Terminologia e interpretazione di tribunale: un’esperienza didattica spagnolo-italiano
Table
2. Terminologia e discorso giuridico
3. La documentazione tematica e terminologica per l’interprete di tribunale
4. Un caso di studio di innovazione didattica applicata all’interpretazione di tribunale
5. Programmazione del corso e metodologia
6. Problemi e strategie identificati dagli studenti a livello terminologico
Abstract
Italiano | IngleseIl presente contributo illustra un’esperienza di progettazione ed erogazione di un modulo di interpretazione giuridica italiano-spagnolo all’interno del corso magistrale in Traduzione e Interpretariato (LM94), il cui sviluppo è stato proposto nell’ambito del Progetto di Innovazione Didattica attuato presso il Dipartimento di Lingue e Culture Moderne (DLCM) dell’Università degli Studi di Genova. Il corso ha proposto uno studio specifico della terminologia giuridico-istituzionale, incontri ad hoc con esperti del settore e, infine, esercitazioni di interpretazione all'interno di procedimenti civili e penali simulati, per i quali ci siamo avvalsi del contributo di un giurista, intervenuto nella stesura delle tracce e nelle drammatizzazioni in aula. Inoltre, è stato predisposto un monitoraggio da parte di pedagogisti al fine di osservare, potenziare e valutare le modalità di Innovazione Didattica proposte e l’efficacia dello strumento della simulazione (role-play). Dato lo spiccato interesse per la stretta interrelazione fra processo traduttivo e terminologia, abbiamo fatto alcune osservazioni generali relative al ruolo della competenza terminologica e lessicale nella riuscita delle rese da studenti/tesse. Obiettivo dell’articolo è presentare il caso di studio derivante dalla nostra esperienza di Innovazione Didattica esponendone la fase di pianificazione e la metodologia utilizzata per la preparazione delle simulazioni in aula, fino all’esame di profitto previsto a conclusione del corso. Verranno inoltre analizzate potenzialità, ostacoli e strategie riscontrati e utilizzati da studenti/tesse per offrire nuovi spunti di ricerca e azione sulla linea dell'innovazione didattica e per la didattica dell’interpretazione in aula.
1. Introduzione
In Italia risale al 1993 l’istituzione del ruolo dell’interprete giuridico, finalizzata alla partecipazione cosciente dell’indagato o dell’imputato al procedimento e al processo civile e penale (RUDVIN e SPINZI 2015). Nel 2010 viene adottata la «Direttiva europea sul diritto alla traduzione e all’interpretazione nei procedimenti penali» (Direttiva 2010/64/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio). Fino ad allora non era previsto dalle norme che un imputato o un indagato non italofono ricevesse un’adeguata assistenza linguistica in ambito legale. Spesso affidata a parenti e amici, conoscenti o connazionali dell’imputato con una comprensione non sempre ottimale dell'italiano (RUDVIN e TOMASSINI 2011), la traduzione in ambito giuridico non era regolamentata da alcuno standard. L’adozione della Direttiva europea del 2010 riconosce all’imputato il diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete qualificato per l’incarico, qualora la sua conoscenza linguistica non sia considerata sufficiente. L’autorità giudiziaria stessa è chiamata ad accertare che l’imputato conosca la lingua utilizzata nel procedimento – sapere scrivere, leggere, parlare, ascoltare una lingua e a quale livello (RUDVIN e SPINZI 2015) – e a procedere con il reclutamento di un interprete che consenta la comunicazione fra le parti, senza che alcuna di esse si trovi in situazione di svantaggio.
L’inserimento di un modulo di interpretazione giuridica italiano-spagnolo per il primo semestre dell’anno accademico 2019/2020 all’interno dell’insegnamento di Lingua e Traduzione Spagnola II del Corso di Laurea Magistrale in Traduzione e Interpretariato (LM94) dell’Università di Genova intendeva approfondire una delle aree di specializzazione dell’interprete di conferenza. Obiettivo del presente articolo è duplice: da un lato, lasciare traccia di un primo approccio all’esperienza di innovazione nella didattica; d’altra parte creare un’ipotesi di modello da poter replicare in altri corsi. In particolare, oltre a quello didattico, l’obiettivo è stato osservare le strategie interpretative utilizzate da studenti/tesse in un contesto altamente specializzato come quello del discorso giuridico in un setting di tribunale. La nostra domanda di ricerca si concentra sull’analisi delle strategie messe in campo da studenti/tesse per sopperire a problemi terminologici.
