Publifarum n° 35 - Écritures mélomanes

Conversazione con Sara Colaone

Margareth Amatulli e Sara Colaone



Sara Colaone è un’autrice di fumetti e illustratrice i cui personaggi dalle molte sfaccettature raccontano la storia, il costume e la cultura italiana. Fra i diversi suoi romanzi grafici usciti in Italia e pubblicati in Francia troviamo Leda (Coconino Press 2016, scritto da con Satta e de Santis), con cui ha vinto il prestigioso Gran Guinigi a Lucca Comics & Games 2017; Ariston (Oblomov 2018, scritto da Luca de Santis) storia di emancipazione femminile nella provincia italiana e il fortunatissimo In Italia sono tutti maschi (Kappa 2008, Oblomov 2019), sul confino degli omosessuali durante il fascismo (Miglior Fumetto, Micheluzzi 2009 e tradotto in cinque lingue). Fra i suoi lavori più recenti Tosca. Per la rivista “Nuovi Argomenti” cura la sezione dedicata al fumetto. Insegna Disegno all’Accademia di Belle Arti di Bologna e collabora con il MOdE - Museo Officina dell’Educazione dell’Università di Bologna. 

I rapporti di Sara con la Francia sono di varia natura: non solo molte delle sue opere sono tradotte in francese, se non addirittura pubblicate prima in Francia che in Italia, ma sono frutto di una collaborazione con scrittori francesi e spesso ispirati da altrettanti autori francesi. Un esempio calzante di tale nutrita collaborazione è rappresentato da Evadées du Harem, scritto da Didier Quella-Guyot e Alain Quella-Villéger, pubblicato in Francia presso Steinkis nel 2020 e uscito successivamente in Italia per Oblomov editore. Si tratta, tra l’altro, di una graphic novel sulla fuga da Istanbul nel 1906 delle tre giovani donne che ispirarono a Pierre Loti il romanzo Les Desenchantées. La Francia ritorna anche in un altro lavoro recente Tosca (Solferino, 2019) ispirato all’omonima opera lirica di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, a partire dall’omonimo dramma in prosa di Victorien Sardou.

Margareth Amatulli: Sara, la ‘tua’ Tosca è una rimediazione inedita di un’opera che è un vero e proprio mito: è stata fonte di adattamento cinematografico, passata per le mani di Gallone, Magni, Zeffirelli; di film per la TV, del musical di Lucio Dalla… e che ora si propone in un’operazione tutt’atro che commerciale per conferire una nuova vita non solo all’opera ma a Tosca, personaggio “transfuge”, migrante.

Il libro è un’opera su commissione che si colloca all’interno di un progetto editoriale più ampio. Avevi delle regole da rispettare o potevi godere della massima libertà di espressione nei limiti ovviamente del medium utilizzato?

Sara Colaone: Tosca (graphic novel) fa parte di Opera Atlas, un originale progetto di rilettura dei grandi miti dell’opera lirica di tutti i tempi. Ideato da Biagio Scuderi per Cose Belle d’Italia, Opera Atlas - il cui titolo è un esplicito omaggio al genio di Aby Warburg - sceglieva un titolo tra le proposte delle più rinomate fondazioni liriche e dei maggiori teatri d'opera italiani, per farlo diventare protagonista e catalizzatore di sviluppi inediti e sorprendenti, come workshop, mostre, interpretazioni, all’insegna della contaminazione tra linguaggi e dell’intermedialità. La prima edizione dedicata a Tosca di Puccini, che ruotava intorno alla graphic novel e a una mostra ospitata dal Comune di Milano in MonteNapoleone District durante la Prima Diffusa (cartellone delle iniziative della “prima” del Teatro alla Scala), è stata realizzata nel 2019 in partnership con l’editore Solferino (RCS Media Group), l’Archivio Storico Ricordi e l’Università degli Studi di Milano. 

