n° 31 - Terminologie e comunicazione istituzionale, tra multilinguismo e traduzione

Tradurre un lodo arbitrale

Roberto DEL LUCCHESE



Abstract

Italiano  | Inglese 

Il presente contributo fa seguito a una traduzione dall’inglese in italiano di un lodo arbitrale in materia di diritto marittimo. La traduzione di un lodo arbitrale è interessante perché pone una serie di peculiari problemi legati alla particolarità di questo istituto giuridico che rientra nell’alveo della famiglia delle sentenze giuridiche. A un excursus introduttivo sulla lingua giuridica, sulla sentenza come genere testuale giuridico e un breve raffronto tra il valore e le caratteristiche della sentenza nel sistema giuridico di common law e in quello di civil law, segue un esame delle principali caratteristiche morfo sintattiche e lessicali del genere sentenza con un ampio contributo di esempi tratti dal lodo arbitrale oggetto di traduzione. La seconda parte presenta un’ampia serie di scelte traduttive effettuate dall’autore della traduzione indicandone le relative motivazioni.

1. Introduzione

La traduzione di un lodo arbitrale non è semplice per vari motivi. Il più importante tra questi è la scarsità di traduzioni di questo genere che possiamo reperire sul mercato. È noto, infatti, come i testi paralleli siano importanti per un confronto continuo con il testo che dobbiamo tradurre e siano un riferimento unico per “assaporare” le caratteristiche lessicali e morfologico-sintattiche che pervadono un genere testuale.

Il lodo arbitrale rappresenta un metodo di risoluzione di controversie, soprattutto commerciali, molto più spedito e economicamente vantaggioso, per le parti, rispetto alla sentenza, che rappresenta il genere testuale giuridico cui il genere lodo arbitrale appartiene. Nonostante questa semplificazione pratica rappresentata dal lodo arbitrale, dal punto di vista linguistico, invece, il lodo arbitrale non è per niente semplice e condivide con la sentenza molti tratti caratteristici.

Questo lavoro prenderà in considerazione alcuni tratti salienti delle caratteristiche del linguaggio giuridico con particolare riferimento al linguaggio usato nelle sentenze, per poi passare a esaminare alcune soluzioni traduttive adottate nella traduzione di un lodo arbitrale.

La sentenza, come il lodo, rientrano nel variegato e eterogeneo alveo del linguaggio giuridico, una lingua speciale che, pur osservando un alto grado di formalità, si rivolge anche all’uomo della strada, differenziandosi così in sottovarietà corrispondenti a differenti piani comunicativi; per esempio il linguaggio giuridico tra l’altro produce, oltre alle sentenze, testi specialistici, di divulgazione, di rapporto tra avvocato e cliente, arringhe di tribunale ecc.. Ciascuna tipologia testuale può essere inserita in una variazione diafasica che si articola almeno in tre categorie: quella della comunicazione tra addetti ai lavori, quella della formazione scientifica, quella della divulgazione1. La sentenza, in particolare, rappresenta una comunicazione tra addetti ai lavori anche se è un atto linguistico performativo nei confronti dell’imputato che può appartenere a qualsiasi gradino della scala sociale.

2. Traduzione giuridica

Come riconosciuto da diversi autori, la principale difficoltà della traduzione giuridica risiede nella divergenza, e in alcuni casi nell’assenza, dei concetti giuridici tra la lingua di partenza e la lingua di arrivo, ovvero tra il sistema giuridico di cui il testo di partenza è espressione e il sistema giuridico in cui deve essere prodotto il testo di arrivo. Di conseguenza, la principale ragione della difficoltà della traduzione giuridica risiede nell’intraducibilità non dei termini, bensì dei concetti, in particolare di quei concetti che sono propri di alcuni sistemi giuridici ma non di altri.

In senso lato, possiamo dire che anche la mancata sussistenza di un’identità assoluta tra gli ordinamenti giuridici vigenti nelle diverse nazioni è causa del fatto che termini di una lingua non trovino corrispondenza nella lingua di arrivo. La traduzione nel settore giuridico si configura, quindi, come una vera e propria operazione di comparazione tra diversi sistemi normativi.

Essendo i testi giuridici classificati come “molto vincolanti2”, anche se con vari distinguo, il traduttore è vincolato in questi casi alla massima fedeltà al testo di partenza rispetto ad altri testi meno vincolanti. La “massima fedeltà” al testo-sorgente non implica una pedissequa aderenza al suo contenuto, non sussistendo, come detto poc’anzi, una piena identità tra i vari ordinamenti giuridici delle diverse nazioni, ma contempla la possibilità di avvalersi dello strumento traduttivo dell’equivalenza funzionale. La suddetta “fedeltà” al testo di partenza è dunque da intendersi come “fedeltà allo spirito” piuttosto che in senso meramente letterale, «riproducendo [nel TA] lo stesso ʻeffetto giuridicoʼ del TP»3.

L’equivalenza traduttiva non è, comunque, in linea generale, un concetto assoluto e statico, ma assume i contorni di un’entità relativa e dinamica. Si può ricercare un’equivalenza a diversi livelli della lingua: semantico, morfo-sintattico, pragmatico, a seconda della tipologia testuale in fase di traduzione.

Dal punto di vista pratico, ovvero strettamente linguistico e traduttologico, la necessità di eseguire una preliminare operazione di comparazione tra diversi sistemi giuridici, al fine di individuare il termine-target che esprima un dato concetto, impone l’impiego di precise strategie traduttive che tengano nella dovuta considerazione le finalità comunicative del testo di arrivo nell’ambito del suo contesto culturale e sociale.

Benché alcuni giuristi assumano una posizione estrema ritenendo in linea di principio la traduzione giuridica di impossibile realizzazione, considerando ogni specifica manifestazione di diritto culture-bound e fortemente legata alla sua società di appartenenza, Federica Scarpa sottolinea al contrario che «l’intraducibilità non esiste nella traduzione specializzata»4. Una posizione intermedia è assunta da Sacco che considera “la traduzione delle espressioni linguistiche che esprimono i concetti giuridici uno dei problemi maggiori dell’attività di comparazione. È innegabile, afferma, che esistano espressioni intraducibili.”5

Oggi la tendenza prevalente è, come accennavo sopra, quella di ricercare un’equivalenza funzionale, ovvero la massima corrispondenza possibile dal punto di vista semantico e socioculturale tra il testo originale e la traduzione, posti sullo stesso piano, tenendo al contempo in debita considerazione il fattore della situazione comunicativa di partenza e le aspettative dei destinatari. Peraltro, il grado di equivalenza ottenibile è soltanto parziale, essendo la piena identità tra due termini afferenti a lingue diverse un caso piuttosto raro.

Ancora, la diversa struttura governativa e rappresentativa dei due Stati si ripercuote sulla designazione di una medesima nozione in seno alla variegata compagine del Legal English: infatti, nel Regno Unito il “Pubblico Ministero” agisce in nome della Corona, essendo conseguentemente denominato Crown Prosecutor, laddove in American English si parla di Public Prosecutor.

Non esiste, quindi, una chiara corrispondenza tra i termini dei diversi linguaggi giuridici, a differenza di quanto accade con le scienze esatte dove i referenti sono universali. Tra i vari strumenti di cui ci possiamo avvalere abbiamo anche altre strategie traduttive, tra le quali il prestito, ovvero l’integrazione nel testo di arrivo di un termine importato dalla lingua di partenza.

