizione ha definito un profilo dello studioso come fotografo e “regista” di set di riproduzione delle opere, specchio di una generazione di storici dell’arte che, a inizio Novecento, ha acquisito la sua professionalità e formazione sulle fotografie (P. CALLEGARI, E. GABRIELLI, 2009).
Indipendentemente dalle motivazioni che ne hanno determinata la genesi e l’utilizzo, i fototipi “raccontano, documentano, restano” (M. PIGOZZI 2009: 59) sono oggetti complessi (T. SERENA, C. CARAFFA, 2012; F. MAMBELLI, 2014) in grado di comunicare preziose informazioni sul mondo dell’arte, del passato e di oggi, ma anche sulla committenza, sugli studi fotografici attivi in Italia in un dato momento storico, sulla tecnica, sul mondo del mercato, della didattica e dell’editoria, senza dimenticare l’importanza che hanno rivestito - e rivestono tutt’oggi - nell’ambito del restauro. “La fotografia ha dato alla Storia dell’arte un pubblico” (M. FERRETTI 2003: 42) fatto da studiosi, docenti e allievi che grazie a questi nuovi oggetti, soprattutto con l’arrivo delle diapositive, hanno modificato l’approccio allo studio della materia e la fruizione visiva delle opere d’arte, un ruolo che si è protratto grazie agli allievi di coloro che per primi ne hanno colto le importanti funzioni, da Adolfo Venturi, a suoi figlio Lionello, fino a Roberto Longhi e Federico Zeri dei quali sono oggi conservati i materiali didattici presso le rispettive fototeche a Roma, Firenze e Bologna.
L’oggetto fotografico, le sue caratteristiche, il suo linguaggio.
L’oggetto fotografico quindi per le sue caratteristiche aptiche (T. SERENA, 2012: 51), deve essere interrogato; all’attenzione dello studioso vengono sottoposte domande provenienti dall’osservazione della profondità dell’oggetto, da quel buco nero che definisce le zone sconosciute delle biografie del materiale: come si poneva lo storico dell’arte davanti al materiale fotografico? Quali domande ha sottoposto a sé stesso? Che cosa “ha visto” nell’oggetto di fronte a sé? Ha considerato solo la sua iconografia o ha posto attenzione anche all’ “oggetto”? Pensava alla sua conservazione o no? A cosa gli serviva esattamente? Come lo ha fatto realizzare e da chi? Come ha selezionato le immagini necessarie al suo insegnamento? Le scelte iconografiche cosa ci comunicano oggi sul percorso critico e mentale dello storico dell’arte? Che tipo di narrazioni posso cogliere dalla lettura dei materiali? Come si relazionano questi materiali con il loro contesto di appartenenza?1
L’attenzione nei riguardi del linguaggio materiale della fotografia permette l’accesso all’essenza del ragionamento critico degli storici dell’arte del passato, dei loro interessi, delle loro osservazioni sulle opere, in particolare quando l’approccio dello studioso odierno ricade su corpus complessi di immagini, in serie o in gruppi eterogenei che invitano a “gettare ponti mentali e affettivi con altre storie, con altri aspetti della realtà”(M. PIGOZZI 2009: 61). Pensare ed elaborare un progetto per una fototeca di Storia dell’arte significa anzitutto concepirne la struttura come fonte complessa, un percorso di narrazione, come inteso da Tiziana Serena, dove ogni singola immagine dispone di un proprio codice linguistico. All’interno dell’apparente disordine delle immagini, così come esse vengono trovate, nulla va lasciato al caso; il percorso tortuoso, spesso complicato nella lettura delle tracce e dei segni che il passato ha lasciato sui materiali dipendono dal fatto che “la fotografia è prima di tutto un oggetto, come tale passa di mano in mano (…) viene raccolta e schedata nelle istituzioni, culturali o meno, attraverso pratiche istituzionali e processi di risemantizzazione” (T. SERENA 2012: 63). Una volta ritrovati, non sappiamo se i materiali siano stati lasciati in un certa posizione dai proprietari o se essi abbiano subito spostamenti successivi, sappiamo solo che sono stati soggetti ad operazioni di decontestualizzazione e di ri-contestualizzazione che ne hanno determinato, volontariamente o involontariamente, l’aspetto e il significato attuale.