In fase di pianificazione del modulo è stata prevista in classe una prima fase di approfondimento terminologico del discorso e del setting di tribunale; a seguire, nelle simulazioni proposte, sono stati inseriti sia termini specifici previamente studiati e analizzati in classe, sia lessico generale della lingua spagnola e italiana per verificare la padronanza di vocabolario di livello C1/C2 secondo il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER). Con questi presupposti, abbiamo concentrato lo studio sul ruolo della preparazione terminologica nella risoluzione di problemi traduttivi durante la simulazione rispetto alla preparazione linguistica generale.
2. Terminologia e discorso giuridico
In termini generali, il linguaggio specialistico viene definito come «a linguistic code that differs from the general language and consists of specific rules and units» (PÖLLABAUER 2017). Più in particolare, il linguaggio specialistico del discorso giuridico di nostro interesse può presentare alcune peculiarità lessicali (termini tecnici) e morfosintattiche (utilizzo di costrutti complessi). Come sottolineato da RUDVIN e SPINZI (2015), per l'italiano è interessante notare che alcuni termini del discorso giuridico sono specifici del campo ("indulto" o "fidejussione"), e pertanto hanno un significato univoco dettato dall’ambito di utilizzo stesso, mentre altri termini di uso più generale assumono un significato specializzato solo se utilizzati in questo determinato ambito ("attore", "fatto", "compromesso"). Questi termini possono costituire una reale difficoltà se si tratta di dover trasporre concetti complessi o nuovi da una lingua all’altra perché possono differire enormemente o non coincidere affatto, come osserva VALERO-GARCÉS: «[s]ome of the difficulties found can be the lack of resources to transfer new, unknown concepts that are in the expert’s language or the non-existence of equivalent terms for such concepts in the target language» (VALERO-GARCÉS 2005: 77).
Per delineare le peculiarità del discorso giuridico italiano come linguaggio specialistico, fra le caratteristiche più salienti troviamo l'uso dell’imperfetto narrativo ("la Corte riteneva", "il caso si costituiva"), la nominalizzazione e il passaggio da una frase a un sintagma nominale corrispondente o la sostantivazione dell’infinito ("il disporre", "l’avverarsi"), la subordinazione di secondo e terzo grado, la presenza di latinismi (ad diem, ab initio, ecc.), l'uso di sigle, abbreviazioni e acronimi ("art." per "articolo", "co." per "comma", "c.p.c." per "codice di procedura civile", "c.p.p." per "codice di procedura penale", "T.A.R." per "Tribunale Amministrativo Regionale" e così via), costrutti impersonali o passivizzanti (fenomeno di enclisi del -si con l’infinito retto da verbo modale "dovere", "potere" e "volere" , p. es. "le norme possono attuarsi", "deve procedersi"; uso aggettivale in funzione di subordinata relativa, specie per aggettivi in -ivo e -bile ("giustificativo", "riconducibile"), uso del gerundio o del participio, presente o passato, a sostituzione di una subordinata esplicita ("decorrente", "vigente", "assunto", "notificato") (RUDVIN e SPINZI 2015; COLONNA DAHLMAN 2006).
In larga misura analogamente all'italiano, fra le caratteristiche salienti del discorso giuridico in spagnolo si annovera un abbondante uso di lessico di origini latine ("fideicomiso" da fides e commissus; "usufructo" da ususfructus; "sancionar" da sancio; "delito" da delictum; "injuria" da iniuria), l'uso di latinismi (de facto, de iure, ecc.), l'uso del presente atemporale, la tendenza alla nominalizzazione (proceder a la admisión per admitir e sostantivazione con i suffissi -miento, -idad, -ción), la costruzione di predicati intransitivi con nominalizzazione (procede realizar una declaración), l'ampio impiego della subordinazione, l'uso di forme pronominali impersonali con se e la forma passiva (se desprende, se considera, fue admitido) e di forme impersonali espresse con il participio e il gerundio, l'uso di sigle ("FJ" per "Fundamento Jurídico", "RDLeg" per "Real Decreto Legislativo", "CC" per "código civil", "ATS" per "Auto del Tribunal Supremo", ecc.) (TOMÁS RÍOS 2005; Diccionario del español jurídico1).
Nella traduzione scritta e orale la terminologia è uno strumento di cui servirsi all’interno di un contesto comunicativo specializzato, che ne determina l’uso a seconda della variazione pragmatico-discorsiva. Per le simulazioni, è importante identificare all’interno del setting di tribunale le diverse situazioni comunicative in funzione dei diversi attori coinvolti (interrogatorio, comunicazione fra avvocato e imputato; processo, comunicazione fra P.M., avvocato/i, eventuali testimoni e imputato e così via).