Anche il calco rappresenta una possibile soluzione, esso consiste nella traduzione letterale di un’intera parola o di un sintagma del testo di partenza con creazione di un neologismo improntato morfologicamente sulla parola di partenza. Ad esempio, ‘brokeraggio’, riprodotto sull’inglese broker, che designa la figura del ‘mediatore’.

3. Lingua giuridica

La lingua e il diritto sono due entità legate a doppio filo tra di loro. La lingua del diritto ha caratteristiche morfosintattiche e lessicali che ne fanno una lingua settoriale ben distinta dalla lingua comune. Ma, rispetto alle altre lingue settoriali, Schena osserva che essa ha in misura maggiore “un suo carattere nazionale intimamente legato alla tradizione socio culturale dei paesi che lo hanno prodotto“6: è fortemente culture-bound. Sulla stessa lunghezza d’onda Cortelazzo: “la lingua giuridica pare essere una delle lingue speciali più nazionali che esistano”. L’omogeneizzazione internazionale della lingua giuridica e soprattutto delle sue tipologie testuali, anche in nazioni simili dal punto di vista giuridico, è molto più scarsa che in gran parte delle altre lingue speciali, “dove….. le differenze tra le diverse realizzazioni nazionali sono molto attenuate”7.

Questo perché le lingue speciali tipo la medicina e la matematica o l’economia trattano argomenti, per così dire, “globalizzati”, che sono ormai comune terreno di scambio scientifico e culturale tra scienziati di diversi paesi. Quindi è proprio la materia del diritto in sé che, per le proprie caratteristiche costitutive, non si presta a un’omogeneizzazione internazionale e transculturale e non può che restare strettamente legata alla cultura che l’ha prodotta. E questo è tanto vero che addirittura all’interno dello stesso idioma, parlato in paesi diversi (ne è esempio il tedesco che viene parlato in Germania, Austria o Svizzera), si ha una differenziazione della lingua giuridica a seconda della cultura in cui essa viene prodotta. Per cui la Germania avrà una sua caratteristica lingua giuridica, la Svizzera e l’Austria ognuno la loro legata al substrato culturale nazionale, e il tedesco giuridico di queste tre realtà non sarà uno unico per tutte.

Vero è che con l’avvento dell’Unione europea e la necessità di tradurre i testi giuridici emanati da questa nelle diverse lingue dei paesi dell’unione si è resa necessaria l’armonizzazione linguistica tra i vari stati europei con l’adozione di quella che Sarcevic ha definito come un lessico più neutrale per una giurisdizione multilingue sempre in continua espansione8. Questo porta a "una differenza tra le varietà linguistiche nazionali usate a livello europeo e quelle utilizzate a livello locale, con la creazione, quindi, di due varietà linguistiche all’interno di ciascuna lingua nazionale: una tipica dei documenti comunitari e l’altra tipica dei documenti giuridici interni. C’è comunque da dire che, come in tutti i campi si è ormai affermata, anche in campo giuridico, la lingua inglese come lingua franca che ha soppiantato il francese che prima ricopriva questo ruolo. Oggi a livello di unione europea circa tre quinti dei documenti prodotti viene primariamente prodotto in lingua inglese. Questo fatto ha portato all’esito che molti termini inglesi siano stati importati come prestiti integrali nelle varie lingue comunitarie; come esempio per l’italiano posso citare i termini: leasing, factoring, antitrust, joint venture.

Sebbene si dica che la lingua giuridica è estremamente precisa, esistono numerose eccezioni a questa regola, soprattutto in campo lessicale, dove è frequente l’uso di termini vaghi tanto da permettere una interpretazione soggettiva. A volte, in effetti, sembra che l’inglese, in particolare, faccia ricorso a termini di questo tipo, alcuni esempi: reasonable, negligent, as soon as possible. Tali termini danno ai giudici la possibilità di decidere a propria discrezione circa la applicabilità o meno degli stessi. Gotti riporta l’esempio dell’espressione “prudent investor rule” che viene spesso usata negli Stati Uniti “per riferirsi al fatto che un amministratore incaricato di investire i soldi per qualcun altro deve comportarsi come un investitore prudente”9

4. Lingua giuridica come atto linguistico

Il linguaggio giuridico, e la sentenza in particolar modo, rappresentano anche atti linguistici. La nozione di atto linguistico si deve a Austin10 (1962) e è stata successivamente ripresa e approfondita da Searle (1969)11. Austin con il suo testo “How to do things with words” ci introduce il concetto di performatività della lingua. I concetti di atto linguistico e di performatività sono intimamente legati tra loro. Si ha un atto linguistico ogni volta che un atto è eseguito attraverso l’uso delle parole. In effetti, ogni volta che si pronuncia un enunciato si compie un atto linguistico. Secondo Austin un enunciato è performativo quando: “The uttering of the sentence is, or is part of, the doing of an action”. Per esempio il sacerdote o il sindaco che dicono a una coppia di sposi “vi dichiaro marito e moglie”, con queste parole, compie un atto. Esistono due tipi di atti linguistici: quelli che si limitano a compiere un’azione e quelli che hanno il potere di cambiare la realtà. Gli atti linguistici di questo secondo tipo per essere tali devono essere proferiti e compiuti da una persona cui è socialmente riconosciuto un ruolo o un potere. A questo tipo di atti linguistici appartengono i testi giuridici quali le sentenze o le Leggi che sono capaci di agire sulla realtà modificandola. Per dirla con Scarpelli: “lo scopo di tutte le forme di produzione giuridica, delle leggi, delle sentenze e degli atti giuridici è influenzare il comportamento degli uomini. Il linguaggio giuridico deve essere visto primariamente come strumento di interazione sociale”12.

I testi giuridici, quindi, non appartengono solo alla dimensione del dire ma anche a quella del fare e hanno il potere di incidere concretamente sulla realtà, imponendo obblighi e attribuendo diritti. Il linguaggio giuridico, più della comunicazione corrente, tende a usare i verbi performativi per esplicitare gli atti linguistici, per questo motivo sono frequenti nei testi giuridici verbi quali: dichiarare, decretare, vietare, stabilire, condannare, assolvere, ecc. La performatività della lingua del diritto è molto significativa anche nei testi delle leggi e dei decreti. Le parole diventano azioni che producono effetti tangibili sul contesto extralinguistico. Ad esempio, i testi legislativi nel dichiarare che un certo comportamento è reato automaticamente rendono reato quel comportamento.

5. Lessico

Nei linguaggi settoriali in genere e in particolare nel linguaggio giuridico, il lessico è, senza dubbio, l’aspetto più appariscente. Vediamo quali sono i problemi principali nella definizione delle parole giuridiche:

Il lessico giuridico presenta, quindi, articolazioni orizzontali (in base ai sottosettori del diritto) e verticali (dal lessico tecnico a quello comune), oltre che articolazioni diacroniche. Le componenti del lessico giuridico sono state descritte secondo gruppi o categorie individuati in base a criteri di esclusività specialistica, di contatto e interferenza con la lingua comune e con altri lessici settoriali.

La tassonomia condivisa generalmente dagli studiosi prevede le seguenti categorie:

Se vogliamo passare a tratteggiare per sommi capi le caratteristiche del linguaggio giuridico inglese, esso è caratterizzato da complessi legami morfo-sintattici, marcati da locuzioni prepositive come in accordance with, in pursuance of; frasi più lunghe rispetto allo standard; o ancora, ricorre alla nominalizzazione, ad avverbi e congiunzioni inconsueti: whereof, thereof; ridondanza. Di conseguenza, il Legal English ha notoriamente prestato il fianco a varie critiche di oscurità e involuzione da parte del Plain Language Movement, dalle quali si è difeso in nome della necessità di veicolare la massima precisione, sgombrando il campo da ogni ambiguità.

