Utilizzo delle TIC nella ricerca linguistica sull’arabo scritto contemporaneo: il sistema ipotetico
Indice
3. Il periodo ipotetico nella lingua araba «fuṣḥā» scritta contemporanea
4. Le ipotesi escatologiche: Islam e modernità
5. I "blog" analizzati: il corpus e l’analisi linguistica
6. Analisi sociolinguistica dei «blog», dei «forum» e degli utenti
Abstract
Italiano | IngleseCon il presente articolo, ci proponiamo di contribuire allo studio dei sistemi condizionali della lingua araba cosiddetta fuṣḥā (“eloquentissima”, “purissima”) scritta contemporanea. Allo scopo di presentarne una descrizione maggiormente aderente alla situazione attuale, il nostro studio prende in esame l’utilizzo scritto della fuṣḥā contemporanea nel web. Attraverso l’applicazione delle TIC all’analisi di corpora digitali è stato possibile confrontare un elevato numero di dati linguistici estrapolati da una selezione di blog e forum arabi di estrema attualità. In ragione della complessità dei sistemi condizionali della lingua araba, la nostra ricerca si concentra essenzialmente sul sistema condizionale potenziale introdotto dall’operatore condizionale ʼin “se”, le cui occorrenze sono state estrapolate dal corpus attraverso l’estrattore terminologico da noi utilizzato, il programma AntConc. Con lo scopo di chiarire il significato socio-pragmatico delle scelte linguistiche evidenziate, la lista delle concordanze è stata analizzata anche in termini sociolinguistici. Completa l’analisi una presentazione diacronica degli studi dei principali grammatici e linguisti arabi, nonché di linguisti occidentali, sull’argomento. Il risultato è il reperimento di nuovi dati estremamente significativi, che in parte contraddicono e in parte sviluppano ulteriormente quanto riportato dalla letteratura scientifica di settore.
1. Introduzione
Il presente articolo1 si propone di contribuire allo studio dei sistemi condizionali della lingua araba cosiddetta fuṣḥā2 scritta contemporanea. In mancanza di descrizioni adeguate di tali sistemi nelle grammatiche arabe e occidentali moderne e contemporanee, questo lavoro ambisce a chiarire la situazione linguistica attuale e a descriverla in modo più adeguato.3 Data la complessità dei sistemi condizionali della lingua araba, la nostra ricerca si concentra essenzialmente sul sistema propriamente ipotetico, il sistema condizionale potenziale introdotto dall’operatore condizionale ʼin “se”.
Il nostro lavoro intende fornire materiale utile al dibattito circa la progressiva sparizione del sistema ipotetico introdotto da tale operatore condizionale dalla lingua araba scritta contemporanea. Molti linguisti ritengono infatti che il sistema ipotetico nella sua totalità abbia subito, nel corso dei secoli, cambiamenti tali da implicare il disuso pressoché totale della costruzione ʼin p, q, ovverosia ʼin protasi, apodosi. Secondo tale visione, l’operatore condizionale che si sarebbe imposto nell’arabo moderno, nella maggior parte dei paesi arabi, e che diverrebbe il solo con il progredire dell’evoluzione linguistica, sarebbe ʼiḏā “quando, allorquando; se”, un tempo operatore di circostanza eventuale, ma che oggi si avvale sia del valore temporale sia di quello condizionale, dominando largamente il secondo sul primo nell’uso quotidiano.4 L’altro operatore che, in alcuni paesi arabi, sembra imporsi nel contesto dei sistemi condizionali è law “qualora, nel caso; se”. Insieme a ʼiḏā, pare che esso venga ad appartenere a un nuovo sistema condizionale semplificato, caratterizzato dal passaggio da tre operatori (ʼin , ʼiḏā e law) a due operatori (ʼiḏā e law), il quale potrebbe ulteriormente ridursi a un solo operatore (sistema condizionale assoluto).
La nostra ricerca si prefigge pertanto di accertare se, contrariamente all’ipotesi riassunta qui sopra, l’operatore condizionale ʼin sia tutt’oggi utilizzato nell’arabo scritto e, se sì, in quale contesto, da che tipo di utente e con quali frequenza e valore. Ciò che presentiamo in questo lavoro costituisce solo l’inizio di un progetto più vasto, che intendiamo condurre sui sistemi condizionali della lingua araba scritta contemporanea.
Con l’intento di verificare se l’operatore ʼin appare oggi unicamente nelle citazioni coraniche e degli ʼaḥādīṯ,5 in espressioni religiose come ʼin šāʼa Allah “Se Dio vuole”, o esclusivamente accompagnato da operatori di coordinazione, come fa- e waw,6 oppure se esso è tuttora utilizzato come operatore espressamente ipotetico nella produzione scritta spontanea in lingua araba, abbiamo scelto di trarre il corpus che abbiamo analizzato da alcuni blog e forum arabi che trattano di escatologia, a partire dal mese di giugno dell’anno 2014 fino allo stesso mese dell’anno 2015. Se il tema dell’escatologia islamica è utile a stabilire un legame fra tradizione e modernità, ancor più evidente nella situazione geopolitica attuale, per sua natura esso ci offre un’ampia possibilità di trovare frasi ipotetiche in arabo scritto contemporaneo. Inoltre, nei blog e nei forum si può trovare qualsiasi tipo di utente e quindi qualsiasi tipo di livello linguistico e culturale. Considerando che la lingua veicola un messaggio, per meglio comprendere quest’ultimo è importante conoscere e capire la persona che lo esprime. Per tale motivo, onde chiarire il contesto nel quale si trovano gli elementi linguistici con i loro significati, l’analisi da noi condotta non è esclusivamente sintattica, ma anche sociolinguistica.
2. Le strutture ipotetiche nella tradizione grammaticale araba e nelle grammatiche europee dell’arabo classico
La tradizione grammaticale araba7 non è né unica né indivisibile, anzi vi sono state al suo interno variazioni metodologiche di analisi dei dati linguistici. Ciò nonostante, i grammatici arabi medievali concordano tutti sul fatto che l’essenza delle espressioni condizionali stia nella loro incertezza riguardo alla possibilità di realizzare la condizione e, di conseguenza, riguardo anche alla realizzazione dell’evento dipendente dalla condizione, ovvero dell’evento descritto nell’apodosi, detta anche “risposta”. Le condizioni realizzabili sono incerte, mentre quelle irrealizzabili sono sempre e obbligatoriamente certe. Da qui discenderebbe che solo le prime sono ammesse come vere espressioni condizionali. Le seconde, al contrario, essendo certe, poiché la loro condizione, ovverosia l’ipotesi, è appunto sempre irrealizzabile, non possono essere considerate come vere frasi condizionali.
Non tutte le particelle cosiddette “condizionali” sono accettate all’unanimità dai grammatici arabi medievali e anche le loro definizioni variano da una grammatica all’altra. Secondo Sībawayhi (m. 793), il fondatore della grammatica araba, sono da considerare le seguenti: man, mā, ’ayyuhum, ’ayya ḥīnin, matā, ’ayna,’anā, ḥayṯumā, ’in, ’iḏāmā.8 Egli sosteneva che la particella ’in fosse la “madre”, in arabo ’umm, o meglio la “radice” di ogni operatore condizionale, perché ’in è la sola particella a cui non è legata alcuna funzione all’infuori dell’espressione della condizionalità. Essa soltanto, dunque, possiede un valore esclusivamente condizionale. Le particelle ’iḏā e law non sono presenti nella sua lista degli operatori condizionali, non essendo “incerte”.