Quindi questa Tosca proprio perché attraverso il graphic novel, un medium apparentemente lontano, si inscrive in un progetto che vuole rimettere l’opera lirica non solo alla portata di tutti, ma anche al centro dei linguaggi espressivi e degli studi d’arte.

Margareth Amatulli: ricordo che Tosca è una vera e propria storia di passione ambientata a Roma nel 1800 in senso lato, la passione amorosa e la passione politica; una storia di morte per amore e per la difesa di ideali politici. Tosca è la donna che cede alle lusinghe del capo della polizia, il perfido Scàrpia, affinché il suo amato Mario Cavaradossi, colpevole di aver protetto e nascosto il bonapartista Angelotti, console della Repubblica Romana, non venga ucciso. Sul punto di darsi a Scàrpia, Tosca lo ucciderà ma non potrà evitare la morte di Mario che il capo della polizia le aveva fatto credere sarebbe stata una finzione, una fucilata a salve.

Cosa è diventata nelle mani, nei pennelli di Sara Colaone, l’opera di Puccini?

Sara Colaone: Tosca è un’opera in cui l’intreccio narrativo e l’ambientazione di forte eco storica, sono estremamente importanti per la costruzione musicale. Questo sembrerebbe imporre una fedeltà filologica all’ambientazione del racconto, ma come sottolinea Emilio Sala (musicologo, Università Statale di Milano) nella prefazione, è interessante proporre una prospettiva di rilettura che non separi più il testo autentico d’origine rispetto alle trasposizioni successive, come accadeva in passato negli studi sulla ricezione dell’opera: «La ragione d’essere delle riletture non è nella “fedeltà” al testo, ma nella loro capacità di rimetterlo in discussione, facendone emergere nuovi strati di senso». 

In questo senso, penso all’ambientazione storica come qualcosa capace di sollevare dallo sfondo i personaggi e descriverne sentimenti e comportamenti, che possono trovare luogo anche in altre epoche sotto gli stessi meccanismi drammaturgici, ma con sfumature diverse.

Da qui è nata l’idea di separare gli elementi che caratterizzano la storia di Tosca fin dalla scrittura del dramma di Sardou: la passionalità irrequieta e talvolta contraddittoria di Floria Tosca, la palpitante passione politica di Mario Cavardossi, il sadismo del potente Scàrpia, l’atmosfera bigotta e oppressiva romana. 

Proprio perché il mito di Tosca va sommando tutte le sue varianti e interpretazioni, ma si nutre di storie e aneddoti laterali che contribuiscono al suo consolidamento, è parso necessario raccontare ai lettori contemporanei anche la complessa vicenda della nascita di quest’opera lirica da parte di Puccini, che è stata tutt’altro che lineare e facile. La creazione di Tosca costituisce di per sé una vera trama, ricca di colpi di scena: un interessantissimo affresco del mondo dello spettacolo fra ‘800 e ‘900, luccicante come una giostra in cui ruotano vorticosamente le fortune e le disgrazie di compositori, impresari, cantanti, agenti ed editori, primo fra tutti Giulio Ricordi. La giostra parte e si ferma sempre nello stesso punto, dove viene formulata la domanda più importante di tutte: qual è il segreto delle opere di Puccini? Come faceva il compositore lucchese a cogliere quegli aspetti così intimi dei personaggi eppure così popolari, tanto da garantirgli una fama e un successo mondiali ancora vivi? E come li metteva in musica?

Rispondere a questi interrogativi nello spazio di un testo è impresa difficile, ma porre i quesiti sull’arte attraverso altre forme d’arte è un’operazione stuzzicante, che contiene la possibilità di suggerire collegamenti e allusioni, senza impaludarsi nelle congetture. Per la “mia” Tosca ho scelto perciò di separare i tre filoni di contenuto (intreccio dell’opera, vita di una Tosca contemporanea e storia del mito) in tre tracce narrative, che avvengono nello stesso momento e talvolta si incrociano, ma riguardano personaggi diversi, ognuno dei quali interpreta uno di questi aspetti fondanti dell’opera Tosca.