In parallelo, considerando a fini di comparazione il campo lessicale italiano, è utile tenere conto di una particolare nozione linguistica introdotta da Luca Serianni14 che ingloba i cosiddetti “tecnicismi specifici” e i “tecnicismi collaterali”, questi ultimi essendo espressioni composte da due o più parole ad alta frequenza d’uso; ne sono noti esempi: ‘impugnare una sentenza’, ‘stipulare un contratto’, ‘rigettare un ricorso’, ‘celebrare un processo’. La conoscenza dei tecnicismi collaterali nella lingua di arrivo può rappresentare un valido elemento di ausilio per il traduttore, posto così nella condizione di rendere il testo di partenza osservando le consuetudini comunicative del linguaggio settoriale di destinazione. Sempre come osserva Serianni, i tecnicismi collaterali hanno in italiano una controparte nel linguaggio comune, ma sono caratterizzati da una certa fissità d’uso che ne marca la loro appartenenza al linguaggio settoriale.

I tecnicismi specifici sono privi di ambiguità, essendo utilizzati soltanto nella loro accezione tecnica: ‘abigeato’, in inglese reso con rustling; ‘contumacia’, ovvero absence.

Le consuetudini linguistiche, rappresentate nell’italiano settoriale dai tecnicismi collaterali, trovano riscontro in lingua inglese nella nozione di collocation, che indica un gruppo coeso di elementi verbali ad alta frequenza d’uso da parte dei parlanti nativi. Il fenomeno delle ‘collocazioni’ è diffuso in modo omogeneo tanto nel linguaggio comune quanto nei linguaggi settoriali. Un tipico esempio di collocation nell’ambito del Legal English è dato dalla traduzione inglese del termine italiano ‘lodo’, che indica nello specifico la decisione assunta nell’ambito di un procedimento arbitrale; a partire dal lemma arbitration, il Legal English costruisce le varie collocazioni: la lingua inglese, infatti, esprime il ‘lodo’ con il concetto di ‘sentenza arbitrale’, ovvero arbitral/arbitration award, o ancora ‘giudizio arbitrale’, segnatamente settlement/award by arbitration.

6. Tipologie testuali

Come accennato in precedenza, il linguaggio giuridico pur osservando un alto grado di formalità si rivolge anche all’uomo della strada, di conseguenza esso si differenzia in sottovarietà corrispondenti a differenti piani comunicativi; per esempio il linguaggio giuridico tra l’altro produce, oltre alle sentenze viste sopra, testi specialistici, di divulgazione, di rapporto tra avvocato e cliente, arringhe di tribunale ecc.. Ciascuna tipologia testuale può essere inserita in una variazione diafasica che si articola almeno in tre categorie: quella della comunicazione tra addetti ai lavori, quella della formazione scientifica, quella della divulgazione15.

A differenza dei linguaggi formali delle scienze dure, il linguaggio giuridico è distinto ma non separato dalla lingua comune e presenta tratti degli usi informali e quotidiani della lingua. Trovo interessante citare di seguito Gemar sulla diversità del linguaggio giuridico dalle altre lingue speciali:

“Legal language is different from other special languages in several respects mainly because of its specific functions relating to law, its prescriptive nature (the law, the judgement, the terms of a contract), its set expressions and archaisms, all of which are noticeable and readily recognizable. It is definitely a complex social use of general language.”16

Rispetto alle altre tipologie di lingue speciali, il linguaggio giuridico sembra essere poco soggetto alle regole generali che valgono per le lingue speciali, in particolare per quanto riguarda la sintesi (esso è ridondate e con una sintassi molto articolata), chiarezza (esso è oscuro e ricco di arcaismi), monoreferenzialità (in esso si ha vaghezza semantica dovuta alla rideterminazione semantica di molte parole della lingua comune). Il linguaggio giuridico è complesso, in quanto fa riferimento all’universo di usi linguistici di modalità espressive adottati da chi, con scopi e ruoli culturali e professionali diversi, scrive o parla di diritto o sul diritto o è coinvolto in una situazione comunicativa inerente il diritto.

I testi del diritto sono da sempre oggetto di tentativi più o meno felici di classificazione. Tra questi uno dei più importanti è quello di Mortara Garavelli17 che ha operato una tripartizione dei testi giuridici sulla base di criteri testuali e contenutistici. Mortara Garavelli, infatti, sostiene che i testi giuridici sono i prodotti di tre diverse attività: l’attività creativa delle fonti del diritto, identificata con la volontà del legislatore, l’attività teorica dell’interpretazione, l’attività pratica dell’applicazione. Dunque individua i seguenti tre tipi di testi:

Dobbiamo, comunque, dire che le tipologie testuali di cui sopra si embricano tra di loro e i loro confini sono spesso sfumati. È indubbio che la sentenza è un tipo di testo applicativo, ma è altrettanto indubbio che il giudice in qualche modo interpreta la legge, e quindi la sentenza è anche un testo interpretativo. Nemmeno si può escludere che il genere sentenza sia un testo normativo. Soprattutto le sentenze della Cassazione fanno, infatti, giurisprudenza, e questo tratto è ancora più marcato nel sistema giuridico inglese dove “il precedente” ha un notevole peso giurisprudenziale.

Sabatini18, a sua volta, opera una classificazione tripartita dei testi in generale che si basa sulla maggiore o minore vincolatività interpretativa degli stessi:

Secondo questa classificazione i testi giuridici rientrano tra i testi molto vincolanti che non possono essere, cioè, interpretati liberamente dal destinatario. La decodifica del messaggio da parte del ricevente non può essere creativa o soggettiva, ma rigorosamente aderente alle intenzioni comunicative dell’emittente.

In questo breve excursus sui tentativi di classificazione dei testi giuridici includo Dell’Anna che classifica i testi sulla base della loro normatività distinguendoli in testi normativi e testi non normativi.19

Ondelli, a sua volta, si chiede quante tipologie testuali si possono ascrivere al genere sentenza. E arriva alla conclusione che “essa comprende praticamente tutte le funzioni individuabili sulla scorta dell’Organonmodell di Bûhler”20: la funzione narrativa con il racconto dei fatti e dello svolgimento del processo, quella descrittiva rappresentata dalla citazione delle norme e dai riferimenti giurisprudenziali, la funzione argomentativa con cui il giudice concatena fatti e riferimenti giurisprudenziali per motivare la propria decisione e quella performativa che incide sulla realtà e anzi crea una realtà nuova rispetto a quella esistente. Sempre Ondelli ci dice che tra tutte le funzioni delle sentenze, quella preponderante è la performativa in quanto lo scopo dominante della sentenza è quello di influire sulla realtà piuttosto che descrivere o informare.

7. Caratteristiche della sentenza inglese vs sentenza italiana

Tra la sentenza inglese e quella italiana esiste una differenza molto marcata, rappresentata dalla maggiore informalità della prima e, per converso, dall’estrema formalità e tendenza a un registro elevato della seconda e dalla maggiore ampollosità della sentenza inglese a fronte della sinteticità di quella italiana.

