Publifarum n° 41 - Publifarum

Quali presupposti per una linguistica climatica? Riflessioni su uno studio di caso

Maria Napoli



Abstract

Questo lavoro si inserisce nel quadro degli studi di ecolinguistica, che hanno mostrato, in ambito soprattutto internazionale, come l’analisi linguistica della comunicazione legata a tematiche ambientali possa essere preliminare alla proposta di un diverso stile di informazione, volto a costruire quei beneficial discourses che possano favorire azioni di contrasto e/o mitigazione rispetto al problema del cambiamento climatico. Si intende qui fornire un contributo a questo tipo di analisi attraverso una riflessione, suscettibile di approfondimento, sulla comunicazione giornalistica in lingua italiana relativa a temi legati all’ambiente e, più precisamente, a quella che viene ormai definita crisi climatica. Si focalizzerà l'attenzione su alcuni fenomeni specifici, quali l’uso di metafore (in particolare, le metafore della guerra e della corsa contro il tempo), il ricorso all’intensificazione, l'impiego di costrutti impersonali e di nominalizzazioni, l’imprecisione semantica determinata specialmente dall’uso di prefissoidi come eco- e di anglismi come green.

Parole chiave: catastrofe climatica, comparativo, impersonalizzazione, imprecisione semantica, metafora


Introduzione

Chi si interessa di cambiamento climatico1 – o, piuttosto, di crisi climatica, come sembrerebbe ormai opportuno dire –  è consapevole del fatto che questo è un argomento che coinvolge in primo luogo discipline quali ad esempio la fisica dell’atmosfera, la meteorologia, le scienze ambientali. D’altra parte, è innegabile che gli effetti di questo fenomeno abbiano ampie ricadute su vari aspetti che riguardano la sfera umana e sociale e che, di conseguenza, sono ambito di ricerca di discipline come la sociologia, l’economia, la geografia delle migrazioni, per citarne solo alcune. Anche la linguistica può essere annoverata tra queste, se si pensa in particolare agli sviluppi recenti della cosiddetta ecolinguistics ‘ecolinguistica’, che, soprattutto negli ultimi trent’anni, ha messo in luce il possibile contributo che l’analisi del linguaggio può apportare al tema del cambiamento climatico e delle misure correttive ed educative che è ancora possibile intraprendere per effettuare azioni di contrasto e/o mitigazione (tra i primi, si veda HALLIDAY [1990] 2001). 

Il mio contributo si inserisce dunque in questo quadro, rendendo esplicito sin dal titolo e dalla scelta dell’etichetta ‘linguistica climatica’ il legame con quello specifico filone di studi, di fatto ancora poco praticato in ambito italiano, e basato sulla convinzione che «climate change is something of a communication emergency» (PRIEST 2016: 9), come d’altra parte lo è stata la vaccinazione contro il Covid 19 in tempi molto recenti2

Quello che viene presentato è uno studio “esplorativo”, dal momento che poggia su un corpus relativamente ristretto e poco diversificato, e perciò non ha un approccio quantitativo, ma intende sviluppare alcune riflessioni preliminari e suscettibili di approfondimento, prendendo come punto di partenza la comunicazione giornalistica relativa a temi legati all’ambiente e, più precisamente, al cambiamento climatico.

L’articolo risulta così strutturato. La Sezione 2 contiene un breve excursus sull’ecolinguistica. La Sezione 3 analizza uno studio di caso focalizzando l’attenzione su alcuni specifici usi linguistici. La Sezione 4 conclude l’articolo con alcune osservazioni.

L’ecolinguistica e il peso delle parole

La correlazione tra lingua e ambiente naturale diventa per la prima volta oggetto programmatico di studio in seno al paradigma della ecology of language ‘ecologia linguistica’3, introdotto da HAUGEN (1972), che a sua volta dichiarava di aver desunto questo concetto da VOEGELIN, VOEGELIN (1964). Partendo da una definizione di ecologia come «that branch of biology that embraces the interrelations between plants and animals and their complete environments» (HAUGEN 1972: 327), lo studioso trasferiva metaforicamente il concetto alle lingue4, focalizzando l’attenzione sulla questione della loro sopravvivenza, nel quadro di quella che definiva la loro darwiniana «struggle for existence». Il tema della diversità linguistica in quanto correlata alla diversità biologica è al centro di questo filone di studi, insieme al tema, ugualmente centrale, della decadenza e morte delle lingue, tanto che uno degli obiettivi concreti della ecology of language sembra essere stato talora la salvaguardia delle lingue a rischio di estinzione. Tuttavia, questo approccio ha ricevuto alcune critiche per la mancanza di uno specifico apparato teorico e metodologico (cfr., tra gli altri, CUZZOLIN 2003, DRESSLER 2003)5.

