Publifarum n° 32 - Da dietro le sbarre: arte, letteratura e carcere dall'Ottocento a oggi

Il teatro nel carcere di Saluzzo

Marco MUCARIA


Nell’ottobre dell’anno 2002, per volontà della direttrice della Casa di Reclusione di Saluzzo, Dott.sa Marta Costantino, è stato attivato un Laboratorio Teatrale per i detenuti.

E' stata questa la prima azione di apertura verso il territorio, la prima occasione pubblica in cui l'Istituto invitava la comunità ad entrare per condividere il progetto teatrale e creare un ponte di dialogo tra il dentro e il fuori le mura.

Il percorso laboratoriale termina, ogni anno, con uno nuovo spettacolo che viene rappresentato per più di mille persone.

La numerosa presenza di spettatori, l'attenzione mediatica ed il riconoscimento da parte degli enti competenti portarono un tale fermento di stimoli, incontri e confronti che segnarono una svolta nella storia dell'Istituto Penitenziario Saluzzese.

L'attività teatrale diventa così un'azione formativa permanente mediante convenzione tra la Direzione del carcere e l'Associazione Voci Erranti.

Nel luglio 2004 si organizzò il primo Convegno Nazionale sul tema del Teatro in Carcere; cinquanta rappresentanti di compagnie teatrali del mondo carcerario di diciotto regioni parteciparono alle tre giornate di lavoro e di dibattito.

Con il tempo l'attività cresce sia come offerta formativa in quanto si attiva un secondo laboratorio teatrale con spettacolo finale per i detenuti di Alta Sicurezza, sia come richiesta da parte del mondo artistico esterno per partecipare a Rassegne, Festival e Stagioni Teatrali con gli spettacoli dei detenuti.

Grazie alla volontà del Direttore, Dott. Giorgio Leggieri, e dei Magistrati di Sorveglianza del Tribunale di Cuneo e all'impegno delle Educatrici dell'Istituto, il gruppo teatraleinizia così, ad uscire, mensilmente, in trasferta sul territorio nazionale senza l’utilizzo della scorta della Polizia Penitenziaria

Dall’anno 2010 il progetto si amplia con l’iniziativa “ Scuola e Carcere “che consente la possibilità di replicare gli spettacoli per tutti gli Istituti Scolastici interessati come momento di incontro e confronto tra la realtà scolastica e quella della reclusione. Il progetto si inserisce nella programmazione didattica dell’Educazione alla legalità ed ha come obbiettivo principale quello di sensibilizzare i giovani al tema delle regole.

Ogni anno entrano, nel carcere di Saluzzo circa duemila studenti e docenti.

Dal 2013 la Compagnia organizza, per i detenuti, un Corso di formazione Tecnico Audio Luci finalizzato all'inserimento lavorativo di alcuni detenuti per le repliche teatrali realizzate dentro e fuori il carcere

Unitamente all'impegno con la popolazione reclusa, l'Associazione, ha da sempre dato molta importanza all'impegno civile sul territorio attraverso iniziative, eventi culturali-artistici e progetti sociali per combattere il pregiudizio, l'emarginazione e facilitare il reiserimento sociale e lavorativo dei detenuti.

Concretamente Voci Erranti sostiene detenuti in condizione di art.21,crea borse lavoro e dal 2017, è Cooperativa Sociale che gestisce il Caffè Osteria Intervallo di Savigliano

L’esperienza saluzzese fa parte del Coordinamento Nazionale del Teatro in Carcere ed è riconosciuta, a livello nazionale, come una delle realtà più innovative e significative del paese.

Perché fare teatro

Il teatro in carcere diventa arte che forma e “trasforma” le persone.

Possibilità di guardarsi dentro per rielaborare la sofferenza.

Luogo di confronto tra culture, lingue, religioni e reati diversi, occasione di ricostruzione dell’essere attraverso le diverse attività espressive.

Fare teatro in carcere è dare voce alla creatività in un luogo di diversità dove la relazione si basa sulle dinamiche di potere.

