Publifarum n° 32 - Da dietro le sbarre: arte, letteratura e carcere dall'Ottocento a oggi

La littérature française dans le cachot: Attività didattiche nel carcere di Ranza, San Gimignano

Laura STAIANO


In questo elaborato vorrei ripercorrere due anni di insegnamento speciali, non ritmati dal suono della campanella che scandisce l’entrata e l’uscita degli studenti, ma da un silenzio immobile, interrotto talvolta da rumori che spesso risuonano ancora nella mia testa: il rumore di passi che si susseguono in lunghi corridoi bianchi e spogli; il tintinnio di chiavi enormi che ciondolano dalle cinture dei vari agenti penitenziari in servizio o, in maniera ancora più assordante, che entrano nelle serrature di porte e cancelli invalicabili facendoti provare, per poche ore, la sensazione claustrofobica di essere prigioniera; la cadenza di voci grevi, caratterizzate dalle più svariate inflessioni dialettali, che irrompono in quegli spazi freddi e cupi, adibiti ad anonimi locali scolastici, con una serie infinita di “Buongiorno professoressa!” Sin dai primi giorni, ho capito l’importanza di rispondere ad ogni singolo “Buongiorno”, tutte le mattine, con lo stesso sorriso e la stessa energia perché la parola, pronunciata tra il silenzio di quelle mura da una voce esterna, ha un suono diverso, caldo che per gli abitanti di quegli spazi angusti diventa linfa vitale.

Ho lavorato nel carcere di Ranza-San Gimignano, in provincia di Siena, per due anni, da settembre 2015 a giugno 2017, insegnando Lingua e Cultura francese a studenti dell’Istituto enogastronomico “Bettino Ricasoli”. Difficile far apprendere una lingua straniera in classi eterogenee, frequentate da studenti che hanno età diverse (si va dai 19 agli oltre 60 anni), nazionalità differenti, percorsi scolastici e di vita tortuosi. Si fa fatica a parlare in italiano, ancor più in francese. Ho provato quindi, in quegli anni, a trasmettere la voglia di leggere e di scoprire la letteratura francese, attraverso testi in lingua originale da cui trarre riflessioni, idee, voglia di affrontare la vita in maniera altra. Il presente elaborato si riferisce dunque ad una selezione di testi letti e analizzati insieme ai miei ex studenti di “dietro le sbarre” e alle differenti metodologie didattiche utilizzate. Vuole, inoltre, descrivere gli effetti che può avere la letteratura che tratta di temi quali la prigionia, le sensazioni, la libertà in un contesto in cui la prigionia limita la percezione del mondo e priva gli uomini della libertà, diritto inalienabile che dietro le sbarre può essere solo auspicata, attesa, sognata.

Ho sempre affrontato il primo tema, la prigionia, con molta attenzione per non turbare gli animi dei miei interlocutori né tantomeno il mio. Non ho mai voluto conoscere le storie degli studenti, nonostante i vari tentativi di raccontarsi e di motivare la loro presenza in quelle aule fredde e spoglie. Prima di cominciare quell’esperienza di insegnamento, ho lavorato su me stessa, per considerare Ranza una scuola come tutte le altre, evitando di farmi coinvolgere troppo emotivamente dal passato e dal presente, da sentenze e pregiudizi. La prigionia è dunque diventata una tematica letteraria attraverso l’analisi comparativa di testi estratti dai due romanzi più celebri di Stendhal Le Rouge et le Noir (pubblicato nel 1830) e La Chartreuse de Parme (del 1839). Nell’antologia letteraria di riferimento, gli estratti analizzati portano i seguenti titoli: “Ils pleurèrent en silence” e “Correspondance secrète”. Il primo racconta il momento in cui Julien Sorel, condannato a morte e detenuto nel penitenziario di Besançon, riceve la visita di Mme de Rênal, la donna che ha tentato di uccidere, la causa delle sue pene amorose e della sua condanna. È in questo contesto insolito che i due personaggi si avvicinano fisicamente e spiritualmente e che la chasse au bonheur del protagonista sembra concludersi:

Une heure après, comme il dormait profondément, il fut éveillé par des larmes qu’il sentait couler sur sa main. […] Il entendit un soupir singulier, il ouvrit les yeux, c’était Mme de Rênal. […] Elle s’appuya sur Julien, qui était à ses genoux, et longtemps ils pleurèrent en silence. À aucune époque de sa vie, Julien n’avait trouvé un moment pareil (STENDHAL 1862: 485).