L’ambientazione è sempre Roma, la città che fa da sfondo al dramma originario, ma siamo questa volta nel 1977, il periodo italiano tristemente noto col nome “anni di piombo”, caratterizzato da violente manifestazioni di piazza, strategie politiche della tensione e atti terroristici. Ed ecco come ho strutturato i filoni narrativi in relazione ai personaggi chiave del racconto.

1) Scàrpia > il mostro sadico e bigotto, in cui s’incarna la violenza dell’epoca. Fausto, un anziano ex poliziotto fascista, pensionato ma consulente dei nascenti servizi segreti, dispotico con la moglie Armida, donna succube e obbediente, e guardone della giovane affittuaria Flora, di cui gode le forme spiando nell’oscurità della finestra. Fausto è chiaramente un moderno Scàrpia in declino, che esercita il suo potere nell’ambito domestico e si diverte a vedere sofferenza e difficoltà. Fausto come Scàrpia, cercherà di distruggere il sogno della giovane Flora, ma morirà per mano di un’altra donna, che ripeterà il rituale delle candele già nella prima versione con Sarah Bernhardt.

2) Gualtiero e Peter > i melomani raccontano. Gualtiero è il professore di musicologia che ci racconta la storia e i retroscena della creazione dell’opera Tosca. Melomane appassionato e innamorato di tutti gli aspetti di questo personaggio, in cui ha sublimato una certa carica sessuale, Gualtiero accompagna all’opera di Roma (il Teatro Costanzi) Peter Ramsay, giovane studioso statunitense d’opera, che viene travolto dagli aspetti sensuali del racconto fino a confondere la passione del suo cicerone per la musica e la messinscena con quella fisica.

3) Flora e Mauro > sogni infranti di gioventù post-romantica. Flora è Floria Tosca, ma una Tosca in jeans a zampa di elefante, irrequieta, innamorata, confusa, in lotta per capire chi è veramente e se ce la può fare a diventare cantante. Amoreggia con Mauro (Mario Cavaradossi), aspirante fumettista, che bazzica senza convinzione un gruppo politico studentesco in procinto di organizzare quella che sembra un’azione terroristica.

Flora, delusa dell’ennesima lezione di canto che non la porta da nessuna parte, visita la cantina dove si riuniscono gli amici di Mauro, dove si trova anche un personaggio (Angelotti) appena fuggito da una manifestazione di piazza e che fomenta un’azione terroristica. Flora scorge a terra il disegno (il ritratto) di Mauro [una ragazza che è citazione della Lubna di Ranxerox, mitico personaggio punk creato nel 1978 da Tanino Liberatore], si ingelosisce, litigano e si riappacificano, dandosi appuntamento più tardi, come nell’opera. 

Rientrando a casa, Flora perde uno dei volantini propagandistici (il ventaglio) che le erano stati dati dagli amici di Mario. Il volantino finisce nelle mani del padrone di casa Fausto, che sfrutta la vicinanza di Flora con i gruppi studenteschi per cercare di introdursi a casa sua. Flora non cede e per ripicca Fausto chiama la polizia perché segua Flora e li conduca alla cantina del gruppo di studenti. 

Flora non ha trovato Mauro all’appuntamento, dubita del suo amore, dubita di se stessa, è persa. In un bar ascolta dalla televisione la notizia dell’arresto del gruppo di cui fa parte Mauro. 

Da qui in poi la storia si discosta nettamente rispetto alla versione originale. Flora, infatti, è una ragazza moderna, che non sacrifica se stessa all’amore di Mauro, per il quale non può comunque far nulla. Chi con muti occhi chiede pietà per questi giovani è Armida, la moglie di Fausto, che vendicherà se stessa e tutte le donne che hanno subito il sadismo del marito lasciandolo morire soffocato.