Quest’ultima caratteristica pare sia dovuta alle differenze tra i sistemi giuridici di common law e di civil law. È, infatti, presumibile che i giuristi dei paesi di Civil Law siano maggiormente abituati a redigere testi sintetici, in quanto i rispettivi ordinamenti prevedono di solito norme di legge integrative e suppletive che ne completano i contenuti e che scoraggiano dal redigere testi troppo articolati, mentre l’assenza di codificazioni simili a quelle presenti nei paesi di Civil Law potrebbe aver favorito, nei paesi di common law, la tendenza alla redazione di testi lunghi, autoesplicativi e dettagliati dal punto di vista narrativo ed argomentativo, spesso con carattere letterario, molto verbosi e ricchi di clausole precise e puntigliose, in cui vengono elencate una lunga serie di definizioni, principi e procedure, che in paesi come la Francia e l’Italia potrebbero sembrare ridondanti.

Nonostante questo sembri un aspetto rilevante di diversificazione tra Common Law e Civil Law, è ormai idea ampiamente diffusa che le differenze tra i due ordinamenti si siano nel tempo notevolmente affievolite, tra i sostenitori di questa posizione troviamo Mattila che sostiene che i due sistemi giuridici sono diversi a causa della loro diversa storia, ma che attualmente c’è un processo di convergenza che porta queste differenze ad assottigliarsi:

“The conceptual differences between the system of civil and that of common law are explained by their history. Originally, the civil law system developed in medieval universities on the basis of Roman law. This is why its divisions and its concepts were formulated first of all on the basis of substantive law, which was founded on a number of abstract principles, often theological or philosophical. By contrast, the common law was formed in the courts of England following the Norman Conquest. In consequence, the system-building and conceptual apparatus of the common law were defined by the requirements of medieval judicial procedure. This background explains why these two legal families still differ today as to fundamental divisions and concepts of law, as to the degree of generality of legal rules, and as to doctrine on sources of law. Further, the centre of gravity of common law is placed more clearly on judicial procedure than is the case with the civil-law family. As a result, judges on the bench in England are still more respected than in the countries of continental Europe. However, we should note that in our times common law and civil law are in process of converging. The reason is twofold. On the one hand, the law of the United States has assumed increasing importance in continental Europe since the Second World War. On the other hand, the legislation of the European Communities is continually unifying the legal orders of the Member States, England included.”21

In conclusione, gli studi giuridici comparativi hanno messo in risalto la diversità tra il sistema di Common Law e Civil Law essenzialmente per quello che riguarda l’assenza di codici, la scarsa penetrazione del diritto romano, il valore del precedente e il potere del giudice nei paesi di Common Law rispetto a quelli di Civil Law. Nella storia giuridica non sono mancati tentativi di armonizzazione e unificazione delle due diverse tradizioni occidentali: si pensi, ad esempio, al dibattito aperto sull’opportunità di un codice civile europeo. Tuttavia, questi tentativi sono comprensibilmente osteggiati da diversi fattori, quali la difficoltà di conciliare lingue e stili profondamente diversi, le forme più o meno prevaricanti di identità nazionale dei diversi paesi, e così via. È indubbio comunque che oggi, rispetto al passato, non è più così evidente la visione accentuata della contrapposizione tra i due sistemi, e si preferisce pensare in termini di una convergenza in atto.

8. Valore della sentenza nel common law e nel civil law

La sentenza inglese riveste una duplice funzione: da una parte essa rappresenta il giudizio su una controversia su cui la corte è chiamata a decidere, dall’altra essa rappresenta una fonte di legge, ha un ruolo legiferativo, stabilisce, cioè, dei principi generali che, avulsi dal contesto specifico in cui vengono prodotti, possono essere applicabili in futuri procedimenti similari.

La sentenza svolge, infatti, una funzione fondamentalmente diversa nei due ordinamenti. Se, infatti, nel common law la fonte principale del diritto è il judicial precedent e la sentenza diventa un atto di creazione del diritto, nei sistemi di civil law il diritto è, invece, scritto e interamente formulato dal legislatore nei testi di legge che rimangono inalterati finché non interviene un nuovo provvedimento legislativo a modificarli, per cui la sentenza è, in questo caso, un atto di applicazione del diritto. Le differenze della funzione delle sentenze tra common law e civil law è quindi derivante direttamente da questo diverso approccio del giudice al diritto.

Per quel che riguarda la motivazione, anch’essa ha una diversa funzione nei due tipi di sentenze: nei paesi di civil law le motivazioni sono quasi esclusivamente strumentali alla costruzione del dispositivo e il giudice si serve di queste per mostrare il fatto che la decisione deriva dall’applicazione coerente delle leggi, mentre nei paesi di common law il giudice tende a mostrare che la decisione è giusta nel caso in esame e per questo motivo il giudice prende in esame la totalità delle prove e delle fonti pertinenti e fornisce un resoconto completo del modo in cui egli è pervenuto alle sue conclusioni22.

Altra differenza tra i due sistemi giuridici risiede nel fatto che mentre nella sentenza inglese i requisiti formali non sono regolati da alcuna legge, la sentenza italiana è regolamentata dagli articoli 143 e 144 del codice di procedura penale “Forma della sentenza” e dall’articolo 132 del codice di procedura civile “Contenuto della sentenza” , anche se dobbiamo dire con Taruffo (op. cit.) che nel panorama italiano c’è comunque molta incertezza sulla natura e sulla funzione della motivazione in quanto essa è soltanto prevista come obbligatoria dall’articolo 111 c. I della costituzione, ma nulla si dice su come deve essere redatta.

9. Morfosintassi

Passando al discorso dei tratti morfosintattici ricorrenti nelle sentenze, ancora una volta vale la pena di precisare che non si tratta di tratti esclusivi delle sentenze, peraltro sono presenti anche in altri tipi di testi giuridici, ma che sono tratti che ricorrono con una frequenza significativa all’interno delle sentenze.

Nel lodo in esame possiamo riscontrare i seguenti tratti morfosintattici tipici delle sentenze:

1) Periodi piuttosto lunghi ma semplici con subordinate collegate paratatticamente tra loro e costruzione tipica non marcata SVO:

… it is permissible to manipulate the words in clause 19(a) of the Gencon charterparty, so that references to “this Charter Party” are read, when incorporated into each bills of lading, as meaning “this bill of lading”. Qui abbiamo una principale seguita da due subordinate – l’una consecutiva e l’altra temporale – coordinate paratatticamente.

My researches have not revealed any reported case in which it has been held that the reasoning of the House of Lords in The Miramar has been invoked to alter the previous well settled practice of imposing liability for demurrage on shippers …. In cases where the charterparty to be incorporated was either the Gencon 1976 form or the 1994 edition. – Qui alla principale seguono una relativa da cui dipende una dichiarativa seguita da una finale e da un’altra relativa. Non si ha presenza di embedded clauses e il periodo è lineare.

… it follows from this that the NOR tenedered at Guyaquil was premature and could not have had any effect until, at the earliest, the vessel berthed at 11,45 hrs on 26th July and retendered a valid NOR. Anche in questo caso il periodo è lineare con proposizioni subordinate coordinate tra loro.

… the basic rule is that once laytime or demurrage starts, the time that will not count must be expressly excepted in the C/P or must be time when the vessel is not available to Charterers or their use of the vessel is impeded by reason of some fault of Owners. Anche qui serie di subordinate coordinate tra loro e periodo lineare.

… consequently, the period from 15th to 25th April did not count as time on demurrage because the cause for the delay was not the failure to discharge the cargo, but the need to negotiate and agree the terms of an LOU, a delay that was a foreseeable consequence of the owners’ breach. Qui alla principale seguono due causali coordinate dalla congiunzione avversativa “but” seguite da una relativa.

