Traduzione e terminologia
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Il numero monografico1 che presentiamo raccoglie alcuni contributi incentrati sulle interrelazioni tra traduzione e terminologia partendo dalla prospettiva della prassi traduttiva scritta e orale. Come segnala CABRÉ (2004), la traduzione e la terminologia (qui intesa più che altro nel suo aspetto applicativo di processo e prodotto) sono due discipline con diversi punti in comune, quali la base linguistica, la finalità comunicativa, l'interdisciplinarietà, un riconoscimento accademico relativamente recente e uno sviluppo nel quale la prassi ha preceduto la formulazione teorica. Occorre sottolineare che la traduzione ha svolto e svolge un ruolo rilevante nello sviluppo della terminologia, come disciplina e come prassi terminografica, costituendo assieme alla scrittura multilingue uno strumento essenziale nella proiezione del lavoro terminologico in una dimensione multilingue, fattore che ha contribuito a un rilevante arricchimento lessicale delle lingue d’Europa (PRANDI e ROSSI 2017). Tuttavia, dal punto di vista metodologico, la terminologia può e anzi deve spesso prescindere dalla traduzione, dal momento che si prefigge di raccogliere unità terminologiche originali a partire dagli usi effettivi che ne fanno gli specialisti (CABRÉ 2000). Le traduzioni in genere non rispondono a questo criterio, dato che normalmente non sono prodotte direttamente da specialisti in situazioni naturali di comunicazione e dunque non sono considerate fonti affidabili per il lavoro terminografico (CABRÉ 2004; 2005). Viceversa, la traduzione, nella sua modalità specializzata, ha necessità della terminologia: i traduttori specializzati e gli interpreti sono utenti abituali delle risorse terminografiche, perché la terminologia è il principale (anche se non l'unico) veicolo delle conoscenze specialistiche rappresentate e comunicate dal testo.
La competenza terminologica del traduttore/interprete non si limita peraltro all'acquisizione di un elenco di termini e della lista dei relativi traducenti, ma costituisce un sostegno indispensabile nella strutturazione delle conoscenze semi-specialistiche comunicate dal testo (CABRÉ 2005), e dunque incide sulla sottocompetenza extralinguistica, individuata da PACTE (2011) come uno dei componenti della competenza traduttiva. In genere, quanto più vincolante sarà il testo, minore il grado di libertà del traduttore/interprete e maggiore il peso del lavoro di ricerca terminologica sulla qualità della traduzione2. La ricerca terminologica, tuttavia, è così integrata all'interno del processo traduttivo che spesso sfugge all'attenzione dei committenti, non pienamente consapevoli dei vantaggi qualitativi ed economici di una gestione terminologica rigorosa (BOWKER 2015).
La terminologia orientata alla traduzione presenta caratteristiche diverse dalla terminologia tout-court, riconducibili essenzialmente ai vincoli imposti dalla prassi traduttiva come attività professionale. Il traduttore specializzato, infatti, oltre a garantire standard di qualità elevati, deve mantenere una produttività adeguata e fra l'altro la pressione in questo senso è sempre crescente. Ciò comporta che tenda a compilare repertori terminigrafici ad hoc, più ridotti e strettamente funzionali al dominio e al tema (o addirittura alla singola commissione) di cui si sta occupando, a scapito della sistematicità e del rigore che costituiscono invece capisaldi nella terminografia. Le schede terminografiche compilate con queste modalità spesso si limitano a contenere un glossario bilingue, mentre gli altri campi sono considerati opzionali. Inoltre, per quanto riguarda la selezione delle unità terminologiche, i repertori compilati dai traduttori, oltre a contenere elementi classificabili come termini, possono aggiungere lemmi che per qualche motivo sono ricorrenti ma privi di contenuto specializzato, stringhe di parole frequenti, ecc. oppure semplicemente elementi lunghi da trascrivere che possono essere facilmente incollati nel testo (BOWKER 2015). Nel caso degli interpreti, questa tendenza all'economicità è ancora maggiore perché il repertorio deve essere consultato durante lo svolgimento dell'incarico, in condizioni di urgenza di comunicare. Dunque la selezione dei termini non sarà né sistematica né esaustiva della struttura concettuale del dominio in questione, ma sarà ridotta ai termini che ad esempio l'interprete teme di non ricordare, trova particolarmente difficili, ecc.