La consapevolezza acquisita grazie al progredire dei nuovi studi sulla fotografia di documentazione dell’arte, in merito agli aspetti di conservazione e valorizzazione dei fototipi (anche da parte delle Università) ha permesso l’approccio ai materiali di Nicco Fasola come oggetti per la storia dell’arte e della storia dell’arte (T. Serena, 2012, p.54) tanto che, proprio in virtù del ruolo fondamentale che questa disciplina svolge sulla superficie di tali oggetti (le diapositive sono riproduzioni di opere storico-artistiche: dipinti, affreschi, sculture, architetture) ne è stata ritenuta necessaria la valutazione, materiale e iconografica, allo scopo di sottoporle a un corretto programma conservativo.
I materiali fotografici di Giusta Nicco Fasola a Genova.
Giusta Nicco Fasola nasce a Torino il 23 febbraio 1901 e ottiene la prima laurea in Filosofia l’8 luglio 1922 presso la Regia università degli studi di Torino. Dopo il conseguimento della seconda laurea in Lettere si specializza con Adolfo e Lionello Venturi. La docente ha insegnato a Genova Storia dell’Arte medievale e moderna dapprima in sostituzione del Prof. Mingazzini per l’anno accademico 1949 – 1951 e in seguito, fino alla sua morte nel 1960.(SUISA, 2014; GAVAZZA, MIGLIORINI, SBORGI, 2003) Prima del suo arrivo a Genova ha insegnato alla Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze (1944-1945 e 1946 – 1947) occasione in cui è stata chiamata a coprire la cattedra di Letteratura italiana da lei trasformata in “Estetica e trattatistica dell’architettura” delle cui lezioni resta testimonianza grazie alla donazione della sua biblioteca all’Università di Genova; si ricorda a tal proposito il volumetto dal titolo “Lezioni di estetica e trattatistica dell’architettura per il corso di Letteratura italiana”, un programma che evidenzia la sua predilezione per gli studi filosofici, da lei considerati fondamentali per la formazione culturale delle nuove generazioni di architetti.
Allo stato attuale siamo a conoscenza della tematica e della tipologia di impiego delle diapositive rinvenute, con ordinamento casuale, in tre scatole lignee rettangolari, forse, vista la struttura, appartenute ad una cassettiera di epoca coeva all’insegnamento della docente.2 A suddividere in modo discontinuo le lastre, sono stati rinvenuti cartoncini separatori appartenuti all’Ex Istituto di Storia dell’arte recanti indicazioni di tipo geografico e la nomenclatura degli artisti. Non si conosce tuttavia la reale provenienza di queste informazioni, se abbiano fatto parte del percorso didattico della docente o se siano stati inseriti in tempi successivi alla sua scomparsa.
Dall’analisi del profilo storico – artistico dei materiali e dal loro contenuto iconografico si può affermare che si tratta di riproduzioni di opere d’arte appartenute al corredo didattico di immagini della docente.3 Il corpus di diapositive soggetto a disamina raffigura opere d’arte ascrivibili ad un arco cronologico che da Giotto giunge fino alla fine del Cinquecento. Su un totale di cinquecentoquarantotto diapositive, cinquecentoventuno sono positivi e ventisette negativi di dimensioni 8x8 e 8,5x10 (in prevalenza a tema iconografico architettonico e in minoranza scultoreo) mentre centotrentasette sono attualmente in fase di studio.
Un cospicuo numero di lastre ha come soggetto la fontana di Perugia (36) e le opere scultoree di Nicola Pisano (35). Un ulteriore nucleo quantitativamente consistente interessa le opere di Andrea Verrocchio (31). A emergere sono le probabili preferenze tematiche della docente, in parte verificate e tutt’ora in fase di studio. Confrontando i dati provenienti dalle tracce presenti sugli oggetti fotografici con la bibliografia della studiosa è possibile riscostruire i suoi interessi specifici e la predilezione per alcune tematiche spesso confermate dalle sue pubblicazioni, tra le quali, si ricordano la monografia su Nicola Pisano, Nicola Pisano: orientamenti sulla formazione del gusto italiano del 1941 e quella sulla Fontana di Perugia dal titolo La fontana di Perugia edito nel 1951. Nel suo saggio Gli inizi della fontana di Perugia, Nicco Fasola indaga l’avvio dell’opera scultorea della fontana inserendo nell’articolo un’immagine che rappresenta le opere dopo i restauri e che possiamo ritenere essere la stessa appartenente al corpus delle diapositive su vetro del DIRAAS (Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo dell'Università di Genova).