… the vessel remained under arrest until 16.30 hrs on 23rd September. Further time was spent “awaiting for port authorities” and “departure documents formalities” until 19.40 hrs. The vessel thereafter waited a short time for a pilot and sailed at 20.32 hrs. Questo è un esempio di sintassi semplice con frasi brevi giustapposte e costruzione non marcata SVO.

Seppur più raramente troviamo anche enunciati più complessi:

I have no doubt that, if it had been considered at any time during the 19 years that have elapsed since the introduction of the Gencon 1994 form that the new edition, when incorporated into Congenbill 1994 bills of lading, no longer imposed on bill of lading holders any personal liability for demurrage, this question would quickly have been tested before the English High Court. Al contrario dei precedenti questo enunciato è più complesso. Alla principale segue un periodo ipotetico tra l’apodosi e la protasi del quale sono incassate una temporale e una dichiarativa.

However, if the demurrage clause, when construed in the context of the charterparty as a whole and with a particular view to those clauses allocating responsibility for loading or discharging, is inconsistent with an intention to make shippers liable for demurrage at the discharge port or receivers liable for load port demurrage, as was the case of Spiros C and The Sormovskij 3068, the demurrage clause will not be incorporated. In questo caso il periodo ipotetico è completamente spezzato, all’inizio dell’enunciato si trova la protasi mentre l’apodosi conclude l’enunciato stesso. Nel mezzo una temporale e una relativa entrambe implicite.

2) Ricorso frequente al periodo ipotetico dell’irrealtà.

Nonostante la presenza di periodi ipotetici dell’irrealtà nelle sentenze sia, in genere, notevole, nel lodo in questione possiamo rilevare solo due periodi ipotetici dell’irrealtà a fronte di ben 13 periodi ipotetici del primo tipo o della realtà.

…., if It had been considered at any time ……… this question would quickly have been tested before…..

For even if the charterparty demurrage provisions had been incorporated, the shippers would not have been responsible under…..”

3) Uso massiccio di pronomi personali e possessivi e ricorso all’anafora.

Il lodo oggetto di esame è ricchissimo di pronomi personali di prima persona “I” sia nella parte del dispositivo che nella motivazione. Questo sottolinea il carattere molto personale della sentenza inglese e un grado maggiore di informalità rispetto a quella italiana. Inoltre, l’uso del pronome personale di prima persona dà l’idea di come il giudice è pervenuto alla sua decisione finale mostrando tutti gli step del suo ragionamento logico. Cito solo alcuni esempi di questo tipo perché il pronome personale di prima persona lo ritroviamo, anche ripetuto più volte, pressoché in tutti i paragrafi.

I accept that Shippers and Receivers are both parties to the Bills of lading under English law.

… in the light of what I have found in paragraphs…..

I am not convinced that it is correct to regard all the time…..

the Owners appointed me, the undersigned…….

I sent my confirmation to this effect to Receivers…..

Per quanto riguarda il secondo aspetto di cui si parla, dobbiamo rimarcare che notevole è il ricorso sia a costrutti anaforici che cataforici:

… it was for such reason that Colman J……

… as set out above……

… however that test only applies where……

… it follows from this……

… in the light of what I have found in paragraphs 35 -37…

… another case in which the court declined to treat……. Is SA Sucre Export

… an alternative way of expressing the same thing is to say that….

4) Interrogative dirette:

- how, then, is the remaining time that the vessel spent in Algiers to be treated?

… can Owners recover damages for detention for this final period?

… are such acts …… to be attributed to Charterers?

Discorso diretto (per motivi di spazio indico in questo caso solo i paragrafi in cui si ha il discorso diretto):

Popplewell J. Adds: “……..

Rix LJ agreed, but added: “………

5) Riferimenti intertestuali

Il lodo in esame pullula di riferimenti intertestuali. Mentre nella sentenza italiana questo tipo di riferimento rimanda quasi esclusivamente a leggi o articoli di legge, nel nostro lodo non si ha nemmeno un rimando a queste fonti legislative ma solamente a precedenti sentenze. Questo è tipico della sentenza inglese in ossequio al principio della forza legislativa del precedent visto più sopra. Le precedenti sentenze vengono menzionate e ne vengono estrapolati e riportati brani soprattutto nella parte della motivazione dove il giudice si riferisce a precedenti decisioni per supportare i propri ragionamenti e applicare i medesimi principi al caso in esame. Altro tipo di riferimento intertestuale presente è rappresentato dal riferimento a contratti o convenzioni che hanno a che fare con la materia trattata dal lodo.

6) Ampio ricorso ai verbi modali, alcuni esempi:

I should, however, record the thrust of the very sparse communications.

... an alternative possibility might well be that the charter’s laytime and demurrage….

…. it may be possible to incorporate…..

.... the ship must ….. have reached a position….

... the cargo in the upper tween decks of hold n. 3 might be similarly affected.

7) Ma come abbiamo visto, il ragionamento del giudice si manifesta anche attraverso l’uso di appropriati avverbi e locuzioni avverbiali…….:

in the present case there can be no doubt that the Receivers…..

I have no doubt that …….

Discharging proceeded reasonably slowly without incident ……

I have no doubt that the Receivers …. Would have discharged the relatively few boxes ….

8) ….. e ancor più attraverso verbi che esprimono processi mentali, siano essi in forma personale o impersonale:

I have therefore assumed that the vessel has one crane per hatch.

However, I consider it likely that Receivers…….

… although I am not suggesting that the charterparty ….

I have concluded from the above sequence of events that…..

I accept that Charterers are generally liable…..

It is clear that the onus lies on the charterer to prove…..

…, it is clear that no claim for further demurrage can be made.

9) Sebbene l’inglese non sia una lingua neolatina e sebbene nelle sentenze inglesi venga utilizzato un linguaggio abbastanza vicino al linguaggio comune, nelle sentenze possiamo trovare numerosi latinismi che non sono tanto utilizzati per elevare il registro della sentenza, come avviene in italiano, ma che piuttosto rappresentano un retaggio della vasta influenza che il diritto romano ha avuto nell’ambiente giuridico europeo occidentale. Nel nostro lodo si contano sette latinismi o meglio sette prestiti integrali dalla lingua latina:

- … which stated inter alia that the Receivers had commenced….

- …their application for a declaration shall be adjourned sine die.

- The charterparty obligation to pay demurrage is prima facie a term that….

- … which he seems prima facie to have considered…..

- …. Is wide enough to effect a prima facie incorporation of the demurrage clause….

It is clear that the onus lies on the charterer to prove…..

... pursuant to articles 802 et seq. …..

Come ulteriori caratteristiche morfosintattiche, notevolmente rappresentate all’interno del lodo oggetto del nostro esame, troviamo un ampio uso della diatesi passiva e di participiali, caratteristiche che, come abbiamo visto in precedenza, sono peculiari anche della lingua delle sentenze italiane.

Si ha, inoltre, un ampio ricorso all’uso di acronimi, cosa un po’ in controtendenza con la maggiore intelligibilità della sentenza inglese rispetto a quella italiana, in quanto l’uso di acronimi rende il testo senza dubbio più oscuro agli occhi di un profano e allo stesso tempo lo rende facilmente fruibile solo a un pubblico di addetti ai lavori che quotidianamente hanno a che fare con detti acronimi.