Non si tratta del teatro “intrattenimento” quanto di un percorso formativo basato sui principi di rigore e passione di quest’arte. E' un teatro che rompe gli schemi e da alla persona la possibilità di rimettersi in gioco, di rileggere il proprio passato e rielaborare il danno commesso.

Attraverso l'attività formativa i ruoli si azzerano e le maschere perdono la loro forza dando al detenuto la possibilità di vedere, semplicemente, la propria umanità

Come è dichiarato dal sociologo David Aguzzi in “Del profilo educativo in carcere” nel testo Recito, dunque sogno – Edizioni Nuove Catarsi 2009, il teatro produce una serie di cambiamenti sostanziali nella quotidianità della vita del detenuto:

Il teatro mette in moto l'immobilità

In scena si è contemporaneamente “ qui e altrove, dentro e fuori, adesso e mai “.

La detenzione congela i corpi e con essi anche i pensieri e le emozioni.

Il nostro modo di lavorare attraverso il laboratorio teatrale è fortemente fisico, perché riteniamo che sia importante ripartire dal corpo, dare voce al linguaggio primordiale e ai bisogni che il recluso è portato a soffocare per la sopravvivenza e la mancanza di strumenti di aiuto. Sentire il proprio corpo, prendere consapevolezza dei sentimenti che esso contiene, per arrivare alla possibilità di esprimere i propri sentimenti.

Il teatro cambia la sostanza del tempo

Per i detenuti che partecipano al laboratorio quello è uno spazio fuori dal tempo, una “bolla d’aria” dove poter essere se stessi in modo sincero e liberi dalla maschera costretti a portare nella vita in sezione. Il detenuto Liam ci faceva notare quanto fosse difficile rientrare in sezione e gestire una specie di schizofrenia tra ciò che si è realmente e ciò che si deve essere per le regole sottointese dall'istituzione. Più volte aveva richiesto al direttore del carcere di formare una sezione composta dai detenuti che partecipavano all’attività teatrale per poter uscire da quella “finzione carceraria” e portare avanti il percorso umano con i propri compagni di laboratorio.

Il teatro inventa lo spazio

In prigione si sta stretti, manca lo spazio fisico e mentale. Non c’è spazio per la propria privacy, neanche per piccoli momenti di solitudine , Tutto è molto concentrato: oggetti, relazioni e tensioni. Il detenuto Alberto con la sua storia di più di quaranta anni di detenzione, inizia un percorso di rielaborazione del suo passato nel momento in cui, per la prima volta, si è visto in una fotografia scattata durante lo spettacolo teatrale.

Era la prima volta che si vedeva interamente. Ricordo la sua espressione attonita ed incredula, guardava quell’immagine e aveva la sensazione che fosse di un altra persona e chiedeva conferma al gruppo se corrispondeva alla sua persona.

Quella fotografia, per Alberto, è stata la chiave che gli ha aperto lo spazio mentale e fisico di se stesso.

Il nostro lavoro chiede al detenuto rigore e serietà nell’impegno perché siamo fortemente convinti che il prodotto finale, lo spettacolo, deve essere di buona qualità artistica affinché sia portatore di dignità per il recluso che si manifesta ad un pubblico. E’ nostro obbiettivo quello di far vedere il detenuto come persona-artista piuttosto che problema.

La drammaturgia non comprende le storie personali dei partecipanti, ma si parte sempre da uno stimolo-riflessione scaturito all’interno del gruppo teatrale.

Infine, che cosa è il teatro in carcere per il detenuto?

Cosa mi piace del teatro? 
La solitudine dell’attore in scena.
 Le luci spente, il pubblico muto. 
In quel momento io divento sordo e non vedo più nulla, tranne un filo invisibile che mi collega alla platea e mi sento come fossi inchiostro mentre il pubblico è la carta bianca. 
Con la leggerezza di una piuma scrivo ciò che ho nella mente prima che la musica mi faccia uscire per nascondermi dietro le quinte.
 In quel momento mi sento leggero.
 Sono altrove.
Rachid

Marco Mucaria
Assoziazione Voci Erranti Onlus – Racconigi (Cn)
Casa di Reclusione “R. Morandi” - Saluzzo (Cn)


 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN 1824-7482