Dalla ricerca presso la Scuola Normale di Pisa si è avuto modo di confermare i rapporti epistolari intercorsi tra la docente e Adolfo Venturi; nei carteggi Nicco Fasola informa il maestro su articoli e saggi in fase di stesura, soprattutto in riferimento al lavoro su Nicola Pisano e alla qualità delle immagini fotografiche per le pubblicazioni, ottenendo in risposta consigli e opinioni.4 Argomento centrale nello scambio epistolare con Venturi è proprio il volume su Nicola Pisano, pubblicazione con cui la docente attribuisce alla sua mano le sculture del battistero. In una lettera datata Firenze, 5 Aprile, la studiosa scrive al maestro di aver ricevuto dal Prof. Bertini una borsa di duemila lire, impiegata per la realizzazione di nuove fotografie, in particolare inerenti il lavoro su Nicola Pisano che “Forse non basteranno, ma sono un aiuto buono”5. La docente, oltre a sostenere l’innegabile contributo critico proveniente dal corretto ed esaustivo coordinamento tra il testo e le fotografie, ribadisce spesso la necessità di impiegare, soprattutto per le pubblicazioni, delle buone riproduzioni fotografiche, strumenti che sembrano non essere mai quantitativamente sufficienti per la comprensione del discorso critico sulle opere e ricordando inoltre che tali materiali avevano per l’epoca un costo considerevole. Sempre nella medesima lettera del 5 Aprile, chiede a Venturi se fosse disponibile a scrivere una presentazione della sua ricerca sul Pisano e qualche consiglio sull’editore presso il quale presentare il lavoro.
L’importanza ascrivibile alle diapositive del DIRAAS afferisce non tanto alla loro preziosità intrinseca, quanto alla presenza di innumerevoli dati provenienti dalla profondità dell’oggetto e all’importante compito che esse hanno svolto per l’insegnamento della Storia dell’arte come cultura6 a Genova. Le diapositive infatti, recano ancora sul vetro protettivo una striscia di nastro adesivo che riporta, talvolta a penna, talvolta a matita, le indicazioni didattiche della docente, una pratica usuale per l’epoca se paragonata alle metodologie di altri studiosi che impiegavano, per le loro lezioni, i medesimi strumenti; un esempio è costituito dalla Miscellanea dell’Istituto di Storia dell’Arte di Bologna che conserva diapositive da proiezione su lastra di vetro al bromuro d’argento (G. PORCHEDDU 2008: 52) delle stesse dimensioni di quelle di Nicco Fasola a Genova (8,5x10 cm) nonché degli stessi studi fotografici tra i quali, ad emergere sono in entrambi i casi importanti nomi: Alinari I.D.E.A., Giacomo Brogi, Anderson.Alcuni materiali di Genova, oltre a nomi di studi noti, presentano l’etichetta dello Studio Lionello Ciacchi di Firenze.
Questi dati permettono la ricostruzione non solo del percorso critico di Nicco Fasola sulle opere e del suo orientamento didattico, ma favoriscono anche una ricerca approfondita sulla provenienza dell’oggetto vero e proprio e sugli studi fotografici ai quali i docenti hanno fatto riferimento per le riproduzioni. Sul nastro adesivo, a corredo delle indicazioni fondamentali sulle opere (titolo, autore, luogo di conservazione dell’opera) laddove non compaiono riferimenti a specifici studi fotografici, Nicco Fasola ha riportato il titolo dei volumi dai quali la riproduzione fotografica è stata tratta e trasformata in diapositiva; compaiono infatti numerosi riferimenti alla Storia dell’arte di Adolfo Venturi, dove molte immagini sono state realizzate appositamente dal maestro e dai suoi allievi con specifiche campagne fotografiche, e a testi come: Crivelli, Gentile da Fabriano, Spencer, Storia dell’arte; Gengaro, Umanesimo e Rinascimento; Bertini, Le Gallerie d’Europa; Enciclopedia italiana, tutte seguite dal numero (e alle volte dalla pagina) dell’immagine riprodotta. Restano da indagare le modalità con cui tali diapositive sono state eseguite; dal momento che le immagini provengono da libri di testo, esse potrebbero essere state frutto di commissioni specifiche della docente ad un fotografo esterno alla Facoltà, come del resto, è avvenuto in altre Università italiane in epoca coeva al periodo di insegnamento di Nicco Fasola.