10. Alcune soluzioni traduttive del lodo in esame

Il lodo arbitrale che ho tradotto tratta una questione presentata davanti a un tribunale inglese riguardante un carico di banane andato a male a seguito di una serie di ritardi accumulati dalla nave su cui erano imbarcate. Nell’elaborazione della traduzione i problemi insorti sono stati vari e di vario genere. Innanzitutto mi sono domandato chi erano i destinatari di questa traduzione. Infatti oltre alla specificità del lessico giuridico, in questo lodo dobbiamo affrontare anche la complessità e specificità del lessico legato al trasporto marittimo di merci. La complicatezza delle traduzioni giuridiche consiste in effetti in questa duplice problematica. Il testo giuridico tratta sempre una materia particolare appartenente di norma a un linguaggio speciale diverso da quello giuridico, per cui, chi si accinge a tradurre questo tipo di testi deve affrontare le difficoltà legate a entrambi i linguaggi settoriali contenuti nel testo: quello giuridico e quello relativo alla materia trattata. Sottolineo questo aspetto perché le difficoltà maggiori le ho incontrate riguardo alla traduzione di termini inerenti la materia marittima relativa al trasporto delle merci. E il destinatario del testo di arrivo è molto importante da questo punto di vista. La materia marittima di questo tipo in italiano utilizza un gran numero di prestiti integrali presi dalla lingua inglese. Quindi se il destinatario della traduzione è un tecnico o un addetto ai lavori del settore è possibile lasciare questi prestiti integrali dall’inglese, per un profano invece una traduzione infarcita di prestiti integrali risulta oscura e incomprensibile. La questione di stabilire chi sia il destinatario, il fruitore ultimo della traduzione, è una questione di primaria importanza quando ci accingiamo a tradurre. Innanzitutto ho pensato che la sentenza tradotta in italiano potesse mantenere quel valore performativo che aveva in inglese, in quanto una delle parti era italiana e quindi la sentenza aveva per detta parte valore di decisione vincolante che ne cambiava la realtà come per le parti anglofone coinvolte. E’ pur vero che della traduzione ne possono usufruire anche soggetti diversi non direttamente interessati nella questione trattata ma interessati per i più svariati motivi a conoscere la sentenza stessa. Ho immaginato, comunque, un destinatario “addetto ai lavori” che si intendesse di materia marittima e per il quale la terminologia marittima fosse materia conosciuta. Per questo nel mio lavoro ho optato per una traduzione il più possibile aderente alla realtà linguistica italiana del settore e ho lasciato i prestiti integrali adottando delle note a piè di pagina per spiegare il significato del termine tecnico qualora il lettore finale fosse un profano. Laddove, invece, il termine inglese godeva di una pari “dignità” con il traducente italiano, nel senso che entrambi erano pressoché ugualmente utilizzati in modo intercambiabile nel linguaggio settoriale marittimo italiano, allora ho optato per l’adozione del termine o della locuzione in italiano. Analogo problema di è presentato con i prestiti integrali dal latino, i cosiddetti prestiti di lusso, che hanno un traducente adeguato nella lingua di arrivo, ma nel nostro caso anche nella lingua di partenza, e che vengono utilizzati al solo scopo di elevare lo stile di uno scritto. In questo caso, tenuto conto del fatto che sia in lingua di partenza sia in lingua di arrivo la situazione è la stessa, essi rappresentano cioè una questione stilistica, ho deciso di lasciare le locuzioni o i termini in latino, delegando a una nota a piè di pagina la relativa spiegazione.

Alcuni altri termini inglesi, presenti nel lodo, hanno un traducente in italiano: per esempio “bailiff” lo possiamo tradurre con “ufficiale giudiziario”, ma i compiti e le caratteristiche di questa figura non sono esattamente gli stessi nei due ordinamenti giuridici inglese e italiano. In casi come questo ho utilizzato il traducente italiano, inserendo in una nota la distinzione di ruoli nelle due realtà giuridiche. Lo stesso dicasi per la locuzione “Court of Appeal” che ho tradotto con “Corte di appello”, due istituzioni che hanno prerogative diverse ma non dirimenti ai fini della mia traduzione.

Nel corso della traduzione si è presentato il caso di uno scritto, il cui titolo è abbastanza lungo in inglese (Scrutton on Charterparties and Bills of Lading), che rappresenta una sorta di “Bibbia” nel contesto del noleggio delle navi e che viene normalmente indicato come “Scrutton”. Si tratta di un teso molto conosciuto, ma nel dubbio che qualcuno potesse non conoscerlo ho preferito far precedere il titolo dalla dicitura “il volume Scrutton….” In modo che si capisse almeno che si trattava di un libro. Lo stesso trovandomi a decidere se tradurre o meno “House of Lords” ho optato per la traduzione “Camera dei Lord” perché sebbene in italiano non esista una istituzione corrispondente, il termine “Camera” rimanda comunque più facilmente alla comprensione che si tratta di un’istituzione parlamentare mentre la locuzione “House of Lords” è conosciuta solo da un lettore con istruzione medio-alta.

Problematica anche la traduzione delle unità di misura che sono diverse in Inghilterra rispetto alle nostre. “Cubic feet” = “piede cubico”. Seguendo quanto esplicitato da Buzzetti nel testo “Traduzione e tradizione. La via dell’uso confronto. (Oltre il “traduttore traditore”)” a proposito della traduzione delle unità di misura, al fine di rendere intellegibile a un lettore di cultura media, in questo caso, la capacità effettiva di trasporto di merci da parte della nave frigorifera di cui si parla, traduco “Cubic feet” con “Litri”. Il volume di Buzzetti è dedicato alla traduzione biblica e l’autore predilige traduzioni di questo tipo anche se, quando si parla di unità di misura di altre epoche, si perde in qualche modo la “storicità” dell’espressione mediante l’uso del procedimento dell’attualizzazione. Nel nostro caso possiamo tradurre con “litri” a cuor leggero in quanto non si pone il problema dell’attualizzazione del testo, essendo l’unità di misura citata attualmente in uso in Inghilterra, e il fine principale della traduzione è rendere comprensibile il testo inglese.

Altri casi particolari:

]“Claimants” e “Respondents”. Ho tradotto rispettivamente con “Reclamanti” e “Convenuti” ma nei vari testi di sentenze che ho consultato sono attestati anche i traducenti “Attori” e “Istanti” per Claimants e “Appellati” per Respondents.

Nominalizzazione:

“Load”: verbo vs sostantivo: “The Claimants chartered the M/v Europa to load a full and complete cargo…”. Traduz.: “i reclamanti hanno noleggiato la M/n Europa per l’imbarco di un carico….”. Ho preferito tradurre “load” con un sostantivo piuttosto che utilizzare il verbo corrispondente in italiano in quanto la nominalizzazione è un tratto caratteristico delle sentenze.

Covering: verbo vs sostantivo: “… in other words, one covering the same cargo and voyage….”; traduzione: “ ….. in altre parole, uno a copertura dello stesso carico e viaggio…”. Anche in questo caso ho preferito usare un sostantivo al posto di un verbo.

Prestiti integrali:

“Notify Party”: Ho lasciato in Italiano il termine “Notify” senza tradurlo perché nella pratica professionale si lascia non tradotto. Si tratta di un prestito di necessità in quanto in italiano non esiste un traducente esatto a meno che non si faccia ricorso a una locuzione piuttosto lunga.

Free despatch”. Lascio in inglese anche la locuzione “free despatch” che non trova un traducente corrispettivo in italiano e viene utilizzata nella pratica anche in italiano. Si tratta di un incentivo che viene dato affinché le operazioni di carico/scarico di una nave siano eseguite in un tempo inferiore a quello previsto contrattualmente.