Ibn Mālik (m. 1274)9 ha sottolineato che le particelle condizionali agiscono su due verbi e non su uno solo, soprattutto nel caso di quelle che impongono l’apocopato.10 Anche Sībawayhi credeva che gli operatori condizionali agissero sui verbi, ma secondo la sua opinione essi hanno un’influenza diretta unicamente sul primo, quello della protasi, operando solo indirettamente sul secondo, il verbo dell’apodosi, in quanto è l’insieme del primo enunciato, ovverosia dell’operatore e della protasi, che opera l’apocope del verbo dell’apodosi.
Nella sua opera, il Mufaṣṣal, Al-Zamaḫšarī (m. 1144)11 considera sia ’in sia law particelle condizionali e, nonostante le numerose critiche dei grammatici a lui posteriori circa l’inclusione di law, la sua classificazione venne accettata dai suoi contemporanei e costituisce ancora oggi il modello d’insegnamento del sistema ipotetico arabo nelle grammatiche arabe contemporanee. L’azione comune di ’in e di law sta semplicemente nel fatto che entrambi sono operatori binari, ma non si realizza nell’apocope del verbo. Le forme verbali, diversamente da ciò che certe grammatiche europee dell’arabo classico sostengono o omettono di rilevare, hanno un significato in sé12 e pertanto un uso preciso: la forma apocopata della coniugazione a prefissi (al-fi‘l al-muḍāri‘ al-maǧzūm) sembra costituire in ambito condizionale la forma detta “marcata”, associata sempre e unicamente al valore “ipotetico/virtuale”; la coniugazione a suffissi (al-fi‘l al-māḍī) sarebbe al contrario la forma “non marcata”, ovverosia senza un utilizzo fisso, il cui valore non è dedicato esclusivamente alla categoria modale dell’ipotesi (virtuale).13
L’unica combinazione di forme verbali nella phrase double14 condizionale ammessa da tutti i grammatici arabi è: operatore condizionale + yaqum + yaqum, ovverosia operatore condizionale + apocopato + apocopato.15 Le coppie verbali ammesse dai diversi grammatici arabi16 non sono da essi illustrate dal punto di vista semantico: essi non illustrano le variazioni di significato dipendenti dalle varie combinazioni delle forme verbali. Se è problematico svelare le differenze semantiche tra le differenti combinazioni verbali, l’esistenza di tali differenze sembra essere implicita nel principio di Sībawayhi che ogni variazione sintattica ha la sua controparte semantica. Un fatto importante è che l’esistenza di una variazione in termini di maggiore/minore inclusività del sistema, prova di per sé l’esistenza di una differenziazione semantica tra le strutture generate da differenti combinazioni di forme verbali.17
Quanto alle più autorevoli grammatiche europee dell’arabo classico, secondo Wright18 ’in è la particella condizionale che introduce ipotesi possibili, e law la particella che introduce ipotesi impossibili. Secondo Veccia Vaglieri,19 le principali congiunzioni che traducono “se” sono ’in e law. La differenza tra esse è che ’in è usata per ipotesi reali o possibili, mentre law è usata per quelle irreali, i.e. contrarie alla realtà. Fischer20 distingue tra due tipi di frase condizionale: la frase condizionale reale e la frase condizionale irreale. ’In “wenn” introduce le frasi condizionali reali, law introduce le frasi condizionali potenziali e irreali. Corriente21 afferma che la frase condizionale affermativa è introdotta da ’in, mentre la frase condizionale irreale è introdotta da law. Anche Blachère & Gaudefroy-Demombynes22 distinguono tra phrase double “hypothétique réalisable”, introdotta da ’in e phrase double “hypothétique irréalisable”, introdotta da law.23
In generale, si può notare come i grammatici arabi ed arabisti condividano tutti la stessa concezione del sistema condizionale, e più precisamente ipotetico, introdotto dalla particella condizionale ’in“se”: trattasi della vera proposizione condizionale reale, o realizzabile. Ciò su cui essi non sono tutti concordi è la funzione dell’apocopato in questo contesto: secondo alcuni, come Wright e Fischer, esso ha il valore semantico dell’aspetto compiuto; per altri, al contrario, esso indica l’incertezza, valore prototipico della condizione ipotetica.
3. Il periodo ipotetico nella lingua araba «fuṣḥā» scritta contemporanea
Beeston24 analizza la lingua araba contemporanea e, nel capitolo 14 del suo volume The Arabic language today, dedicato alle strutture condizionali,25 descrive ʼin come un elemento ancora ben presente nella lingua araba:
Both propositions in an Arabic conditional sentence are marked by a characteristic structure; the conditioning one also by a functional. The simplest of these functionals is ʼin “if”, which implies nothing more than the uncertainty of validity. ʼIḏā had originally a time significance in addition, “if ever/if at any time/whenever”, but in SA has largely encroached on the domain of ʼin. And there are other functionals used with the conditional structure, such as mahmā “if… anything/whatever”, etc.26
Egli aggiunge che il verbo riveste un ruolo fondamentale, sebbene le due forme, compiuto ed incompiuto, possano assumere gli stessi significati, a seconda del contesto.27 D’altronde, già nel 1968,28 l’autore forniva le seguenti definizioni della proposizione condizionale e di quella ipotetica:
CONDITIONAL SENTENCE. One consisting of two clauses, which stand to each other in such a relationship that the validity of the proposition stated in the principal clause is conditioned by the validity or otherwise of the conditioning clause. In ʻif you do that, I shall despise youʼ, the statement ʻI shall despise youʼ is a conditioned one which will only be effectively valid provided that the proposition stated in the conditioning clause ʻyou do thatʼ is effectively realized, and failing this, the statement made in the principal clause will not be valid; 29
HYPOTHETICAL SENTENCE. One of the same structural nature as a conditional sentence, differing from it only in that the probability of the effective realization of the two propositions is presented as remoter and more speculative.30
Nel capitolo 12,31 Beeston presenta innanzitutto ʼin et ʼiḏā come equivalenti. Egli precisa solo in seguito32 che, quando la particella ʼiḏā è posta in una struttura condizionale, include anche un senso temporale di circostanza, che potremmo tradurre when, in riferimento al futuro, o whenever. Per quanto concerne il sistema ipotetico introdotto da law, egli scrive:
Hypothetical sentences also consist of two clauses, but present the conditioning proposition as a mere supposition, or a remote possibility, or as definitely invalid. These imply no time indication at all, and will have to be rendered in English in one of two ways only determinable by the context […]. The conditional clause is introduced by law followed by a perfect verb, the conditioned one has a perfect verb which may or may not be introduced by la- [...].33
Wa-ʼin e wa-law introducono secondo Beeston delle anti-conditioning clauses, di cui egli fornisce la seguente definizione:
undefined
ANTI-CONDITIONAL CLAUSE. One embodying a proposition of which the effective realization does not condition the validity of the principal proposition, as in ʻeven if you do this, I shall despise youʼ, which implies that the statement ʻI shall despise youʼ is a valid one irrespective of whether the proposition ʻyou do thisʼ is realized or not.34
Secondo Beeston, nello stile moderno, dopo anti-conditioning clauses, al fine di evidenziare meglio la segmentazione dell’espressione che segue, si aggiunge una tra le negazioni ġayr ʼanna, ʼillā ʼanna o wa-lākin “Diversamente da”, “senza che”, “ma”.