La relazione tra la linguistica e l’ecologia considerata sotto l’aspetto di una crescente preoccupazione per le sorti dell’ambiente si sviluppa poco più tardi, a partire dagli anni novanta del Novecento: si fa infatti risalire a HALLIDAY ([1990] 2001) lo sviluppo di un filone di studi, riunito sotto l’etichetta di ecolinguistics ‘ecolinguistica’, che pone l’attenzione sull’emergenza ambientale e, più in generale, su come l’analisi del linguaggio possa dare un contributo alla discussione sui problemi più urgenti del XXI secolo. Un certo intento attivista, se così si può definire, è di fatto esplicito nella definizione che, più recentemente, STIBBE (2021 [2015]) ha dato di questo tipo di approccio e che è condivisa da altri studiosi, per cui l’ecolinguistica va al di là degli intenti del cosiddetto ecocriticisms ‘ecocriticismo’: ciò implica che il paradigma ecolinguistico non si proponga solo di criticare ciò che linguisticamente contribuisce alla distruzione ecologica, ma cerchi di identificare nuove forme ed espressioni che servano da ispirazione, al contrario, per la salvaguardia della natura, anche stimolando l’adozione di pratiche individuali consapevoli e responsabili (esemplificativo, a questo proposito, il caso della parola obsolescenza, per cui si rimanda a NAPOLI 2021).  

L’ecolinguistica contempla quindi, indubbiamente, una pars destruens che, sulla base di un approccio che è quello della critical discourse analysis, mira a portare alla luce le tracce linguistiche di una costruzione del discorso dannosa per l’ambiente, e capace di alimentare una di quelle stories-we-live-by che di fatto influiscono negativamente sul modo in cui gli esseri umani si relazionano con la natura6; dall’altro, si è dotata programmaticamente di una pars construens, che risponde all’esigenza di proporre modelli linguistici che potremmo definire sostenibili.

Diversamente da quanto si registra in particolare per la lingua inglese (su cui si veda, tra gli altri, il recente volume di VIRDIS 2022), gli studi di ecolinguistica in Italia non sono stati, finora, molto numerosi. Oltre all’interessante e ricco studio lessicografico di COLUCCIA, DELL’ANNA (2020)7, non si può non citare la monografia di ANTELMI (2018), che analizza prevalentemente discorsi di imprese, aziende e simili nel quadro, appunto, della critical discourse analyisis. Le «verdi parole» a cui allude il titolo della monografia sono quelle che apparentemente veicolano l’ideologia ecologista («retorica verde»), ma che in realtà costituiscono talora l’alibi per attuare pratiche opposte, generate dall’imperativo del profitto economico, secondo la nota prassi del greenwashing8.

Uno studio esplorativo sul linguaggio della catastrofe climatica 

Lo studio qui presentato per la lingua italiana ha utilizzato come principale fonte di dati il sito web del quotidiano Corriere della Sera. Inizialmente si è proceduto alla ricerca di una parola chiave della comunicazione che potremmo definire “ecologica”, quale l’aggettivo climatico (4468 occorrenze al 14 marzo 2023), per verificare a quali sostantivi si unisse più frequentemente. Oltre all’atteso accoppiamento di climatico con cambiamento, sono emerse, quali collocazioni ricorrenti, le espressioni catastrofe climatica, crisi climatica, disastro climatico ed emergenza climatica. Questo non sorprende, ma al contrario si tratta di una scelta lessicale che trova le sue premesse nel dibattito pubblico internazionale, animato da scienziati, attivisti e professionisti della comunicazione – dibattito in cui hanno avuto una certa eco le prese di posizione del celebre quotidiano The Guardian9 –, all’interno del quale si è convenuto che è necessario evitare l’uso di un linguaggio “troppo gentile” e “passivo”. La raccomandazione generale è che si debba puntare, al contrario, a un linguaggio “più forte”, coerente con la situazione attuale, che ci dispiega davanti agli occhi una realtà fatta non più unicamente di climate change ‘cambiamento climatico’ ma, appunto, di climate crisis ‘crisi climatica’ e di climate emergency ‘emergenza climatica’, locuzioni ormai preferite alla prima in vari contesti comunicativi. In particolare, studi sulla lingua inglese hanno messo in luce come il “catastrofismo” sia uno dei temi ricorrenti nella comunicazione sui problemi legati al cambiamento climatico (tra gli altri, URRY 2015, KIRK-BROWNE 2021). Per le stesse ragioni, si suggerisce di non usare più l’espressione global warming sostituendola con global heating ‘riscaldamento globale’, date le accezioni positive che tipicamente accompagnano l’uso dell’aggettivo warm ‘caldo’. Partendo da queste considerazioni, si è deciso di selezionare per questo studio esplorativo, tra quelle citate sopra, l’espressione “catastrofica” per eccellenza, ovvero quella di catastrofe climatica, creando un sotto-corpus di 111 articoli che la contengono e che coprono un periodo che va dal 2005 a marzo 2023 (con una concentrazione della maggior parte degli articoli nel periodo dal 2019 al 2023). 