Free pratique”. In questo caso per “Free pratique” esiste un traducente in italiano “Libera Pratica” ma esso viene utilizzato pochissimo in confronto al corrispondente termine inglese. Ho mantenuto in tutta la traduzione il prestito integrale.

Notice of readiness”. In questo caso, invece, ho tradotto con il termine abituale italiano: “avviso di prontezza”; da notare, però, che gli addetti ai lavori non sempre fanno ricorso al traducente italiano e utilizzano anche la locuzione inglese “Notice of readiness” o il suo acronimo - sempre basato sulla lingua inglese - “NOR”.

Istituzioni:

High Court of Justice”. Ho optato per la traduzione in italiano “Alta corte di giustizia”, perché, trattandosi di un organo giuridico che non trova corrispettivo nell’ordinamento italiano, la traduzione non si presta a fraintendimenti di sorta e l’uso della locuzione inglese avrebbe potuto essere piuttosto oscura per un lettore italiano di cultura media. Era possibile anche lasciare l’espressione inglese

Court of Appeal”. Anche in questo caso ho tradotto in italiano con “Corte di Appello” perché penso che se avessi lasciato il termine in inglese la traduzione sarebbe risultata oscura. Ciononostante bisogna notare che vi sono delle differenze tra i due istituti giuridici e che quindi, al contrario che nel caso precedente dove l’istituzione di cui si parlava non trovava corrispondente nell’ordinamento italiano e quindi non si prestava a equivoci di sorta, in questo caso si possono avere interferenze e misunderstanding riferendosi con lo stesso termine a due istituti giuridici non perfettamente sovrapponibli.

House of Lords”: sebbene in italiano non esista una istituzione corrispondente, in questo caso, io preferisco mettere la forma in italiano. Questo perché la locuzione “House of Lords” è conosciuta solo da un lettore con istruzione medio-alta mentre la traduzione in cui è presente il termine “Camera” rimanda più facilmente alla comprensione che si tratta di un’istituzione parlamentare.

Espressioni letterarie/arcaiche:

Albeit”. “…. The receivers (…) refused to allow the vessel to sail, albeit without having obtained any judicial arrest…”. Da sottolineare l’uso della congiunzione inglese “albeit” che ha una connotazione letteraria. Io per cercare di rendere anche questa sfumatura di “letterarietà” ho utilizzato “quantunque” anziché “sebbene”. L’utilizzo di queste forme letterarie testimonia la ricerca in ambito giuridico di un linguaggio aulico che in qualche modo prende le distanze dal linguaggio comune e rappresenta un’eccezione nella lingua giuridica inglese.

Latinismi:

Onus”. “…. It is clear that the onus lies on the charterer to prove how much ….”. In inglese si ricorre a un latinismo “onus” (la locuzione intera è quella latina integrale “onus probandi” o quella mista “onus of proof”) anche se esistono termini corrispondenti in lingua inglese “burden of proof”. In italiano ho preferito mettere “onere della prova” perché si tratta di un’espressione tipica del linguaggio giuridico e già questa, senza ricorrere al latino, basta a conferire al testo un tratto letterario tipico della lingua giuridica.

Inter alia”. Qui si utilizza in inglese e lascio in italiano un’espressione latina. Il linguaggio settoriale giuridico, come detto nella parte introduttiva alla presente traduzione ama utilizzare queste espressioni latine. In questo caso io parlerei di un prestito di lusso in quanto in italiano potremmo tranquillamente dire “tra le altre cose”. Un prestito di lusso utilizzato al solo scopo di elevare lo stile.

Altro:

LOU”. LOU è un acronimo che sta per “Letter Of Understanding” che è sinonimo di “letter of intent”; da qui la mia traduzione di lettera di intenti. La lettera di intenti è un documento precontrattuale con il quale si mettono per iscritto degli accordi presi fino al momento solo verbalmente. Non è vincolante ai fini della stipula di un contratto.

Frustrating event”. Traduzione: “…evento cagione di annullamento per impossibilità d’esecuzione”. A fronte di due parole dell’inglese “frustrating event” sono costretto a ricorrere a un’espressione italiana composta da 8 parole. Questo perché il concetto espresso da “frustration” e quindi dal verbo “frustrate” (utilizzato in questo caso) non trova corrispondente negli ordinamenti del civil law. Ricorro al De Franchis per quotare la seguente lunga definizione di “frustration”: “Annullamento, estinzione, venir meno in genere. (….) si osserva che il termine è più spesso riferito a un contratto per indicare un concetto caratteristico del sistema inglese, privo di equivalenza sia nell’ordinamento italiano che nella civil law in genere. Frustration indica una sorta di annullamento del contratto consistente nella sua estinzione a seguito del sopravvenire di una causa che fa venir meno per entrambe le parti il presupposto o lo stato di fatto che esse avevano previsto al momento della sua conclusione.” Da notare che il sistema inglese non conosce il concetto della forza maggiore e comunque il concetto di frustration copre un significato più ampio di quello di forza maggiore. Il concetto di frustration è considerato uno dei più complessi del common law e fu elaborato originariamente proprio in materia di contratti marittimi. Sempre il De Franchis afferma che la materia della Frustration appare confusa e complessa e non vi è accordo neppure sul fondamento giuridico di questo importante concetto. Infine i casi più noti di frustration sono: 1) prestazione divenuta successivamente illegale, 2) distruzione dell’oggetto della prestazione, 3) morte o incapacità dell’obbligato nell’eseguire le proprie obbligazioni.

“.. the court has power to enter judgement ….”. Traduzione: “…. il tribunale ha il potere di rendere sentenza….”. Ricorso all’articolo zero tipico del linguaggio giuridico. Anche se dobbiamo notare che la variante con l’articolo nei sintagmi formati con il termine “sentenza” è più frequente.

Thrust”: “I should, however, record the thrust of the very sparse communications ….”. “Vorrei comunque sottolineare il tenore delle scarse comunicazioni…”. Thrust” significa: “stoccata”, “attacco a fondo” e in senso figurato “frecciatina”. Io ho preferito adottare un termine più neutro che implica comunque un tono forte delle rare risposte ricevute dai convenuti.

Claim”: Vi sono poi dei termini della lingua inglese, quali “claim” che possono avere vari traducenti in italiano, nessuno dei quali, però corrisponde esattamente al concetto rappresentato da “claim”. In casi come questo ho scelto il traducente che più mi sembrava avvicinarsi in quel determinato contesto a “claim” e ancora una volta ho spiegato in una nota la situazione. Ad esempio, nel seguente caso: “On 6th February … served Re-amended Claim Submissions on the Receivers…”. Per questo termine ho utilizzato il traducente “richiesta”. In realtà si tratta di un termine della common law che non trova un univoco equivalente nella civil law, il cui significato va di volta in volta accertato nel contesto in cui è impiegato. Secondo il De Franchis, esso in genere indica: a) un diritto nei confronti di un altro soggetto ad ottenere un remedy o relief, cioè un provvedimento giudiziario sulla base di detto claim; b) un credito, un diritto al risarcimento o a un indennizzo, ovvero la domanda giudiziale con cui esso viene fatto valere in giudizio; c) una pretesa, una richiesta, un reclamo in genere.

Sound Value”: “…. Said to represent the sound value of 70,000 boxes of bananas”. Poiché la locuzione “sound value” non ha un significato particolare se non quello letterale di “valore sano”, essendo quest’ultima un’espressione poco usata in italiano, ho preferito trasferire il concetto di sano all’interno della stessa frase e riferirlo alla condizione delle banane. Ho, così, tradotto: “quale equivalente del valore di 70.000 casse di banane in buono stato”.