A proposito della frase condizionale nell’arabo moderno utilizzato dalla la stampa egiziana, Alain Girod35 afferma:
[…] les conditionnelles sont enchâssées dans la complétive d’un verbe de déclaration comme «il a déclaré que si…, ...»; dès lors, l’appréhension du faisable ou non faisable dans le cerveau du «déclarant», soit, pour le lecteur, le départ entre réalisable ou difficilement réalisable ou irréalisable n’est pas possible, car l’idée que s’en fait le «déclarant» se cache à l’intérieur du verbe de déclaration et ne me semble pas être clairement assumée par la particule de la condition36
Egli evidenzia in seguito il fatto, molto importante a nostro avviso, che la percezione dell’ipotetico per gli arabi è molto diversa da quella rappresentata dal francese, dove l’ipotesi potenzialmente realizzabile è percepita come realizzantesi nel futuro. Come prova di questa considerazione, egli sottolinea il valore atemporale di una frase come ʼin šāʼ Allah “se Dio vuole”, che utilizza una forma verbale compiuta con valore condizionale. In arabo moderno le regole di distinzione di uso tra i tre operatori ipotetici non sono sempre rispettate. Nel corpus utilizzato da Girod, ʼiḏā esprimerebbe sia il potenziale, sia l’ipotetico realizzabile, sia l’ipotetico irrealizzabile. Inoltre, dall’analisi di Girod risulta che tale particella possa introdurre anche un’oppositiva, con o senza wa- “e”, e una concessiva, con wa-. ʼIn sarebbe per Girod l’operatore minoritario. Tuttavia, egli si limita a citare tre esempi (uno solo dotato di valore condizionale e i due restanti con valore concessivo) tratti dal corpus da lui analizzato, senza peraltro fornire i risultati di un’analisi statistica. Inoltre, nell’unico esempio condizionale, l’apodosi precede la protasi e quindi «la condition n’est pas annoncée d’emblée par la particule du conditionnel; tout cela est logique puisque dans «si q, p», «si» domine p et q, alors que dans «p, si q», p est indépendante de «si q», qui s’ajoute»:37 la fiducia nel valore condizionale operato da ʼin sembra diminuire in questo caso.
A proposito del sistema introdotto da law, la trasformazione più evidente concerne, secondo Girod, l’utilizzo sempre più frequente del costrutto di coordinazione fa-ʼinna “e quindi, effettivamente” al posto della particella di corroborazione la- “certamente”, la quale è tradizionalmente preposta all’apodosi nelle condizionali introdotte da law. Inoltre, nella forma wa-law “quand’anche” o ḥattā law “sebbene, seppure”, la particella law va a sostituirsi a wa-ʼin “anche se” nelle concessive potenziali.
Girod conclude affermando che gli operatori principali della frase condizionale in arabo contemporaneo sono due: ʼiḏā per il potenziale (condizione realizzabile), al quale si aggiunge un valore temporale, e law per la condizione irrealizzabile. Secondo Girod, solo law è utilizzato per l’ipotesi irrealizzabile.
Nella sua tesi, Girod afferma inoltre che ʼin è quasi scomparso come particella condizionale, ma resiste in minima percentuale nella frase concessiva potenziale, in forte concorrenza con wa-ʼiḏā / ḥattā ʼiḏā “e se” / “benché”.38 Secondo Girod lo schema ‘verbo di dichiarazione + ʼanna(-hu),39 se q, fa-’inna p’, sempre più presente, è un calco dal francese e dall’inglese.
La realizzazione del periodo ipotetico nell’arabo contemporaneo è soggetta a variazione. A seconda dei paesi, vi è la tendenza a prediligere un operatore ipotetico agli altri, con conseguente costituzione di un sistema condizionale assoluto (che contempla un solo “se”). Tale operatore non è lo stesso ovunque. In generale, i più usati sono ʼiḏā, in modo più frequente e massiccio, e law, soprattutto in Egitto.
Secondo Sartori,40 in presenza di un sistema condizionale assoluto, che non contempla più l’utilizzo di un particolare operatore condizionale a seconda delle necessità di espressione, le sfumature semantiche sono date essenzialmente dalla forma dell’apodosi, dato che la protasi presenta quasi sempre un verbo compiuto. La forma verbale all’apodosi viene ad acquisire un valore temporale, che non possedeva nell’ambito del sistema condizionale a tre operatori. Contrariamente a quanto affermato da Girod, secondo Sartori,41 in arabo letterario moderno law sarebbe utilizzato anche «pour exprimer un fait à venir et possible de surcroit, i.e. un potentiel.» Vale la pena di sottolineare che Sartori dedurrebbe ciò semplicemente dal fatto che, nell’esempio da lui citato, l’apodosi di una frase condizionale irreale è rappresentata da un verbo al futuro. Secondo noi, nell’esempio citato da Sartori law untuḫibat... sa-takūn awwala mraʾa... “se mai la eleggessero, sarà la prima donna...” e tratto da «un bulletin d’information diffusé par BBC Arabic, le 4 avril 2009», la protasi conserva invece il valore irreale ed è semmai l’apodosi che, pur conservando un valore schiettamente condizionale proprio in virtù della protasi irreale che la precede, si manifesta sotto forma temporalizzante (futuro) e cioè esprime il valore schiettamente condizionale attraverso la forma del verbo al futuro, cosa che potrebbe essere giustificata da calco sintattico dalle lingue occidentali (francese, inglese).
4. Le ipotesi escatologiche: Islam e modernità
I blog escatologici ai quali siamo ricorsi per stabilire il corpus costituiscono un esempio di letteratura escatologico-apocalittica contemporanea, sviluppatasi a partire dal Corano e dagli ʼaḥādīṯ e riguardante l’imminente fine del mondo.
Tale letteratura fa riferimento in modo particolare ad alcune zone geografiche, come il Nağd, lo Yemen e la zona dei cosiddetti Rūm (i.e. l’Europa), che costituiscono oggi l’oggetto di molti dibattiti e ipotesi sui blog e forum da noi individuati. In generale, tutte le aree geografiche prese in considerazione dagli utenti di queste piattaforme sono teatro di notevoli sconvolgimenti a partire da giugno 2014, quando l’organizzazione ISIS ha annunciato la restaurazione della ḫilāfa.42 Tale avvenimento ha generato speculazioni, aspettative e paure che, in maniera particolare sui blog escatologici, hanno reso nuovamente attuale l’argomento apocalittico.
L’escatologia è utilizzata da gruppi e fazioni politiche opposte per legittimare o screditare i personaggi principali dello scenario medio-orientale odierno, per condannare o giustificare le azioni dell’ISIS, le posizioni politiche degli Stati Uniti d’America e della Russia e per cercare di offrire nuove interpretazioni circa il concetto di ḫilāfa, in relazione con la situazione contemporanea. Apocalypsis significa innanzitutto “rivelazione”, la letteratura apocalittica è dunque ricca di visioni profetiche circa la fine del mondo. Cook43 sostiene che l’Islām sia nato, con ogni probabilità, come un movimento apocalittico e che abbia continuato ad avere una natura messianica e apocalittica nel corso della sua storia: «Muslims’ beliefs about the end of the world ultimately reflect their views both of themselves and of the direction of their society’s development».44 Secondo Cook, la mancanza di sicurezza politica è stato il primo elemento ad aver contribuito allo sviluppo delle tradizioni apocalittiche.
Non possiamo parlare di un’unica tradizione escatologico-apocalittica islamica. Essa consta infatti di numerosi cicli, diversi e a sé stanti. Tuttavia, secondo Cook, da tutti emerge la volontà di una “vittoria imperiale”, di una nuova conquista che possa sottomettere e umiliare l’Occidente. La paura generata dall’imminenza dell’apocalisse diviene uno strumento per convertire tutti gli uomini alla fede musulmana e per non permettere che i musulmani stessi si allontanino dall’Islām.