Dieci anni dopo ritroveremo Armida, vedova liberata, Peter, divenuto a sua volta professore, e Flora, cantante di successo in una rappresentazione di Tosca in versione occupazione nazista (simile a quella nota di Jonathan Miller del 1986). E qui Flora/Tosca compirà -in scena- il suo tragico destino, immolandosi per sempre alla memoria del mito Tosca.

Il racconto si apre e chiude con due episodi importanti della biografia di Puccini: l’incontro a Milano con Giuseppe Illica che nel 1894 sta lavorando al libretto di Tosca e che rinfocola l’attenzione di Puccini per questo soggetto, e la famosa notte del 1876 in cui un giovanissimo Giacomo, insieme a due amici, attraversa a piedi la campagna fra Lucca e Pisa per vedere l’Aida di Verdi, che accenderà in lui la folgorante passione per il melodramma.

Margareth Amatulli: I differenti piani temporali su cui si costruisce la tua opera sono forse funzionali ad evidenziare l’atemporalità della protagonista?

Sara Colaone: I differenti piani temporali servono proprio a rimarcare gli elementi del mito Tosca, in cui devono necessariamente essere comprese tutte le sue interpretazioni e varianti. Tosca è un’idea di sentimento, questo misto di spregiudicatezza, devozione ed evidenza dell’amore che sembra appartenere a più persone ed epoche. Separando i filoni narrativi e creando un senso di atemporalità ho voluto amplificare ancora di più la portata di questa figura, ma soprattutto ho voluto evitare quella che mi sembrava una strada ovvia, cioè di incarnare Tosca in una figura fisica determinata, una diva-Tosca che inevitabilmente avrebbe avuto le fattezze della Callas, ma che non mi avrebbe permesso di trasportare il discorso fuori dalla sfera del rapporto fra personaggio e cantante/interprete. Sono stata tentata anche dall’ipotesi interpretativa che è stata molto bene espressa da Todd Haynes nel docufilm su Bob Dylan I’m Not There (2007) in cui la storia del cantautore veniva raccontata attraverso i volti di diversi attori, fra cui anche Cate Blanchett (nominata agli Oscar), perché questa soluzione permetteva di rompere l’icona visiva del volto di Dylan e proiettare il suo mito in corpi, luoghi e tempi diversi. Ma, ancora una volta, Tosca non è una persona fisica. Come Dylan, Tosca è soprattutto la sua musica.

Margareth Amatulli: Come ci sei arrivata e con che materiale? Il paratesto dell’opera ci parla di una ricca bibliografia.

Sara Colaone: Il presupposto di conoscere l’opera di Puccini e di sentirmene affine ha avuto un ruolo importante in questo lavoro, per il quale ho avuto il piacere di avventurarmi nella storiografia musicale. Quello che mi è parso subito chiaro, è stato il desiderio di non perdersi in un racconto sulla biografia piccinina, talmente ricca di aneddoti gustosi e piccanti, da essere fuorvianti e in questo caso inutili. Sono invece partita dalla partnership dell’iniziativa editoriale e ho visitato l’Archivio Storico Ricordi a Milano con Pier Luigi Ledda e con Maria Pia Ferraris: un colloquio fondamentale per impostare tutto il libro. L’Archivio Ricordi infatti conserva non solo partiture, lettere, libretti, manoscritti e tutti i materiali di produzione dell’incredibile stagione musicale italiana fra Otto e Novecento, ma anche tutti i bozzetti di scena, i manifesti e gli apparati grafici che costruivano intorno all’opera un potentissimo mezzo di intrattenimento degno, delle più articolate operazioni di marketing contemporaneo. Dopo questa prima ricognizione, oltre ai libretti di Illica e Giacosa e dell’originale di Sardou, ho attinto informazioni sulla natura della musica piccinina in relazione al suo tempo da tre volumi: Giacomo Puccini, l’arte internazionale di un musicista italiano, di Michele Girardi (Marsilio, 1995); Puccini, a cura di Virgilio Bernardoni (Il mulino, 1996); Giacomo Puccini, il romanzo della mia vita, dell’amico e biografo Giuseppe Adami (Il Saggiatore, 2014). Per ciò che riguarda invece la biografia e l’aneddotica sul mondo dell’opera mi sono rivolta a: l’Epistolario pubblicato da Leo L. Olschki nel 2015; Il paese del melodramma, di Bruno Barilli (che cito in apertura con una folgorante frase sull’attualità dell’arte), Anche stasera, come l’opera ti cambia la vita, di Alberto Mattioli.