Il testo tratto da La Chartreuse de Parme, invece, mostra Fabrice del Dongo prigioniero nella Torre Farnese, colpevole di aver ucciso un uomo in duello. Dalla cella, il giovane riesce a vedere la bella figlia del governatore della prigione, Clélia Conti, che lo aiuterà in seguito ad evadere, e a comunicare con lei, grazie a vari stratagemmi:

Notre prisonnier se hâta de construire une sorte de ruban avec du linge; et le soir, un peu après neuf heures, il entendit fort bien de petits coups frappés sur les caisses des orangers qui se trouvaient sous sa fenêtre; il laissa glisser son ruban qui lui ramena une petite corde fort longue, à l’aide de laquelle il retira d’abord une provision de chocolat, et ensuite à son inexplicable satisfaction, un rouleau de papier et un crayon. Ce fut en vain qu’il tendit la corde ensuite, il ne reçut plus rien. Mais il était ivre de joie (STENDHAL 1873: 296).

Sur le Tasse en Prison d’Eugène Delacroix è, invece, un sonetto in cui arte, letteratura e realtà si intersecano aprendo il sipario su un altro tipo di detenzione, quella all’interno di strutture ospedaliere. Il manoscritto risale al febbraio 1844; esce, con molte correzioni, il 1 marzo 1864 sulla Revue Nouvelle, poi ne Les Épavés, infine nell’edizione de Les Fleurs du mal del 1868. Il soggetto è mediato da Delacroix e dal suo Tasso internato nell’ospedale di Sant’Anna1. Baudelaire presenta un genio lacero, malato, assediato dalla paura e da orribili visioni. Il tugurio nel quale è rinchiuso è malsano, invaso da risa stridenti e spettri turbinanti, che turbano lo scrittore e la sua attività creativa, come si deduce, nel testo, dalla parola manuscrit e nel quadro, dai vari fogli sparsi sul pavimento.

Le poète au cachot, débraillé, maladif,
Roulant un manuscrit sous son pied convulsif,
Mesure d’un regard que la terreur enflamme
L’escalier de vertige où s’abîme son âme.
Les rires enivrants dont s’emplit la prison
Vers l’étrange et l’absurde invitent sa raison;
Le Doute l'environne, et la Peur ridicule,
Hideuse et multiforme, autour de lui circule (BAUDELAIRE 2012: 342).

Il riferimento ad un’altra poesia, firmata da una delle penne più belle e pungenti della letteratura italiana, L’albatros, appare quasi inevitabile sia perché Alda Merini (1931-2009), pur vivendo nel XX secolo, è vittima di una reclusione simile a quella del Tasso descritta da Baudelaire sia perché la poetessa italiana si ispira dichiaratamente all’omonimo componimento del simbolista francese. La Merini racconta nel breve testo pubblicato nella raccolta Vuoto d’amore, nel 1991, la sua dolorosa detenzione manicomiale facendo sua l’immagine dell’albatros baudelairiano. Il viaggio del grande uccello dal bianco ventre gentile che volteggiava sui mari è stato fermato da uomini senza carità che hanno abbattuto l’animale al suolo, per “riderci sopra” così come gli uomini d’equipaggio di Baudelaire che, pour s’amuser, cioè per puro divertimento, hanno trasformato il principe dei nembi in un essere maldestro, fiacco, ridicolo:

Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola
per riderci sopra,
non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carità di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d’amore (MERINI 1996: 100).

La riflessione sul tema della percezione del mondo e delle sensazioni partirà, come in un’allora classe terza, da alcuni versi di Victor Hugo, selezionati durante una visita all’esposizione virtuale intitolata Victor Hugo: l’Homme Océan, disponibile sul sito della BNF2. Per molti studenti di Ranza, originari come me del Sud Italia, uno dei vuoti più grandi da colmare è l’assenza del mare: i piccoli scorci intravisti dalle celle, al di là del cemento della struttura carceraria, sono verdi; il blu del mare è lontano da San Gimignano anche per chi è libero; per chi è recluso da anni è lontanissimo, irraggiungibile, un ricordo. Gli studenti furono molto affascinati dalla figura del poeta esule e selezionarono autonomamente i versi da analizzare. Propongo dunque, in forma anonima, alcuni dei commenti scritti nel marzo 2017. A proposito di Umbra, testo pubblicato nella raccolta postuma Toute la lyre, uno studente scrisse:

Le poète exprime un moment d’amertume en observant les flots qui pour lui deviennent le symbole de sa vie réelle, riche de malheur et de haine. Il est triste parce qu’il est loin de sa terre et c’est la mer à le séparer de son pays natal qu’il aime.3

Diversamente, alcuni versi tratti da Les Contemplations ricordarono ad un altro studente la sua città natale: «Jai aimé ce poème parce que je vis dans une ville au bord de la mer et je me retrouve dans toutes les belles sensations racontées par le poète». Le meditazioni Promenades dans les rochers ispirarono, invece, un semplice ma profondo pensiero sul mare: «La mer nous fait sentir libres parce qu’elle est immense et vaste. J’ai aimé ces vers parce que j’aime la mer avec ses couleurs».