Dal punto di vista pragmatico-discorsivo, alle tre situazioni comunicative dove viene utilizzato il linguaggio specialistico proposte da NISKA, vale a dire comunicazione esperto-esperto; esperto-inesperto; inesperto-inesperto (NISKA 2002), VALERO-GARCÉS (2005) aggiunge la situazione esperto-semiesperto. La situazione comunicativa del discorso giuridico è spesso riconducibile a quella di esperto-inesperto, laddove vediamo la parte dell’esperto rappresentata dalle figure dei giuristi (giudici, avvocati, pubblici ufficiali, funzionari, P.M. e altri) e quella dell’inesperto (profano della materia) riconducibile all’indagato/imputato o ai testi, spesso impreparati sulla specificità del significato dei termini utilizzati in aula e privi di cultura giuridica. Nel caso, poi, della necessità di traduzione degli interventi fra le parti da una lingua all’altra, la comunicazione avverrà coinvolgendo tre parti: esperto-semiesperto-inesperto, dove il ruolo del semiesperto viene ricoperto dall’interprete giuridico. L’interprete viene identificato come tale poiché si presume che non abbia la stessa padronanza di linguaggio specialistico che hanno gli operatori ed esperti del campo giuridico-legale; tant'è vero che è necessaria da parte degli interpreti un'intensa attività preparatoria e di documentazione sulla terminologia richiesta dai singoli casi (RODRÍGUEZ e SCHNELL 2009).
3. La documentazione tematica e terminologica per l’interprete di tribunale
Purtroppo il ruolo dell’interprete non viene sempre adeguatamente riconosciuto e rispettato come figura professionale nel contesto giuridico, anche a causa della sovrapposizione di numerosi bilingui, privi di qualunque preparazione formale, che si prestano per lo svolgimento del lavoro e che rendendo così ancora più complesso il riconoscimento ufficiale delle qualifiche professionali (HALE 2004, VALERO-GARCÉS 2005). La figura dell’interprete di tribunale è chiamata a garantire un servizio in cui la precisione della traduzione è fondamentale, dato il calibro delle conseguenze che possono dipenderne (PÖLLABAUER 2017). Da qui, l’importanza della formazione dell’interprete/traduttore, specie in contesti istituzionali e altamente formali, con specificità terminologiche, etiche e deontologiche.
Come illustrato da EDWARDS già ai primordi della formalizzazione della professione dell’interprete giuridico, la prima fase della formazione di un interprete è quella, appunto, linguistica, volta all’acquisizione del livello di bilinguismo che permetta di operare da e verso una L2 oltre alla propria madrelingua: «[t]he creators of the federal certification exam for Spanish court interpreting say that one needs at least 14 years of schooling in English to understand the English used in court» (EDWARDS 1995: 4). Sulla stessa linea, data la specificità e la complessità del discorso giuridico nelle varie lingue – pur variando a seconda della combinazione – una formazione linguistica completa e mirata che garantisca i livelli di qualità e accuratezza richiesti risulta difficilmente raggiungibile con un periodo di studio inferiore ai 12-14 anni. La seconda fase della formazione dell’aspirante interprete è quella dell’apprendimento e della pratica della professione: «[i]nterpreting is itself a skill that must be developed in addition to a person’s existing high-level skills in two languages» (ROY 2006: 2).
Una volta completate le fasi formali di formazione, l’interprete è chiamato di volta in volta a una preparazione ad hoc per il lavoro commissionato. La preparazione dell’interprete avviene attraverso diverse fasi (ORTEGO ANTÓN 2016: 109), la prima delle quali la preparazione tematica e, la seconda, la preparazione linguistica e terminologica. Quest’ultima si concentra sulla ricerca più approfondita di sinonimi, iperonimi, acronimi, abbreviazioni e fraseologia di possibile utilizzo nell'ambito disciplinare e tematico in questione. L’interprete di tribunale può, in fase di preparazione, servirsi di tutti gli strumenti che forniscono una facile e rapida consultazione della terminologia specifica, nonché eventuali modifiche o aggiornamenti dei relativi glossari (RODRÍGUEZ e SCHNELL 2009: 27, FANTINUOLI 2017: 29-31), ma anche documentandosi attraverso testi paralleli di diritto e aggiornando la base di dati a disposizione con la consultazione di fonti istituzionali ufficiali. Tuttavia, essendo la consecutiva con presa di note la tipologia di interpretazione maggiormente utilizzata nel contesto giuridico (RUDVIN e TOMASSINI 2011: 78), la gestione della terminologia con estrazione da base di dati o computer-assisted (automatica da glossari sul computer o direttamente da Internet) in loco risulta impossibile da effettuare. Inoltre, non è quasi mai possibile essere informati dell'oggetto del procedimento nel quale si verrà chiamati a interpretare e, data l’eterogeneità di situazioni in cui l’interprete di tribunale opera, è necessaria un’approfondita preparazione terminologica e fraseologica. Da ultimo, ma non per importanza, uno dei requisiti richiesti per il profilo professionale dell’interprete di tribunale, come stabilito da AITI (Associazione Italiana Traduttori e Interpreti), è la conoscenza avanzata della lingua e della cultura straniera, almeno al livello C1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER), oltre alla perfetta padronanza della propria lingua madre. Il livello C1 viene identificato come livello di efficacia, di cui si riportano le specificità richieste di seguito.