L’analisi degli articoli tratti dal sito web del Corriere della Sera si è unita a un’analisi lessicografica basata su Zingarelli 2023 (da qui ZING 23) e sul materiale contenuto nella sezione dei neologismi del portale Treccani (da qui TREC), che contiene esempi generalmente tratti dal linguaggio giornalistico. I 111 articoli apparsi nel Corriere della Sera selezionati ai fini del nostro studio sono stati esaminati con gli obiettivi di mettere in luce fino a che punto si realizza la descrizione del cambiamento climatico in termini di “catastrofe” (alla luce di ciò che si è osservato sopra) nel contesto della comunicazione giornalistica in Italia, e di far emergere le tendenze più significative rispetto all’uso di lessemi di vario tipo10

Tra metafore e intensificazione

La prima osservazione è che l’analisi ha fatto emergere il ricorso a un linguaggio dai toni volutamente drammatici e talora iperbolici, che fa spesso uso di metafore, nonché di mezzi legati all’intensificazione e persino all’enfasi, al fine di suscitare una reazione emotiva nell’ascoltatore (che è appunto una delle funzioni possibili del processo stesso di intensificazione: DRESSLER, MERLINI BARBARESI 1994: 421). 

L’idea di “catastrofe” viene interpretata alla lettera, tanto che per descriverla, o semplicemente evocarla, ci si serve principalmente di concetti e immagini riassumibili all’interno di tre ben note macro-metafore (talvolta combinate insieme), ossia: (i) COMPETITION IS WAR11, (ii) CHANGE IS MOTION e (iii) TIME IS SOMETHING MOVING TOWARD YOU (LAKOFF, JOHNSON (2003 [1980]), LAKOFF et al. (1991)). Quella al cambiamento climatico è una sfida in cui l’eventuale sconfitta equivale a una catastrofe vera e propria (1), è una guerra, che potrebbe avere conseguenze fatali, contro un nemico imprecisato (2), o in cui il nemico diventa la natura stessa (3)12


(1) La transizione energetica è oggi la madre di tutte le sfide. Se non diminuiamo le emissioni nocive, ci aspetta una spirale di catastrofi naturali. (30/11/2019)

(2) [citazione dalla lettera di Mario Draghi al Financial Times del 20/02/2020]
per affrontare questa crisi occorre un cambio di mentalità, come accade in tempo di guerra. Gli sconvolgimenti che stiamo affrontando non sono ciclici, e il costo dell’esitazione potrebbe essere fatale (1/11/2021)

(3) Il caldo torrido scatena la furia di milioni di cavallette […] che stanno devastando 30mila ettari di coltivazioni in Sardegna divorando i raccolti delle campagne. […] una vera catastrofe biologica che sta mettendo in ginocchio centinaia di aziende. (16/06/2022) 

La metafora della sfida si intreccia a quella della corsa contro il tempo che avanza, corre, accelera, quindi ci incalza e si fa inesorabile, dandoci l’impressione di farci precipitare in un baratro, benché in molti casi si sottolinei che c’è ancora possibilità di reazione. I protagonisti di tale lotta sono quasi sempre imprecisati: abbondano non a caso costrutti impersonali, e frasi caratterizzate dall’uso di nominalizzazioni e forme non finite del verbo: si vedano ad esempio i costrutti è tempo di agire in (4), sembra troppo tardi in (5), agire subito in (8); le nominalizzazioni intervento in (4), transizione in (5), sorpasso in (9) e cambiamento in riferimento a climatico in (4) e (7) ; gli infiniti, che indicano per lo più azioni dinamiche, evitare in (4), agire in (4), (7) e (8), spingere in (5), fare in (5), (7) e (9), alzare in (7), perdere (in frase negativa) e salvare in (8). Si tratta di strategie che “sopprimono” l’agente e quindi l’idea di responsabilità sociale, “oscurando” il legame tra gli eventi e chi li causa (SCHLEPPEGRELL 1997; cfr. invece GOATLY 1966 per una difesa delle nominalizzazioni). Nel migliore dei casi, gli attori vengono identificati in un generico “noi” che dovrebbe comprendere l’umanità tutta (possiamo in (5), dovremmo in (9)), o in protagonisti generici indicati attraverso collettivi, come i cittadini in (5), il mondo in (6), ma anche tutti in (11), poco più sotto. 


(4) No, non è “game over”. Il pianeta ha la febbre ma non è in fin di vita. Il messaggio dell’ultimo rapporto IPCC, il foro scientifico delle Nazioni Unite, è chiaro: c’è ancora un ampio margine di intervento per evitare che il cambiamento climatico diventi un disastro, ma è tempo di agire. (22/04/2022)

(5) Possiamo fare la nostra parte, anche se sembra troppo tardi. […] Se la politica e le lobby rallentano la transizione ecologica, i cittadini la possono spingere. (2/11/2021)

(6) Se il mondo non avesse ancora sufficientemente chiaro il baratro verso cui sta correndo (anzi, accelerando) lo ricorda il nuovo rapporto scientifico dell’Onu. (31/03/2014)