La stessa tipologia di lavoro, lettura e analisi di un testo letterario in lingua originale e produzione di un breve commento, fu proposta anche ad un’allora classe quinta, diplomatasi nel giugno 2016, a partire dal sonetto Correspondances di Baudelaire. Si abbandona quindi il paesaggio marino per percepire la natura nella sua sacralità e le riflessioni che ne derivano sono molto personali. Nelle prime due, prevale il ricordo dell’infanzia mentre la terza pone l’accento sull’importanza del linguaggio e delle figure retoriche:

Je pense que le poème est intéressant parce qu’il décrit la nature avec beaucoup d’images. Mon vers préféré est ʹIl est des parfums frais comme des chairs d’enfantsʹ: cette comparaison me rappelle mon enfance.

Je trouve ce poème très intéressant parce qu’il me rappelle mon enfance avec les images de la nature, les vertes prairies et les parfums sauvages. Quand j’ai étudié Baudelaire, j’ai aimé sa personnalité, sa pensée et sa manière d’exprimer son mal de vivre.

J’aime ce poème parce qu’il crée des liens entre la nature et la vie des hommes à travers le langage. Ma strophe préférée est la numéro 2 parce qu’on y trouve, grâce à la synesthésie, plusieurs sensations.

Il terzo tema, la libertà, fu trattato attraverso la poesia di Paul Éluard, proposta agli studenti di tutte le classi nell’anno scolastico 2016-2017 come saluto di fine anno, e un’attività didattica mirante a stimolare la curiosità e lo spirito critico. Non fu fornita nessuna informazione sull’autore e furono omessi il titolo e l’ultimo verso del componimento che apre la raccolta Poésie et Vérité, pubblicata nel 1942, in piena Guerra Mondiale. Dopo la lettura di ogni strofa, mi divertivo a chiedere agli studenti quale fosse la parola misteriosa che il poeta racconta di scrivere ovunque. Le risposte furono tante, di natura diversa: in molti pensarono, intuendo dunque la genesi del testo, all’amore, alla donna amata, alla famiglia, ai figli (temi tanto caldi in quelle aule fredde), altri ad oggetti insoliti e per niente poetici, mentre la parola liberté faceva fatica a venir fuori, ad essere intuita, dedotta, pronunciata. Risolto l’enigma, ricordo che in tanti chiesero la traduzione del testo, la rilettura, una fotocopia in più da dare al compagno di cella perché colpiti da quella poesia, da quel desiderio di essere liberi, dall’emozione di poter assaporare la parola libertà grazie al potere della letteratura.

Non solo letteratura ma anche musica, ausilio indispensabile nell’apprendimento delle lingue straniere, rimedio contro la solitudine, fonte di ispirazione e di riflessioni profonde. Uno degli esperimenti didattici più riusciti all’interno del carcere di San Gimignano riguarda la canzone Le vent nous portera dei Noir Désir, ascoltata e analizzata dopo una breve parentesi sulla biografia del cantante del gruppo, Bertrand Cantat, detenuto per 10 anni perché ritenuto responsabile della morte della sua compagna avvenuta nel 2003. Cronaca, musica e parole diedero origine ad un interessante dibattito e ad un lavoro di gruppo con il quale alcuni studenti provarono a riassumere l’anno scolastico trascorso insieme, ispirandosi al testo di quella canzone per esprimere i loro pensieri: «Le vent emportera nos peurs, nos tristesses, nos angoisses et nous portera vers le Soleil!». Questa frase fu scritta su un cartellone al centro del quale domina un’imperfetta Tour Eiffel e, ancora oggi, timidamente, rallegra una delle aule fredde e spoglie in cui questo piccolo viaggio alla scoperta della letteratura francese fu compiuto.

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Bibliografia

BAUDELAIRE, C., I fiori del male, Milano, Feltrinelli, 2012.
BERTINI, M., ACCORNERO, S., GIACHINO, L., BONGIOVANNI, C., Lire. Littérature, Histoire, Culture, Image, Milano, Einaudi Scuola, 2013.
MERINI, A., Vuoto d’amore, Torino, Einaudi, 1996.
STENDHAL, La Chartreuse de Parme, Paris, Michel Lévy Frères, 1873.
STENDHAL, Le Rouge et le Noir, Paris, Michel Lévy Frères, 1862.

Sitografia

http://expositions.bnf.fr/hugo/expo.htm

https://scriviamocongusto.wordpress.com/


Note

↑ 1 Ci sono due tele di Delacroix che hanno per soggetto il Tasso internato. Una delle due, già esposta nel 1824, ripresentata nel 1855, sarà citata da Baudelaire negli articoli sull’Exposition Universelle (BAUDELAIRE 2012: 403).

↑ 2 http://expositions.bnf.fr/hugo/expo.htm, consultato il 10/06/2019.

↑ 3 I commenti degli studenti di Ranza proposti in questo articolo, accompagnati dai versi di Victor Hugo, sono pubblicati sul blog https://scriviamocongusto.wordpress.com/, creato nel 2016 per far conoscere la scuola di dentro anche all’esterno.

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482