A questo punto, viene da domandarsi per quale motivo la docente abbia scelto proprio quelle foto e per quale motivo le abbia tratte da quei testi. Le risposte potranno giungere solo grazie al confronto con i volumi di provenienza di tali fotografie e dall’analisi dei documenti d’archivio oggi in corso.
Conclusioni
La scelta di proseguire lo studio della Storia della fotografia e le vicende che l’hanno vista partecipe, in Italia e in Europa, giunse quando nel 2013 il Prof. Franco Sborgi mi affidò la tesi di Laurea Magistrale, una ricerca che ebbe il compito di raccogliere materiale inerente gli studi sulla storia della fotografia quali mostre, riviste, libri di testo e protagonisti che avviarono, nel nostro paese, una riflessione storica sul mezzo, circoscrivendo l’arco cronologico tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del Novecento.
Il Dottorato in Digital Humanities presso la Facoltà di Genova e la personalità di Sergio Poli, grande sostenitore delle nuove tecnologie per la didattica, ha offerto a chi scrive la possibilità di proseguire questo cammino, incrementando le conoscenze e realizzando quel percorso che per la sua complessità, grazie all’acquisizione di nuovi strumenti metodologici e capacità di ricerca, può ora trovare una giusta prosecuzione. L’invito alla stesura di questo contributo all’interno degli Studi in Onore di Sergio Poli mi ha immersa nuovamente nelle ricerche sulla fotografia e sugli sviluppi a essa connessi grazie alle Digital Humanities. La partecipazione ad esperienze formative condotte durante il primo anno dottorale hanno favorito l’incontro con innovative teorie e con una cospicua quantità di “oggetti complessi”, materiali che per le loro caratteristiche polisemiche aprono alla conoscenza di nuove e diverse storie come i materiali fotografici di Giusta Nicco Fasola.
Strutturare la fototeca per un istituto di Storia dell’Arte significa pensare alla conservazione dei materiali fotografici, strumenti che oltre ad essere portatori di un bagaglio culturale di prestigio per l’Università, fanno parte della nostra storia come individui. Si avrebbe così l’occasione di trasmettere la memoria di coloro che nei decenni passati ne hanno fatto uso con finalità didattiche, permettendone la circolazione e lo studio al bacino d’utenza della facoltà che la ospita. Ben consci dell’insostituibilità degli oggetti originali e in linea con le raccomandazioni promosse dalla Florence Declaration (C. CARAFFA, 2009) è stato ritenuto opportuno il contemporaneo avvio di una fase di conservazione e digitalizzazione dei materiali al fine di favorire la salvaguardia del patrimonio grazie alle opportunità promosse dalle nuove tecnologie digitali.
Per quanto riguarda gli aspetti legati alla digitalizzazione ci troviamo di fronte ad un più consapevole impiego delle nuove tecnologie sicché è dagli anni Novanta del secolo scorso che “non c’è più bisogno di convincere nessuno, né persone né enti, sul fatto che le raccolte fotografiche costituiscono a tutti gli effetti un bene da conservare”(S. LUSINI 2000: 7) ma nonostante ciò, si è ulteriormente sensibilizzato il problema per la salvaguardia di tali materiali, come diretta conseguenza alla preoccupazione per la rapida obsolescenza dei supporti numerici dal momento che: “La situazione è complicata ulteriormente dalle caratteristiche stesse dei documenti da conservare: si ha infatti a che fare con un tipo di materiale che, mentre cerchiamo le possibili soluzioni per conservarlo, continua incessantemente a cambiare” (G. CIROCCHI 2001: 88). A interessare gli storici dell’arte e della fotografia è oggi ciò che Tiziana Serena definisce la cosalità dei fototipi poiché “Senza il supporto non vi è fotografia e anche quando parliamo di fotografie immateriali, digitali, il supporto continua ad esistere.” (T. SERENA 2012: 55)
Per questi motivi, conoscendo le possibilità offerte dai nuovi strumenti digitali e al contempo gli aspetti problematici degli stessi, in accordo con la Florence Declaration promossa dal Kunsthistorisches Institut di Firenze nel 2009, si è deciso di avviare il progetto della fototeca del DIRAAS anzitutto rispettando il materiale originale di provenienza, considerato bene culturale e patrimonio dell’Università di Genova.7
Come inoltre sottolineato da Andrea Bacchi, (BACCHI, 2014) Direttore della Fondazione Federico Zeri, sono ancora pochi in Italia gli archivi fotografici che si occupano di documentare, studiare la storia dell'arte e parallelamente la storia della fotografia. E altrettanto pochi sono gli istituti universitari che promuovono nuove campagne fotografiche sul territorio e all’estero.