Una parte fondamentale di tale letteratura è consacrata ai cosiddetti “segni dell’Ora”: in ogni epoca vi sono stati visionari convinti di vedere segni dell’imminente fine del mondo, segni che si ripetono e sono sempre gli stessi, anche oggi. Tali segni costituiranno per noi il legame fra tradizione e modernità: nel nostro corpus di blog e forum gli utenti ne parlano continuamente, riferendosi anche a ciò che li seguirà. Tra questi presagi, vi sono: i) la decadenza morale: sessualità troppo “libertina”, forme di “deviazione” e “aberrazione” sessuale, assenza di rispetto per i luoghi sacri, i musulmani si accuseranno vicendevolmente d’incredulità e si allontaneranno gli uni dagli altri, i credenti verranno insultati a causa della loro fede; ii) segni fisici all’interno della società: commercio a scopo di interesse, statuto sociale delle donne pari o superiore a quello degli uomini, aumento della criminalità, guerre civili, abbandono del ǧihād; iii) catastrofi: terremoti, carestie, siccità e pestilenze; iv) segni astronomici: comete, eclissi e il sorgere del sole a Ovest. Tali presagi, che precedono la fine del mondo, costituiscono i “Segni Minori”. I “Segni Maggiori”, invece, concernono ciò che avverrà dopo la fine del mondo, al momento del Giudizio ultimo e supremo e la conseguente divisione tra dannati e beati.
Un punto importante per noi, che richiede una breve spiegazione, è il termine malḥama, perché la si incontra molto nei blog e nei forum. Esso denota un tipo specifico di battaglia apocalittica, che è spesso legata alla conquista di Costantinopoli. I primi quattro cicli del genere letterario escatologico-apocalittico si concentrano sulle cinque antiche città sacre del cristianesimo: Gerusalemme, Alessandria, Antiochia, Costantinopoli e Roma, che devono essere conquistate.45
I principali attori dell’orizzonte apocalittico sono il Mahdī45 e il Daǧǧāl:46 essi rappresentano la trasposizione islamica della coppia antitetica della tradizione cristiana, composta da Gesù Cristo e dall’Anticristo. Il Mahdī è l’inviato di Allah, ma ricopre un ruolo unicamente politico e militare, mentre il Daǧǧāl è la figura che per eccellenza incarna il male e la ribellione ad Allah. È importante notare che il ciclo apocalittico sunnita contempla la figura di Gesù Cristo, il quale, in quanto Vero Messia, duellerà nell’Ultima Ora contro il Falso Messia, il Daǧǧāl, sconfiggendolo e uccidendolo. Il Daǧǧāl arriverà dall’Est e s’impadronirà dell’Iraq, per poi attaccare Medina. In altri cicli, l’avversario politico e militare del Mahdī, nell’ultima grande battaglia tra bene e male che precederà la fine del mondo, è la figura umana del Sufyānī. La figura del Sufyānī è nata con i cicli apocalittici sciiti e anti-Abbasidi in Siria. Discendente di Abū Sufyān, egli è un nemico del Profeta dell’Islām. Il Daǧǧāl, invece, è considerato in modi diversi dai differenti cicli: una persona, oppure un’entità non umana, talvolta il simbolo dell’Occidente. Il Mahdī sarà l’ultimo sovrano sulla terra, prima del Giorno del Giudizio, e la sua prima spedizione sarà contro i Turchi. Questo argomento viene trattato nei cicli messianici, che costituiscono il cuore dell’apocalisse musulmana e che si concentrano anche sulla mancanza di giustizia in questo mondo, che sarà ristabilita solo da una figura messianica. Quest’ultima sarà rappresentata dal Mahdī, il grande capo militare e politico dei musulmani, colui che condurrà l’Islām alla vittoria e alla conquista dei territori nemici. Tutto il mondo sarà conquistato politicamente e militarmente da lui, prima della venuta del Vero Messia (Gesù Cristo), che ucciderà il Daǧǧāl e convertirà i cristiani alla fede musulmana.
Ciò che questa letteratura mostra in modo evidente è il bisogno di giustizia, di un’epoca migliore, di stabilità politica e sociale. Gli autori apocalittici, anche quelli dei blog e forum da noi analizzati, sono attenti a ciò che li circonda, alla ricerca di segni da interpretare. Non costituiscono un gruppo unico, né organizzato né tanto meno istituzionale. Al di là della variegatezza con cui si presentano, in comune hanno l’idea di una cospirazione internazionale contro il mondo musulmano, alla quale è necessario rispondere con un’unione musulmana, alla cui testa stia un califfo “ben guidato”. Conseguentemente, gli scrittori apocalittici vedono nemici ovunque: l’Occidente, un intruso culturale; lo Stato d’Israele,48 che dell’Occidente diviene il simbolo e che controlla i luoghi sacri musulmani, che provoca frustrazione e che è sostenuto dagli Stati Uniti d’America; la Russia; l’Inghilterra; la Francia; la Germania; il Giappone; la Cina e il Vaticano.49 Il sentimento di frustrazione, generato dalla superiorità dei paesi occidentali, si rivela nel pensiero secondo il quale tali società più evolute sono arroganti, immorali ed atee: esse meritano una condanna e una punizione per la loro mancanza di timore di Dio. Ma non è tutto: in certi paesi, persino gli UFO50 vengono integrati in questa letteratura del terrore, ad aggiungere un’ulteriore denuncia contro la cospirazione del nemico, a cui dobbiamo sommare anche il Triangolo delle Bermuda, ove risiedebbe Satana.
Gli attacchi terroristici contemporanei sono in qualche modo legati al quadro escatologico-apocalittico: i discepoli del Mahdī sventolano bandiere nere e il loro scopo è la conquista di tutti i territori a partire dall’Afghanistan fino a Gerusalemme, ma anche dell’Europa nella sua interezza.
5. I "blog" analizzati: il corpus e l’analisi linguistica
Nei blog e forum da noi analizzati abbiamo trovato la coesistenza di analisi geopolitiche contemporanee, di riferimenti classici al Corano e agli ʼaḥādīṯ e di argomenti non convenzionali all’interno del discorso escatologico,51 in fuṣḥā scritto contemporaneo. È interessante trovare nello stesso blog o forum, ma anche all’interno di uno stesso discorso, aspetti al contempo conservatori e rivoluzionari, che mostrano come vi sia un legame fra la tradizione e la modernità, dal punto di vista sia culturale, nel senso più ampio del termine, sia linguistico. Lo scopo del nostro lavoro di ricerca è quello di trovare e proporre del materiale nuovo per la descrizione delle strutture condizionali in fuṣḥā scritto contemporaneo.
Il motivo della scelta dei blog e dei forum escatologici risiede nella natura incerta degli argomenti che trattano: i segni da interpretare sono ambigui e le interpretazioni spesso contrastanti. Le ipotesi, di conseguenza, sono estremamente frequenti e presentano una grande varietà di strutture condizionali, motivo per cui i blog e forum nei quali compaiono costituiscono per noi un corpus interessante e piuttosto ricco.
Le ipotesi apocalittiche sono tutte incerte, ma la loro realizzazione è sempre immaginata come possibile. Sulla base di ciò, nel nostro studio sui sistemi condizionali in arabo contemporaneo, siamo partiti dalla ricerca, all’interno dei blog e forum selezionati, dei costrutti introdotti dalla particella ʼin. Quest’ultima, infatti, nell’arabo classico è associata sia all’incertezza, sia alla possibilità. Sebbene certe descrizioni linguistiche recenti dell’arabo standard moderno sostengano il progressivo declino o il disuso del sistema in ʼin, sostituito dal sistema in ʼiḏā, il nostro corpus indica una situazione linguistica più complessa. All’interno dei blog e forum selezionati, l’utilizzo di ʼin persiste infatti nelle produzioni autentiche e non solo nelle “frasi fatte” di carattere religioso o nelle citazioni coraniche e dagli ʼaḥādīṯ. Inoltre, tale utilizzo non è affatto residuale in questo genere di produzione. Con questi dati alla mano, non si può, a nostro avviso, escludere la possibilità di una continuità del sistema condizionale arabo dotato di tre operatori: ʼin, ʼiḏā e law.