(7) [citazione dal discorso di Antonio Guterres]
[…] per agire contro il cambiamento climatico. […] Il tempo sta scadendo, e c’è molto duro lavoro da fare; ma non è il momento di alzare bandiera bianca. (21/04/2021)

(8) Agire subito, perché non c’è più tempo da perdere per salvare il pianeta dalla catastrofe climatica. (27/09/2019)

(9) Il sorpasso all’ultima curva, però, nulla toglie al fatto che il cammino, anzi la corsa che dovremmo fare verso la decarbonizzazione […] richiederebbe un ben altro ritmo. […]. (13/02/2023)

Come messo in luce in NAPOLI, RAVETTO (in stampa), un aspetto interessante riguarda le strategie di intensificazione messe in atto per parlare di catastrofe climatica. L’uso di prefissi che fungano da intensificatori (nel senso di maximizers: cfr. NAPOLI, RAVETTO 2017b), come in (10), e l’uso di aggettivi di grado superlativo, che corrispondono alle strategie più comunemente adottate in italiano per intensificare una proprietà verso l’alto, non sono ricorrenti:


(10) La nuova ondata di super caldo prevista per questa settimana sembra la scena di un film come The Day After Tomorrow, ma con il caldo al posto del gelo (13/07/2022)

Più frequente è la scelta di aggettivi che hanno un’accezione negativa, come catastrofico, devastante e impattante, e di aggettivi che potrebbero essere usati con valore sia positivo sia negativo, ma che ricorrono in contesti in cui esprimono l’idea di eccesso, assumendo quindi una connotazione esclusivamente negativa: è il caso di enorme, epocale, estremo, importante, planetario, per citare alcuni esempi.
Una tendenza degna di menzione è quella a prediligere la comparazione cosiddetta di maggioranza (cfr. NAPOLI, RAVETTO in stampa):


(11) Di fronte a eventi sempre più estremi, tutti hanno capito che occorre fare qualche cosa per contrastare i cambiamenti climatici e proteggere la biosfera. (13/10/2021)

(12) Negoziati che, come abbiamo visto, questa volta hanno un carattere straordinario e urgente, più di ogni altro. […] per quanto il vertice di Parigi sia stato un evento epocale, oggi è necessario uno slancio ulteriore. (1/11/2021)

(13) [riferito ai giovani di Fridays for Future
Mentre gli effetti della crisi climatica si fanno più gravi, la loro pazienza giustamente si esaurisce e le loro richieste diventano più pressanti e radicali. (30/07/2022)

Come illustrano questi esempi, la comparazione viene realizzata lasciando tuttavia inespresso il secondo termine di paragone, che molto spesso può essere interpretato come un imprecisato e vago “ieri”, che fornisce le coordinate implicite del processo comparativo stesso: concetti come pericolosità, urgenza e gravità vengono intensificati proprio per il fatto di essere presentati come “accresciuti” indefinitamente rispetto al nostro indeterminato passato. Questa tendenza è comune anche nell’uso del comparativo dell’aggettivo inglese green ‘verde’ (su cui si veda anche § 3.2), come negli esempi che seguono:


(14) Natale 2022, regali più green: cosa avete scelto e che resta per fare un eco-bis con la Befana (27/12/2022)

(15) […] spunti nuovi da intraprendere per un vino sempre più green. Così green che, in alcuni casi, hanno spiegato, sono riusciti ad affrontare le estati torride di questi ultimi anni senza dover nemmeno sforzarsi di innaffiare le proprie vigne. (3/03/2023)

Analogamente a quanto osservato sopra per gli esempi (11), (12) e (13), l’aggettivo green compare in una costruzione comparativa che non cita esplicitamente il secondo termine di paragone, istaurando un confronto indiretto con ciò che avveniva in un non meglio identificato “ieri”.

Infine, un’altra strategia individuata all’interno del corpus e connessa alle finalità dell’intensificazione è quella che potremo definire “elencazione”:


(16) Quel che si è visto tra il 2019 e il 2021 — tifoni di potenza inaudita, rialzi delle temperature ai Poli, alluvioni di tipo monsonico anche nei Paesi temperati, incendi devastanti dagli Usa al Brasile, dal Canada alla Siberia, passando per l’Europa, dalla Cina all’Australia — è un aumento degli eventi meteorologici estremi. (9/8/2021)

(17) Siccità, desertificazione, acque saline che “inquinano” i terreni da coltivare. Eppoi temperature medie estive fuori scala, che renderebbero invivibili molte città. L’ondata di caldo dell’estate 2022 è foriera di cambiamenti epocali.