[…] lo studente si esprime in modo scorrevole e spontaneo, senza un eccessivo sforzo per cercare le parole. Usa la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, accademici e professionali […] mostrando di sapere controllare le strutture discorsive, i connettivi e i meccanismi di coesione (CONSIGLIO D’EUROPA 2001, NOVELLO 2009: 33).
Oltre alla padronanza specifica di quanto dettagliato sopra, è richiesta la competenza passiva almeno nelle principali varietà diatopiche delle due lingue di lavoro. Gli stranieri che partecipano a vario titolo ai procedimenti giudiziari, infatti, hanno le provenienze più svariate e parlano spesso con accenti locali molto marcati, soprattutto nel caso di soggetti con scarsa scolarizzazione, e il loro dialetto tende a essere molto variabile (TRUDGILL 2004).
Infine, l’interprete è tenuto a conoscere l’iter del procedimento civile e penale del paese nel quale opera e le caratteristiche extralinguistiche e pragmatiche della situazione comunicativa. Fra queste, solo per citare alcuni esempi, vi è il rispetto dei turni di parola che sanciscono il ruolo specifico di tutti gli attori presenti in tribunale o il vincolo ad intervenire fuori dai turni in udienza solo se espressamente concesso dal giudice previa richiesta esplicita; o ancora, la propensione a tradurre usando la prima persona anziché la terza per questioni di rapidità (la ripetizione a ogni turno di parola dell’introduzione indiretta "dice che", "sostiene che", "ha dichiarato di" dilaterebbe infatti considerevolmente i tempi di parola, già estesi a causa dell’intervento traduttivo), e di scorrevolezza del flusso discorsivo, minimizzando l’idea della presenza di un filtro e favorendo quindi una comunicazione diretta fra le parti e non creando confusione sulla persona che interloquisce nei vari momenti (SANDRELLI 2011).
4. Un caso di studio di innovazione didattica applicata all’interpretazione di tribunale
La proposta attuata presso il Dipartimento di Lingue e Culture Moderne dell’Università di Genova è nata da un progetto di Innovazione Didattica varato a livello di Ateneo che ha incentivato e finanziato la sperimentazione di nuove metodologie. Nell’ottica di introdurre proposte innovative, appunto, e incentrare la didattica su un’esperienza più coinvolgente e consapevole, il progetto promuove nuove linee e metodologie didattiche come per esempio attività laboratoriali, esperienze di apprendimento attraverso il gioco e il role-play, l’autovalutazione e il confronto con gli altri studenti (valutazione fra pari).
Al fine di monitorare e valutare le modalità di Innovazione Didattica proposte e il raggiungimento degli obiettivi formativi previsti, durante il corso sono intervenuti alcuni metodologi (psicologi e pedagogisti). La metodologia impiegata rispecchia l’impostazione altamente professionalizzante del Corso di Laurea LM94 che, per questa ragione, pone particolare enfasi sull'esposizione degli studenti a situazioni di lavoro realistiche. Oltre ai pedagogisti è anche intervenuto un giurista, che ha contribuito alle simulazioni nella fase preparatoria e di drammatizzazione, nella parte di operatore giudiziario (avvocato o giudice). Ciò ha permesso a studenti/tesse di confrontarsi in prima persona con chi poteva offrire loro un approfondimento dettagliato sulla preparazione e la conoscenza tematica dell’ambito giuridico.
Il secondo anno della laurea specialistica è stato scelto per ragioni di livello linguistico. Stabilito un livello meta della lingua straniera al C1/C2 del QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue) come dettagliato in precedenza, abbiamo considerato il secondo anno del corso magistrale il corso più adatto per lavorare con studenti/tesse che raggiungevano effettivamente il livello richiesto, e altri/e che possedevano un livello di padronanza dello spagnolo lievemente inferiore.
Il modulo del corso si è svolto durante un semestre con lezioni frontali di due ore ciascuna, per un totale di 30 ore. Le lezioni sono state pianificate e organizzate previamente, prevedendo una prima fase di ripasso terminologico e una seconda fase di applicazione pratica tramite le simulazioni, come descritto a seguire.