Le frasi condizionali che costituiscono il nostro corpus sono state estrapolate da alcuni blog e forum arabi, selezionati sulla base di un criterio esterno e cioè temporale: dal mese di giugno 2014 al mese di giugno 2015. Grazie al programma digitale AntConc, abbiamo potuto analizzare un totale di 228.988 parole e di 35.224 categorie di parole, in 153 pagine.52
Ci siamo concentrati sull’uso di ʼin come operatore condizionale e abbiamo cercato innanzitutto le occorrenze di ʼin (più precisamente di alif + hamza + nūn = إن), trovandone 243. Dopo questa prima ricerca, ci siamo accorti del fatto che il programma utilizzato non trovava le occorrenze di ʼin precedute dalla congiunzione fa- o wa-. Essendo tali particelle monolittere e pertanto legate all’operatore con il quale formano una parola sola, i costrutti fa-ʼin e wa-ʼin venivano considerati dal programma come parole diverse da ʼin. È stato quindi necessario effettuare altre ricerche, per accertarsi di rinvenire tutte le occorrenze di ʼin, che possono infine essere riassunte come segue: 243 occorrenze di ʼin, 58 occorrenze di wa-ʼin e 112 occorrenze di fa-ʼin, su un totale di 413 occorrenze di ʼin.
L’assenza di vocalizzazione ha posto il problema dell’interpretazione. Infatti, la grafia إن (alif + hamza + nūn) può rappresentare ʼin, ma anche ʼinna.53 Di conseguenza, abbiamo necessitato di un tempo più lungo di quello inizialmente stimato e di una maggiore attenzione per identificare i veri operatori condizionali. Dopo aver eliminato tutti gli ʼinna, ma anche gli ʼin che si ripetevano più volte in una stessa pagina,54 siamo giunti alla distribuzione che segue: 101 occorrenze di operatori condizionali ʼin; 312 occorrenze tra ripetizioni di ʼin e occorrenze di ʼinna. Abbiamo quindi suddiviso le 101 occorrenze di ʼin come segue: i) formule di carattere religioso, come ʼin šā’ Allah (20%); ii) proposizioni concessive (14%); iii) sistemi condizionali (66%). Dopo aver escluso le occorrenze nelle formule di carattere religioso e nelle proposizioni concessive, abbiamo diviso in due gruppi le 67 occorrenze degli ʼin che introducono dei veri sistemi condizionali: i) citazioni esplicite ed implicite dal Corano, dagli ʼaḥādīṯ, dalla letteratura sapienziale e dalla poesia (58,3%); ii) produzioni autentiche, i.e. spontanee (41,7 %).
Nonostante le citazioni costituiscano la maggioranza delle occorrenze di ʼin, possiamo notare che la differenza in percentuale non è così importante come avremmo potuto credere prima di portare a compimento questa analisi. Possiamo pertanto concludere che, in questo genere di blog e forum di carattere escatologico-apocalittico, l’utilizzo di ʼin come operatore condizionale è frequente e naturale. Dal nostro studio risulta che il sistema condizionale in ʼin è ancora in essere, come struttura della lingua araba scritta, perlomeno nel contesto analizzato. Per il momento non abbiamo ancora confrontato tale sistema condizionale, introdotto dalla particella ʼin, con i sistemi introdotti dalle particelle ʼiḏā e law: tale analisi farà parte di uno stadio successivo del nostro lavoro.
Abbiamo invece cercato le occorrenze di ʼin (scritto senza hamza, ovvero alif + nūn =ان). La principale difficoltà incontrata è stata nuovamente l’identificazione della particella condizionale ʼin, all’interno una lista di omografi – lista ben più vasta rispetto a quella della nostra prima ricerca - la cui interpretazione è possibile solo manualmente, sulla base del contesto in cui essi compaiono:
Sotto questa forma, la grafia ان (alif + nūn) può esprimere ʼin, o altre tre particelle che non sono particelle condizionali: ʼinna,55 ʼan56 e ʼanna.57Abbiamo trovato 1.265 occorrenze, alle quali abbiamo aggiunto le 75 occorrenze di wa-ʼin (wa-alif-nun) e le 32 di fa-ʼin (fa-alif-nun), per un totale di 1.372 occorrenze di alif + nūn. La nostra ricerca troverà compimento nell’elaborazione di questi nuovi dati e nella comparazione dei risultati con quanto abbiamo già classificato.
È confortante menzionare che uno degli altri due operatori condizionali in questione, ʼiḏā, presenta un solo omografo, ovvero ʼiḏān, anche nel caso di errata ortografia, e che l’altro, law, non ne presenta alcuno.
Sulla base dell’analisi da noi condotta, ci pare fuorviante e pericolosamente non scientifica l’affermazione di Bentley, che sottolinea come egli abbia deliberatamente deciso di non includere ʼin nei suoi studi sulle frasi condizionali, poiché, come scrive: «[…] a complete study of CA, MSA, and EC [Egyptian colloquial] would require the study of instances of ’in as well. This presents many ambiguities and false hits as the spelling of Arabic does not allow for quick searches for specific meanings of ’in.»58
Contrariamente a Bentley, nella prospettiva di poter presto includere nell’analisi i dati provenienti dalla seconda lista di omografi, abbiamo per il momento preso in esame le occorrenze di ʼin come operatore condizionale già a nostra disposizione. Abbiamo condotto su tali occorrenze un’analisi linguistica e sociolinguistica il cui scopo principale è quello di descrivere la situazione attuale del sistema condizionale introdotto da ʼin. Ecco alcuni esempi di occorrenze di ʼin riscontrate in produzioni spontanee:
1)
والجزيره والحمدلله مازالت في استقرار وامن ، وإن كان سيحدث شيء سيء لاقدر الله فسيحتاج وقت ومراحل
(http://mlahim.firstgoo.com/t514-topic)
“La penisola araba, grazie a Dio, rimane stabile e sicura, e se succede qualcosa di negativo, Dio non voglia, ciò necessiterà di tempo e fasi.”
In questo primo esempio wa-ʼin non esprime una proposizione concessiva, bensì una vera condizionale introdotta dall’operatore ʼin, con una particella di coordinazione (wa-). Per noi è rilevante anche il fatto che non si tratta di una citazione, ma di una frase spontanea: l’utente parla della contemporaneità ed esprime le sue ipotesi personali circa il futuro della zona geografica al-Ǧazīra.
Sottolineiamo l’uso del tempo futuro sia per il verbo nella protasi sia per quello nell’apodosi. Tale dato si può interpretare come aumento del numero delle forme verbali ammesse nel sistema condizionale, che costituirebbe un tratto peculiare della modernità linguistica dell’arabo, un’evoluzione del sistema dell’arabo classico che, piuttosto che il valore temporale futuro, esprimeva le nozioni modali dell’incertezza o della certezza attraverso l’uso rispettivamente dell’incompiuto apocopato e del compiuto.59 La presenza di kāna permette all’utente di utilizzare un verbo al futuro nella protasi e la presenza di fa- gli consente di usarlo anche nell’apodosi, senza così contraddire le regole grammaticali concernenti l’utilizzo di un compiuto nella protasi e della particella fa- in caso di rottura dell’armonia con l’apodosi, causata dalla presenza di una forma verbale diversa.
2)
إذن، القبلة الأولى للمجاهدين في آخر الزمان هي الشا مولكن إن أبيتم الجهاد العسكري في الشام، أو تعذر عليكم الذهاب، فعليكم بيمنكم[…]
(http://akhiralzaman.blogpot.com/2014/10/3.html)
“Quindi, la prima direzione dei Muǧāhedīn60 nell’Ultima Ora61 è il Levante, ma se voi rifiutate il Ǧihād militare in Siria, o non potete andarvi, allora dovete giurare […].”
3)
فإن لم يكن هو فهو أحد مروجي خزعبلاته
(http://mlahim.firstgoo.com/t1104-topic)
“E se non è lui, [sappi allora che] si tratta di uno di quelli che fanno discorsi inutili”61.