(18) [citazione dal discorso di Antonio Guterres13 alla Cop27] 
Un numero record di persone si sposta in cerca di opportunità e sollievo da debiti, avversità, guerre e disastri climatici. Se non riusciamo a colmare l’enorme divario globale tra agiati e indigenti, saremo in rotta verso un mondo di otto miliardi di abitanti pieno di tensioni, diffidenza, crisi e conflitti. (10/11/2022)

Come nei casi citati sopra, si crea una lista che ha principalmente lo scopo di evocare gli effetti negativi del cambiamento climatico, ai quali si sommano le altre problematiche di questi tempi complessi (si noti nell’esempio (18) l’elenco retto dal sintagma pieno di, in riferimento a mondo). Il testo ne risulta intensificato sul piano informazionale – come accade anche con l’uso delle metafore già descritte. 

La lingua si tinge di verde, anzi, di green

Una caratteristica costante del linguaggio della comunicazione ambientale, a diversi livelli, è una certa imprecisione semantica, ben nota in letteratura: come ha osservato, ad esempio, ANTELMI (2018: 28-29), il discorso sull’ecologia, soprattutto da parte delle aziende, è basato su un vocabolario che non si limita a presentare la realtà ma che serve a «determinare una certa visione del mondo», impiegando a questo scopo parole con funzione accattivante (catch-words) ma opache, e quindi «volutamente imprecise, vaghe o eufemistiche (fuzzy words)». 

Non è un caso che in italiano tale imprecisione semantica si concretizzi in particolare attraverso l’uso dei cosiddetti composti neoclassici, che contengono prefissoidi (MIGLIORINI 1963) – anche detti elementi formativi (IACOBINI 2004) – quali ad esempio bio- ed eco- (su cui cfr. COLUCCIA, DELL’ANNA 2020: 282 s.), molto produttivi dagli anni sessanta del Novecento14. Tali formanti sono caratterizzati, in generale, da una peculiare vaghezza che è anche conseguenza di una produttività influenzata da fattori extra-linguistici: già ANTONELLI (1996: 253) osservava quanto fossero produttivi alcuni prefissoidi e contemporaneamente quanto «per la coscienza linguistica collettiva» potesse essere ambiguo il loro significato: «si viene a perdere completamente il legame con la base di partenza, tanto che di qui a pochi anni un vocabolo come ecosistema potrebbe essere scambiato per un sistema di protezione ecologica in dotazione ai motori delle automobili o alle ciminiere delle fabbriche». 

Concentrandoci appunto sul lessico dell’ecologia, secondo la felice etichetta in COLUCCIA, DELL’ANNA (2020: 284-285) formanti quali bio- ed eco- fungono da «prefissoidi tuttofare, subito disponibili all’utente per formare un neologismo ogni volta in cui si voglia connotare una parola di altri lessici o del lessico comune in un senso collegato anche latamente al pensiero ecologico», a discapito della «trasparenza morfosemantica» di tali composti. Ciò è una conseguenza, secondo le due autrici, non solo della polisemia dei prefissoidi utilizzati, ma anche del fatto che: 


il reale referente determinato dal prefissoide non coincide sempre col determinato di superficie del composto, ma con un altro referente che col determinato sia in relazione e realizzi una sorta di ‘determinato esteso’: in ecoetichetta, ad esempio, eco- non determina l’etichetta (non si tratta di una etichetta ecologica in quanto prodotta con materiali o attraverso cicli di produzione rispettosi dell’ambiente), ma l’oggetto (meglio, il contenuto dell’oggetto) etichettato, accompagnato da etichetta, sottoposto a etichettatura (COLUCCIA, DELL’ANNA 2020: 284).

Il caso del prefissoide eco- è, tal proposito, particolarmente illustrativo. Com’è noto (cfr. ZING 2023), accanto a un formante eco-1 che ha il significato etimologico di ‘casa’, ‘ambiente naturale’, ‘territorio’, come ad esempio in ecofobia, ecologia, ecomuseo, esiste un eco-2 che sta per ‘ecologia’, ‘ecologico’, come ad esempio in ecoincentivo, ecodisastro, ecoturismo, ossia, per usare le parole di IACOBINI (2004: 73, 87), un elemento formativo di «seconda generazione» sviluppatosi per accorciamento, e con una produttività dovuta a influssi extra-linguistici (secondo quanto ricordato anche sopra). Oltre a ciò, come sottolineato in COLUCCIA, DELL’ANNA (2020: 285), «un’accezione che ci pare da valorizzare (non ancora registrata dai dizionari consultati s.v. eco-, né sotto i composti con eco-) è eco- ‘sostenibile per l’ambiente’ come prefissoide di terzo grado a partire da ecosostenibile e sovrapposizione col valore ecologico acquisito autonomamente da sostenibile in locuzioni come sviluppo e turismo s.».