Give credit”: “….it seems to me that Owners should have given credit for the time lost….”, “After having given credit for the agreed laytime of 11 days, the vessel was on demurrage…”. “Give credit” significa “accreditare una somma di denaro”; io qui liberamente ho tradotto “stornare…” perché in italiano è più scorrevole e ha più senso una traduzione di questo tipo. Il senso resta inalterato.

“A unilateral refusal by a charterer to complete discharging is not sufficient on its own to stop time from continuing to run.” Traduzione: “Un rifiuto unilaterale da parte di un noleggiatore a completare lo scarico non è di per sé sufficiente ad interrompere il decorso del tempo”. In questo caso ho optato per la sostituzione del verbo dell’originale “to run” con un sostantivo “decorso”.

Submission”. “The … submission is that the charterers are vicariously liable for the delay caused by the receivers and their various actions described above”. Traduzione: “Il ….. deferimento in arbitrato è basato sul fatto che i noleggiatori sono responsabili per surroga del ritardo causato dai ricevitori e dalle loro varie azioni sopra descritte.”. Ho tradotto “Submission” con “deferimento in arbitrato”. “Submission” è un termine che è legato al concetto di arbitrato e che indica il compromesso col quale si sottopone ad arbitrato una controversia esistente tra le parti.

Without Prejudice”. “Such liability is without prejudice to any liabilities of the original shipper.”. Traduzione: “Tale responsabilità non ha alcun effetto giuridico sulla responsabilità del caricatore originale. “Without prejudice” è un’espressione che introduce una riserva; senza effetti giuridici in genere; quando è impiegata nel corso di trattative dirette a transigere una controversia, l’offerta o ammissione di una delle parti non costituisce ammissione di responsabilità o rinuncia ad un diritto e nessuna delle parti può profittare successivamente di quanto sia stato detto o scritto. Niente di ciò che sia stato scritto o detto tra le parti di una controversia “without prejudice” può essere considerato dal giudice senza il consenso di entrambe le parti.

“… the evidence presented to me….”.Io ho tradotto: “gli atti scritti e le prove presentatimi”. Ho utilizzato “presentatimi” in ossequio al fatto che nel linguaggio giuridico è frequente l’uso del participio con il pronome enclitico; nel linguaggio comune useremmo una esplicita con verbo di modo finito : “le prove che mi sono state presentate”.

Infine, una breve nota sulla ripetizione della stessa parola più volte nello stesso paragrafo. In varie parti del testo inglese del lodo in esame troviamo all’interno dello stesso paragrafo ripetuto più volte lo stesso termine. Pratica aborrita dalla lingua comune che vede in queste ripetizioni lessicali una sciatteria linguistica. Nella mia traduzione ho conservato tali ripetizioni perché precipue della lingua giuridica dove si evita l’uso di sinonimi che non hanno mai un significato perfettamente uguale ma la ripetizione della stessa parola sottolinea la monoreferenzialità del termine utilizzato, caratteristica di fondamentale importanza in campo giuridico.

Un’ultima annotazione di carattere stilistico. Nel corso della traduzione ho fatto un ampio ricorso a elementi morfosintattici tipici del linguaggio giuridico, anche laddove non presenti nel testo originale. Questo si è concretizzato ad esempio in un uso maggiore rispetto all’originale, di nominalizzazioni, participiali e gerundive. Ho cercato, altresì, di rendere la mia traduzione più formale e distanziata dall’uso comune della lingua, in osservanza dello stile delle sentenze italiane, rispetto al testo inglese che, nella scia della tradizione inglese, è largamente informale e utilizza un linguaggio quanto più possibile aderente al linguaggio comune. L’unica cosa che ho lasciato in italiano come nel testo di partenza è l’utilizzo della prima persona singolare da parte del giudice nel dispositivo della sentenza. Anche questo tratto rientra nella maggiore informalità delle sentenze inglesi, laddove in italiano si utilizzerebbe la terza persona singolare molto più distanziante, con la sostituzione delle locuzioni: “io giudico…”, “io dichiaro…”, “io stabilisco” con locuzioni del tipo: “questa corte giudica, … dichiara, … stabilisce…”

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Note

↑ 1 Bellucci P., A onor del vero. Fondamenti di linguistica giuridica, UTET, Torino, 2002, pag. 266

↑ 2 Sabatini F., L’italiano nel mondo moderno, Liguori, Napoli, 2011, p. 234

↑ 3 Cavagnoli, S., Ioriatti Ferrari, E., Tradurre il diritto, Cedam, Padova, 2009, p. 167

↑ 4 Scarpa, F., La traduzione specializzata, Hoepli, 2001, p. 73

↑ 5 Sacco R., Trattato di diritto comparato. Introduzione al diritto comparato, UTET, Torino, 1992, p. 28.

↑ 6 Schena L., La lingua del diritto, CESU, Roma, 1997, p. 21

↑ 7 Cortelazzo M., Lingua e diritto in Italia. Il punto di vista dei linguisti, in Schena L. ( a cura di), La lingua del diritto, CISU, Roma, 1997

↑ 8 Sarcevic S., New approaches to legal translation, Kluver Law international, The Hague, 1997, p. 260/1

↑ 9 Gotti M, Globalizzazione e localizzazione nel discorso giuridico: il caso dell’arbitrato commerciale internazionale, in Garzone G, Santulli F, Il linguaggio giuridico, prospettive interdisciplinari, Giuffré editore, Milano, 2008, p. 190

↑ 10 Austin J.L., How to do things with words, Oxford University Press, Oxford, 1962, p.68

↑ 11 Searle J.R., Speech acts, Cambirdge University Press, Cambridge, 1969, p. 108

↑ 12 Scarpelli U. e Di Lucia P., Il linguaggio del diritto, LED, Milano, 1994, p. 172

↑ 13 Dell’Anna M.V., Su alcune voci e locuzioni giuridiche di interesse lessicografico, Studi di lessicografia italiana, XXVII, Le Lettere, Firenze, 2009, p. 269

↑ 14 Serianni, L., Italiani scritti, Il Mulino, 2012, pp. 121-122

↑ 15 Bellucci P., A onor del vero. Fondamenti di linguistica giuridica, UTET, Torino, 2002, pag. 266

↑ 16 Gemar J.C., Traduire le language de droit en contexte bilingue et bijuridique, in Schena L., La lingua del diritto. Difficoltà traduttive. Applicazioni didattiche., Centro di informazione e stampa universitaria, Roma, 1997, p. 77

↑ 17 Mortara Garavelli B., Le parole e la giustizia. Divagazioni grammaticali e retoriche su testi giuridici italiani, Einaudi, Torino, 2001, p. 26

↑ 18 Sabatini F., L’italiano nel mondo moderno, Liguori, Napoli, 2011, p.324

↑ 19 Dell’Anna M.V., In nome del popolo italiano. Linguaggio giuridico e lingua della sentenza in Italia, Bonacci editore, Roma, 2013, p. 26

↑ 20 Ondelli S., Il genere testuale della sentenza penale in Italia, EUT, 2006, Trieste, in Benelli G. e Tonini G. (a cura di) “Studi in ricordo di Carmen Sanchez Montero”, EUT, Trieste, 2006, vol. 1, pp. 295-309

↑ 21 Mattila H. E. S., Comparative Legal Linguistics, Ashgate Publishing, Aldershot, 2006, p. 106

↑ 22 Taruffo M. Carpi F. Colesanti V., Commentario breve al codice di procedura civile, Cedam, Padova, 1988, p. 198

 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482