5. Programmazione del corso e metodologia
La prima fase del corso è stata dedicata alla familiarizzazione con alcuni contenuti disciplinari del discorso giuridico per i quali è intervenuto un avvocato. Quest’ultimo ha tracciato un quadro generale delle caratteristiche e della struttura del processo sia civile che penale in Italia. Inoltre, durante i vari incontri, ha specificato il ruolo dell’interprete nella giurisdizione civile e penale, approfondendo alcuni concetti specifici del campo: con l’obiettivo di dissipare i principali dubbi su questioni pratiche dell’ambiente di tribunale, ha dettagliato l’iter per il reclutamento degli interpreti e ha illustrato le dinamiche dei turni di parola degli interlocutori e di intervento degli interpreti in aula. L’avvocato ha inoltre partecipato alla preparazione e alla drammatizzazione di alcune simulazioni. Le lezioni erano frontali e interattive, vale a dire impostate sullo scambio di domande e curiosità da parte degli studenti, con presentazione di situazioni e avvenimenti realmente avvenuti in aula giudiziaria, per fornire loro esempi pratici.
La seconda fase del corso è stata dedicata alla preparazione terminologica degli studenti. Prima di ogni lezione veniva comunicato un macro-argomento sul quale documentarsi (la situazione, in particolare il tema e i partecipanti) e a partire dal quale provare a estrarre la terminologia specifica di riferimento. Talvolta veniva proposto un testo tematicamente affine da tradurre a vista in modo autonomo e che veniva poi nuovamente tradotto a vista e commentato in classe. Altre volte, infine, è stato consegnato agli studenti un breve abstract di presentazione della situazione della simulazione successiva precisando alcuni termini chiave: ad esempio quelli presenti in una situazione di interrogatorio a un imputato di furto con scasso erano robo con escalo, per cui è stato necessario precisare la differenza tra hurto e robo. In alternativa, per le simulazioni più complesse, sono stati forniti previamente i capitoli di prova delle situazioni che sarebbero state proposte. Sebbene consapevoli che in quest’ultimo caso venisse meno il principio di autenticità delle simulazioni stesse, dato che l’interprete spesso non dispone di queste informazioni dettagliate in anticipo, abbiamo deciso di procedere in questo modo per ragioni pedagogiche. Come osservano NIEMANTS e CIRILLO (2017: 12), infatti, nonostante gli studenti debbano essere preparati per la complessità dell’interpretazione nel mondo reale, nell’ambiente classe e durante la fase di apprendimento risulta più che mai utile riproporre situazioni sì reali, ma comunque rispettando una progressione di difficoltà. A questo proposito NIEMANTS e CIRILLO precisano:
[…] scripted role-plays (SRP) are a valuable teaching tool, especially if framed by a briefing and a debriefing phase, which ground the activity in its simulated interpreting context, and performed at an early stage of the learning path, where learners need to familiarize themselves with the linguistic, cultural and interactional dilemmas that can emerge from teachers’ research and practice, and which can be carefully dosed and monitored according to the learners’ level of expertise (NIEMANTS e CIRILLO 2017: 12).
La documentazione tematica e terminologica veniva condotta dapprima autonomamente come ricerca a casa. Successivamente, in classe, veniva chiesto a studenti/tesse criteri e logiche di ricerca per l’individuazione dei termini e da quali fonti di documentazione questi fossero stati tratti. Inoltre, venivano svolti esercizi di anticipazione dei possibili contenuti attraverso un brainstorming collettivo, al fine di individuare con chiarezza che cosa aspettarsi dalla simulazione.
La terza fase, infine, è stata dedicata alle simulazioni. Venivano inscenate delle drammatizzazioni a partire da situazioni diverse; uno studente alla volta veniva chiamato a impersonare l’interprete e a tradurre, mentre i due docenti assumevano rispettivamente il ruolo dell’indagato/imputato e dell’operatore giudiziario, recitando uno in L1, l’altro in L2. Dapprima sono state proposte simulazioni con comunicazione con due interlocutori e con partecipazione del mediatore/interprete (avvocato-interprete-indagato/imputato; funzionario-interprete-immigrato/richiedente asilo). Nella parte conclusiva del modulo, anche il giurista ha preso parte alle drammatizzazioni interpretando i ruoli di giudice, avvocato dell’accusa o della difesa, e creando situazioni comunicative più complesse dal punto di vista dei turni di parola, dal momento che potevano intervenire fino a tre interlocutori oltre l’interprete.