La decisione di dare vita ad una fototeca nasce quindi dalla volontà di raccontare la storia dei materiali storico – artistici del Dipartimento di Storia dell’Arte e i metodi per veicolare le informazioni provenienti dalla didattica ipotizzando possibili sviluppi futuri in collaborazione con le nuove tecnologie. L’occasione dell’avvio di questo cammino sulle tracce degli insegnamenti di Giusta Nicco Fasola a Genova ha stimolato la comprensione sull’odierna importanza della fotografia intesa come strumento attivo del percorso formativo di studenti e docenti. Essa può infatti essere un incentivo per imparare, sull’esempio dei primi maestri, a osservare, descrivere, conservare e valorizzare il patrimonio di cui le nostre Università e il nostro paese dispongono.
Si auspica quindi alla possibilità di fare “rete” tra le Università italiane al fine di condividere materiali, informazioni ed esperienze, aprirsi alla collaborazione per sviluppare metodi via via sempre più efficaci all'insegnamento, alla visione, alla comprensione e alla ricerca storico – artistica nonché, alla possibilità che la Fototeca del DIRAAS (Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo) possa inserirsi, in futuro, in un più ampio progetto dedicato all’Archivio Fotografico di Storia dell’Arte della Scuola di Scienze Umanistiche di Genova.
Bibliografia
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Sitografia
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SUISA – Giusta Nicco Fasola: http://siusa.archivi.beniculturali.it/ voce compilata da Rossella Santolamazza, aggiornata al 14/7/2014
Note
↑ 1 Cfr. C.CARAFFA, Pensavo fosse una fototeca, invece è un archivio fotografico in ”Ricerche di storia dell’arte” pp.37 – 50, n.106, 2012, Carocci Editore.
↑ 2 Il programma conservativo stabilisce la rimozione delle lastre dai luoghi originali per inserirle all’interno di contenitori idonei e a norma per la conservazione dei materiali su vetro. Le scatole in legno originali verranno conservate dopo essere state sottoposte a pulitura.
↑ 3 Si vuole precisare che in questa sezione della ricerca vengono considerate le diapositive su vetro esclusivamente nel modo in cui esse sono state trovate presso i locali del DIRAAS. I materiali sui quali si basano gli attuali studi potrebbero dunque essere parziali rispetto al periodo di insegnamento di Nicco Fasola e la prosecuzione delle ricerche ha come obiettivo la risoluzione di tali quesiti.
↑ 4 In data 25 marzo 2015, in accordo con il Dott. Umberto Parrini sono state avviate le ricerche presso l’ “Archivio Adolfo Venturi”, Università Normale di Pisa, al fine di conoscere i rapporti intercorsi tra Giusta Nicco Fasola e Adolfo Venturi. Lo studio è tuttora in corso. Carteggio Adolfo Venturi – Nicco Fasola.
↑ 5 Corrispondenza di Adolfo Venturi con Giusta Nicco Fasola; Lettera di Giusta Nicco Fasola ad Adolfo Venturi; Archivio Adolfo Venturi, Scuola Normale di Pisa. La lettera riporta la seguente dicitura: Firenze, 5 Aprile. Non viene indicato l’anno.
↑ 6 La Storia dell’arte come cultura è il titolo del saggio di Giusta Nicco Fasola scritto in occasione della nascita della prima cattedra di Storia dell’arte a Genova. Il titolo riassume il senso profondo che la docente ha attribuito all’insegnamento della Storia dell’arte nell’Università.
↑ 7 Per approfondimenti sulla Florence Declaration – Raccomandazioni per la preservazione degli archivi analogici consultare il sito del Kunsthistorisches Institut: http://www.khi.fi.it/it/Declaration, Ultima consultazione, 13/03/2016.