Relativamente al nostro corpus, in TREC sono riportati 178 neologismi con eco-, 18 dei quali registrati anche in ZING 23 (che comprende complessivamente 56 lemmi con eco-1 e eco-2), a cui si aggiungono i 7 lemmi trovati nel sotto-corpus ricavato dal sito del Corriere della Sera, ossia eco-ansia (anche con la grafia eco ansia o ecoansia), eco attivisti, ecoparalisi, ecopsicologia, eco-propositi, eco-ripristino, ecovisioni. Si tratta prevalentemente di nomi, secondariamente di aggettivi, e 1 solo verbo (ecomorire, riferito alla morte assistita). Il significato specifico che assume eco- in queste forme è difficile da predeterminare e dipende in parte dalla base a cui esso si unisce, in parte dal contesto, che permette (spesso attraverso dovute specificazioni) di circoscrivere tale significato più chiaramente, come negli esempi che seguono, dove sarebbe arduo comprendere che caratteristiche abbiano una eco-bara, un ecochef, un ecodiplomato, un eco-astronauta se ciò non fosse ulteriormente dettagliato (da TREC):


(19) Ecco l'eco-bara: naturale e low cost. (www.corriere.it 09/10/2008)

(20) Ecochef Responsabile di cucina e approvvigionamenti, predispone le attività in modo da conseguire minor impatto ambientale, massima efficienza, risparmi economici ed energetici. (Corriere della Sera 09/11/2009)

(21) Ecodiplomato Ogni struttura pubblica che si occupi di ambiente offre opportunità d'impiego a esperti in diplomazia «verde». (Corriere della Sera 09/11/2009)

(22) Eco-astronauti. In orbita si riciclano acqua, aria, persino il sudore. Per non sprecare nulla. (L'Espresso 01/03/2012)

In casi come questi, eco- indica attinenza con ciò che è rilevante o importante per l’ecologia o, più genericamente, per l’ambiente, e viene usato con un senso positivo, come accade anche nelle seguenti forme in cui risulta unito a un aggettivo (da TREC): ecoattivo; ecoeducato; ecofanatico; ecofelice; ecointelligente; ecosensibile; ecovisionario. Tuttavia, può comparire anche all’interno di forme in cui, viceversa, l’accezione è negativa, perché negativo è il senso della base, come nell’esempio (23), in cui gli ecoaffaristi non sono ovviamente “affaristi ambientalisti”, ma persone che fanno affari senza curarsi delle conseguenze sull’ambiente o persino danneggiandolo. Oltre a quelli citati sotto, altri casi sono eco-antagonista; ecocriminale; ecomafia; ecopaura; ecopolemica.


(23) Appena nominato, lei [Alfonso Pecoraro Scanio] ha dichiarato: caccerò dal ministero gli ecoaffaristi. (L'Espresso 21/09/2006)

(24) Non c'è azienda né prodotto che non si dica amico dell’ambiente. È la strategia greenwashing: (eco)bugie per vendere. (D - la Repubblica delle donne 10/04/2010)

(25) Luglio boom per i consumi elettrici, a Milano i più eco-maleducati. (la Repubblica 05/08/2010)

(26) Paolo Virzì: «Il mio film 'Siccità' è eco-pessimista ma i giovani ci salveranno!» (www.repubblica.it 29/09/2022)

Particolarmente produttivo nel lessico italiano dell’ecologia sembra essere l’aggettivo inglese green (non registrato nel GRADIT), che non mi risulta essere stato oggetto di analisi specifiche, e di cui si contano 17876 occorrenze nel sito del Corriere della Sera (al 16 marzo 2023; ho esaminato le 286 occorrenze del 2023 e le 3418 occorrenze del 2022). In ZING 2023 viene attribuito a green il seguente significato: «che si ispira alla tutela dell’ambiente; verde, ecologico, sostenibile». Ne vengono tuttavia forniti esempi solo dal lessico dell’economia, in cui l’aggettivo si accosta a nomi che sono per lo più prestiti dall’inglese, come green economy15, green new deal, green tax

Nel corpus qui utilizzato green si caratterizza per quella stessa imprecisione semantica di cui si è parlato sopra e che lo accomuna appunto a forme come ecologico, sostenibile, e lo stesso verde16. Ricorre frequentemente con funzione aggettivale come modificatore di nomi italiani, caso in cui è sempre posposto al nome (diversamente che nei prestiti inglesi citati sopra), anche in coordinazione con altri aggettivi: dal sito del Corriere della Sera si vedano, ad esempio, auto green; case nuove e green; cammino green; concerto green; crescita green; futuro green; magliette 100% etiche e green; museo green; panacea green; ottica green; resort green; sfida green e il sintagma in chiave green (si vedano anche gli esempi (14-15) in § 3.1). Più raro l’uso con riferimento a persona, come in: giovani contadini, innovativi e green; influencer green; italiani sempre più green; pioniere green; ricchi turisti green.