Troviamo ancora la particella fa-, ma essa, in questi due esempi, introduce un’apodosi nominale, che quindi non presenta la stessa forma della protasi. Il verbo di quest’ultima è un compiuto nell’esempio 2), con valore atemporale, che possiamo rendere in italiano con un tempo presente. Nell’esempio 3), il verbo è un incompiuto apocopato e costituisce la controparte negativa del compiuto (lam + incompiuto apocopato). Come scrive Larcher, la struttura ʼin p, q mostra chiaramente la funzione della «supposition servant de cadre à une assertion».62 Pensiamo di poter fare lo stesso ragionamento per gli esempi con wa- e fa-, essendo dei veri sistemi condizionali e non delle frasi concessive e avendo wa- e fa- la sola funzione di coordinatori. Tuttavia:
Si ’in p, q marque une relation logique d’implication, ’in p, fa-q ne marque jamais une telle relation. Dit [...] dans les termes de Bally revisité par Ducrot, ’in p, q marque une «subordination sémantique» et ’in p, fa-q une «coordination sémantique», interprétables respectivement comme une connexion logique et une connexion pragmatique.63
Larcher le chiama «phrases segmentées», con il senso dato a tale espressione da Bally, essendo la segmentazione “debole” nel caso di ’in p, q e “forte” in quello di ’in p, fa-q. Nel terzo esempio, la protasi e l’operatore condizionale sono introdotti dalla particella fa-, che Larcher definisce in questo contesto “enunciativa” e che è parafrasabile con “sappi che”.
6. Analisi sociolinguistica dei «blog», dei «forum» e degli utenti
Per quanto riguarda i blog e i forum, incontriamo una difficoltà. Gli utenti sono numerosi e hanno quasi sempre nomi e identità falsi, eccezion fatta per alcuni personaggi pubblici, facilmente ritrovabili su Internet, tramite altre piattaforme, come i Social Network. Questi ultimi, infatti, possiedono un loro proprio blog, altre pagine personali sul Web e uno o più profili su Facebook o Twitter, con informazioni più o meno dettagliate circa la loro vita, la famiglia e la cultura di appartenenza. Il loro scopo è farsi conoscere e seguire, per infondere fiducia e conferire una maggiore veridicità ai messaggi che veicolano e che, nel nostro caso, sono di natura escatologica.
Inoltre, nella maggior parte dei blog è necessario registrarsi per avere accesso alle informazioni degli utenti. In generale, per ciò che abbiamo potuto constatare, questi ultimi scrivono da molti paesi arabi, ma anche europei: ve ne sono provenienti dall’Iraq, dall’Inghilterra, dalla Siria, dalla Spagna, dall’Algeria, dalla Giordania e molti provenienti dall’Arabia Saudita e dall’Egitto.
Un altro problema legato ai blog è la veridicità dell’identità degli utenti che decidono di rendere pubblico un profilo che appare verosimile, a causa della mancanza di foto e di informazioni dettagliate. In alcuni casi è possibile ritrovarli sui Social Network, ma in altri i nomi pubblicati sono talmente frequenti nel mondo arabo, da ottenere una lista molto lunga di persone omonime e della stessa nazionalità. Riconoscere la persona che ci interessa molto spesso è impossibile. Sui blog raramente si trovano maggiori informazioni: talvolta l’età, che però non costituisce un elemento particolarmente utile ai fini della nostra indagine, anche perché, solitamente, quando troviamo un elemento in più viene a mancarne un altro. Non si trovano quasi mai più di due informazioni per utente, che possono essere il nome, la nazionalità, l’età, la professione, la confessione religiosa, le idee politiche o l’istruzione.
Tra gli utenti dei blog e dei forum che abbiamo scelto, non vi è nessuna donna con un profilo femminile esplicito. Se è presente, si nasconde dietro un profilo maschile e non scrive nulla che possa lasciare intuire la presenza di una mano femminile dietro allo schermo.
I nostri blog e forum presentano tutti pagine sull’argomento escatologico, ma non sono tutti esclusivamente religiosi: alcuni sono politici, altri sportivi, militari, commerciali, altri ancora letterari, culturali o giornalistici e trattano gli avvenimenti contemporanei in generale, per analizzarli poi da un punto di vista religioso ed escatologico.
Basandoci sulle informazioni che siamo riusciti a trovare, possiamo stabilire il “modello” generico di “utente tipo” di questo genere di blog: trattasi di un uomo piuttosto giovane o di età media, dotato di un’educazione e una formazione di tipo religioso, acculturato, con un alto livello culturale, sociale e professionale e una cultura nazionalista araba radicalizzata. Egli percepisce la necessità e il desiderio di condividere con i suoi followers arabi la sua identità, che li unisce, e di proteggerla dall’invasione mediatica e culturale dell’Occidente: attraverso i suoi messaggi, quando scrive a proposito dell’escatologia. È qui che entriamo in contatto con la metalinguistica, il messaggio nascosto che ci mostra un’intera identità, al contempo culturale, nazionale, politica e religiosa.
L’utente tipo (militare di alto grado, giornalista, politico, Imām, scrittore, ecc.) è protagonista della scena mondiale. Ha il potere di attrarre i suoi followers e si identifica nel ruolo “profetico” di animatore di folle e, allo stesso tempo, di custode di un’identità a cui vuole assicurare una continuità, preservandone l’integrità.
Se da un lato possiamo capire, quindi, perché questo genere di utente, nello scrivere,61 è così a suo agio con le fonti religiose antiche e con strutture linguistiche che possono essere considerate oggi solo come espressione di un fenomeno di controtendenza, dall’altro lato queste strutture, utilizzate da una tale tipologia di utente, mostrano che, almeno nella lingua scritta, esse vengono comprese perfettamente e non sono percepite come obsolete. Il messaggio, infatti, deve raggiungere il più vasto pubblico interessato ed essere compreso da tutti gli arabi.62 Detto ciò, il fatto che queste strutture vengano utilizzate svariate volte, nelle citazioni ma anche all’interno di frasi spontanee, mostra che esse sono percepite come elementi “vivi” della lingua. Inoltre, se da un lato occorre sottolineare che esse appaiono su blog e forum i cui utenti, in quanto persone acculturate, tendono a esprimersi in un registro linguistico più elevato, dall’altro è altrettanto importante sottolineare che la produzione scritta di tali utenti avviene nella contemporaneità ed è veicolata dal palcoscenico panarabo di Internet. È pertanto da escludersi che il messaggio sia rivolto a un particolare gruppo ristretto di persone. Il fatto che i messaggi siano “postati” su pagine di blog e forum assicura al contempo che esso abbia, nell’intenzione dello scrivente, carattere informale ed estemporaneo.
7. Conclusione
Attraverso la nostra ricerca ci siamo proposti di contribuire alla documentazione sulla situazione contemporanea dei sistemi condizionali dell’arabo scritto. In questa fase iniziale della ricerca ci siamo deliberatamente concentrati sulle strutture condizionali introdotte dall’operatore ʼin. Ci ha sorretti in questo la curiosità di controllare se tale sistema - che come abbiamo visto non viene contemplato dai linguisti anche a causa dei problemi che l’omografia crea all’analisi – debba essere considerato parte dei sistemi condizionali dell’arabo scritto contemporaneo o meno.
A questo stadio della nostra ricerca, che si propone di incrementare i dati a disposizione sulla base dell’interpretazione degli omografi, possiamo già sostenere che tale operatore condizionale è ancora utilizzato e non solo nelle citazioni coraniche o dagli ʼaḥādīṯ, ma anche nelle produzioni spontanee, le quali costituiscono quasi la metà del numero totale delle occorrenze di ʼin da noi già interpretate come condizionali. Questo significa, a nostro avviso, che non è corretto sostenere la sparizione, più o meno completa, di questo sistema dalla lingua contemporanea. Affermare ciò nelle grammatiche dell’arabo contemporaneo fa di queste ultime strumenti più prescrittivi che descrittivi.