Ma non va dimenticato che Tosca, in quanto opera lirica, è soggetto delle più divertenti varianti e dei più efferati crimini. Già citavi il musical e la versione di Zeffirelli, ma è da vedere la versione con i pupazzi Lego della Radio Televisione Svizzera Tedesca, che cito in appendice. 

Margareth Amatulli: In che modo la musica di Puccini si iscrive nel fumetto e nella sua interazione tra testo e immagine? Ascoltiamo la musica di Puccini provenire da più fonti sonore (radio, teatro) ma forse c’è dell’altro. La musica non mi sembra qui solo giustapposta. Mi sembra che il romanzo grafico sia composto come una vera e propria orchestra (polifonia): di volta in volta emerge una melodia/filone diegetico (come una storia invade lo spazio della pagina) che prende il sopravvento e poi cede il posto ad un altro. tutto sembra giocarsi tra frammentazione e unità.

Sara Colaone: In questo graphic novel ho cercato di sperimentare una vera e non fittizia collaborazione fra fumetto e musica: 1) come hai giustamente notato, in chiave classica di musica diegetica, quando l’opera entra nell’azione attraverso dispositivi realistici e ne commenta in qualche modo il senso; 2) in una costruzione ritmica dell’azione scenica in relazione all’azione che in parallelo si svolge nella “realtà”, rimarcandone l’effetto drammatico; 3) in una struttura che prevede l’esposizione di un tema, seguito da un contrappunto di parole o suono, che si sviluppa in seguito riprendendo e sviluppando il tema di immagine/suono; 4) in una generale costruzione drammaturgica che prevede una ouverture (dove abbiamo delle premesse tonali che introducono i temi del lavoro), un primo atto dove si enunciano gli elementi del racconto, uno sviluppo e un drammatico epilogo. Il risultato tende a una forte interazione fra le due parti del racconto (la fiction lirica e quella del fumetto) ci riconduce ancora una volta alla pucciniana domanda: è l’arte che imita la vita o la vita che imita l’arte? 

Margareth Amatulli: Mi sembra anche che ci sia un’affinità tra Giacomo Puccini e Sara Colaone e che il suo testo molto spesso si ponga come metalinguaggio: Sara ci parla di come lo sta costruendo nel mentre ci racconta come Puccini sta costruendo la sua opera (es, p. 91). Due genesi a confronto.

Sara Colaone: Lavorando a Tosca ho avuto la possibilità di comprendere e al tempo stesso di raccontare come funzionava l’operazione creativa messa in atto da Puccini, e di ritrovare alcuni elementi che io stessa, in misura più modesta, adotto nel mio lavoro.

Le biografie ci raccontano che Puccini era alla costante ricerca di soggetti musicabili ed era uso lavorare a più opere contemporaneamente. Egli utilizzava amici e collaboratori come lettori, veri e propri radar che intercettavano per lui storie e testi interessanti, e che riassumevano per lui in “tele”, ossia abbozzi di soggetto, evidenziando i punti focali del racconto. 