Un altro aspetto da considerare è l'impatto della tecnologia sul lavoro terminografico del traduttore, in particolare l'utilizzo su larga scala di bitesti (per es. corpora paralleli online o siti bilingui) e delle memorie di traduzione (TM) anche per ricerche terminografiche. Senza dubbio questo è uno degli elementi che distinguono la gestione terminologica orientata alla (o a una) traduzione da un approccio più sistematico. In particolare le TM, database di testi precedentemente tradotti e segmentati in genere a livello di frase, secondo una prospettiva puramente terminologica presentano due limiti: le fonti sono meno rigorosamente controllate (spesso il traduttore riceve la TM dal committente senza conoscerne la provenienza né i criteri di compilazione, ecc.) e gli equivalenti nelle lingue di arrivo non provengono per definizione da testi originariamente prodotti nella lingua/cultura di arrivo. Ciò aumenta il rischio che la terminologia così prodotta si allontani da quella effettivamente utilizzata e si pongano seri problemi di correttezza e adeguatezza (BOWKER 2015). Da quanto detto emerge dunque come la gestione terminologica abituale per i traduttori diverga sensibilmente dai canoni tradizionali della terminologia, per rispondere a necessità di ordine strettamente pratico/operativo ed è in quest'ottica che a nostro avviso va studiata.
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Affrontando questioni trasversali a terminologia, fraseologia, LSP, traduzione e interpretazione, i sette contributi che costituiscono questo numero entrano nelle singolarità di alcuni domini specialistici da prospettive molto diverse per approcci e metodologie adottate. I primi tre contributi si muovono all’interno del discorso giuridico-legale, i successivi due si focalizzano sul linguaggio specialistico e la traduzione della terminologia dell’aviazione civile dell'accoppiata linguistica inglese-cinese, quindi rispetto all’ambito disciplinare della medicina si analizza la microlingua della cardiologia e, da ultimo, si riflette su terminologia o metalinguaggio nell’ambito della Teoria della Traduzione. Mantenendo sempre un fermo equilibrio tra approcci teorici e spunti di riflessione legati alla pratica, i contributi fanno ricorso alla linguistica dei corpora, alla lessicografia, agli studi sulla fraseologia, la semantica e la linguistica cognitiva chiamando a raccolta studiosi di vari ambiti culturali in un prolifico scambio interlinguistico che oltre all’inglese e alla produzione accademica anglofona tiene conto degli studi presentati in altre lingue europee (dallo spagnolo all’italiano, dal francese al tedesco e portoghese) e nell’ambito della produzione asiatica, allargando così anche dal punto di vista linguistico e culturale la prospettiva offerta da questa raccolta.
PERUZZO e MAGRIS a partire da una stretta collaborazione tra linguisti e giuristi in una prospettiva interdisciplinare tra terminologia, traduzione e ambito specialistico, dettagliano i passaggi di un progetto mirato alla creazione di una risorsa terminografica multilingue di natura giuridica. Ispirato a TERMit (1996) dell’Università degli Studi di Trieste, il progetto TERMitLEX illustrato nelle sue articolazioni diventa spunto per una riflessione su come ripensare la struttura stessa della banca dati e su come modificarla a partire dai desiderata della nuova generazione di specialisti dell’ambito disciplinare così come di traduttori e interpreti. Oltre l'ovvia necessità di aggiornamento della banca dati pre-esistente, tra le alterazioni sostanziali: la creazione di nuovi campi (per es. "Legal system" and "Legal framework") in funzione delle asimmetrie esistenti tra gli ordinamenti giuridici; la rivisitazione di alcuni campi essenziali, per esempio Definizioni e Sinonimi attraverso la linguistica dei corpora e includendo elementi di fraseologia; l’abbandono di precedenti modelli di riferimento per la raccolta e archiviazione di nuovi dati in favore di una maggiore dinamicità – ad per esempio l’inclusione del doppio contesto normativo (nazionale e sovranazionale); il confronto con necessità e criticità poste dalle evoluzioni normative e dall’emergere di nuove tematiche legali, tra cui i diritti dei migranti e le varie forme di discriminazione. Ad arricchire il contributo, in appendice un estratto terminologico trilingue (Italiano, Tedesco, Spagnolo) da TERMitLEX curato da CERICOLA (2017-18).