A confronto con l’uso come modificatore aggettivale è meno ricorrente il ricorso a green con valore nominale, come nei casi che seguono, dove esso corrisponde genericamente a un’etica o comportamento ecologico:


(27) l’attenzione degli italiani al green, alla lotta al riscaldamento globale, alla spesa (20/02/2023)

(28) … la realtà del green (11/12/2022)

Dal punto di vista semantico, è interessante constatare che, a differenza del formante eco-, green sembra essere usato sempre in accezione positiva, cosa che potrebbe averne favorito l’espansione, esattamente come per il corrispettivo italiano verde (si veda la nota 16). Tuttavia, come già notato per il prefissoide eco-, in certi casi solo il contesto permette di decriptarne o, più semplicemente, chiarirne meglio il significato:


(29) Re Carlo III e l’investitura ʺgreenʺ di Stella McCartney, figlia di Paul 
[…] Onorificenza ricevuta dalla designer Britannica Stella McCartney per ʺmeriti di moda e in fatto di sostenibilitàʺ come recita la motivazione ufficiale. (7/2/2023)

(30) […] ci sono davvero così tante aziende che, uscite dal Covid, oggi chiedono viaggi più green, che non impattano sull’ambiente. (7/02/2023)

(31) Un discorso ben presente anche a TheMuffa, il media verticale dedicato alle notizie green, nato per «rendere il tema dell’ambiente, così importante in questo periodo storico, alla portata di tutti con un approccio educativo e informativo». (23/01/2023)

Nei casi citati sopra, solo dal contesto apprendiamo che l’investitura di Stella McCartney è green perché motivata dal suo contributo alla sostenibilità (29), che i viaggi sono green perché non hanno un impatto negativo sull’ambiente (30), e che green sono le notizie che hanno a che fare con l’ambiente stesso.

Conclusioni

In questo lavoro si è cercato di mettere in luce alcune caratteristiche del linguaggio giornalistico che tratti di temi relativi al cambiamento climatico. Sono emerse alcune tendenze che in parte non si discostano dalle caratteristiche più frequenti notate, in generale, per la lingua dei giornali, quali ad esempio l’abbondanza di enfasi, di un linguaggio impressionistico-metaforico, l’uso di costrutti impersonali – che comporta in questo caso la defocalizzazione della responsabilità sociale –, di nominalizzazioni, e l’abbondanza di neologismi e di forestierismi, in particolare angloamericani (per cui si veda BONOMI 2010). D’altra parte, non si può non constatare come la costruzione dell’informazione “climatica” secondo schemi che obbediscono alle esigenze giornalistiche di “conquista” del lettore, possa contribuire ben poco alla messa a punto di quei «beneficial discourses», per dirla con STIBBE (2021 [2015]), che aspirino ad avere una valenza educativa. La linguistica climatica, anche in Italia, potrebbe riflettere su come contribuire a costruire, ad esempio a livello istituzionale, questi “discorsi” benefici per l’ambiente e la sua tutela, dando un contributo concreto a una tema estremamente attuale e cogente. 


Bibliographie

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ANTONELLI G., «Sui prefissoidi dell’italiano contemporaneo», Studi di lessicografia italiana XIII, pp. 253-293, 1996.

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Risorse online

Corriere della Sera = https://www.corriere.it/, consultato il 30.11.2023 (ultimo accesso).

TREC = https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/neologismi/, consultato il 30.11.2023 (ultimo accesso).


Note

↑ 1 Questo contributo è la versione scritta dell’intervento che ho tenuto il 30 marzo 2023 al Seminario “Pensare l’antropocene” presso l’Università degli Studi di Genova. Sono grata a Chiara Fedriani per aver proposto il mio nome come relatrice e a Elisa Bricco, organizzatrice di questo bel ciclo seminariale, per aver accolto tale proposta di invito, che mi ha dato l’opportunità di riflettere più sistematicamente su temi che considero davvero rilevanti per la nostra vita sociale. Sono grata anche a Pierluigi Cuzzolin per la lettura di una versione preliminare di questo lavoro, e a Enrico Ferrero, fisico dell’atmosfera, per le tante discussioni sul cambiamento climatico. Ringrazio inoltre il pubblico presente per le domande stimolanti. Un grazie, infine, alle curatrici di questo volume e ai revisori anonimi per i loro utili commenti.

↑ 2 RONZANI et al. (2022) hanno condotto uno studio sperimentale (su un campione di 2227 residenti in Italia) che mostra la rilevanza della “fonte” nella campagna di informazione volta a persuadere la popolazione a vaccinarsi: se la fonte della comunicazione è di tipo “istituzionale” e corrisponde a medici e scienziati, la capacità persuasiva della campagna aumenta, tanto da far concludere agli Autori che tali categorie professionali dovrebbero essere appunto più presenti nelle comunicazioni istituzionali, anche con la finalità di rispondere a dubbi specifici, ad esempio sui possibili effetti collaterali del vaccino.

↑ 3 Si veda però l’interessante richiamo in COLUCCIA, DELL’ANNA (2020: 270) al fatto che la prima occorrenza dell’etichetta ecologia linguistica in ambito italiano è contenuta in un lavoro di PERUZZI (1943: 10-11): «una ricerca specifica dei rapporti tra lingua e ambiente si impone come necessaria, ma per il momento lo scopo di questo scritto sarà pienamente raggiunto se esso riuscirà, nelle linee generali, a convincere tutti del valore e delle possibilità di una ecologia linguistica».