Il presente studio rappresenta per noi il punto di partenza per un’analisi futura più completa, che possa inquadrare il sistema in ʼin in relazione agli altri due sistemi (quello introdotto da ʼiḏā e quello introdotto da law), al fine di confrontarli sulla base di dati statistici più precisi ed esaustivi. Crediamo anche che sarà essenziale ragionare in termini di sistemi, più che di operatori, poiché appare evidente che nella lingua contemporanea questi ultimi stanno perdendo il loro originario valore semantico. A tal fine, ci proponiamo di verificare quanti ʼiḏā e quanti law sono utilizzati con il loro valore classico e quanti di essi invece compaiono in produzioni spontanee in sostituzione di ʼin. Il numero delle occorrenze di ʼiḏā in un dato corpus potrebbe infatti rappresentare la somma degli ʼiḏā che compaiono in sostituzione di ʼin e degli ʼiḏā che compaiono con l’originario valore distintivo. Lo stesso discorso si applica al numero delle occorrenze dei law.
Possiamo aggiungere che vi è un legame tra le occorrenze da noi identificate e il contesto in cui esse si trovano. Altri studi avevano già notato la persistenza dell’uso di ʼin in un determinato contesto sociale, ovvero religioso, considerato come più conservatore: “[it] is likely to lead to the disapperance of ’in إِنْ from MWA except in conservative (e.g. religious) contexts”.63 Tuttavia, secondo la nostra opinione, l’appartenenza di un tratto linguistico a un contesto particolare e minoritario, tantopiù se mediato dall’attualità informale ed estemporanea di blog e forum della “rete”, non ci conferisce alcun diritto di escluderlo dalla descrizione linguistica, in quanto elemento presente e “vivo” della lingua.
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AL-ZAMAḪŠARĪ, Kitāb al-mufaṣṣal fī al-naḥw, ed. J.P. Broch.
Allegati
Note
↑ 1 Sebbene le idee espresse nel presente saggio provengano da un progetto collaborativo di ricerca, Manuela E.B. Giolfo è da ritenersi responsabile per le sezioni 3, 5 e 7, e Francesca Barisione per le sezioni 1, 2, 4 e 6.
↑ 2 “Purissima, eloquentissima”. Con il termine ci si riferisce in arabo alla lingua araba letteraria o “standard”, sia classica sia moderna.
↑ 3 I risultati compresi nel presente contributo sono frutto della ricerca condotta da Manuela E.B. Giolfo in collaborazione con Francesca Barisione e Federico Salvaggio (dottorando in Digital Humanities all’Università degli Studi di Genova) e sono stati presentati al Workshop Internazionale ‘Matériaux pour l’établissement de grammaires descriptives du fuṣḥā écrit contemporain’, IREMAM, Aix-Marseille Université, 4-5 giugno 2015, Aix-en-Provence.
↑ 4 P. LARCHER, «Les systèmes conditionnels en ʼin de l’arabe classique», Bulletin d’Études Orientales, LVIII, 2009, p. 205-232.
↑ 5 Singolare ḥadīṯ, “racconto, narrazione”. Gli ʼaḥādīṯ riportano aneddoti sulla vita del Profeta Maometto, modello per tutti i musulmani sotto ogni aspetto della vita. Essi costituiscono una parte importante della Sunna, la seconda fonte della Legge islamica dopo il Corano, a cui vanno ad aggiungersi per regolamentare il comportamento corretto che ogni buon musulmano dovrebbe avere.
↑ 6 Che l’occorrenza di ʼin in arabo letterario contemporaneo sia in tal modo ristretta è affermato in M. SARTORI, «Pour une approche relationnelle de la conditionnelle en arabe littéraire moderne», Arabica, LVII, 1, 2010, p. 68-98.
↑ 7 Per una trattazione dettagliata sulle strutture ipotetiche, si veda M.E.B. GIOLFO, «Le strutture condizionali dell’arabo classico nella tradizione grammaticale araba e nella tradizione grammaticale europea», Kervan - Rivista internazionale di studii afroasiatici, 2, 2005, p. 55-79.
↑ 8 “Chi”, “cosa”, “chiunque”, “allorché”, “quando”, “dove”, “ovunque” (’anā e ḥayṯumā), “se”, “ogniqualvolta”.
↑ 9 IBN MĀLIK, ’Alfiya, in IBN ‘AQĪL, Šarḥ ‘alā al-Kāfiya, I-II, Cairo, 1965.
↑ 10 In arabo maǧzūm, è la variante apocopata (priva di vocale finale) della coniugazione a prefissi.
↑ 11 AL-ZAMAḪŠARĪ, Kitāb al-mufaṣṣal fī al-naḥw, ed. J.P. Broch, Christianiae, 1859.
↑ 12 Cfr. M.E.B. GIOLFO, «A modal interpretation of the Arabic apocopate: morpho-syntax and semantics», in M.E.B. GIOLFO (ed.), Arab and Arabic Linguistics: Traditional and New Theoretical Approaches (Journal of Semitic Studies Supplement 34), Oxford, Oxford University Press, 2014, p. 119-143.
↑ 13 Cfr. M.E.B. GIOLFO, «yaqum vs qāma in the Conditional Context: A Relativistic Interpretation of the Frontier between the Prefixed and the Suffixed Conjugations of the Arabic language», in A.E. MAROGY (ed.), The Foundations of Arabic Linguistics: Sībawayhi and the Earliest Arabic Grammatical Theory, Leiden Boston, Brill, 2012, p. 135-160.
↑ 14 “Frase doppia”. Cfr. R. BLACHÈRE, M. GAUDEFROY-DEMOMBYNES, Grammaire de l’arabe classique (Morphologie et syntaxe), quatrième édition revue et remaniée, Paris, Maisonneuve et Larose, 2000, 508 p., p. 450.
↑ 15 Cfr. M.E.B. GIOLFO, «yaqum vs qāma in the Conditional Context: A Relativistic Interpretation of the Frontier between the Prefixed and the Suffixed Conjugations of the Arabic language», in A.E. MAROGY (ed.), The Foundations of Arabic Linguistics: Sībawayhi and the Earliest Arabic Grammatical Theory, Leiden Boston, Brill, 2012, p. 135-160.
↑ 16 Cfr. M.E.B. Giolfo, «Le strutture condizionali dell’arabo classico nella tradizione grammaticale araba e nella tradizione grammaticale europea», Kervan - Rivista internazionale di studii afroasiatici, 2, 2005, p. 55-79, p. 62. Le coppie verbali ammesse sono rispettivamente: per Sībawayhi incompiuto apocopato + incompiuto apocopato, compiuto + incompiuto apocopato, compiuto + incompiuto indicativo (marfūʽ); per Ibn Ğinnī incompiuto apocopato + incompiuto apocopato; per Al-Zamaḫšarī incompiuto apocopato + incompiuto apocopato, incompiuto apocopato + compiuto, compiuto + compiuto, compiuto + incompiuto apocopato, compiuto + incompiuto indicativo; per Ibn Mālik incompiuto apocopato + incompiuto apocopato, incompiuto apocopato + compiuto, incompiuto apocopato + incompiuto indicativo, compiuto + compiuto, compiuto + incompiuto apocopato, compiuto + incompiuto indicativo.
↑ 17 Cfr. M.E.B. Giolfo, «yaqum vs qāma in the Conditional Context: A Relativistic Interpretation of the Frontier between the Prefixed and the Suffixed Conjugations of the Arabic language», in A.E. MAROGY (ed.), The Foundations of Arabic Linguistics: Sībawayhi and the Earliest Arabic Grammatical Theory, Leiden Boston, Brill, 2012, p. 135-160.