Ebbene, da queste tele (curioso l’uso del termine e che appartiene molto più alle arti figurative che alla musica) Puccini traeva quella che chiamava “immagine scenica”, ovvero un’immagine in cui il compositore letteralmente visualizzava l’azione principale attorno alla quale tutto il senso dell’opera veniva a raccogliersi. Quest’azione doveva racchiudere e restituire l’essenza del personaggio, il senso dell’opera. In Tosca questa immagine è il momento in cui Floria Tosca si inginocchia di fronte a Scàrpia, perdendo tutta la sua arroganza e implorandolo di salvare l’amato Cavaradossi.

Dall’immagine scenica Puccini traeva il leitmotiv (come prima di lui Wagner), ma utilizzandolo in modo assolutamente originale: infatti Puccini componeva il leitmotiv del personaggio e poi lo frammentava, distribuendolo in tutto l’arco del dramma, in modo che lo spettatore potesse ritrovarlo sotto varie spoglie e con varie sfumature. Questa frammentazione generò certo uno straniamento, che turbò inizialmente l’editore Ricordi, ma che ebbe anche il potere di consegnare Tosca alla Storia come prima opera contemporanea, con ammiratori posteri come Janáček, Berg e Schönberg.

Osservando il procedimento pucciniano mi sono mi sono accorta di come due linguaggi per molti versi lontani abbiano invece un forte punto in comune proprio nella loro genesi. Come nell’opera anche nel fumetto si procede in modo molto simile: l’idea di un’immagine scenica che costituisce un perno su cui ruota tutto il racconto; la scomposizione in elementi grafici e ritmici che poi ritroviamo in tutto l’arco della storia e che può produrre un effetto di straniamento, ma che alla lunga crea una forte coesione fra personaggio, scena e significato dell’intera opera; l’idea di un testo in cui vivono le singole parti nell’insieme e che queste singole vengono richiamate costantemente. Così il fumetto come la lirica producono in chi legge, ascolta, guarda una impressione sinestetica forte e tenace, non riconducibile ad altri linguaggi presi singolarmente. Lavorando a Tosca mi sono convinta che fra fumetto e opera lirica ci sia un rapporto ancora tutto da esplorare.

Margareth Amatulli: ci sono delle affinità tra il linguaggio del fumetto e quello della musica?

Sara Colaone: Una delle affinità che certamente saltano più all’occhio, o all’orecchio, è quella del ritmo. Già un pioniere del romanzo grafico come Will Eisner indicava nel ritmo grafico del fumetto una similitudine con quello della scrittura musicale. Nel fumetto infatti già solo la dimensione e la forma delle vignette suggeriscono un tempo di lettura che velocizza o rallenta la lettura, influenzando in modo decisivo l’andamento e il significato della storia. L’aspetto del montaggio, del ritmo, della percezione grafica d’insieme risultano così importanti per la forma della narrazione da rendere tutto sommato secondario il bel disegno.

Margareth Amatulli: quali le difficoltà maggiori e come sono state risolte?

Sara Colaone: Le difficoltà maggiori sono state senza dubbio le paure di avvicinarsi a un “gigante” come Puccini, restando sulla superficie del lavoro. Credo che l’impostazione nell’ottica di rimediazione e reinterpretazione con variante del progetto Opera Atlas abbia aiutato a trovare tutte le soluzioni necessarie. L’idea di creare una comunicazione, una sorta di “conversazione impossibile” con il grande compositore, resa possibile da un neonato linguaggio che Puccini probabilmente non conosceva, è stata possibile proprio grazie al “tradimento” rispetto all’originale e al cercare di ricondursi a ciò che costituisce l’affinità profonda fra questi due linguaggi: capacità di penetrazione dei sentimenti e loro personificazione, ed estrema popolarità delle sue forme.

Si paragona il Fumetto al Cinema o talvolta, per nobilitarlo, alla Letteratura. Ma ci si sbaglia. il Fumetto assomiglia al Melodramma: una macchina implacabile fatta di melodia e ritmo, immaginazione scenica, e luci e ombre che danno vita ai personaggi. Una macchina che ti esalta e commuove fino alle lacrime, rubandoti il cuore per sempre.



 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482