Le simulazioni derivano da situazioni realmente avvenute in tribunale proposte dal giurista, debitamente modificate in conformità con le norme di rispetto della privacy. Altre simulazioni sono state invece ideate e adattate dai docenti. Tutte le simulazioni sono state registrate previo consenso firmato da studenti/tesse frequentanti. L'esame di profitto è consistito in una simulazione con massimo due interlocutori (i docenti, uno di L1 e uno di L2) oltre all’interprete. Al fine di riproporre quanto più fedelmente una situazione potenzialmente reale in aula di tribunale, studenti/tesse sono stati/e valutati/e in situazioni di carattere giuridico con terminologia vista in classe in precedenza, con aggiunta di lessico di uso comune in entrambe le lingue ("panchina", "cornice", "cassetto", ecc.). A partire da questi elementi si intendeva verificare se la competenza comunicativa, e in particolare lessicale, fosse sufficiente per produrre una descrizione informativa e fluida di situazioni complesse che non necessariamente comportavano difficoltà terminologiche (si trattava infatti della descrizione di una colluttazione e dei movimenti di un ladro all’interno di un appartamento). Si intendeva inoltre individuare la capacità di applicazione di strategie interpretative per superare eventuali problemi traduttivi (prevalentemente lacune lessicali).
6. Problemi e strategie identificati dagli studenti a livello terminologico
Per "problema" nel processo traduttivo si intende, seguendo la definizione proposta da HURTADO ALBIR, «difficulties (linguistic, extralinguistic, etc.) of an objective nature which the translator can encounter when carrying out a translation task» (HURTADO ALBIR 2017). Per definire la risoluzione del problema traduttivo con cui il traduttore e l’interprete si confrontano nello svolgimento del loro lavoro, il gruppo PACTE ha proposto un modello di competenza traduttiva (Translation Competence, TC). La prima versione del modello di TC individuava sei sottocompetenze, correlate fra loro e proposte, come a seguire, in ordine gerarchico: competenza comunicativa bilingue; competenza extralinguistica; competenza strumentale-professionale; competenza psicofisiologica; competenza di riformulazione; competenza strategica (HURTADO ALBIR 2017). Queste competenze vengono utilizzate per la risoluzione dei problemi traduttivi stessi e delle difficoltà riscontrate. Nell’identificazione e nella ricerca di una soluzione ai problemi traduttivi, il gruppo PACTE identifica inoltre diverse difficoltà traduttive e le suddivide in cinque gruppi (PACTE 2011), fra cui le difficoltà linguistiche (lessicali o morfosintattiche) e le difficoltà extralinguistiche. Nel caso delle difficoltà di tipo linguistico, è significativa la distinzione fra difficoltà di comprensione (carenze nella conoscenza della lingua di partenza) e di riformulazione (carenza nell’uso della lingua di arrivo). In entrambi i casi, quando si incontrano terminologia specifica e termini tecnici, sia in L1 che in L2,
reference is made to a linguistic difficulty of reformulation of terminology since this is a special case linked to extralinguistic knowledge. Examples: "I’ve never heard this word before" (linguistic comprehension); "I didn’t know how to say it in X" (linguistic reformulation); "Difficulty in finding the exact term" (linguistic reformulation of terminology) (PACTE 2011).
Da qui, la suddivisione più specifica delle difficoltà linguistiche in difficoltà di comprensione; difficoltà di riformulazione; difficoltà di riformulazione di terminologia. Nel confrontarsi con un problema traduttivo di tipo linguistico, l’interprete può ricorrere a numerose strategie fra cui, solo per citarne alcune: utilizzo di espressioni di riempimento, condensazione e fusione di frasi, generalizzazione, esplicitazione del termine ambiguo e trasformazioni morfosintattiche (MORELLI 2010).