↑ 4 Bisogna tuttavia precisare che per ambiente di una lingua HAUGEN (1972: 334) intendeva anche aspetti cognitivi, dati da «its interaction with other languages in the minds of bi- and multilingual speakers», e aspetti sociologici, dati da «its interaction with the society in which it functions as a medium of communication». In tal senso, l’ecolinguistica, come osserva CUZZOLIN (2003), non fa che ribadire l’importanza della realtà esterna sul parlante, il che non è certo una novità, finendo per sovrapporsi in parte alla sociolinguistica. Secondo CUZZOLIN (2003: 116), più innovativo sarebbe riflettere su come l’ambiente in cui le lingue si sono sviluppate possa influire sulla loro somiglianza e diversità, e quindi sull’eventuale impatto sulla loro classificazione genetica.

↑ 5 Cfr. CUZZOLIN (2003: 105; 112), che osserva come «‘Ecologia linguistica’ non è peraltro etichetta univoca. […] l’ecologia linguistica assomiglia piuttosto a una galassia di problemi intorno ai quali si è creato un dibattito ma che non sembrano essere collegati da un rapporto di necessità gli uni con gli altri, almeno non tutti e non sempre»; si veda anche DRESSLER (2003: 11): «quest’uso vago di termini ecologici in riferimento a lingue minacciate» giustifica il dubbio, sollevato anche da altri, che «l’ecologia linguistica non rappresenti piuttosto un modo di pensare che un modello o una teoria».

↑ 6 L’ecolinguistics così intesa si sviluppa attorno al concetto di ecosophy, su cui si veda lo stesso STIBBE (2021 [2015]). Si rimanda anche al sito della International Ecolinguistics Association (https://www.ecolinguistics-association.org/), dove è possibile reperire molte informazioni rilevanti su questo approccio e varie iniziative correlate. Una rivista dedicata ai diversi temi della ecolinguistica è Language and Ecology (https://www.ecoling.net/).

↑ 7 COLUCCIA, DELL’ANNA (2020) raccolgono 186 lemmi segnalati come relativi all’ecologia in 3 dizionari, a cui aggiungono l’analisi di altre forme tratte dal GRADIT. Il lessico dell’ecologia che emerge è formato in gran parte da tecnicismi monosemici (come abiosfera, biocora, detritivoro, ecoide, euxinico, fragmiteto, nerofita, turfofilia, ecc.), più voci «a basso gradiente tecnico», «metaecologiche» (come biocoltivazione, biotrasformazione, desertificare, igienizzazione, ecc.) e voci non tecniche (come animalismo, cicloecologista, ecofemminismo, ecocatastrofe, ecc.).  Cfr. anche Fava (2020).

↑ 8 Sull’uso di anglismi in italiano come strumento di greenwashing cfr. i contributi di CAIMOTTO, MOLINO (2011), CAIMOTTO (2015), NAPOLI (2024).

↑ 9 https://www.theguardian.com/environment/2019/may/17/why-the-guardian-is-changing-the-language-it-uses-about-the-environment.

↑ 10 Con la dovuta attenzione anche ai temi trattati nei singoli articoli e al tipo di discorso, distinguendo ad esempio tra il testo di un articolo e un discorso riportato. Tutto ciò senza l’obiettivo, come specificato in §1, di fornire un’analisi quantitativa, dato che per ottenere risultati significativi sarebbe necessario disporre di un corpus più ampio, che comprenda testi pubblicati in diverse testate giornalistiche e testi di altra tipologia.

↑ 11 Sull’utilità delle metafore nel linguaggio scientifico, specialmente di carattere ecologico, si veda GOATLY (1996).

↑ 12 Gli estratti dagli articoli tratti dal sito del Corriere della Sera sono citati riportando tra parentesi solamente la data in cui sono apparsi. Per gli articoli da TREC citati in § 3.2 si specifica sia la fonte sia la data.

↑ 13 Segretario Generale delle Nazioni Unite.

↑ 14 Sulla produttività e ambiguità semantica di tali elementi si vedano, più in generale, IACOBINI, THORNTON (1992), ANTONELLI (1996), IACOBINI (2004), MICHELI (2020).

↑ 15 Sull’analisi linguistica di green economy cfr. ANTELMI (2018: 49-64).

↑ 16 Un esempio dal mio corpus è il seguente:(i) Carlo è stato un precursore su molti argomenti, a partire dalla difesa dell’ambiente, la sua vera passione […]. Un re verde, dunque […]. (8/09/2022)Sull’uso di verde si veda ANTELMI (2018: 28-29): «[…] l’aggettivo verde, che non ha bisogno di commenti, essendo divenuto sinonimo di tutto ciò che è positivo ed amico dell’ambiente, ed è giunto a raddoppiare il successo comunicativo del prefisso eco-». Altro aggettivo che sembra subire la stessa sorte è sostenibile, su cui cfr. ANTELMI (2018: 36-48).


 

Dipartimento di Lingue e Culture Moderne - Università di Genova
Open Access Journal - ISSN électronique 1824-7482