↑ 18 W. WRIGHT, A grammar of the Arabic language, translated from the German of Caspari, and edited with numerous additions and corrections. [Cambridge, 1896-98] rist. Beirut, Librairie du Liban, 1974, 2 vols. in 1; 450 p. (Revised by W. Robertson Smith & M. J. de Goeje; preface, addenda & corrigenda by P. Cachia).
↑ 19 L. VECCIA VAGLIERI, Grammatica teorico-pratica della lingua araba, 2 vol., Roma, Istituto per l’Oriente, 1937.
↑ 20 W. FISCHER, Grammatik des klassischen Arabisch, Wiesbaden, Harrassowitz, 1972, 296 p.
↑ 21 F. CORRIENTE, Gramática árabe, Madrid, Instituto Hispano Arabe de Cultura, 1980, 391 p.
↑ 22 R. BLACHÈRE, M. GAUDEFROY-DEMOMBYNES, Grammaire de l’arabe classique (Morphologie et syntaxe), quatrième édition revue et remaniée, Paris, Maisonneuve et Larose, 2000, 508 p.
↑ 23 Cfr. M.E.B. GIOLFO, «Le strutture condizionali dell’arabo classico nella tradizione grammaticale araba e nella tradizione grammaticale europea», Kervan - Rivista internazionale di studii afroasiatici, 2, 2005, p. 55-79, p. 62.
↑ 24 A.F.L. BEESTON, The Arabic language today, Washington, D.C., Georgetown University Press, 2006, I, 115 p.
↑ 25 Ibid., p. 94-97.
↑ 26 A.F.L. BEESTON, The Arabic language today, Washington, D.C., Georgetown University Press, 2006, I, 115 p., p. 94.
↑ 27 Un altro elemento interessante dal punto di vista sintattico è la permanenza in arabo contemporaneo della struttura verbo alla forma imperativa + incompiuto, senza operatore condizionale, struttura risalente a un’epoca primitiva della lingua e già minoritaria. Cfr. A.F.L. BEESTON, The Arabic language today, Washington, D.C., Georgetown University Press, 2006, I, 115 p. In italiano, per esempio, la struttura potrebbe essere: “Venga, le mostro la sua stanza”.
↑ 28 A.F.L. BEESTON, Written Arabic: an approach to the basic structures, Cambridge, Cambridge University Press, 1968, 117 p.
↑ 29 Ibid., p. 8.
↑ 30 Ibid., p. 9.
[b:↑ 31 Ibid., p. 83.
↑ 32 Ibid., p. 83.
↑ 33 Ibid., p. 85.
↑ 34 Ibid., p. 9.
↑ 35 A. GIROD, Faits d’évolution récents en arabe moderne à travers un corpus de presse égyptien, Thèse de doctorat en linguistique (sous la direction de Pierre Larcher), Aix-En-Provence, Université d’Aix-Marseille 1, 2000, 455 p.
↑ 36 Ibid., p. 298-299.
↑ 37 Ibid., p. 316-317.
↑ 38 Ibid., p. 321.
↑ 39 “Che” di coordinazione.
↑ 40 M. SARTORI, «Pour une approche relationnelle de la conditionnelle en arabe littéraire moderne», Arabica, LVII, 1, 2010, p. 68-98, p. 98.
↑ 41 Ibid.
↑ 42 Stato Islamico.
↑ 43 D. COOK, Contemporary Muslim Apocalyptic Literature, New York, Syracuse University Press, 2005, 272 p.
↑ 44 Ibid., p. 2.
↑ 45 Queste tradizioni possono essere interpretate come una risposta polemica alle saghe apocalittiche cristiane: i musulmani conquistano le cinque città e soppiantano la religione nemica. Esse nascondono un profondo desiderio di vendetta contro l’antico Impero Romano, contro il colonialismo e la superiorità economica e tecnica dell’Occidente.
↑ 46 Il nome deriva da una varietà di figure messianiche del primo secolo dell’Islām, tra le quali ve ne sono anche di origine tribale e regionale. Trattasi dell’inviato di Allah, di colui che è ‘ben guidato’ (mahdī), illuminato, il cui scopo è guidare nel modo migliore i fedeli, il khalīfat Allāh “il califfo (i.e. il successore) di Dio”. Egli è fortemente legato a Maometto, di cui è un discendente. Ciò detto, occorre sottolineare che gli autori apocalittici hanno fornito vari modelli di messia, alcuni dei quali sono in opposizione tra loro.
↑ 47 La parola dağğāl deriva dal siriaco daggala ed è stata usata in passato per designare molti personaggi nella storia dell’Islām, come per esempio i discendenti di Fāṭima, figlia di Maometto (cfr. D. COOK, Studies in Muslim Apocalyptic Literature, Princeton, The Darwin Press, 2002, 470 p., p. 93).
↑ 48 Le posizioni sono quelle di un antisemitismo spinto.
↑ 49 Il Papa è considerato un falso profeta, così come l’apostolo Paolo; la Chiesa Cattolica è una manifestazione del Daǧǧāl.
↑ 50 Immaginati come demoni dotati di corpo umano.
↑ 51 Come, ad esempio, le teorie di cospirazione anti-arabe e anti-musulmane, la Massoneria, ecc.
↑ 52 La tabella delle pagine dei blog e dei forum con i codici di riferimento e quella dei trenta termini più frequenti sono fornite negli allegati al presente saggio (rispettivamente, Allegato 1 e Allegato 2).
↑ 53 La particella ʼinna non è una particella condizionale.
↑ 54 Nei forum certi posts possono ripetersi più volte in una stessa pagina. Non è né significativo né scientifico tenere conto delle ripetizioni di uno stesso esempio.
↑ 55 Particella rafforzativa, conferisce certezza all’enunciato.
↑ 56 “Che” di congiunzione, a cui segue una frase verbale.
↑ 57 “Che” di congiunzione, a cui segue una frase nominale.
↑ 58 R. BENTLEY, Conditional Sentences in Egyptian Colloquial and Modern Standard Arabic: A Corpus Study. All Theses and Dissertations, BYU Scholars Archive, Paper 4440, 2015, p. 56-57.
↑ 59 Cfr. M.E.B. GIOLFO, «yaqum vs qāma in the Conditional Context», in A.E. MAROGY (ed.), The Foundations of Arabic Linguistics, Leiden Boston, Brill, 2012, p. 135-160. Cfr. anche M.E.B. GIOLFO, «A modal interpretation of the Arabic apocopate: morpho-syntax and semantics» in M.E.B. GIOLFO (ed.), Arab and Arabic Linguistic (JSS 34), Oxford, Oxford University Press, 2014, p. 119-143.
↑ 60 Participio attivo che indica coloro che aderiscono al Ǧihād.
↑ 61 Letteralmente “Tempo Ultimo”. Si intende l’Ultima Ora, prima della fine dei tempi.
↑ 62 L’utente che scrive cerca di fornire un’identità dell’autore di un post di cui sta parlando.
↑ 63 P. LARCHER, «Les “complexes de phrases” de l’arabe classique», Kervan – Rivista Internazionale di studii afroasiatici, 6, 2007, p. 29-45, p. 35.
↑ 64 P. LARCHER, «Les systèmes conditionnels en ʼin de l’arabe classique», Bulletin d’Études Orientales, LVIII, 2009, p. 205-232, p. 214.
↑ 65 Ricordiamo che la variante scritta della lingua differisce dalla variante orale.
↑ 66 Sottolineiamo che il pubblico a cui questo messaggio è rivolto è arabo e non arabista, per ragioni culturali. Parliamo di cultura nel senso più ampio del termine, includendo ogni ambito: politico, linguistico, religioso, nazionale, ecc.
↑ 67 S. BADAWI, M.G. CARTER, A. GULLY, Modern Written Arabic: A Comprehensive Grammar, London New York, Routledge, 2004, 812 p., p. 636.