Durante il processo traduttivo delle simulazioni da noi proposte sono state numerose le difficoltà e i problemi riscontrati da studenti/tesse specie a livello linguistico, con risultati diversi. Per riportare degli esempi, proponiamo parte dei copioni creati ad hoc per le simulazioni dei due appelli dell’esame di profitto previsto dal modulo, entrambi con la stessa struttura: massimo due interlocutori oltre all’interprete/mediatore, in situazioni di interrogatorio in aula di tribunale di un imputato da parte dell’accusa. Nel caso del primo appello, l’imputato era accusato di furto con scasso e violazione di domicilio, nel secondo caso l’accusa a suo carico era invece di aggressione e violenza aggravata, con detenzione abusiva di armi. Variando la dinamica del reato, variava quindi una parte del lessico, ma non della terminologia: è anche grazie a questa proposta che si mette in luce come lo/a studente con una competenza linguistica lessicale più forte in spagnolo (S1) sia quello che ha ottenuto un risultato (e un voto) più soddisfacente nella prova, facendo ricorso ad alcune delle strategie sopracitate (omissione, generalizzazione, esplicitazione, condensazione), mentre lo studente 2 (S2), sulla stessa terminologia, ha riscontrato difficoltà di tipo lessicale, non individuando i traducenti di parole prive di specificità alcuna e di uso comune.2
(1)
IT: Secondo il verbale della testimonianza della mia assistita // rilasciato quella stessa sera del 27 marzo 2019 // e messo agli atti presso il comando dei Carabinieri…
S1: El testigo confirmó aquella misma noche del 27 de marzo de 2019 / con un testimonio publicado por los Carabinieri / que…
S2: Según el acta / del testimonio que dejó mi cliente el mismo día 27 de marzo de 2019 // y el acta que fue también confirmado ante los Carabinieri…
Nell’esempio (1) si nota come S1 ricorra alla strategia dapprima di omissione e riformulazione (in mancanza immediata del traducente spagnolo del termine "verbale", lo omette, riformulandone parzialmente il significato con l’espressione el testigo confirmó) e, posteriormente, di condensazione (la frase in spagnolo risulta più breve e non rispetta la struttura proposta dall’italiano "secondo…", ma viene completamente cambiata, pur non inficiandone il senso generale). S2, al contrario, traduce correttamente il termine "verbale" con lo spagnolo acta, a dimostrazione di una buona preparazione terminologica dell’ambito giuridico, ma produce una resa più debole dal punto di vista grammaticale, lessicale e della scorrevolezza (omissione del momento della giornata che veniva precisato essere «sera»; ripetizione di y el acta senza un motivo giustificato, elemento che appesantisce la frase).
(2)
IT: Secondo l’articolo 372 // comma quarto // del Codice di Procedura Penale, […].
S1: Conforme al artículo 372 // párrafo 4 […].
S2: Según el artículo 372 // apartado 4 // del Código de Enjuiciamiento Penal, […].
(3)
IT: Lei è uscita a mani vuote dall’abitazione // non ha frugato in nessun cassetto // non si è neppure allontanata dalla finestra da cui aveva fatto irruzione.
S1: Usted salió sin nada en las manos // o sea // ni siquiera abrió un cajón / y ni siquiera se alejó de la ventana de la que había entrado en la casa.
S2: Usted se fue sin robar nada // ni siquiera intentó abrir los armarios // los muebles / y ni siquiera se alejó del sitio en que se encontraba.
Vediamo insieme gli esempi (2) e (3) sopra riportati. Nel primo caso, S1 ricorre alla strategia di omissione in mancanza immediata del traducente spagnolo di «Codice di Procedura Penale», con una lacuna quindi nel riportare parte del contenuto del TP, ma senza influenzare negativamente il significato o la comprensibilità dell’intervento dell’avvocato; S2, nuovamente, dimostra una buona preparazione terminologica proponendo invece il traducente «Código de Enjuiciamiento Penal». Tuttavia, come si evince dall’esempio (3) poco dopo, S2 dimostra anche di riscontrare difficoltà nel reperimento del traducente spagnolo della parola «cassetto», scegliendo di ricorrere a iperonimi e generalizzazioni (armarios, muebles) e modificando, però, il contenuto del TP.
(4)
ES: Yo sí, la empujé // pero cuando salimos / fue ella la que me amenazó con una navaja.
S1: È vero che l’ho spinta / ma quando siamo uscite dal locale / è lei che mi ha minacciata con un’arma bianca // un coltello.
S2: Io sì l’ho spinta / ma quando ci siamo spostate fuori dal locale // mi ha minacciato // con // con un’accetta.
Come da esempio (4), S1 in mancanza del traducente italiano di navaja ricorre dapprima alla generalizzazione, comunque coerente, proponendo «arma bianca» e traducendo poi con «coltello», dimostrandosi più strategico. S2, invece, non attua nessun tipo di strategia per aggirare l’ostacolo lessicale, con un risultante scostamento di significato rispetto al testo di partenza.
(5)
IT: È esatto dire che l’incontro è avvenuto casualmente // su una delle panchine del parco?
S1: ¿Es cierto que Ustedes se encontraron / pero sin quedar // sin tener una cita // sentadas en uno de los bancos en el parque?
S2: ¿Es cierto decir que su primer encuentro ocurrió por casualidad, // en // en una de /// de las mesas / que están en el parque?
