Prove di Sessantotto a Berkeley

Autori

  • Ugo Rubeo Università di Roma "La Sapienza"

DOI:

https://doi.org/10.15167/1824-7482/pbfrm2020.34.1865

Parole chiave:

May 68, German California, pop culture, controcultura

Abstract

Per celebrare i cinquant’anni del Sessantotto da americanista vorrei partire da una frase di Luciana Castellina, la quale, in apertura del suo intervento sul numero speciale che MicroMega ha dedicato all’evento, ricorda che, tra le altre ricadute, quell’episodio ha avuto un ruolo molto significativo anche nello smussare gli scarti tra le diverse culture. «Il Sessantotto − scrive appunto Castellina − fu un movimento colto…; non a caso nacque sul finire degli anni Sessanta, periodo di crescita culturale in cui si venne in contatto con la sociologia americana, con quella inglese, con le posizioni della New Left in Inghilterra, con la Scuola di Francoforte…». E quanto a quelle fondamentali esperienze di dialogo ricordate, occorrerebbe forse aggiungere anche il nuovo senso di vicinanza con la cultura statunitense, che proprio in quegli stessi anni cominciò a farsi prepotentemente strada. Del resto, come in questi ultimi anni il grande sviluppo degli studi transatlantici ha dimostrato, la seconda metà del Novecento ha contribuito ad azzerare, pressoché definitivamente, le distanze tra le due sponde dell’Atlantico, al punto che non ha più molto senso, oggi, parlare di una persistenza di diversità culturali profonde tra Stati Uniti ed Europa.

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Pubblicato

2020-09-14 — Aggiornato il 2022-03-16