La chiave educativa di un positivo cambiamento attraverso il teatro. Il corpo del condannato in Gramsci, Genet, Kafka, Foucault.

Autori

  • Vito Minoia

DOI:

https://doi.org/10.15167/1824-7482/pbfrm2020.32.1894

Parole chiave:

teatro, carcere, educazione, corpo, immaginario letterario, theater, prison, education, body, literary imagery

Abstract

Lo scritto si ispira ad un’esperienza condotta dall’autore, impegnato in un progetto educativo di elaborazione drammaturgica e scenica con la Compagnia di detenuti e detenute “Lo Spacco” nella Casa Circondariale di Pesaro. Il lavoro trae linfa dalle Lettere dal carcere di Antonio Gramsci, offrendo lo spunto per una riflessione sulle trasformazioni “molecolari” della persona reclusa. La storia dell’immaginario ha spesso avuto opere letterarie ed artistiche tra i suoi documenti privilegiati. La riflessione individua quindi un viaggio comparativo, nella prospettiva della costruzione di un modello culturologico. Limitatamente ad alcuni scritti novecenteschi presi in considerazione (da Genet, Kafka, Foucault), si illustra come l’attenzione dei singoli scrittori sia focalizzata essenzialmente sulle tecniche coercitive che, nell’ambito del “luogo-prigione”, si esercitano sul corpo del condannato ripercorrendo le tappe di un vero e proprio “processo di decorporeizzazione” (con Deleuze) nella strategia del potere di punire.

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Pubblicato

2020-05-04 — Aggiornato il 2022-03-18

Fascicolo

Sezione

Carcere, Dispositivo, Controllo: il mondo come prigione