Come riportato nell’esempio (5), S2 pare riscontrare difficoltà nel reperimento del traducente spagnolo della parola "panchina" (banco), però anziché ometterlo, opta di tradurlo con mesa (tavolo/tavolino), portando l’imputata, nella continuazione della simulazione, a dichiarare che non era esatto quanto affermato, poiché l’incontro in questione non era avvenuto a un tavolino. A questo punto, S2 prova a ricorrere alla strategia di esplicitazione («las mesas donde se pueden sentar en el parque // con las sillas//»), esplicitando tuttavia il termine mesa e non "panchina", come da TP. S1, pur non riuscendo a tradurre "casualmente" (por casualidad), ottiene un risultato migliore nella resa, riformulando e senza inficiare il significato originale («pero sin quedar»).
Di seguito viene fornito un ulteriore esempio a dimostrazione della difficoltà da parte di S2 del reperimento di lessico di uso comune nella lingua spagnola, durante la resa.
(6)
IT: Quel giorno ha individuato Lei // in piedi // con una cornice in mano.
S1: Aquel día / vio a Usted // de pie // con un marco en las manos.
S2: Aquel día / ha visto Usted // de pie // con // aquella parte de las fotos // de la que // con /// aquella parte de las fotos que sirve para tener la foto dentro.
Come si evince dall’esempio (6), il problema traduttivo è per S2 il mancato reperimento del traducente spagnolo per la parola "cornice" (marco). Nel tentativo di esplicitare questa parola, incorre però in numerose e lunghe esitazioni e pause, risultando in una resa molto verbosa e senza, fra le altre cose, terminare di tradurre la frase (manca «en las manos») e incorrendo nell’ulteriore errore di creare un calco italiano-spagnolo con il verbo tener. In S2 si riscontrano, inoltre, molte carenze grammaticali, tra cui confusione sull’utilizzo dei tempi verbali (uso del pretérito perfecto «ha visto» al posto del pretérito indefinido «vio») e mancanza della marca dell’accusativo di persona spagnolo a («ha visto Usted»).
Osservazioni conclusive
La tendenza evidenziata nei frammenti delle prove finali qui presentati è stata che S1, che aveva peraltro già dimostrato a lezione di potere contare su una preparazione linguistica più solida e di saper gestire meglio la comunicazione, pur riscontrando talvolta lacune terminologiche, è stato in grado di attuare strategie di esplicitazione, omissione, riformulazione e o condensazione in modo flessibile e adeguato per compensare i problemi traduttivi riscontrati. S2, invece, talvolta ha tradotto senza difficoltà termini ed espressioni specializzati come "verbale", "testimonianza", "mettere agli atti", "codice di procedura penale" o "comma", ma non sempre è stata in grado di superare problemi di lessico non specialistico, anche verso la propria lingua madre. È a partire da queste prime osservazioni che è nata la nostra riflessione sul rapporto tra terminologia, lessico e traduzione nell’ambito dell’interpretazione giuridica.
Se, dunque, la preparazione terminologica è essenziale nella traduzione del discorso specializzato, tuttavia interagisce costantemente con altre componenti della competenza traduttiva. In questo caso di studio (in un contesto di apprendimento, nel quale non era ancora richiesta una qualità di resa professionale) la conoscenza terminologica non è risultata l’elemento determinante per la riuscita della comunicazione e, più in generale, per il superamento dell’esame di profitto del corso. Lo studente con una competenza linguistica relativamente più solida (S1) è riuscito a compensare carenze terminologiche e lessicali grazie all'attuazione di strategie. Ciò sembra confermare l'idea di una gerarchia di competenze, la prima delle quali, come suggerisce PACTE (2001) è la competenza bilingue, ma anche la competenza strategica, in grado di compensare in parte carenze terminologiche. Nel caso di (S2), invece, la solida preparazione terminologica non compensa la debolezza linguistica e strategica. Naturalmente non è possibile in alcun modo trarre generalizzazioni, tuttavia l'esperienza del corso suggerisce l'opportunità di approfondire il ruolo della sottocompetenza terminologica all'interno della competenza traduttiva orale e la sua interazione con gli altri componenti della stessa.
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Note
↑ 1 REAL ACADEMIA ESPAÑOLA, Diccionario del español jurídico, https://dej.rae.es/ (ultima consultazione 20/05/2020).
↑ 2 Negli esempi forniti di seguito, viene indicato con "S1" lo studente che più facilmente e più spesso è riuscito a ricorrere a strategie efficaci per compensare problemi traduttivi e terminologici. Viene indicato con "S2" lo studente che, pur con buona preparazione terminologica specifica, ha riscontrato notevoli difficoltà nel reperimento di parole di uso comune in entrambe le lingue, inficiando in tal modo la sua resa.