Muovendo da una riflessione teorica sostanziosa e a carattere interlinguistico, PONTRANDOLFO affronta la fraseologia nei linguaggi specialistici (LSP): dapprima ripensandone una definizione in un ragionato confronto tra quelle prodotte da lessicologi e terminologi di vari ambiti culturali, quindi ricontestualizzandone la rilevanza accanto al chiaro predominio ricoperto in LSP dalla terminologia. Se il lessico specialistico tende spesso ad essere eletto come elemento caratterizzante, non di meno la fraseologia altrettanto tipica del discorso specialistico, ponendosi a cavallo tra lessico e sintassi, contribuisce a consolidare i corretti rimandi intertestuali, a rivolgersi a una precisa comunità di lettori e a rispondere alle relative aspettative. Ristabilitane la funzione centrale e avendo presentato le aree di sovrapposizione tra fraseologia e terminologia, PONTRANDOLFO si sofferma sull’efficacia delle tecniche traduttive proposte da CORPAS PASTOR (2003) e calibrate appositamente sulla fraseologia.
Sempre all’interno del dominio giuridico-legale, il contributo di PAGANO analizza un'esperienza nell'ambito della didattica dell'interpretazione di tribunale. La sottocompetenza terminologica, come emerge dallo studio, interagisce costantemente con la competenza nelle due lingue e con la competenza strategica (i procedimenti e i metodi utilizzati nell'atto traduttivo)3. Si ipotizza di conseguenza una possibile progressione didattica nell'addestramento alle competenze, secondo la quale la terminologia sia attivata o comunque efficace, solo se siano già consolidate le altre due competenze.
Spostandosi su altro dominio, il contributo di LIU porta l’attenzione sulla costituzione della terminologia dell'aviazione civile in cinese a partire dal modello dell'inglese (lingua franca del dominio), processo nel quale la traduzione ha svolto un ruolo determinante. Commentando una serie di esempi a diversi livelli di analisi, HUI conclude che nella terminologia dell'aviazione civile l'influenza dell'inglese sul cinese ha giocato un ruolo chiave e che la terminologia del cinese è stata notevolmente arricchita dal contatto. Ancora all’interno dell'aviazione civile, WU, ZHU e GAO propongono uno studio di caso sulla traduzione dall'inglese al cinese di 10 paragrafi del Qantas Flight 32 Occurrence Investigation Report, relativo al guasto non controllato a uno dei suoi quattro motori verificatosi in un volo Qantas 32 da Londra a Sydney nel 2010. Sulla base del modello Frame-Based proposto da FABER (2015), gli autori commentano le diverse fasi di ricerca terminologica condotte nell'ambito del processo traduttivo svolto con l'ausilio di corpora e di risorse bilingui e monolingui, individuandone alcune difficoltà traduttive.
Portandosi su un dominio specialistico ampio come la lingua della medicina, DI NUNZIO centra il suo studio sulla micro-lingua della cardiologia in un approccio comparativo-contrastivo tra la lingua italiana e la lingua tedesca. Costituito un corpus in lingua tedesca, su un manuale di cardiologia e linee guida nazionali per la diagnosi e la terapia di patologie cardiache, il contributo offre un’analisi sia quantitativa (con il software AntConc) che qualitativa. Quest’ultima permette una riflessione sulla morfologia dei termini e sul processo di rideterminazione semantica. Dai risultati dello studio si evince una forte vitalità e vivacità della formazione di termini in lingua tedesca soprattutto di composti determinativi e copulativi, mentre dal punto di vista semantico viene confermato come i confini tra lingua comune e lingua speciale e quelli tra microlingue non siano mai netti. Un fenomeno probabilmente imputabile alla natura stessa di questo dominio che TEN HACKEN (2008) individua come prototipico di applied sciences in cui convive il cosiddetto specialised vocabulary accanto al concetto di termine in senso stretto, ovvero un lessico specialistico più tipico di quelle aree in cui conta soprattutto esperienza e osservazione empirica e aree in cui domina l’impiego di termini definiti secondo precise condizioni sufficienti e necessarie che ne delimitano i confini semantici.
Una diversa prospettiva di riflessione viene offerta da SANTINI che analizza l'impiego di shift e markedness nei Translation Studies. Utilizzate ora come semplici lemmi ora come unità terminologiche, le due unità lessicali sono comunque caratterizzate da notevole polisemia e soggette ad ambiguità d’uso, elemento tipico in particolare delle terminologie delle discipline sociali e umanistiche, in particolare le meno formalizzate e le più interdisciplinari. Questo fattore di notevole variabilità richiama la teoria comunicativa della terminologia, che sottolinea proprio la natura situata della disciplina e la conseguente necessità di adottare un approccio socio-pragmatico dove si attribuisca alla variazione un ruolo significativo e si focalizzi l'attenzione su unità terminologiche effettivamente in uso4. In base a questa impostazione, la normalizzazione terminologica non può ignorare che nella realtà esistono polisemia, sinonimia e ambiguità, derivanti da fattori contestuali molteplici (la variazione diatopica, le varianti commerciali, la variazione diacronica, ecc.). Nel caso illustrato da SANTINI, un asse di variazione verticale fondamentale è costituito dalle diverse culture disciplinari che partecipano alla riflessione traduttologica. In conclusione, da un lato, un certo grado di polisemia può rappresentare uno stimolo interno al dibattito in ambito teorico e pratico che favorisce il raffronto tra approcci, metodologie e teorie sulla traduzione. Tuttavia, specie nel caso di dizionari, enciclopedie e manuali in dotazione nei corsi di traduzione e nei percorsi formativi professionalizzanti, un utilizzo che amplifichi la polisemia, in particolare dei due vocaboli in questione, e non miri a ricondurre a precise classificazioni, procedure, tecniche di analisi, strategie traduttive e ai diversi autori e ai loro approcci metodologi, rischia di scoraggiarne l’apprendimento e sminuirne il valore all’interno del metalinguaggio del dominio e, soprattutto, tra le fila di futuri traduttori e traduttrici.
Bibliografia
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CABRÉ M. T., La terminología: representación y comunicación. Elementos para una teoría de base comunicativa y otros artículos, Barcelona, IULA-Documenta Universitaria, 2005.
CERICOLA B., La rappresentanza volontaria con particolare riferimento alla procura: un’indagine terminografica in italiano, tedesco e spagnolo, Tesi MA (non pubblicata), Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione, Università di Trieste, 2017-18.
CORPAS PASTOR G., Diez años de investigación en fraseología: análisis sintáctico-semánticos, contrastivos y traductológicos, Madrid/Frankfurt, Iberoamericana/Vervuert, 2003.
DÉSILETS A., MELANÇON C., PATENAUDE C. e BRUNETTE L., «How translators use tools and resources to resolve translation problems: an ethnographic study», in Proceedings of the Workshop Beyond Translation Memories: New Tools for Translators, Machine Translation Summit XII, Ottawa, August 26–30, 2009, s.p.
FABER P., «Frames as a framework for terminology», in H. J. KOCKAERT e F. STEURS (eds.), Handbook of Terminology, Vol. 1, Amsterdam/Philadelphia, John Benjamins, 2015, pp. 14–33 .
PACTE, «Results of the Validation of the PACTE Translation Competence Model: Translation Problems and Translation Competence», in C.ALVSTAD, A. HILD e E. TISELIUS (eds.), Methods and Strategies of Process Research: Integrative Approaches in Translation Studies, Amsterdam/Philadelphia, John Benjamins, 2011, pp. 317-343.
PRANDI M. e ROSSI M., «Introduzione», M. PRANDI, E. PUSILLO, M. ROSSI e J. VISCONTI (eds.), Publif@rum 27, «Terminologie, multilinguismo e Istituzioni Europee», 2017, s.p. http://www.publifarum.farum.it/index.php/publifarum/issue/view/27 (ultima consultazione: 20/03/2020).
TEMMERMAN R., Towards New Ways of Terminology Description. The Sociocognitive Approach, Amsterdam/Philadelphia, John Benjamins, 2000.
TEN HACKEN P., «Prototypes and discreteness in terminology», Proceedings of the XIII Euralex International Congress, 2008, pp. 979-987.
Note
↑ 1 Il contributo è frutto della riflessione congiunta delle autrici. Tuttavia ERRICO si è occupata della stesura del § 1 e SANTINI del § 2.
↑ 2 In una ricerca etnografica condotta su un campione di traduttori specializzati in Canada, circa il 40% dei problemi traduttivi segnalati era legato a difficoltà terminologiche (DÉSILETS, MELANÇON, PATENAUDE e BRUNETTE 2009).
↑ 3 Per il modello delle competenze traduttive, cfr. PACTE (2011).
↑ 4 Cfr. ad esempio CABRÉ 2005 e TEMMERMAN 2000.